storia dell’antico oriente e di Israele

STORIA DELL’ANTICO ORIENTE E DI ISRAELE di Giuseppe Guarino

La storia dell’antico oriente è importante per comprendere la nascita del popolo di Israele. Abramo muove i suoi passi fuori dalla Mesopotamia per dirigersi verso Canaan, la terra che Dio gli promette in eredità. Poi verrà la carestia, la discesa in Egitto dei figli di Giacobbe e la migrazione del popolo sulla scia del successo avuto da Giuseppe in quella terra. Con Mosè il popolo fuggirà da un nuovo re egiziano che non riconosceva più nel popolo i discendenti di Giuseppe. Trascorreranno secoli fino a quando Davide riuscirà a riunire il regno nella terra promessa da Dio ad Abramo. Il resto lo leggerete nel testo che segue. Buona lettura e buono studio.

INDICE

Cos’è Storia?

L’inizio

Il Diluvio

I Sumeri e le prime città

La nascita della scrittura

Akkad e l’impero di Sargon

Ebla

Ur III

Isin e Larsa e il tramonto dei Sumeri

Abraamo

Datazioni

Nomi di re e di città 

La Babilonia di Hammurabi

Giuseppe in Egitto

L’età di Mari

Assiria – Regno Antico

Ittiti – Regno antico

Mitanni

L’impero ittita

Assiri – Regno Medio

Ugarit e l’invenzione dell’alfabeto

I cassiti nella Babilonia

Mosè e l’esodo

L’aramaico

 

Nelle carte geografiche qui sotto la Mesopotamia teatro delle più antiche civiltà della storia.

COS’E’ STORIA?

E’ una domanda che mi sono posto poco dopo l’inizio dei miei studi legati alla storia antica. La conclusione è semplice e l’ho trovata come presupposto nei testi migliori: perché un evento sia storia, qualcuno deve, direttamente o indirettamente, raccontarlo. Quindi, la storia comincia con la comparsa dei documenti scritti. Per naturale conseguenza, senza documenti scritti non vi è storia.

Questo presupposto ha motivato la mia totale assenza di interesse per quella che di solito viene chiamata preistoria, dove mi è parso di vedere in azione soltanto degli studiosi impegnati più a cimentarsi con abilità di investigatori che da scienziati: con pochissimi indizi, infatti, si immagina di potere riuscire a ricostruire intere ere e civiltà: sono solo impalcature intere rette da stuzzicadenti.  

Nell’antico oriente la storia comincia con i Sumeri, perché loro sono i documenti più antichi che l’archeologia ha riportato alla luce. Nel seguirsi dei ritrovamenti archeologici – dei quali parlerò anche nel paragrafo sulla scrittura – si vedono i primi passi della scrittura. Poi il suo rapido evolversi. Il risultato è la comparsa già nell’antichissima Mesopotamia di un sistema di scrittura funzionale e sofisticato, anche se intimamente connesso alla lingua e, di conseguenza, alla letteratura sumera. Una letteratura che ci è giunta copiosa: sono stati ritrovati documenti amministrativi, racconti mitologici, testi didattici. La loro scrittura sopravvivrà alla stessa lingua dei sumeri. Quando questa non sarà più parlata, soppiantata dall’accadico, verrà studiata dagli scribi con venerazione, non solo con questo scopo ma anche per meglio adattare il sistema di scrittura sumerico alle esigenze della lingua accadica.

Mi ha molto stupito l’affermazione che ho rinvenuto in un vecchio commentario biblico presente fra i libri di mio fratello.

Il Pulpit Commentary, vol. I, commento al libro della Genesi, afferma che le civiltà descritte nei libri storici della Bibbia sono una prova “del contenuto mitologico della narrazione, in quanto “uno stato tanto avanzato di civilizzazione” è impossibile concepirlo in un’era tanto remota”.

Per moltissimo tempo, prima della nascita dell’archeologia, materia relativamente recente, la Bibbia descriveva un mondo e popoli altrimenti sconosciuti e dei quali si era persa la memoria.

Le prime spedizioni archeologiche verso quei luoghi teatro degli eventi biblici, furono proprio mosse dal desiderio di provare l’attendibilità storica delle narrazioni delle Scritture ebraico-cristiane.

I ritrovamenti non solo confermarono il valore storico dell’Antico Testamento ma riportarono alla luce civiltà antiche, evolute, organizzate in forme statali complesse già in periodi remotissimi. I Sumeri, gli Elamiti, gli Assiri, i Babilonesi, gli Ittiti, gli Egiziani, già millenni prima della nascita di Gesù erano nazioni organizzate, alfabetizzate, attente agli studi scientifici ed ai fenomeni linguistici. Se ci stupisce scoprire che quasi 3000 anni prima di Cristo esistevano delle grammatiche comparate di sumerico ed accadico è solo perché, come ogni popolo che ha vissuto nei millenni che ci hanno preceduto (e in questo la storia è maestra di vita!), ci sentiamo al centro delle vicende dell’umanità, la sua massima e migliore espressione. E’ solo un nostro limite, che ci rende perfettamente uguali ai simili che ci hanno preceduto.

Parlando di organizzazione statale non sarà fuori luogo ricordare quanto impensabilmente fosse burocratizzato l’antico medio-oriente. La terza dinastia sumera di Ur, città dalla quale la Bibbia ci dice proveniva Abrahamo, era un vasto impero con una organizzazione molto rigida. Il commercio veniva condotto in base a delle programmazioni periodiche realizzate dall’apparato statale con un anticipo sufficiente per potere pianificare la condotta da tenere negli scambi internazionali.

La burocrazia di questo sistema statale era così complessa che persino la vendita di una pecora avveniva per iscritto.

La ricostruzione della storia degli antichi popoli della Mesopotamia è oggi affidata a storici che hanno a loro disposizione un’immensa documentazione antica alle quale attingere. Moltissima letteratura sumera è giunta fino ai nostri giorni. Letteratura vera e propria, ma anche atti di vendita, transazioni commerciali, i famosi codici antichi. Se due secoli fa si dubitava che Mosè potesse avere promulgato una legislazione tanto complessa come la rinveniamo nella Torahebraica, oggi possiamo solo constatare che circa 500 anni prima il re Ur-Nammu aveva già promulgato un codice di leggi da fare rispettare in Ur e nei suoi territori, secoli prima della nascita anche del famoso legislatore babilonese Hammurabi.

Le migliaia di testi antichi rinvenuti ad Ebla, Mari, Ugarit e nei territori dell’antica Assiria testimoniano che l’affermazione del re assiro che si vantava di possedere una biblioteca con oltre 100.000 testi antichi forse non è così inverosimile come potrebbe suonare all’orecchio dell’uomo del XXI secolo.

Fino a non molto tempo fa non era oggettivamente facile difendere l’autenticità del Pentateuco su basi extra bibliche. La tendenza principale vedeva negli scritti attribuiti tradizionalmente a Mosè una raccolta di tradizioni tramandate oralmente e poi messe per iscritto dal popolo ebraico durante il periodo dell’esilio babilonese. Oggi sappiamo che se una redazione e raccolta di materiale antico è stata fatta per la composizione della Genesi non c’è nessun motivo valido per ritenere che non l’abbia fatta Mosè.

Il grande e stimatissimo archeologo W. F. Albright scrisse in maniera lapidaria: “Solo una persona molto poco informata potrebbe suggerire che la scrittura (nelle sue varie forme) non fosse conosciuta nella Palestina e nelle regioni circostanti durante l’intero secondo millennio avanti Cristo”. Citato da Halley’s Bible Handbook, Zondervan Publising House, edizione americana del 1962, pagina 55.

Durante il periodo in cui visse Mosè, in Egitto esistevano almeno due tipi di scrittura: i geroglifici e quella ieratica. Di sicuro il giovane ebreo venne istruito secondo la cultura egiziana e, quindi, le avrà conosciute entrambe. La scrittura in geroglifici ha una peculiarità, evidente quando in questa lingua si trascrivono nomi stranieri, non egiziani: alcuni simboli hanno una chiara valenza consonantica, rappresentano una forma di alfabeto. Dobbiamo aggiungere che, nelle miniere del Sinai si sono rinvenute le più antiche iscrizioni in una forma di alfabeto, detta protosinaitico.

Dobbiamo inoltre tenere conto che Mosè visse per quarantenni con la famiglia di sua moglie. Suo suocero era un sacerdote medianita, discendente di Abrahamo. Devo dire, sulla scorta delle informazioni e delle evidenze che sto raccogliendo, che non riesco a credere che, come i Sumeri e gli altri popoli della Mesopotamia, Egitto e Palestina, anche i vari discendenti di Abramo non possedessero i loro scritti, le loro biblioteche, che magari contenevano proprio quei documenti, quelle narrazioni che poi Mosè ha incorporato e raccolto nel libro della Genesi. 

I ritrovamenti archeologici confermano l’attendibilità storica della Bibbia. Con la semplice conseguenza di avere adesso la consapevolezza di trovarci davanti non solo al libro delle due grandi fedi, ebraica e cristiana, ma anche al documento storico più antico e completo che sia giunto fino ai nostri giorni.  Questo, è vero, in un certo senso “rassicura” anche chi nella Bibbia vede la Parola di Dio – anche se credo sia sbagliato cercare le certezze per la fede al di fuori del campo della fede.

Parlando della attendibilità delle informazioni storiche della Bibbia cito spesso il capitolo 5 del libro di Daniele.

Il primo verso dice: “Il re Baldassar fece un grande banchetto per mille dei suoi grandi e bevve vino in loro presenza.”

Fino ad un certo momento della storia degli scavi archeologici la presenza di un re Baldassar babilonese non era confermato. E, nonostante sostenere un’argomentazione basata sul silenziodelle evidenze disponibili sia sempre pericoloso, veniva messa in discussione la veridicità delle informazioni riportate da questo specifico brano biblico. Per la storia l’ultimo re dell’impero babilonese era Nabonedo e non questo altrimenti sconosciuto Baldassar.

Questo fino al 1853 quando fra i resti di un tempio riportato alla luce ad Ur venne trovata la seguente scritta: “Possa io, Nabonedo, re di Babilonia, non peccare contro a te. E possa reverenza per te albergare nel cuore di Baldassar, mio primogenito e figlio diletto.” Halley’s Bible Handbook, Zondervan Publising House, edizione americana del 1962, pagina 344.

Nabonedo, ora è chiaro grazie ad altri ritrovamenti, si allontanò da Babilonia lasciando il regno nelle mani di suo inetto figlio. Sembra che ciò abbia generato un tale scontento che l’arrivo dei persiani venne addirittura accolto come una liberazione.

Sorprende l’accuratezza di certi dettagli, come il reggente babilonese si curasse di fare attenzione e dire a Daniele: “…ho sentito dire che tu sai dare interpretazioni e risolvere questioni difficili; ora, se puoi leggere questo scritto e farmene conoscere l’interpretazione, tu sarai vestito di porpora, porterai al collo una collana d’oro e sarai il terzo nel governo del regno.” Daniele 5:16.

Al profeta viene proposto il terzo posto nel regno proprio perché il primo era occupato dal re Nabonedo ed il secondo proprio da Baldassar.

Sono inspiegabili le perplessità di alcuni ancora oggi sulla conclusione dello stesso capitolo di Daniele: “In quella stessa notte Baldassar, re dei Caldei, fu ucciso  e Dario il Medo ricevette il regno all’età di sessantadue anni.” Daniele 5:30-31.

E’ vero la cronaca giuntaci da altre fonti non ci spiega chi sia questo Dario il Medo che riceve il regno; ma non ci basta che la Bibbia ne abbia conservato la memoria storica? Perché per partito preso si deve considerare una fonte extra biblica di maggiore attendibilità? E perché aspettiamo che la Bibbia sia confermata da fonti extrabibliche, quando io credo che, alla luce di quanto l’esperienza ci ha insegnato, fare l’esatto contrario sia molto più logico?

Ma forse, se la storia è maestra di vita, è proprio vero che si fanno sempre gli stessi errori e che non vi è nulla di nuovo sotto il sole.

David Rohl è uno studioso che sostiene la validità della Bibbia come documento storico. Molto semplicemente spiega che le prove archeologiche extra bibliche trovano il loro logico collocamento nel puzzle della storia antica solo se finalmente ci si arrende (direi quasi “rassegna”) a comprendere l’affidabilità storica dell’Antico Testamento.

Di Rohl e del suo lavoro parlerò più avanti.

