Le Settanta Settimane di Daniele

di Giuseppe Guarino

La profezia delle cosiddette Settanta Settimane è celebrata come una delle più stupende prove dell’ispirazione della Scrittura da alcuni, sottoposta ad ogni tipo di attacco per trovare una spiegazione alternativa all’intervento soprannaturale dello Spirito Santo da altri.

Essa è particolarmente importante per noi cristiani. Infatti è una delle più straordinarie predizioni dell’Antico Testamento che ci conferma che Gesù è veramente il Messia promesso.

Qui non mi propongo di discutere la questione in dettaglio, ma qualcosa posso provare a dirla, nella maniera più semplice e concisa che posso. 

Il testo dalla Nuova Diodati:

“9:24 Settanta settimane sono stabilite per il tuo popolo e per la tua santa città, per far cessare la trasgressione, per mettere fine al peccato, per espiare l’iniquità, per far venire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo. 9:25 Sappi perciò e intendi che da quando è uscito l’ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme fino al Messia, il principe, vi saranno sette settimane e altre sessantadue settimane; essa sarà nuovamente ricostruita con piazza e fossato, ma in tempi angosciosi. 9:26 Dopo le sessantadue settimane il Messia sarà messo a morte e nessuno sarà per lui. E il popolo di un capo che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine verrà con un’inondazione, e fino al termine della guerra sono decretate devastazioni. 9:27 Egli stipulerà pure un patto con molti per una settimana, ma nel mezzo della settimana farà cessare sacrificio e oblazione; e sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore, finché la totale distruzione, che è decretata, sarà riversata sul devastatore»”. (Daniele 9:24-27)

 

Settanta settimane sono stabilite

Perché utilizzo qui la Nuova Diodati anziché la Nuova Riveduta? Perché se leggete il testo di quest’ultima versione, la traduzione “un unto” al posto di “il Messia” è forse tecnicamente corretta, ma mette fuori strada il lettore non facendogli subito percepire che ci troviamo davanti ad una profezia messianica (schiacciando l’occhio ad una certa visione liberale del testo biblico e di questo brano in particolare) come, invece, vuole la tradizione cristiana dall’apostolo Giovanni in avanti.

La parola ebraica originale qui tradotta con “settimane” indica in realtà un “gruppo di sette” in senso generico come nella nostra lingua una “diecina” indica un raggruppamento di dieci, o “dozzina” un raggruppamento di dodici elementi. Basta dare un’occhiata ad altre parti dell’Antico Testamento per avere la certezza che in questo brano “settanta settimane” significa “settanta volte un gruppo di sette anni”, in parole povere 490 anni. (Vedi Levitico 25:8 e Genesi 29:26-28).

per il tuo popolo e per la tua santa città

Il soggetto della profezia è il popolo di Dio, Israele e la città di Gerusalemme. Gli errori di molti nell’interpretazione di questo brano vengono dal fatto che tralasciano questo dettaglio e riferiscono gli eventi predetti ad altri che non siano Israele e Gerusalemme.

per far cessare la trasgressione, per mettere fine al peccato, per espiare l’iniquità, per far venire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo.

E’ ovvio che il punto finale della profezia sia l’avvento del regno di Dio promesso nelle Scritture ebraiche. E’ il punto di arrivo anche per le altre profezie contenute in Daniele, al capitolo 2 e 7.

Sappi perciò e intendi che da quando è uscito l’ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme fino al Messia, il principe, vi saranno sette settimane e altre sessantadue settimane;

La profezia cita qui un evento storico ben preciso, inequivocabilmente richiamato nella stessa Scrittura, nei primi capitoli del libro di Neemia. Fu infatti il re persiano Artaserse che permise la ricostruzione della città di Gerusalemme. Siamo nell’anno 445 a.C. 69 settimane di anni separano quindi gli ordini impartiti da Artaserse fino alla comparsa del Messia, il Principe. 69 settimane (69 x 7 = 483) equivalgono a 483 anni. (In realtà bisognerebbe tener conto che si tratta di anni di 360 giorni e non, come accade nel nostro calendario, di anni di 365,25 giorni). Senza, però, volere entrare in dettagli, in questa sede totalmente ininfluenti, semplicemente contando 483 anni a partire dal 445 a.C., giungiamo comunque nella terza decade del primo secolo d.C. Senza affaticarci troppo nel cercare un adempimento matematico all’interno del nostro calendario (Gregoriano) possiamo dire che l’avverarsi della profezia in Cristo Gesù è certa. Infatti è sotto gli occhi di tutti che nel periodo individuato dalla profezia, non vi è stato nessun altro individuo al quale sia stato con altrettanto consenso attribuito il titolo di Messia – o Cristo, che è la traduzione di questo termine – come è avvenuto per Gesù di Nazaret. E’ meraviglioso con quanta precisione le Scritture hanno previsto l’arrivo del Messia!

essa sarà nuovamente ricostruita con piazza e fossato, ma in tempi angosciosi.