L’INIZIO

“Nel principio Dio creò i cieli e la terra”. E’ l’inizio della Bibbia e, in verità, non c’è un altro libro storico che cominci la propria narrazione da un momento altrettanto remoto. Quindi, è da qui che cominceremo anche noi la storia di Israele.

Conosciamo tutti la narrazione della creazione. Messo da parte ogni preconcetto, dal punto di vista prettamente filologico è la più attenta e lucida narrazione che ci proviene dall’antichità sull’origine della vita, dell’uomo e persino del male che caratterizza l’esistenza umana.

Se mai un libro nella storia dell’umanità merita l’aggettivo di Parola di Dio, quel libro è la Bibbia. E semmai un libro può arrogarsi di essere stato ispirato da Dio, quel libro è la Bibbia.

Le prime pagine della Genesi spiccano fra quelle di scritti a loro contemporanei o più antichi. Non volendo infatti discutere l’oggettivo valore dei contenuti di antichi poemi sumeri o babilonesi e il loro indiscutibile fascino, l’ingenuità  dei loro contenuti li spoglia di un reale valore teologico o filosofico.

Lo stesso non può dirsi dell’opera di Mosè. Per contenuti, simbolismi, linguaggio, e teologia nessuno scritto precedente o seguente è riuscito a raggiungere livelli tanto elevati. Gli sforzi tanto dei sostenitori che degli oppositori, commentari, parafrasi, trattati scientifici o teologici, nessuno è arrivato a produrre un’opera tanto definitiva quanto quella del primo e più grande legislatore di Israele.

E’ un’affermazione piuttosto forte, ma mi viene difficile credere che qualcuno possa smentirla con successo.

Le parole del primo capitolo della Genesi, in armonia con gli stili letterari dell’epoca e in perfetto accordo con gli scopi che si prefigge il suo autore, sono molto più poetiche e filosofiche che scientifiche. Cercarvi, quindi, un’accuratezza scientifica ha prodotto più frustrazione ed incomprensione che risultati apprezzabili: non si cerca accuratezza matematica in una composizione poetica!

“Dio creò l’uomo a sua immagine;

lo creò ad immagine di Dio;

li creò maschio e femmina”

(Genesi 1:27)

Godersi la bellezza delle prime pagine della Scrittura è un dono di Dio che da ogni parte si cerca di disturbare con teorie, idee e convinzioni di ogni tipo.

Visto che il mio lavoro non vuole sostituirsi alla Scrittura e che le narrazioni dei primi capitoli della Bibbia sono ben noti, è inutile ribadirne qui in dettaglio i contenuti, visto che sostanzialmente non si tratta di questioni storiche quanto filosofiche e teologiche.

Dal punto storico, è di particolare interesse invece la genealogia che da Adamo, rintraccia la discendenza dell’uomo fino a Noè, al capitolo 5. Questo capitolo comincia con un’affermazione piuttosto rilevante: “Questo è il libro della genealogia di Adamo …”. Da piccolo ero piuttosto confuso da queste parti del libro della Genesi. Oggi ne sono attratto e ne sono affascinato comprendendone l’inestimabile valore storico.

E’ infatti molto probabile che qui Mosè abbia attinto a dei documenti che ha incorporato nel suo lavoro.

Sono perfettamente cosciente che vi sono stati in passato molti studiosi che hanno sostenuto l’origine del Pentateuco in un’epoca molto posteriore a quella in cui visse Mosè. Ve ne sono molti anche oggi. Ma è un anacronismo. Sostengo infatti che alla luce delle nuove scoperte archeologiche, alla luce dell’incredibile mole di scritti antichi ritrovati e risalenti a periodi anche molto più antichi di quelli di Mosè che ci hanno mostrato il livello della letteratura medio-orientale in tempi remotissimi, come mai ci saremmo aspettati di trovare, certe teorie hanno perso notevolmente di credibilità.

Un archeologo sobrio e intelligente quale credo che sia il dott. David Rohl, pur non essendo animato da alcuno spirito partigiano, del quale invece si potrebbe facilmente accusare me, è convinto dai propri studi che la mosaicità del pentateuco non oltraggi nessuno. Quindi mi permetto di essere anch’io della stessa opinione. In un’appendice tratterò la questione molto più approfonditamente, evitando qui di perdere il filo del discorso.

I libri delle genealogie di Mosè, che questi incorpora nella sua narrazione, devono essere documenti ai quali egli ha potuto attingere durante la composizione della Legge. Di particolare nota sono gli anni di vita attribuiti ad Adamo ed ai suoi discendenti fino a Noè. Di Adamo ci viene detto che visse 930 anni. Set, suo figlio, visse 912 anni. Matusalemme (nella Bibbia Metusela) si conquista un posto nell’immaginario popolare con i suoi 969 anni.

La problematica che sollevano numeri così notevoli è fin troppo evidente.

Il professor Pettinato, indiscussa autorità in materia, ci informa che la cosiddetta Lista Reale Sumerica è uno scritto composto fra il 2100 ed il 1900 a.C. Nella migliore delle ipotesi quindi, almeno 500 anni prima della nascita di Mosè. Vi leggiamo, citandone qualche porzione, che Alulim fu re ad Eridu, città della Mesopotamia, e che regnò per 28.800 anni. Al suo successore Alalgar, suo successore, viene attribuito un regno di 36.000 anni.

I numeri dei re sumeri fanno impallidire quelli della Bibbia.

Premesso che è evidente che l’antico scritto sumero si affianca a quello di Mosè e non offre una soddisfacente spiegazione per l’incredibile numero di anni attribuiti ai patriarchi né alle dinastie sumere antidiluviane, al contrario il mistero si infittisce soltanto.

Sono varie le possibilità. Potrebbe darsi che realmente, a causa delle diverse condizioni climatiche del pianeta in un periodo antecedente la catastrofe planetaria del diluvio, consentisse realmente agli uomini una vita talmente lunga. Anche in questo caso però, gli anni di regno attribuiti alle dinastie sumeriche sono storicamente ed anche razionalmente insostenibili.

Una tale affinità, però, fra la Bibbia e documenti tanto più antichi di lei, ci da motivazioni ragionevoli per credere che Mosè abbia attinto a documenti ovviamente più antichi della sua composizione e, sebbene non possiamo provarlo, allo stesso tempo siamo autorizzati a poter pensare, che tali fonti fossero altrettanto antiche quanto quelle riportate alla luce dai ritrovamenti archeologici del XIX e XX secolo. 

IL DILUVIO

La storicità del diluvio non è più argomento di discussione. Sono troppi i documenti antichi ritrovati in ogni parte del pianeta che tramandano la memoria di una tale catastrofe. Volendo sempre citare la Lista Reale Sumerica, dopo una lista di re, leggiamo: “il diluvio spazzò via ogni cosa”.        

Sono invece argomento di discussione le dimensioni del diluvio, se cioè ci troviamo davanti ad una catastrofe planetaria, come sembra dedursi dalla narrazione biblica, o una non meno catastrofica inondazione che ha interessato la Mesopotamia?

La narrazione biblica è molto accurata, sia per l’individuazione temporale dell’evento che per le caratteristiche della narrazione.

“Il seicentesimo anno della vita di Noè, il secondo mese, il diciassettesimo giorno del mese, in quel giorno tutte le fonti del grande abisso eruppero e le cateratte del cielo si aprirono. Piovve sulla terra quaranta giorni e quaranta notti.” (Genesi 7:11-12)            

“E le acque rimasero alte sopra la terra per centocinquanta giorni.” (Genesi 7:24)

“Nel settimo mese, il diciassettesimo giorno del mese, l’arca si fermò sulle montagne dell’Ararat.” (Genesi 8:4)

“L’anno seicentouno della vita di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, le acque erano asciugate sulla terra e Noè scoperchiò l’arca, guardò, ed ecco che la superficie del suolo era asciutta. Il secondo mese, il ventisettesimo giorno del mese, la terra era asciutta.” (Genesis 8:13-14)

La narrazione biblica è molto dettagliata e con dei riferimenti molto precisi alla durata, inizio e fine del diluvio.

Lo studioso David Rohl, nel suo libro Il Testamento perduto, richiama le antiche narrazioni dell’eroe sumero Gilgamesh e il Mito di Atrahasis a sostegno della storicità della prima grande catastrofe abbattutasi sull’umanità.

I Sumeri furono molto attivi dal punto di vista letterario. Sarebbe sorprendente la somiglianza fra le narrazioni sumeriche e quelle bibliche sulla creazione o sul diluvio. Nell’epopea di Gilgamesh sumerica, si parla dell’eroe del diluvio Ut-na-pishtim. Na si pronuncia nua, con grande somiglianza con il nome dell’eroe biblico Noè. Ciò avvicina le tradizioni sumere alle narrazioni bibliche.

Quest’ultimo evento, sulla cui storicità ormai non possono esserci seri dubbi, rimase talmente impresso nella cultura mesopotamica da influenzare in maniera determinante le strutture della città. I palazzi più importanti, infatti, come i templi o le costruzioni pubbliche in genere, venivano costruiti in cima alle cosiddette Ziggurat, delle piramidi alla cima delle quali si arrivava con delle scalinate e con una ampia superficie piana in cima sulla quale si edificavano. La loro costruzione in luoghi elevati aveva lo scopo di preservare le costruzioni da possibili futuri “diluvi”.

Come fa in altri punti del suo libro, Rohl riconduce gli eventi a catastrofi naturali, fattore che non possiamo in nessun senso scartare a priori, né che possiamo considerare inconciliabile con la narrazione biblica.  Certo, l’aderenza all’attendibilità del testo biblico da parte di uno studioso non credente non è cosa comune, quindi vale la pena citarlo. Egli scrive: “L’intero pianeta stava subendo un globale cambiamento climatico indotto da un’eruzione vulcanica di notevole entità … il fenomeno del 3119 a.C. fu una massiccia eruzione di una portata tale che non si è più vista nei successivi cinque millenni di storia del pianeta Terra. Milioni di tonnellate di cenere e acido solforico furono scaraventati nell’atmosfera, oscurando la luce del sole e provocando una mini era glaciale”. L’abbassamento della temperatura del pianeta, prosegue Rohl con la sua ipotesi, deve avere impedito lo scioglimento delle nevi sulle montagne che alimentavano i corsi d’acqua in Mesopotamia. Il riscaldamento che seguì anni dopo con il diradarsi della nube che oscurava il sole, deve aver causato la catastrofe biblica. La neve si sciolse, “le “acque dell’abisso” (l’oceano di acqua dolce che si trovava sotto la superficie terrestre) si riversarono nei fiumi ormai gonfi”, mentre l’improvviso innalzarsi della temperatura scatenò un temporale di proporzioni mai viste prima, né dopo.

Ma tornando alla domanda che ho posto poc’anzi: il diluvio coprì tutta la superficie del pianeta o fu un evento che riguardò la Mesopotamia soltanto?

Personalmente credo che il diluvio sia stato una catastrofe planetaria e non locale, ma ritengo valide le posizioni di chi crede diversamente.

Rohl adduce a sostegno della teoria dell’alluvione locale delle motivazioni legate al testo originale stesso, che può essere tradotto in maniera che renda più comprensibile quanto questa supposizione sia plausibile. Questa la sua traduzione di Genesi 7:18-20: “Le acque continuavano a salire al di sopra della terra sino a che le alture delle città più elevate sotto l’intero cielo furono invase dall’acqua. Le acque raggiunsero infine il limite estremo di quindici cubiti (sette metri) e le alture furono sommerse”.      

Di sicuro un evento di tale portata segnò un punto d’inizio importante nella vita della Mesopotamia.

Dopo che il diluvio ebbe cancellato ogni cosa,

quando la regalità scese dal cielo,

la regalità fu a Kish

(Lista Reale Sumerica, Giovanni Pettinato, I Sumeri, pag.86)

Partendo da questo nuovo inizio, la Bibbia descrive le origini dei vari popoli della terra, discendenti dei tre figli di Noè.

I SUMERI E LE PRIME CITTA’

Gli storici ci informano che è in Mesopotamia che nascono le prime città al mondo per mano del popolo dei Sumeri. Sono Eridu, Uruk, Nippur, Ur, Umma, Lagash, per citarne alcune.

Grazie ad una serie di condizioni favorevoli, il villaggio, piccolo agglomerato agricolo-pastorale, cresce fino a divenire la città: in embrione, il modello delle città dove ancora oggi noi viviamo; il primo passo in una direzione nella quale ci stiamo tutt’ora muovendo.

La città è centro di trasformazione, scambio e servizi. E’ il punto di riferimento per un razionale ed organizzato sfruttamento delle risorse del territorio.