La città di Gerusalemme venne ricostruita con grande difficoltà. Era stata distrutta dal re babilonese Nabucodonosor nel 586 a.C. Il re persiano Ciro che aveva in seguito invaso e conquistato la Babilonia, aveva promulgato un editto con il quale permetteva il rientro in patria ai popoli deportati dalla furia babilonese. Fra questi anche il popolo ebraico. Ma fu l’editto di Artaserse, che ho già citato, a consentire ad Israele di riedificare la città. E’ ancora nel libro di Neemia, apprendiamo delle difficoltà che Israele dovette affrontare per ricostruire la propria capitale e riappropriarsi della propria identità di nazione.

Dopo le sessantadue settimane il Messia sarà messo a morte e nessuno sarà per lui.

Poco tempo dopo l’inizio del suo ministero, circa tre anni e mezzo dopo il suo battesimo, Gesù dichiara apertamente di essere il Messia, entrando in Gerusalemme con tutti gli onori ed avverando brani specifici delle Scritture come chiaro segno messianico per gli uomini del suo tempo. Il risultato è la sua reiezione. Nessuno infatti difenderà la sua causa davanti alle autorità ebraiche e romane. L’arresto di Gesù fu illegale, illegale il suo processo e, sebbene nessuna sua colpa fosse dimostrabile, venne condannato a morte e la sentenza venne eseguita con grandissima premura. Anche questa parte della profezia delle Settanta Settimane si è già adempiuta alla lettera. E si può essere adempiuta solo in Gesù, in quanto, come è storicamente risaputo, in quel periodo non è nota l’ingiusta condanna a morte di alcun altro riconosciuto come il Messia.

E il popolo di un capo che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine verrà con un’inondazione, e fino al termine della guerra sono decretate devastazioni

Ancora un altro adempimento straordinario. Un solo evento storico può riferirsi a questa profezia: la distruzione della città e del tempio ad opera dell’esercito romano condotto dal futuro imperatore Tito nel 70 d.C. Il tempio e la città di Gerusalemme sono stati distrutti solo due volte nella storia dello stato di Israele: nel 586 a.C., come abbiamo detto, e nel 70 d.C. Chi cerca di spiegare in altro modo le parole di questa profezia lo fa quasi, mi azzarderei a dire, per disperazione, per paura di dover ammettere la natura soprannaturale della Parola di Dio e per conseguenza la sua autorità spirituale. La distruzione di Gerusalemme si è verificata proprio dopo l’uccisione e la reiezione del Messia, come predice l’angelo a Daniele.

Sono da anni un appassionato studioso di storia antica. Da piccolo ero letteralmente innamorato della matematica, a tal punto che ne studiavo dei libri per conto mio e facevo esercizi di algebra la domenica pomeriggio per passare il tempo. Da un punto di vista squisitamente storico e matematico, io sostengo – aspetto di essere smentito – che la probabilità che altri eventi storici, dei quali tra l’altro si sarebbe persa la memoria, possano soddisfare tutti i dettagli di questa profezia già avveratisi perfettamente con gli eventi sopra descritti, è teoricamente e praticamente uguale a ZERO.

La profezia adesso, come accade in altri punti del libro di Daniele, descrive eventi che sono anche per noi futuri e che avranno luogo poco prima del ritorno del Signore Gesù, da lui stesso promesso ai credenti.

Egli stipulerà pure un patto con molti per una settimana, ma nel mezzo della settimana farà cessare sacrificio e oblazione; e sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore, finché la totale distruzione, che è decretata, sarà riversata sul devastatore

Nella certezza del meraviglioso modo in cui si sono già avverate le parole di questa profezia, troviamo il fondamento per sostenere che anche quanto in essa riguarda eventi ancora futuri, un giorno, puntualmente, accadrà.

Oggettivamente non vi è nessun evento storico che possa dirsi che abbia esattamente adempiuto quanto descritto nell’ultima delle settanta settimane di Daniele. Per quanto riguarda gli ultimi 7 anni, quindi, è lecito concludere che si parli di eventi ancora futuri.