E’ qui che, con l’organizzazione più complessa del vivere umano, viene segnata una tappa fondamentale del progresso: l’invenzione della scrittura e la creazione di metodi di misura spersonalizzati e generalizzati, pratici e indispensabili per una economia complessa. Furono stabilite misure standard per il peso, per la capacità, per la misura. Il sistema sumerico era sessagesimale, basato quindi su multipli di sei e di dieci. Ad esempio: 1 talento equivaleva a 60 mine; 1 mina a 60 sicli.

Ciò non ci deve sconvolgere più di tanto. Il nostro sistema di misure, ad esempio, è basato su un sistema decimale, così come quello di peso. Ma così non è, ad esempio, nei paesi anglosassoni.

Il nostro sistema di misurazione del tempo è strettamente imparentato con quello sumerico. Il loro calendario infatti prevedeva 360 giorni l’anno; era diviso in 12 mesi di 30 giorni l’uno. Il giorno era diviso in ore e minuti. Come ben si comprende, il nostro calendario ha soltanto perfezionato il sistema originario per la misurazione del tempo ma non lo ha rivoluzionato. I nostri cronometri non adottano il sistema decimale. La nostra ora è, infatti, divisa in 60 minuti (e non da 100) e un minuto è composto da 60 secondi (e non da 100).

L’organizzazione e lo sfruttamento ottimale del territorio con il conseguente aumento della produzione alimentare corrisponde ad una spinta demografica che contribuisce, in un ciclico causa-effetto-causa, alla crescità della popolazione delle prime città.

L’ascesa delle città dell’antica mesopotamia è narrata anche nella Bibbia. Questa la narrazione della Genesi.

“Poi Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc. Quindi si mise a costruire una città, a cui diede il nome di Enoc, dal nome di suo figlio.” Genesi 4:17. La Genesi concorda quindi con le cronache sumeriche, che la nascita delle città era avvenuta già prima del diluvio.

Ovviamente, a conferma di quanto ci dice la Scrittura, le prime città devono essere sorte attorno alle comunità di agricoltori. I pastori erano nomadi, dovendo cercare sempre nuovi pascoli per le greggi. In alcune aree del mondo lo sono anche oggi. Nelle età a venire avrebbero vissuto anche in uno stato di seminomadismo: per motivi di sicurezza, per la facilità cui si poteva attingere a vari tipi di risorse, per le possibilità commerciali, gli allevatori vivevano in prossimità delle città.

Gli agricoltori, invece, erano legati alla terra che coltivavano e, quindi, era naturale il loro bisogno sedentarietà, con tutto quello che comportava.

La Bibbia parla anche della nascita del primo grande regno della storia.

“Cus generò Nimrod, che cominciò a essere potente sulla terra. Egli fu un potente cacciatore davanti al Signore; perciò si dice: “Come Nimrod, potente cacciatore davanti al Signore”. Il principio del suo regno fu Babel, Erec, Accad e Calne nel paese di Scinear. Da quel paese andò in Assiria e costruì Ninive, Recobot-Ir e Cala; e tra Ninive e Cala, Resen, la grande città.” (Genesi 10:8-12)

Il termine Mesopotamia è di origine greca. Vuole descrivere con le due parole greche dalle quali trae origine la terra che “si trova fra i due fiumi”, il Tigri e l’Eufrate. Nella Bibbia invece, scritta in ebraico e molto tempo prima che quel termine fosse persino coniato, la terra che vide nascere la civiltà era chiamata Scinear.

Il Nimrod al quale il testo biblico fa riferimento, in accordo con questo alcuni documenti antichi, sembra essere stato a capo della prima forma di regno in Mesopotamia. Un regno che comprendeva Babel, Erec (probabilmente a noi altrimenti nota come Uruk), Accad, città che diverrà molto importante, della cui esistenza siamo certi, ma che gli scavi archeologici non hanno ancora riportato alla luce. Dal paese di Scinear, cioè dalla Mesopotamia meridionale, Nimrod si spinse verso nord, fino in Assiria.

Nella Lista Reale Sumerica come citata da Giovanni Pettinato, I Sumeri, pag. 86, leggiamo:

Il diluvio cancellò ogni cosa;

dopo che il diluvio ebbe cancellato ogni cosa,

quando la regalità scese dal cielo,

la regalità fu a Kish.

David Rohl identifica il Nimrod biblico con lo storico Enmerkar, nome che significa “Enmer il cacciatore”. In Ebraico le vocali non vengono scritte ed è quindi ancora più facile vedere la somiglianza fra i due nomi, biblico, NMR ed extrabiblico eNMeR. NMR in ebraico suggerisce l’idea di “ribellione” ed è quindi interessante notare come Nimrod sia riconosciuto da fonti extra bibliche come il costruttore della torre di Babel.

Scrive lo storico ebraico Giuseppe Flavio: “Egli – Nimrod – disse che si sarebbe vendicato di Dio, se avesse voluto nuovamente mandare un diluvio sul mondo. Per questo egli costruì una torre altissima che le acque non avrebbero potuto raggiungere.” Flavio Giuseppe, Antichità, Libro 1, capitolo 4.2.

La memoria di Enmerkar ci viene tramandata in un antico poema Enmerkar e il signore di Aratta. Enmerkar era un re sumero a capo di un regno la cui influenza era piuttosto estesa. Aratta era una località non meglio identificata posta a nord della Mesopotamia. Qui si evidenzia, sebbene bisogna leggere fra le righe, il bisogno della bassa Mesopotamia di materie prime invece abbondanti in Aratta e la sua intenzione a dare in cambio di quelle quanto invece in Sumer abbondava. Giovanni Pettinato nel suo libro I Sumeri tratta ampiamente del ciclo letterario su Enmerkar.

In accordo con quanto ci dice la Bibbia, sebbene molto mitizzati, dai poemi sumerici apprendiamo che Enmerkar, il Nimrud biblico era sovrano di Sumer, della bassa Mesopotamia che comprendeva Uruk, Eridu, Accad. Probabilmente Kish della LRS è da intendersi come Babel, a noi nota come la Babilonia. La spinta a nord di questo regno fu probabilmente motivata dal bisogno di reperire certe materie prime non disponibili in Sumer. Aratta sarebbe una di queste colonie sumeriche. La ribellione di questa città fu motivo del poema di Emerkar che abbiamo più volte citato.

Altri due interessanti dettagli di questo poema credo siano degni di nota.

L’insieme del cielo e della terra,

l’umanità intera,

parlava ad Enlil (divinità sumerica) in una sola lingua

(citato da G. Pettinato, I Sumeri, pag. 77)

Ciò ricollega il periodo di Nimrud a quello di Enmerkar, quando nacquero le varie lingue.

Ora, se cerchiamo di capire cosa accadde storicamente, al di là del significato religioso che troviamo nella Bibbia, è facile congetturare che l’umanità, discendenza di Noè e dei suoi figli, parlasse una sola lingua, ma che il suo spandersi nel territorio, insieme ai conflitti dovuti all’arroganza del re mesopotamico, aveva cominciato quel lungo processo di smembramento dell’umanità, a quell’allontanamento culturale e quindi, ovviamente, anche linguistico.

Che alle base delle lingue del nostro pianeta debba esservene una soltanto, è la cosa più logica e naturale che possa immaginarsi. A volte mi sembra che lo si neghi quasi soltanto per fare dispetto alla narrazione biblica.

Un altro stupendo evento è narrato nel poema di Enmerkar, un evento narrato in una singolare bellezza.

Il messaggero aveva la “lingua pesante”, non era capace di ripeterlo;

poiché il messaggero aveva la “lingua pesante”, e non era capace di ripeterlo;

il signore di Kullab (Uruk) impastò l’argilla e vi incise le parole come in una tavoletta;

– prima nessuno aveva mai inciso parole nell’argilla –

Ora, quando il dio sole risplendette, ciò fu manifesto:

il signore di Kullab incise le parole come in una tavoletta, ed esse furono visibili.

(Giovanni Pettinato, I Sumeri, pag. 39)

Enmerkar viene considerato il primo ad utilizzare la scrittura incidendola su una tavoletta.

La scrittura è alla base di un’organizzazione statale complessa. Infatti, i più antichi reperti archeologici, ci mostrano che, principalmente, i più antichi documenti – ovviamente scritti su tavolette di argilla – erano scritti amministrativi. Ma questo è un argomento che meriterà una trattazione a parte più in là.

Le città nominate nel testo biblico sono bene o male quelle che ho richiamato anche io nel mio veloce elenco.

LA NASCITA DELLA SCRITTURA

Per quello che ne sappiamo la scrittura fu introdotta in Mesopotamia dai Sumeri, circa 3300 anni prima di Cristo. Dovendosi, però, confrontare con una documentazione lacunosa, rimane il dubbio che la scrittura non fosse proprio un’invenzione sumerica. Ma di certo, dobbiamo a questo popolo le prime tracce nella storia di una cultura della scrittura.

Fu un’invenzione pratica, sembra legata alle necessità amministrative crescenti delle comunità cittadine e di uno struttura statale sempre più complessa. Infatti i primi testi giunti fino a noi, furono di natura amministrativa; ai quali presto si affiancarono quelli di natura scolastica. Questo almeno hanno riportato alla luce i reperti archeologici. La scrittura avveniva su tavolette di argilla. Ed è stato ciò che ha permesso a questi preziosi documenti di arrivare fino ai giorni nostri: la carta, così diffusa nel nostro tempo, non avrebbe sconfitto i millenni così facilmente.

Il sistema di scrittura sumerico, nel suo momento di maturità, fu quello cuneiforme. La scrittura cuneiforme è davvero molto affascinante, ma altrettanto complessa. Ciò ne rese molto difficile l’apprendimento, che riguardava una cerchia ristretta di individui, istruiti con lo scopo di utilizzare poi le loro capacità all’interno delle amministrazioni cittadine.

L’importanza della scrittura è evidente. La scrittura permette di rappresentare, ordinare e catalogare la realtà e, quindi, in un certo senso di poterla controllare. Fu naturale che i detentori di questo nuovo “potere”, gli scribi, assumessero un’importanza fondamentale all’interno di uno stato organizzato.

L’importanza dell’apporto dei Sumeri nel campo della scrittura fu determinante ed influenzò tutta la Mesopotamia. Quando il sumerico divenne una lingua morta a favore dell’accadico, dopo la fine dell’impero di Ur III, questa lingua rimase comunque indispensabile per il bagaglio culturale degli scribi, per una esatta comprensione della scrittura cuneiforme, anche se questa era ormai passata al servizio della lingua accadica.

Il prossimo fondamentale passaggio nella storia della scrittura sarebbe stato la nascita dell’alfabeto, che aprì le porte alla scrittura come la conosciamo oggi nel mondo occidentale. Ma per questo dovremo attendere i ritrovamenti ad Ugarit risalenti a circa due millenni più tardi. 

AKKAD E L’IMPERO DI SARGON

Sebbene siamo certi dell’esistenza di questa città e della sua passata gloria, gli scavi archeologici non hanno a tutt’oggi riportato alla luce la località esatta dove essa sorgeva.

Con colui che è di solito considerato il fondatore del primo impero della storia, Sargon, appunto re di Akkad, per la prima volta in Mesopotamia l’elemento semitico prevale su quello sumerico.

Sono i re della dinastia di Akkad ad assumere per primi il titolo di “re delle quattro parti della terra”.

Questa la successione dei re di Akkad:

Sargon, nell’immagine, fu fondatore della dinastia e figura leggendaria nella cultura Mesopotamica. Non è da confondere con il Sargon del periodo neo-assiro citato nel libro di Isaia. 

A lui segue Rimush, poi Nanishtusu ed in ultimo Naram-Sin, tristemente famoso perché distrusse la città di Ebla.

All’impero di Akkad pone fine l’invasione da parte di un popolo proveniente dal nord, i Gutei. La loro presenza in Mesopotamia apre una parentesi (2120-2000 a.C.), che si concluderà con la rinascita sumerica ad opera dei re Sumeri di Lagash, Uruk e soprattutto della terza dinastia di UR che costituirà un impero al pari di quello di Sargon.

EBLA 

La città di Ebla, conobbe un periodo di particolare splendore proprio fra il 2500-2300 a.C. fino a quando venne distrutta da Naram-Sin della dinastia di Akkad.

La città era principalmente un centro commerciale. Fra i preziosissimi testi di questa città sopravvissuti troviamo un accordo commerciale con la città di Assur. Importanti furono anche i suoi rapporti con la città di Mari del periodo predinastico, anch’essa distrutta più o meno nello stesso periodo di Ebla e sempre per mano dei re di Akkad.

L’immagina qui sopra è stata presa al momento del ritrovamento degli archivi di Ebla.

La popolazione di questa città era semita e la lingua qui parlata, sopravvissutanella molta documentazione riportata alla luce, era la lingua diffusa nella zona siriana e dell’alta Mesopotamia. La scrittura adottata era quella cuneiforme. Accanto a sinistra una tavoletta cuneiforme.

I testi ritrovati ad Ebla sono principalmente scolastici ed amministrativi, ma ve ne sono anche letterari. Gli scribi di Ebla andavano ad istruirsi a Mari o venivano istruiti da maestri provenienti da Kish. E ciò dimostra, insieme alle liste bilingui – dove il sumerico veniva affiancato all’eblaita – la dipendenza dalla cultura mesopotamica.

UR III 

L’invasione dei Gutei si concluse con la rinascita dell’elemento sumerico. In questo periodo emerge la dinastia di Lagash dove spicca Gudea, con la grande quantità di testi e di opere che si produssero nel suo regno.

Toccò comunque al re della quinta dinastia di Uruk, Utu-Khegal porre fine definitivamente al dominio Guteo.

Emerse nettamente fra le varie monarchie locali, la terza dinastia di Ur, che creò un impero degno successore di quello di Sargon.

Sopra Ur in una cartina geografica. Nella foto qui sotto le rovine di Ur. L’imponente ziggurat è visibilissima anche dall’alto. Segue una sua ricostruzione.

Prima governatore di Ur per conto del sovrano di Uruk, Urnammu divenne re fondando appunto la terza dinastia (UR III). Per rivendicare il senso di continuità che attribuiva al suo regno, Urnammu si definì “re di Sumer e di Akkad”. A lui si deve la costruzione della famosa ziqqurat riportata alla luce dagli scavi archeologici. E’ particolarmente emozionante immaginare che questo monumento fu probabilmente visto dallo stesso Abramo.

Il primo codice di leggi del quale si abbia memoria è proprio quello tradizionalmente emanato da Urnammu, di molti secoli più antico di quello famoso re babilonese Hammurabi. E’ doveroso specificare che il prof. Giovanni Pettinato segnala che gli studi più recenti propendono per l’attribuzione del codice a Shulgi, figlio di Urnammu. 

E’ molto emozionante leggere questo codice. Presento qui la mia traduzione di alcune parti del testo in lingua inglese facilmente reperibile sul web.

Questa parte dell’introduzione al codice. I nomi in corsivo sono di divinità sumere. Da notare il titolo di “re di Sumer ed Akkad” utilizzato per rivendicare l’universalità del regno di Ur.

“Quando An ed Enlil ebbero lasciato il regno di Ur a Nanna, a quel tempo Ur-Nammu, figlio di Ninsun, per la sua amata madre che lo partorì, secondo i suoi principi di equità e verità… Quindi Ur-Nammu il potente guerriero, re di Ur, re di Sumer e di Akkad, per il potere di Nanna, signore della città, e secondo la vera parola di Utu, stabilì equità nel paese; bandì la maledizione, violenza e le contese…l’orfano non fu più consegnato al ricco; la vedova non fu più consegnata al potente…”

Queste alcune leggi:

– Se un uomo commette un omicidio, quell’uomo deve essere ucciso.

– Se un uomo commette un furto, egli sarà ucciso.

– Se un uomo rapisce qualcuno, egli deve essere imprigionato e pagare 15 shekels di argento.

– Se un uomo divorzia dalla sua prima moglie, egli dovrà pagarle una mina d’argento.

– Se egli divorzia da una donna che era vedova, egli pagherà mezza mina d’argento.

– Se l’uomo ha dormito  con la vedova  senza che vi sia stato un contratto di matrimonio, egli non dovrà pagare alcun argento.

– Se un futuro genero entra nella casa del suo futuro suocero, ma suo suocero da sua figlia in moglie ad un altro uomo, il suocero restituirà al genero rifiutato il doppio dell’ammontare dei regali di fidanzamento che egli aveva portato.”

E’ chiaro anche dal semplice indizio del matrimonio già inteso come “contratto” che l’impero di Ur doveva possedere una organizzazione statale complessa e organizzata. E così era, come dimostrano tanti altri documenti che ci giungono a testimoniare di Ur III.

ISIN E LARSA E IL TRAMONTO DEI SUMERI

Con la caduta di Ur per mano dell’Elam, Ishbierra, fondatore della dinastia di Isin e, con molte altre città, ribelle alla dinastia di Ur, si vide come il continuatore dell’impero. Egli assume il titolo di “re delle quattro parti della terra”, sebbene l’estensione dell’influenza di Isin nella regione fu molto più limitata di quella di Ur.

Già il successore Lipit-Ishtar che la dinastia di Isin ha termine, lasciando il posto a quella di Larsa, la cui ascesa comincia con Gungunum che si proclama “re di Sumer e di Akkad”.

E’ un periodo di cambiamenti. Commenta così il prof. Pettinato: “Con la caduta di Ur non aveva fine una dinastia regale ma una civiltà intera… D’ora in avanti saranno i Semiti a governare la Mesopotamia”. Giovanni Pettinato, I Sumeri, pag. 301.

Etnicamente l’elemento accadico-amorreo prende il sopravvento. Linguisticamente l’accadico rimpiazza il sumerico. Quest’ultima non sarà più una lingua parlata, sebbene rimane fondamentale negli studi degli scribi assumendo il ruolo di “lingua sacra”, paragonabile al latino medievale. Il sistema di scrittura passa dalla rappresentazione del sumerico all’accadico.

Compare comunque sulla scena una nuova città, che andrà ad assumere un posto sempre di maggiore rilievo nella regione, Babilonia.

ABRAAMO

Dopo il prologo della Creazione dell’uomo e la narrazione del disastro del diluvio, la Genesi traccia una discendenza diretta da Sem, figlio di Noè, fino ad Abraamo, il grande patriarca della storia di Israele.

La patria della famiglia del patriarca era stata la famosa città di Ur. La precisazione che troviamo nelle nostre Bibbie, Ur “dei Caldei”, è probabilmente dovuta alla mano di uno scriba che l’aggiunse in un secondo momento, molto tempo dopo la composizione del Pentateuco per aiutare i contemporanei ad individuare la città della quale si parla nella Scrittura. Ur, infatti, ai tempi di Abraamo non era abitata dai Caldei, che compariranno nella regione circa un millennio dopo con la dinastia di Babilonia.

Durante il periodo in cui visse Abraamo le due etnie, sumerica e semita, convivevano, sebbene la seconda stava sempre più definitivamente prendendo il posto della prima.

Il viaggio di Abramo comincia con suo padre Tera, che parte da Ur e va a spostarsi fino a Caran. (Genesi 11:27-32). Ma è ad Abramo personalmente che il Signore dice di scendere in Canaan e di farlo da solo. Il Signore, quindi, promette quella terra a lui ed alla sua discendenza. (Genesi 12:1-9)

Abraamo doveva appartenere a quei gruppi di pastori nomadi che, non vivendo di agricoltura, non erano ancorati ad una vita sedentaria e, quindi, non riuscivano ad inserirsi, se non marginalmente, nel tessuto cittadino. Verosimilmente il seguito del patriarca era numeroso ed i suoi accampamenti non dovevano mantenersi troppo lontano dai centri abitati.

DATAZIONI

Leggendo la narrazione biblica del diluvio colpisce moltissimo l’attenzione prestata ai dati cronologici.

Genesi 7:6: “Noè aveva seicento anni quando il diluvio delle acque inondò la terra.”
Genesi 7:11: “Il seicentesimo anno della vita di Noè, il secondo mese, il diciassettesimo giorno del mese, in quel giorno tutte le fonti del grande abisso eruppero e le cateratte del cielo si aprirono.”
Genesi 7:17 “Il diluvio venne sopra la terra per quaranta giorni, e le acque crebbero e sollevarono l’arca, che fu elevata in alto al di sopra della terra.”
La domanda che si pone il lettore di oggi è ovviamente: Quando ha avuto luogo il diluvio? E’ una domanda che va compresa e che in realtà significa: a quale data del mio calendario dovrei riferire le indicazioni temporali che mi dà l’autore della Genesi?

Il calendario oggi quasi universalmente in uso è il cosiddetto calendario Gregoriano, che altro non è che una revisione del calendario Giuliano, detto così perché imposto da Giulio Cesare. Nei paesi occidentali abbiamo la tendenza naturale a considerarlo assoluto e sembra quasi che per noi sia il tempo stesso ad essere assoggettato al nostro calendario anziché questo essere soltanto una maniera – sebbene comoda, funzionale, intelligente – per misurare il tempo. E ci sentiamo infastiditi quando non riusciamo a collocare un evento all’interno del nostro sistema di datazione.

In questo siamo davvero presuntuosi e con i paraocchi.

Il nostro calendario ha come punto di riferimento la nascita di Gesù Cristo, che, chi lo ha concepito originariamente, credeva di avere esattamente individuato. Ma non tutto il mondo è cristiano e non deve sorprenderci che il calendario Musulmano abbia come punto di riferimento Maometto e non la nascita di Gesù. Lo stesso dicasi di quello ebraico che ha come punto di partenza la supposta data di creazione del mondo.

Se per parte dell’umanità siamo qualche secolo dopo l’anno 5000 del calendario ebraico e qualcosa dopo 1600 anni dopo la nascita di Maometto per la datazione musulmana, non dovremmo sorprenderci più di tanto.

La forza del calendario Gregoriano e la sua diffusione è dovuta più a bisogni legati al commercio ed alla politica che ad altro. E la sua estesa adozione è relativamente recente. Né il nostro calendario è privo di errori. Non esiste ad esempio l’anno zero: dall’anno 1 a.C. si passa all’anno 1 d.C. Gesù non nacque in realtà quindi nell’anno zero o 1 del nostro calendario, ma per un errore di calcolo che ormai non possiamo più correggere, Gesù nacque nel 4 o 6 a.C. A dir poco un paradosso. Per certi altri aggiustamenti che si rivelarono indispensabili, alcuni giorni furono addirittura cancellati, cioè non sono mai realmente esistiti.

Lo studio della storia mi ha personalmente insegnato a rimuovere, in questo come in altri casi, il senso dell’assoluto e molte delle mie idee preconcette.

Nell’antichità, come abbiamo visto nell’antichissimo resoconto del diluvio, le date erano relative, inserivano gli eventi all’interno del regno di questo o quel re. Vediamo qualche altro esempio.

2 Cronache 36:22-23, “Nel primo anno di Ciro, re di Persia, affinché si adempisse la parola del SIGNORE pronunziata per bocca di Geremia, il SIGNORE destò lo spirito di Ciro, re di Persia, il quale a voce e per iscritto, fece pubblicare per tutto il suo regno questo editto: “Così dice Ciro, re di Persia: “Il SIGNORE, Dio dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra, ed egli mi ha comandato di costruirgli una casa a Gerusalemme, che si trova in Giuda. Chiunque fra voi è del suo popolo, sia il SIGNORE, il suo Dio, con lui, e parta!”

Come vediamo qui, nell’antica Persia, come era la norma nei regni antichi, gli eventi venivano riferiti all’anno di regno del sovrano al potere. Lo stesso accadeva per le datazioni del regno neobabilonese.

A volte per indicare il tempo in cui si verificarono certi eventi si fa riferimento anche ad eventi straordinari, che si supponeva fossero conosciuti da tutti. Cito un altro esempio biblico.

Circa la datazione della nascita di Gesù. Leggiamo in Luca 2:1-2, “In quel tempo uscì un decreto da parte di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l’impero. Questo fu il primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria.”

Certamente per i primi lettori, immediati destinatari di questo vangelo, l’indicazione temporale deve avere avuto molto senso. Ma, a volte, è come se alcuni si indispettiscano e considerino un limite di un testo storico il fatto che non ci dica apertamente: “Gesù è nato nel 4 a.C.”; trascurando che per milioni di individui vissuti in un arco di tempo molto lungo, la datazione riferita al calendario Gregoriano avrebbe avuto molto meno senso di quella tramandataci dall’evangelista.

Il capitolo 12 dell’Esodo racconta dell’istituzione della Pasqua ebraica. Allo stesso tempo, con questo evento epocale, viene anche stabilito l’inizio dell’anno ebraico.