Nel secondo secolo, un famoso scrittore cristiano, Ippolito, a conferma della diffusione di questa interpretazione (futuristica) anche nella chiesa primitiva, scrive: “Dicendo dunque una settimana (parla del v.27), ha indicato l’ultima che vi sarà negli ultimi tempi alla fine del mondo intero”, L’anticristo 43:2.

Dal testo capiamo che un certo individuo stipulerà un patto con il popolo di Israele. Comprendiamo inoltre che, trascorsi metà dei sette anni, egli violerà questo patto e accompagnerà il suo voltafaccia con la profanazione del tempio di Gerusalemme.

E’ questo terribile evento che richiama l’apostolo Paolo nella sua epistola ai Tessalonicesi:

“Nessuno v’inganni in alcuna maniera, perché quel giorno (il ritorno di Gesù) non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e prima che sia manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato dio o oggetto di adorazione, tanto da porsi a sedere nel tempio di Dio come Dio, mettendo in mostra se stesso e proclamando di essere Dio”. (2 Tessalonicesi 2:3-4).

E’ con ragione che Daniele parla di abominazioni, perché non si può immaginare nulla di più abominevole della profanazione del tempio di Gerusalemme. Questo sarà il segno dell’inizio della devastazione che seguirà, come dice il testo. Ma al termine della seconda metà della settimana, trascorsi gli ultimi tre anni e mezzo della profezia, per questo individuo giungerà il momento della fine quando

“ … il Signore (lo) distruggerà col soffio della sua bocca e annienterà all’apparire della sua venuta”. (2 Tessalonicesi 2:8)

La scellerata carriera di questo individuo è descritta in Daniele 2, meglio ancora in Daniele 7 ed è definitivamente consegnata ad un avveramento futuro dall’Apocalisse di Giovanni.

CONCLUSIONE

La semplice osservazione dei fatti ci assicura che gran parte delle previsioni delle Settanta Settimane (70 gruppi di 7 anni) si sono avverate, riservando al futuro soltanto gli ultimi sette anni, preludio al ritorno di Gesù Cristo. Il lettore si sarà reso conto da solo che ci troviamo davanti ad una meravigliosa testimonianza dell’autenticità della Parola di Dio, veramente ispirata dallo Spirito Santo. Abbiamo anche la prova, Bibbia ebraica alla mano, che una serena contemplazione delle profezie messianiche conduce, qui come in altri brani biblici, alla conferma che Gesù il Nazareno è il Messia promesso.

La contemplazione di questo brano della Scrittura ci lascia, come Daniele dopo aver ricevuto delle visioni da Dio, quasi sopraffatti da tanta considerazione da parte del Signore per noi che alla fine siamo poco più che polvere, in confronto a Lui che regna sovrano sull’universo intero e “che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza”. (Ebrei 1:3)

Ho discusso questa profezia molto approfonditamente nel mio commentario a Daniele. Ma ho sentito qui il bisogno di provare a contagiare il mio entusiasmo per questa porzione della Scrittura, e, nel farlo, riepilogare in breve la semplice osservazione del miracolo dell’ispirazione della Parola di Dio, unica vera spiegazione possibile di tanta accuratezza nella previsione di eventi futuri.

I tempi sono maturi e il ritorno di Gesù è più che mai prossimo. Ciò significherà la nostra redenzione finale, nel rapimento della Chiesa, ma anche l’adempimento delle promesse fatte da Dio al suo popolo, Israele. In questa prospettiva, mi sento di chiudere questo breve studio con le parole di uno studioso ebreo, Pinchas Lapide, indirizzate al suo interlocutore cristiano:

“… dato che nessun ebreo sa chi sia il Messia venturo, mentre voi credete di conoscere con sicurezza la sua identità, io non potrò opporre alla vostra certezza un ‘no’, ma soltanto un modesto punto interrogativo. Sono dunque disposto ad attendere che venga colui che deve venire, e se questi fosse Gesù di Nazaret ritengo che nemmeno un ebreo che creda in Dio avrebbe la benché minima obiezione da muovere”. Pinchas Lapide e Jurgen Moltmann, Monoteismo ebraico – dottrina trinitaria cristiana, Queriniana, p.71”. 

 

Per approfondire, leggi il commentario al libro di Daniele

Il libro del profeta Daniele – Commentario storico-biblico