Esodo 12:1-2, “Il SIGNORE parlò a Mosè e ad Aaronne nel paese d’Egitto, dicendo: “Questo mese sarà per voi il primo dei mesi: sarà per voi il primo dei mesi dell’anno.”

Il nome ebraico di questo mese è Abib. Diventerà Nisan dopo la deportazione babilonese. Esso corrisponde a fine Marzo inizio Aprile del nostro calendario.  

Il libro dell’Esodo quindi si preoccupa di dare una collocazione temporale ben precisa al momento in cui il popolo di Israele esce dall’Egitto.

Il compito dello storico è cercare di uniformare le date relative giunteci dai tempi passati, inserendole all’interno del nostro calendario. Cosa molto più facile a dirsi che a farsi. 

Una datazione possibile per l’esodo del popolo di Israele dall’Egitto, sostenuta ad esempio da David Rohl, è il 15 di Abib del 1447 a.C.

Come arriviamo a questa data?

Di solito quando non abbiamo altro riferimento certo, contando a ritroso da un altro evento storico del quale sappiamo con relativa sicurezza la data riferita al nostro calendario, e avvantaggiandoci di dettagli temporali aggiuntivi, riusciamo ad ottenere una datazione plausibile.

Leggendo 1 Re 6:1, troviamo delle indicazioni molto importanti: “Il quattrocentottantesimo anno dopo l’uscita dei figli d’Israele dal paese d’Egitto, nel quarto anno del suo regno sopra Israele, nel mese di Ziv, che è il secondo mese, Salomone cominciò a costruire la casa per il SIGNORE.”

Partendo dal dato certo che il quarto anno di regno del re Salomone corrisponde al 968 a.C., contando a ritroso i 480 anni che sono trascorsi dall’Esodo secondo il libro dei re, arriviamo proprio al 1447 a.C.

Ovviamente, essendo nel periodo a.C. gli anni vanno contati a ritroso.

1

Potremmo poi avvalerci di un’ulteriore indicazione che troviamo ancora nel libro dell’Esodo per cercare di ottenere ulteriori informazioni.

Esodo 12:40, “Il tempo che i figli d’Israele abitarono in Egitto fu di quattrocentotrent’anni.”

2
Così sembra tutto facile e semplice. Ovviamente non lo è.

Quella proposta sopra è la datazione di solito accettata da chi sostiene l’affidabilità delle informazioni riportate dal testo biblico. David Rohl, che pure non sembra mosso da convinzioni religiose ma puramente scientifiche, difende la datazione biblica, essendo convinto dell’assoluta attendibilità storica dei resoconti dell’Antico Testamento.

Altri studiosi, però, basandosi su motivazioni altrettanto valide dal punto di vista storico ed archeologico, datano diversamente l’esodo dall’Egitto. John Bright, autore e studioso emerito (e di fede evangelica) allievo di Albright, un mostro sacro dell’archeologia, data l’esodo intorno all’anno 1280 a.C.

Dopo anni di studi sulla storia dell’antico oriente, devo comunicare al lettore la mia convinzione che un’approssimazione di meno di 200 anni nella datazione di un evento occorso circa 3500 anni fa, la considero ragionevolmente accettabile, se non addirittura un ottimo risultato.

Volendo entrare nello specifico, un’enorme difficoltà della datazione sopra riportata è dovuta al fatto che la Bibbia non ci trasmette i nomi dei sovrani egiziani, i quali vengono chiamati semplicemente Faraone.

Ciò ci porta ad un altro problema molto importante per le datazioni antiche, la possibilità di incrociare le datazioni di un popolo con quelle di un altro.

NOMI DI RE E DI CITTA’ 

A primo impatto potrebbe sottovalutarsi la problematica riguardante la capacità ad incrociare le datazioni relative di un popolo con quelle di un altro. Questo riferimento incrociato però ci può aiutare sia a collocare gli eventi all’interno del nostro calendario gregoriano, sia ad avere un’idea il più ampia possibile del quadro politico internazionale in un determinato periodo.

Non è una cosa semplice. Vediamo in dettaglio cosa voglio dire con un esempio.

Le problematiche connesse alla collocazione temporale degli eventi all’interno del nostro calendario, hanno un altro aspetto che le rende ulteriormente più complicate. Come abbiamo detto le datazioni dei popoli antichi sono relative, locali, legate all’area di influenza del regno dove erano in uso, riferite alle dinastie al potere o ad eventi straordinari.

 Passiamo subito a degli esempi pratici.

Il libro di Daniele 1 inizia così: “Il terzo anno del regno di Ioiachim re di Giuda, Nabucodonosor, re di Babilonia, marciò contro Gerusalemme e l’assediò.”

Per avere un quadro chiaro dovremmo sapere a quale anno del re di Babilonia Nabucodonosor II corrisponde il terzo anno di Ioiachim re di Giuda.

Ci viene in aiuto un altro brano biblico: “Ecco la parola che fu rivolta a Geremia riguardo a tutto il popolo di Giuda, nel quarto anno di Ioiachim, figlio di Giosia, re di Giuda (era il primo anno di Nabucodonosor, re di Babilonia)”, Geremia 25:1.

Grazie a questi due testi riusciamo ad incrociare le datazioni babilonese e del regno di Giuda. Riferire gli eventi all’interno del nostro calendario sarà più facile.

Ma spesso associare un nome da un documento storico appartenente ad un popolo con quello d’un altro non è così semplice. E tanto più andiamo indietro nel tempo, tanto più i popoli le cui datazioni si vogliono incrociare sono lontani nello spazio, nel tempo, nella lingua e nella cultura, tanto più difficile può essere il nostro compito.

Abbiamo già visto come Rohl identifica il Noè biblico con Ut-na-pishtim della tradizione sumera da degli indizi, oltre che dalla narrazione stessa, anche da elementi in comune con il nome in sumero ed in ebraico. Lo stesso accade con il nome del Nimrod biblico identificato con l’Enmerkar citato in altre fonti storiche e del quale ho parlato in precedenza.

La Bibbia ha un ruolo molto importante nelle datazioni antiche. Più importante di quanto non si possa supporre dal silenzio che rinveniamo nei testi scolastici. Quando studiavo alle superiori non avrei mai potuto immaginare che le Scritture ebraiche potessero avere una valenza storica tanto rilevante. Ma è così. Per secoli, prima che nel XIX secolo cominciassero le grandi campagne di scavi archeologici in medio oriente, l’unica testimonianza storica sull’esistenza di intere civiltà era la Bibbia. E, in un certo senso, il desiderio di dimostrare l’attendibilità delle narrazioni bibliche fu stimolo per le ricerche di diversi studiosi.

LA BABILONIA DI HAMMURABI

Comincia in questo periodo l’ascesa della potenza babilonese, creando quella contrapposizione – Assiria al nord e appunto Babilonia al sud – che caratterizzerà la storia della Mesopotamia fino all’arrivo dei Persiani di Ciro nel VI secolo A.C.

Già nel periodo di Larsa, la sua provincia è piuttosto estesa, ma è con il famoso Hammurabi Babilonia raggiunge la sua massima estensione territoriale. Capovolgendo una serie di alleanze, Hammurabi riesce ad espandere il suo regno assoggettando Eshunna sul Tigri, Larsa a Sud e Mari a nord. Il suo impero si contrappone a quello assiro, in questo momento storico più chiuso all’interno dei suoi confini.

Nell’immagine in alto, in verde, è evidenziata l’estensione massima della Babilonia di Hammurabi.

L’ascesa della prima dinastia viene arrestata dagli Ittiti che entrano in Babilonia e saccheggiano il tempio di Marduk, evento molto importante visto che esso era il dio nazionale.

I cassiti si avvantaggiano di questo indebolimento della potenza babilonese, prendendo il potere. Il periodo cassita di Babilonia sarà piuttosto lungo.

Il Codice di Hammurabi

Hammurabi è particolarmente famoso per il suo codice. Come per il codice della III dinastia di Ur, ritengo interessante riportare qualche brano che traduco dall’originale in inglese che è facilmente reperibile su internet.

Nelle immagini, il codice di Hammurabi.

Prologo

Quando Anu il sublime, re degli Anunaki, e Bel, il signore del cielo e della terra, che decreta il fato della terra, assegnarono a Marduk, il figlio di Ea e sovrano di tutto, dio della giustizia, il dominio sull’uomo terrestre, e lo rese grande fra gli Igigi, essi chiamarono Babilonia con il suo nome illustre, lo resero grande sulla terra, e fondarono in essa un regno eterno, le cui fondamenta sono state poste tanto solide quanto quelle del cielo e della terra; quindi Anu e Bel chiamarono me per nome, Hammurabi, il re esaltato, il quale temeva Dio, per portare nella terra il governo della giustizia, per distruggere il malvagio e colui che opera il male; affinché il forte non faccia male al debole; affinché io regni sui capi neri di Shamash, e illumini la terra, per promuovere il bene dell’umanità.

Hammurabi, il principe, colui che è chiamato da Bel, aumentato in ricchezza e prosperando, colui che ha arricchito Nippur e Dur-ilu oltre ogni paragone, sublime patrono di E-kur; il quale ha ristabilito Eridu e purificato il culto di E-apsu; il quale ha conquistato i quattro angoli della terra, reso grande il nome di Babilonia, ha dato gioia al cuore di Marduk, suo signore…che ha arricchito Ur…il quale ha nuovamente posto le fondamenta di Sippar… il guerriero che ha custodito Larsa… il signore che ha concesso nuova vita ad Uruk, il quale ha portato abbondante acqua ai suoi abitanti…il quale ha riunito gli abitanti dispersi di Isin…il quale fermamente ha fondato le fattorie di Kish… il quale ha fornito cibo e bevande a Lagash e Girsu…il quale riconosce il diritto, e governa secondo la legge, il quale ha restituito alla città di Ashur il suo dio protettore; il quale ha permesso al nome di Ishtar di Ninive di rimanere in E-mish-mish; il sublime, il quale si umilia davanti ai grandi dei; successore di Sumula-il; il potente figlio di Sin-muballit…potente monarca, sole di Babilonia, i cui raggi illuminano la terra di Sumer e Akkad; il re, obbedito dai quattro angoli della terra, amato da Ninni, io sono.

Quando Marduk mi ha inviato a governare gli uomini, per dare la protezione del diritto nella terra, io ho fatto il giusto e la giustizia… e ho difeso il benessere dell’oppresso.

Codice delle Leggi

3. Se un uomo sostiene un’accusa di fronte agli anziani, e non dimostra quello che sostiene, egli, se l’accusa riguarda una pena capitale, sia messo a morte.

6. Se qualcuno ruba una proprietà del tempio o della corte, sarà messo a morte, e anche colui che riceve da quegli la cosa rubata, sarà messo a morte.

9. Se qualcuno perde qualcosa e lo rinviene in possesso di qualcun altro: se la persona che possiede quella cosa dice: “ un mercante me l’ha venduto, l’ho pagato davanti a testimoni” e se il proprietario della cosa dice: “porterò dei testimoni che sanno della mia proprietà” l’acquirente dovrà condurre il mercante che gliel’ha venduto, e i testimoni davanti ai quali lo ha acquistato, e il possessore condurrà testimoni che possono identificare la sua proprietà. Il giudice esaminerà la loro testimonianza – sia dei testimoni davanti ai quali il prezzo è stato pagato, sia dei testimoni che possono identificare con giuramento la cosa perduta. Il mercante sarà riconosciuto come ladro e sarà messo a morte. Il proprietario della cosa perduta riceverà la sua proprietà, e colui che l’ha comprato riceverà il danaro dalle sostanze del mercante.

10. Se l’acquirente non porterà il mercante e i testimoni davanti ai quali ha acquistato l’articolo, e il suo proprietario porta dei testimoni che possono identificarlo, allora l’acquirente è un ladro e sarà messo a morte, e il proprietario riavrà il bene perduto.

11. Se il proprietario non conduce dei testimoni per identificare la cosa perduta, egli è un malvivente…e sarà messo a morte.

12. Se i testimoni non sono disponibili, allora il giudice proporrà una scadenza di sei mesi. Se i suoi testimoni non sono comparsi entro i sei mesi, egli è un malvivente, e subirà le conseguenze del caso.

(La legge n.13 non esiste in quanto il numero 13 era malvisto, più o meno come ai giorni nostri non troverete sugli aerei i posti a sedere numerati 13 e 17).

14. Se un uomo ruba il figlio minore di un altro, sarà messo a morte.

128. Se un uomo prende una donna in moglie, ma non ha con lei rapporti, la donna non è sua moglie.

129. Se la moglie di un uomo è colta in flagrante con un altro uomo, entrambi saranno legati e buttati nell’acqua, ma il marito potrà perdonare la moglie e il re i suoi schiavi.

136. Se un uomo abbandona la sua casa, fugge via, e sua moglie va in un’altra casa, se poi quegli ritorna e desidera riavere sua moglie, siccome è fuggito da casa sua abbandonandola, la moglie non tornerà con suo marito.

196. Se un uomo toglie l’occhio ad un uomo, gli sarà tolto un occhio.

197. Se spezza l’osso di un uomo, gli sarà spezzato un osso.   

200. Se un uomo spezza un dente di un suo pari,    anche il suo dente verrà spezzato.

282. Se uno schiavo dice al suo padrone: “tu non sei il mio padrone”, se viene condannato il suo padrone gli taglierà un orecchio.

Conclude il codice un epilogo dello stesso tenore del prologo.

GIUSEPPE IN EGITTO 

Una delle vicende più rocambolesche della Bibbia è quella che chiude il libro della Genesi, la storia di Giuseppe venduto dai fratelli. E’ una storia arcinota che non vale la pena richiamare interamente in questa sede. Consiglio vivamente leggerla a chi non l’abbia ancora fatto.

Dal punto di vista storico, vi sono diversi punti degni di essere condotti all’attenzione del lettore.

Anche qui purtroppo la Bibbia non ci dice nulla del sovrano al potere quando il giovane ebreo entra in Egitto, al quale il testo sacro si riferisce genericamente chiamandolo “faraone”. Ciò ci impedisce di incrociare con assoluta certezza le datazioni dell’antico Egitto con quella biblica.

L’ETA’ di MARI

E’ stata la scoperta degli archivi di palazzo a gettare luce sulle vicende della regione del medio Eufrate che vide protagonista il regno della città di Mari.

Abbiamo già parlato di Mari nel periodo di Ebla sottolineando l’importanza strategica della posizione di questa città nelle rotte commerciali.

Due elementi convivono in questo periodo, quello nomade e quello sedentario, cittadino, il primo dedito alla pastorizia, il secondo dipendente dallo sfruttamento agricolo del territorio.

Sull’estensione di questo regno ci informa il titolo del re Yakhdun-Lim: “re di Mari, Tuttul e Khana”.

Nello stesso periodo però, Shamshi-Adad riesce ad assumere il controllo dell’Assiria e ad espandere il suo dominio nella regione. Egli sottometterà Mari e, mettendo in fuga Yakhdun-Lim, metterà sul trono suo figlio Yasmakh-Addu. Mari adesso era parte di un contesto politico molto più vasto ed è decisamente subordinata alle esigenze dell’impero assiro. Ma ciò non sarebbe durato molto. Con la morte di Shamshi-Adad, la potenza assira viene ridimensionata e Mari torna al figlio di Yakhdun-Lim, Zimri-Lim. Quest’ultimo riuscì a riprendere il controllo delle vie commerciali.

L’ascesa della potenza di Hammurabi, prima alleato, fu fatale: il re di Babilonia infatti distrusse la città e la civiltà di Mari.

ASSIRIA – Regno Antico – 1950 – 1750

Il Crollo di Ur III comincia l’indipendenza di Assur e la sequenza dinastica assira.

Assur è una città commerciale, sorta sulle rive del fiume Tigri. Ho già citato il suo accordo commerciale con la città di Ebla, che quindi la rendeva al centro di un consolidato traffico commerciali. Fu lei ad assumere il controllo del triangolo assiro, dove sorgeva la città di Ninive, zona invece prettamente agricola.

La vocazione militare di Assur è facilmente giustificabile dalla sua rischiosa posizione che la esponeva agli attacchi dei nemici dal Nord.

Comparando la lista reale composta nel periodo neo-assiro con i ritrovamenti archeologici, le iscrizioni di fondazione lasciate nelle opere di costruzione, si riesce a risalire ai nomi dei primi re Assiri e si apprende della loro opera di costruzione della città, delle mura, dei templi.

Le scoperte delle tavolette a Kanish in Anatolia ha rivelato la struttura complessa del commercio fra le due nazioni. Gli assiri esportavano tessuti e stagno in cambio dell’argento così abbondante in Anatolia.

ITTITI  – Regno antico – 1650 – 1550 

Abbiamo già parlato dei traffici commerciali fra Anatolia ed Assiria e delle ricchezze naturali della prima: rame ed argento altrove molto ricercati e tanto rari da essere utilizzati come moneta; legname, fornito dall’abbondanza di boschi.

Al contrario della Mesopotamia, l’Anatolia rimane per lungo tempo frazionata. Saranno Khattushili e Murshili I i primi re dell’Anatolia ittita unificata, all’altezza delle grandi potenze mesopotamiche.

Sarà questo regno a sconfiggere potenze come quella di Babilonia – sebbene poi la città venga abbandonata a se stessa e aperta all’invasione cassita. Per mano degli Ittiti cadrà anche Yamkhad, potenza dello stesso periodo e di rilevanza quanto quella babilonese.

La loro lingua è l’ittita. La scrittura è importata dal sistema babilonese e messa a disposizione della lingua ittita. Ma compaiono anche testi bilingue in ittita ed accadico, come gli annali del re Khattushili che narrano gli eventi dei suoi sei anni di regno.

In ittita sono tradotti i testi con le gesta di Gilgamesh, Naram-Sin, Sargon.

MITANNI  – 1550 – 1360

La crisi assira e la caduta di Yamkhad causata dagli ittiti giocano un ruolo non secondario nell’ascesa, verso la fine del XVII secolo, del regno di Mitanni, che unificherà tutta l’alta Mesopotamia.

Il nome dell’autore dell’unità della regione e fondatore della capitale del regno, Washshukkanni, porta il nome di Shuttarna.

Ad un certo punto Mitanni si ritrova ad essere lo stato più forte del medio-oriente. Il re Shanshtar riuscì persino ad invadere l’Assiria e depredarla di un ricco bottino. Babilonia era in mano ai cassiti e l’Assiria e gli ittiti non erano in grado di contrastare l’espansione ed il dominio di Mitanni. 

I rapporti con l’Egitto prima ostili (XVI-XV secolo) divennero in seguito ottimi, grazie anche ad una politica di matrimoni. Ciò mantenne il confine sud piuttosto stabile.

Ma sarà dai suoi più scomodi e poi rinvigoriti vicini che arriveranno i guai maggiori. Gli ittiti alla fine riusciranno ad assoggettare il re di Mitanni e gli assiri, nel XIII secolo daranno il colpo di grazia.  

L’IMPERO ITTITA (1370-1190) 

Shuppiluliuma diventa re quando la potenza hittita era offuscata. Ma in breve tempo riesce a costruire un impero di vaste proporzioni, come è visibile nella cartina. La capitale di Khattusha cresce di pari passo con l’impero ed al suo apice arriverà a coprire una superficie di un centinaio di ettari, con circa 20.000 abitanti.

L’egemonia ittita andò a sostituirsi a quella egiziana nei numerosi stati vassalli del faraone. La politica aggressiva degli ittiti andava a rimpiazzare quella pacifica di Mitanni.  Shuppiluliuma mise i suoi figli sul trono di Alesppo e Karkemish. Sconfisse Aratama II e mise Shattiwaza sul trono di Mitanni, che venne a ricadere adesso nell’area di influenza del suo impero.  Alcuni stati si sottomisero volontariamente all’egemonia ittita, dando vita all’unico impero del tempo capace di confrontarsi con quello egiziano.

Succede al trono Murshili II. Le turbolenze seguite all’ascesa del nuovo re, compreso il tentativo egiziano di avvantaggiarsi della cosa, non hanno esito.

Con il successore Muwatalli, sia l’Egitto, con Seti I e Ramesse II, che l’Assiria si fanno più aggressivi. L’Assiria sottrae Mitanni all’influenza ittita. Mentre l’esercito di Ramses è respinto.

Dopo turbolente vicende di successione, arriva al trono Khattushili, fratello del precedente sovrano, il quale attua una politica di successo con il re egiziano. Da in sposa una figlia a Ramses e conclude con l’Egitto un trattato paritario che servirà a garantirgli il confine meridionale dell’impero.

Il re che seguirà, figlio del precedente, Tudkhaliva IV dovrà scontrarsi con la forza del crescente impero assiro di Tukulti-Ninurta, ma riuscirà a mantenere il confine dell’Eufrate.

Altri due re si succederanno, Arnuwanda III e Shuppiluliuma II. Quest’ultimo, nonostante l’evidente declino, potrà celebrare la conquista di Cipro. Ma la parabola discendente è inarrestabile: i fattori di debolezza interna e le genti nemiche provenienti dal mediterraneo, non meglio identificate, causano la distruzione della capitale e la fine dell’impero ittita.

ASSIRI – Regno Medio  (1360-1050)

L’Assiria esce da un periodo di chiusura all’interno dei propri confini classici quando Ashur-uballit diviene re. Con lui la potenza assira tornerà a comparire nella sfera internazionale.

Di Assur-uballit è rimasta traccia nella corrispondenza dei faraoni egizi rinvenuta ad El-Amarna. Delle lettere di Amarna ne ho già parlato in un articolo, sebbene lì mi soffermi su problemi di cronologia che in questa sede ho del tutto trascurato.

Con il suo successore, Adad-nirari, riprende l’espansione assira nell’alta Mesopotamia.

Il re che seguirà, Salmanassar I, segnerà una svolta nella politica assira che ne caratterizzerà tutta la storia a venire: al controllo delle dinastie dei popoli soggetti verrà preferita la deportazione in massa della popolazione vinta, la suddivisione del territorio e la popolazione assira che vi si insedia prende in mano l’economia della zona.

Ma è con Tukulti-Ninurta che questo periodo della storia assira vede il suo momento di maggiore espansione. I confini sono molto ampi e definiti: L’Eufrate ad Ovest, a sud Babilonia, a nord la barriera naturale dei monti Zagros e la valle del Tigri. Tukulti-Ninurta punirà la violazione del patto di Babilonia, sconfiggendo e portando prigioniero ad Assur il suo stesso re, Kashtiliash IV, prendendo la città, distruggendo mura e il tempio di Marduk, deportando parte del popolo babilonese. Sarà egli stesso sovrano di Babilonia e si proclamerà, come i leggendari re della Mesopotamia antica,  re “di Sumer ed Akkad”. 

Tukulti-Ninurta si dedica anche ad opere di costruzione, nella vecchia capitale di Assur. Edifica inoltre una nuova capitale: Kar-Tukulti-Ninurta, dove verrà ucciso a seguito di una congiura.

La crisi del periodo, che portò anche alla caduta dell’impero ittita, colpì anche gli assiri e i successori di Tukulti-Ninurta, ma i confini dell’impero ressero e l’interno dello stato rimase piuttosto saldo.

Sarà Tiglatpileser I a ridare alla potenza assira l’estensione territoriale del periodo d’oro di Tukulti-Ninurta. Egli riesce persino a spingersi fino a Babilonia ma non vi rimane. Ma è l’unico sovrano degno di nota in questo periodo di crisi. La rinascita della potenza assira arriverà con l’impero.

UGARIT E L’INVENZIONE DELL’ALFABETO

Il territorio di Ugarit non era di particolare grandezza. Si trattava di una città che affacciava sul mediterraneo, vittima a turno, come tanti piccoli altri stati, delle politiche delle grandi potenze del tempo, ittita, egiziana, ecc…

Ma è qui che con la scoperta di valore inestimabile di un archivio letterario risalente al periodo che stiamo considerando che Ugarit passa all’attenzione degli studiosi in modo speciale. E, in questo contesto, vale la pena dare uno sguardo d’insieme al fenomeno della scrittura nell’antico oriente.

Le prime tracce storiche della scrittura cominciano con i sumeri, padri della scrittura cuneiforme.L’importanza dell’apporto dei Sumeri fu determinante ed influenzò tutta la Mesopotamia: lingua e scrittura erano infatti, nel sumerico, l’una dipendente dall’altra. Con la caduta di Ur e poi di Isin e Larsa, il sumerico divenne una lingua morta a favore dell’accadico. Essa, però, rimase comunque indispensabile per il bagaglio culturale degli scribi, fondamentale per una esatta comprensione della scrittura anche se questa adesso era passata al servizio della lingua accadica.  

La scrittura cuneiforme dovunque verrà adottata, rimarrà legata a queste lingue per le quali era nata. Con essa viaggeranno anche i testi ai quali diede vita, rendendoli parte inscindibile del patrimonio culturale dell’antica Mesopotamia. Da tempi remotissimi ci arrivano i poemi di Gilgamesh o Enmerkar, eroi leggendari, poemi su Ishtar, narrazioni sugli eroi del diluvio, sul grande re Sargon, tramandati con devozione da generazioni di scribi, consci di quanto la scrittura cuneiforme fosse intimamente legata alle lingue e tradizioni che l’avevano prodotta.

Già nella Ebla presargonica (2500-2300 a.C), vi era un forte scambio culturale, tale che gli scribi eblaiti andavano a studiare a Mari, dove erano presenti maestri provenienti da Kish. La fortuna delle spedizioni archeologiche ad Ebla è nota. Lì sono stati ritrovati molti testi.  Fra questi hanno particolare significato storico il trattato commerciale fra Ebla e la città di Assur e una lettera del re di Mari scritta a quello di Ebla. Qui a destra una delle tavolette di Ebla.

Il primo codice di leggi che si conosca è quello della III dinastia  di Ur (2120-2000 a.C.) attribuito che sia a Urnammu o a suo figlio Shulgi. In Ur III la burocrazia amministrativa era stata rinforzata con il conseguente aumento di documenti ufficiali, documenti catastali, contratti, ecc… Secondo per antichità, ma primo per notorietà, il codice di Hammurabi.

L’unico ambiente dove la scrittura cuneiforme riesce a svincolarsi in una certa misura dalla tradizione sumero-accadica, per essere utilizzata al servizio della lingua locale è stato presso gli ittiti. Sebbene l’influenza babilonese sia forte ed i maggiori poemi, su Gilgamesh, Naram-Sin o Sargon sono comunque tradotti e diffusi, la lingua ittita fece propria la scrittura cuneiforme in maniera che non trovava precedenti.

In Egitto, la scrittura egiziana per eccellenza, di poco meno antica di quella sumerica, è quella geroglifica (nell’immagine a sinistra), molto impressionante dal p unto di vista estetico e pregna di significato per il popolo egiziano. Questa veniva preferita a forme alternative di scrittura già disponibili da tempi remoti. La cosiddetta scrittura ieratica (nell’immagine del graffito a destra) era meno suggestiva di quella geroglifica.

La produzione letteraria egiziana ci ha lasciato vario materiale. Il racconto di Sinuhe è molto famoso. Gli scritti del faraone Kheti IV, Ammaestramenti per il re Merikara, sono segnalati da Rohl nel suo libro “Il Testamento Perduto”, come prodotti del regno medio.

La scoperta dell’archivio della corrispondenza dei faraoni, nell’odierna Tell El-Amarna ha rivelato lo scambio epistolare fra il faraone e i re medio-orientali.  Le tavolette sono scritte nella lingua internazionale, l’accadico, nella scrittura in caratteri cuneiformi, accanto alle traduzioni in egiziano.

La grande nuova rivoluzione nel mondo della scrittura avverrà con la nascita dell’alfabeto. Per trovarne le prime tracce archeologiche dobbiamo considerare i graffiti delle miniere del Sinai, dove si è rintracciato un sistema alfabetico, definito protosinaitico .  Questo è ricollegabile alla scrittura geroglifica egiziana che contemplava dei segni con valenze mono-consonantiche.

Nell’immagine il nome del sovrano Nar-mer è scritto utilizzando tale sistema. Fu naturale che tale potenzialità della scrittura egiziana venisse sfruttata per trascrivere i nomi semitici. Sul passo successivo che porta alla creazione di un vero e proprio alfabeto merita di essere citato lo studioso David Rohl: “…ci vollero le capacità poliglotte di un colto principe d’Egitto ebreo per trasformare queste prime semplici incisioni in una scrittura funzionale, capace di veicolare idee complesse e un racconto fluente. I Dieci Comandamenti e le Leggi di Mosè erano scritte in lingua protosinaitica. Il profeta di Yahweh, che aveva dimestichezza sia con la letteratura epica egizia, sia con quella mesopotamia, non fu solo il padre fondatore del Giudaismo, della Cristianità e, attraverso le tradizioni craniche, dell’Islam, ma fu il progenitore delle scritture alfabetiche ebraica, Cananea, fenicia, greca e, quindi, del moderno mondo occidentale.” – David Rohl, Il Testamento Perduto, Newton & Compton Editori, pag.222- 223.

La testimonianza archeologica che segue in ordine cronologico è quella dei ritrovamenti di Ugarit, nel secondo quarto del secolo scorso. Qui accanto una tavoletta di argilla rinvenuta ad Ugarit.

La vasta documentazione qui rinvenuta dimostrò l’esistenza di un alfabeto, utilizzato per la composizione di diversi documenti.

Impensabile con il senno di poi, ma consuetudine storica, il rifiuto del nuovo fece si che in ambito ufficiale l’alfabeto non fosse accettato dalla classe degli scribi, e che le documentazioni ufficiali rimanessero ancorate al sistema di scrittura tradizionale. La scrittura alfabetica è presente ad Ugarit solo negli scritti di genere narrativo.

Il tragitto dal primo alfabeto fino a quello oggi in uso è visibile confrontandone le forme più conosciute:

Alfabeto ugaritico

Alfabeto fenicio

Alfabeto greco antico

Alfabeto latino

I CASSITI NELLA BABILONIA

Abbiamo già detto che furono gli hittiti a dare il colpo fatale alla dinastia erede del grande Hammurabi. Ma furono i cassiti, un popolo proveniente dal nord ad avvantaggiarsene ed impadronirsi del potere nella Babilonia. Non sappiamo il nome del re cassita che compì questa impresa, ma sappiamo che fu Agum II che riuscì a riportare la statua di Marduk rubata dagli Ittiti a Karduniash, nome cassita per Babilonia.

I cassiti riescono ad unificare tutta la bassa Mesopotamia. A nord il confine con l’Assiria è garantito da trattati. I rapporti con l’Egitto sono buoni, regolati anche in base a vincoli matrimoniali. La principessa babilonese figlia di Kurigalzu I sposerà un faraone. Visto che gli egiziani non accettavano reciprocità nella politica matrimoniale, i babilonesi potevano soltanto trattare il corrispettivo in oro di una principessa ceduta in moglie. La corrispondenza di El-Amarna conserva le lettere scritte dal re babilonese al faraone.

“Kadashman Enlil di Babilonia ad Amenhotep d’Egitto…Come è possibile che avendoti scritto per domandarti la mano di tua figlia, fratello mio, tu mi abbia scritto utilizzando un tale linguaggio, dicendo che non me l’avresti concessa visto che dai tempi più remoti nessuna figlia del re d’Egitto è stata mai data in sposa? Perchè mi dici certe cose? Tu sei il re. Tu puoi fare ciò che desideri. Se tu volessi darmi una figlia in moglie chi potrebbe impedirtelo. Ma tu, mantenendo il principio di non mandare alcuno, non mi hai mandato una moglie. Non eri tu che cercavi una relazione amica e fraterna, quando mi hai suggerito per iscritto un matrimonio, in modo da poterci avvicinare? Perchè non mi ha mandato una moglie mio fratello? […] E’ possibile per te non mandarmi una sposa, ma come posso io rifiutarti una moglie e non mandartela, come hai fatto tu? Ho figlie, non te le rifiuterò in nessun modo… Per quanto riguarda l’oro del quale ti ho scritto, inviamelo presto, durante questa estate […] prima che mi raggiunga il tuo messaggero, oro in abbondanza, quanto ne hai disponibile. Così potrò completare quanto mi sono prefisso. Se tu me lo invii questa estate […] l’oro del quale ti ho scritto, ti darò mia figlia in sposa. Quindi manda dell’oro, di buon animo, quanto vorrai.– EA3.

Questa lettera è stupefacente. Il re babilonese sembra che stia quasi vendendo la propria figlia e l’oro essere un punto essenziale di quella che sembra più possedere i connotati di una contrattazione commerciale piuttosto che di un intreccio diplomatico.

Più complicata è la situazione sul confine assiro e la situazione precipiterà col re Tukulti-Ninurta, come abbiamo accennato parlando del regno medio-assiro. Questi, approfittando della violazione del re babilonese del trattato stipulato, punisce Kashtiliash battendolo, facendolo prigioniero e portandolo ad Assur. Ma farà ancora di più, proseguirà fino a Babilonia e la prenderà, diventandone il suo re, per sette anni.

Poco dopo Babilonia tornerà indipendente. Ma non per molto. Il re elamita Kuti-Nakhunte darà il colpo di grazia alla dinastia cassita, portando via da Babilonia, ancora una volta, la statua di Marduk.

Una cosa c’è da notare e sottolineare. Sebbene i cassiti fossero al potere, essi non incisero in maniera significativa sulla produzione e cultura letteraria babilonese, che continua il suo percorso indisturbata o quasi, con un recupero dei classici ma anche con una produzione propria.

MOSE’ E L’ESODO 

L’ARAMAICO

La crisi demografica del XII secolo contribuì ai fattori che portarono alla prevalenza di una nuova popolazione nella zona siro-palestinese: gli Aramei.

Secoli addietro abbiamo già visto accadere qualcosa di simile quando nell’antica Mesopotamia la comparsa dei semiti portò alla fine alla predominanza di questi a discapito dei Sumeri.

La comparsa delle genti aramee andrà ad assumere una rilevanza degna di nota perchè la loro lingua, l’aramaico, finirà per dominare tutta la scena medio-orientale, arrivando ad essere presente fino in Egitto.

Nelle zone di lingua cananea l’esplosione aramaica è uno sviluppo di elementi già esistenti e la continuità è evidente. Diversi, invece, e più complessi i motivi che portarono questi popoli e soprattutto la loro lingua ad imporsi nell’alta e bassa Mesopotamia. In pochi secoli l’aramaico prenderà il sopravvento sulle lingue cananee ed anche sull’assiro ed il babilonese.

Ovviamente le lingue ufficiali tenderanno a resistere più di quanto succeda fra la popolazione, ma alla fine quando ormai la maggior parte della popolazione di Siria, Palestina e Mesopotamia parlava aramaico, questo cominciò ad essere utilizzato per i documenti ufficiali. Nell’impero neo-babilonese l’aramaico coesisteva con l’accadico. Con una importante precisazione: mentre l’accadico continuava ad essere scritto in caratteri cuneiformi, l’aramaico era scritto utilizzando l’alfabeto.

     Isin

Mentre il re elamita Shutruk-Nakhunte, passando da Kish ed Accad, scende fino a Babilonia e impone suo figlio come governatore, il sud è unito sotto la seconda dinastia di Isin.

Sarà Nabucodonosor I, appunto della II dinastia di Isin a recuperare le posizioni pedute, cacciando via gli elamiti, recuperando la statua di Marduk. Babilonia diventerà la capitale del suo regno, che comprenderà tutta la regione ad ovest del Tigri, il territorio classico babilonese.

     l’impero assiro

Con l’inizio del I millennio, il dominio dell’Assiria va allargandosi dai confini tradizionali fino a culminare nell’impero assiro.

Ashur-dan II (934-912)

Adad-nirari II (911-891)

Tukulti-Ninurta II (890-884)

Assurnasirpal II (883-859)

Con questi re viene consolidato il dominio sui territori assiri classici, quelli dei tempi di Tukulti-Ninurta I.

Assurnasirpal II attraversa l’Eufrate e arriva fino al Mediterraneo. Sono gettate le basi per il successivo sviluppo dell’impero assiro: mancano l’estensione e soprattutto l’organizzazione sufficiente.

Salmanassar III (858-824) continua l’opera del suo predecessore.

L’egemonia assira è predominante. L’opera di Salmanassar III è stata più incisiva del suo predecessore, ma manca un’organizzazione centralizzata e si assiste più ad una confederazione di stati che riconoscono la monarchia assira che un impero vero e proprio. Una lotta di secessione porta al potere

Shamshi-Adad V (823-811)

L’equilibrio della zona che vedeva Assiria/Babilonia/Elam come confinanti ma potenze di pari forza, lascia il posto ad una chiara superiorità assira. Da ulteriori dissidi interni emergerà il nuovo re,

Tiglatpileser III

Questi ribalterà la situazione. Egli organizza l’impero in province sulle quali porrà dei governatori, a discapito delle dinastie locali. Tornano le deportazioni. L’impero si spinge fino alla Palestina. Finita la dinastia cassita di Babilonia, emerge un nuovo elemento fra le popolazioni: i Caldei. Nonostante loro, Tiglatpileser diventa re di Babilonia.

Dopo la breve parentesi di 4 anni soltanto, Salmanassar V, diverrà re

Sargon II (721-705) 

Continua il processo di centralizzazione iniziato da Tiglatpileser III. Viene menzionato nella Bibbia ed il re della distruzione di Samaria e del regno di Israele. Sconfigge l’Egitto. Sbarca a Cipro e conquista l’isola. Prevale sui Caldei, ai quali però non darà il colpo di grazia, grazie anche all’alleanza di questi con un Elam rinforzato. Sargon II muore in battaglia, lasciando al figlio, suo erede al trono, un impero che ha raggiunto la sua massima espansione.

Sennacherib (704-681)

 Riprende la questione lasciata a metà dal padre, battendo la coalizione Elam-Caldei e distrugge Babilonia.

Esarhaddon (680-669)

 Non approvando l’opera del padre, favorisce la ricostruzione di Babilonia ed applica una politica che la favorirà. Ma l’azione contro le tribù aramaiche e caldee continua.

 Esarhaddon entra in Egitto, giungendo fino a Menfi. Un’azione impensabile in altri tempi, fu facilitata dalla debole dinastia etiope al potere.

Assurbanipal (668-629)

 Fu un sovrano diverso rispetto ai precedenti per il suo particolare interesse per i libri: creò una vastissima biblioteca nel suo palazzo a Ninive, adesso alla sua massima gloria. Egli stesso era ferrato nelle lingue Sumerica ed Accadica (almeno così sembrerebbe da quanto egli stesso afferma). La sua vastissima biblioteca è stata per noi ottima fonte per i testi babilonesi.

 I Caldei sono spinti a Sud, mentre l’Elam è duramente punito. Susa, la capitale, viene distrutta, mettendo fine all’Elam. Il vuoto lasciato permetterà ad un altro popolo di emergere: i persiani.

 Alla morte di Assurbanipal, l’impero assiro è al suo apice, consolidato nella sua organizzazione e nelle sue massime posizioni.

 Ad Assurbanipal succedono i figli, ma da lì a poco sarebbe arrivata la fine dell’impero per mano della coalizione di Medi e Babilonesi (Caldei).

     Babilonia – l’impero neo-babilonese

Il caldeo Nabopolassar (625-605) diventa re di Babilonia. Sarà la sua alleanza con i Medi a determinare la caduta dell’impero assiro.

Nel 614 a.C. è la volta di Assur. Due anni più tardi di Ninive, che verrà distrutta dai due eserciti insieme. Nel 610 i due eserciti salgono fino a Kharran, dove si era ritirato Ashur-Uballit II e la conquistano segnando la fine di un’era.

Il figlio di Nabopolassar, Nabucodonosor II, sconfigge gli egiziani a Karkemish e prende la città. Mentre li insegue apprende della morte del padre e ritorna a Babilonia per succedergli al trono.

La fortuna dell’impero neo-babilonese è legata alla figura di Nabucodonosor II, nonché ad una concomitanza di circostanze favorevole che dapprima consentono la disfatta dell’Assiria (alleanza con i Medi) e il facile controllo della zona palestinese a causa anche delle vicende legate alle deportazioni assire. L’Egitto è ricondotto ai suoi confini naturali.

Nabucodonosor sarà l’autore della deportazione del popolo di Giuda, evento indelebile nella memoria storico-religiosa di Israele. Il primo ingresso del re avvenne nel 605 a.C. In questa occasione depredò il tempio e portò con sé parte dei giudei. Vedi nella Bibbia il libro di Daniele, capitolo 1. Dopo varie ribellioni dei re di Giuda, nel 586 a.C. Nabucodonosor distrugge la città, il tempio e deporta il popolo in massa.

L’importanza di questo re non è legata alla sua capacità militare, ma anche alla grandezza delle opere edilizie che intraprese, nella capitale ma non solo. 

Fondamentalmente Babilonia non era preparata a gestire un impero di queste dimensioni e dopo la morte di Nabucodonosor II il regno non sarebbe durato molto.

L’ultimo re è Nabonedo, usurpatore del trono. Malvisto dagli stessi babilonesi, tralaltro per la sua assenza dalla città, fu catturato dai persiani di Ciro, il quale entrò trionfalmente in Babilonia acclamato come un liberatore. Babilonia non venne distrutta, anzi va ad assumere un posto di rilievo all’interno dell’emergente impero persiano. 

     L’impero persiano

Babilonia era troppo impreparata per la gestione di un impero. Il testimone passa molto presto ad una nuova potenza, quella persiana. Sarebbe stata l’ultima potenza medio-orientale.

Tra il 1300 e il 900 a.C. l’elemento iranico prevale su quello indo-europeo nell’Elam. Una serie di popoli, accomunati da lingua e religione, fra i loro i Medi ed i Persiani.

La società è divisa fra guerrieri, sacerdoti e contadini. I motivi della loro predominanza sugli indo-europei sono legati alla loro superiorità tecnica nelle tecniche di agricoltura e nella guerra, con l’uso del cavallo.

 L’ideologia religiosa è il Mazdeismo che trae origine dal pensiero di Zoroastro, se questa figura può ricollegarsi ad un personaggio storico, fatto messo in discussione. Ahura Mazda è il nome del dio unico di questa filosofia, un dio “buono” contrastato da un principio nemico minore e malvagio. Sarà questa la religione dell’impero persiano.

 Fino a circa il 670 a.C. circa i Medi sono ancora divisi e sotto l’egemonia assira. Ma dalla provincializzazione assira, i Medi hanno appreso il senso dello stato e dell’importanza di una organizzazione amministrativa.

 Con la fine dell’Elam e la distruzione di Susa ad opera dell’assiro Assurbanipal. E’ qui che sorge la dinastia persiana.

 Kashtaritu (Fraorte per Erodoto) unisce i medi, sconfigge gli assiri e sottomette i persiani. L’alleanza con i babilonesi porta alla distruzione dell’impero assiro. Assur cade per mano degli stessi medi nel 614 a.C. Due anni dopo gli eserciti congiunti segnano la caduta di Ninive.

 Ad un certo punto però, prevalgono le ambizioni della dinastia persiana. Se con Ciro I e Cambise I avevano prevalso i Medi, con Ciro II il Grande (559-530) cambiano gli equilibri. Combatte Astiage e lo batte, anche perchè godeva ormai del sostegno e della fedeltà della regione.

 I persiani assumono il dominio dell’impero.

 Cambia, rispetto ai Medi, la politica espansionistica. Nel 539 la conquista di Babilonia annette i territori mesopotamici e siro-palestinesi.

 Ma siamo lontanissimi dalla politica distruttiva degli assiri. L’impero nascente si sarebbe fondato sul pluralismo (linguistico, culturale, religioso) e sulla tolleranza. Anche l’ingresso a Babilonia non era stato violento e la macchina statale precedente venne lasciata intatta, così come gli usi e le abitudini tradizionali poterono continuare indisturbati, anzi l’imperatore diventava difensore proprio dell’identità nazionale, la garantiva e proteggeva.

 Fu di Ciro II l’editto per il ritorno del popolo di Israele in Palestina per operare la ricostruzione.

 Succede al trono Cambise II (529-522), che annette l’Egitto e Cipro.

 Salirà al potere Dario (521-486). Sarà lui a dividere l’impero in 20 Satrapie. E per capire quanto imponente fosse ormai, basta considerare che il vecchio impero neo-assiro comprendeva solo 4 Satrapie e quello caldeo soltanto 2.

 Dario continua e perfeziona la politica di Ciro. L’opera edilizia, la costruzione di strade, il sistema postale, la diffusione della moneta, la navigazione progrediscono in tutto l’impero. Un impero ormai universale.

 L’impero persiano sarà l’ultimo a vedere protagonista le genti di questa regione. Sarà Alessandro il Grande a porre fine all’impero conquistando quasi tutto il mondo conosciuto di allora: la leggenda narra che pianse perché non vi erano più terre da conquistare per la prima potenza non medio-orientale.

     Alessandro Magno e le monarchie elleniche

Qualcosa di straordinario accade nell’equilibrio delle potenze mondiali alla metà del IV secolo a.C. Fino a questo momento gli equilibri politici erano stati decisi da potenze orientali: Sumeri, Assiri, Babilonesi e adesso i Persiani. Adesso invece il baricentro politico ed anche culturale del mondo si sposta ad Ovest.

Le polis greche erano delle città stato indipendenti.  L’unità culturale che fondamentalmente le accomunava e le varie alleanze nate durante i conflitti interni ed anche quelli contro la potenza persiana, non avevano mai visto l’istaurarsi un potere centralizzato che unificasse la Grecia alla stessa stregua delle potenze orientali.

E’ noto l’antagonismo fra le due arcinemiche Sparta ed Atene. La conflittualità aperta fra queste città, culminata rovinosamente nella guerra del Peloponneso (431- 404 a.C.) non portarono ad altro che ad un ulteriore indebolimento generale. Di questa situazione ne approfittò il sovrano macedone Filippo II.

I macedoni erano parenti stretti dei greci, linguisticamente e culturalmente. E la posizione che li poneva sotto continue minacce esterne, li rendeva militarmente più forti. Appena giunto al potere, Filippo, con grande capacità strategica, riuscì ad espandere la sua influenza in Grecia. La coalizione fra Atene e Tebe arrivò troppo tardi per fermare le ambizioni del sovrano macedone. Ed era solo il primo passo, visto che il vero obiettivo era muovere l’intero popolo greco contro l’odiata potenza persiana. La morte improvvisa di Filippo II nel 336 a.C. arrestò la sua ascesa, ma non quella della Macedonia che passò nelle mani del suo figlio ventenne Alessandro.

Nessuno avrebbe potuto mai nemmeno sognare quello che riuscì a fare questo giovanissimo e temerario condottiero, capace di guidare in prima fila il suo esercito combattendo con tale coraggio da motivare il suo esercito e farlo chiamare “il Grande” o “Magno”. Nel proseguire i disegni di suo padre, la sua avanzata fu inarrestabile.

Sebbene, come già accennato, fosse ancora giovanissimo, dimostrò grande determinazione. Non esitò a distruggere la città greca di Tebe per punirne la ribellione.

La cartina è tratta da www.mappery.com.

Nel 334 a.C. Alessandro Magno iniziò a muovere contro la Persia. La sua avanzata fu inarrestabile. Entrò in Anatolia, sconfisse i persiani, espugnò Tiro. Nel 331 fondò in Egitto la città di Alessandria. Quindi sconfisse definitivamente l’esercito persiano incorporandone l’impero al suo regno. Non pago, tentò di spingersi ancora più ad est, arrivando fino in India.

Nel 323 a.C. la sua inarrestabile avanzata e le sue ambizioni, furono bruscamente stroncate dalla sua prematura morte, a 33 anni, in Babilonia, sembra a causa di una febbre.

Alessandro morì senza che il suo unico erede al trono – troppo giovane – potesse assumere il potere; né vi riuscì in seguito, nonostante i tentativi della madre e della nonna. Il suo impero venne spartito fra i suoi generali.

Flavio Giuseppe, lo storico ebreo del I secolo, racconta che Alessandro risparmiò la città di Gerusalemme perché gli venne mostrato che nel libro biblico di Daniele era prevista la sua ascesa. Infatti nel capitolo 8 di questo libro viene raccontata la sua ascesa con straordinaria accuratezza di dettagli.

L’importanza dell’estensione della conquista greco-macedone e delle monarchie ellenistiche dei suoi successori non è limitata all’elemento politico, ma, a mio avviso, soprattutto all’influenza culturale che inevitabilmente portò con sé e che lascerà un segno indelebile nella storia dell’umanità. Molti capisaldi della nostra cultura e pensiero, parte del nostro patrimonio linguistico e culturale, persino religioso, lo dobbiamo all’influenza del pensiero e la lingua greche.

Emblematico della forza del fenomeno ellenico, fu la città di Alessandria. Qui, sotto il patrocinio della dinastia dei Tolomei, sorse il più grande centro culturale del mondo antico con la famosa biblioteca che contava fino a 500.000 libri. Fu ad Alessandria che venne approntata la traduzione in greco dell’Antico Testamento detta dei Settanta (LXX), dal numero, arrotondato, dei traduttori originali.

Fu a causa dell’estensione dell’influenza ellenica che il greco, nella sua forma chiamata Koinè, divenne la lingua franca di tutto il Mediterraneo, parlata praticamente dovunque.  Scavi archeologici hanno riportato alla luce scritti in greco fino nel lontanissimo Afghanistan. Anche dopo il sorgere dell’impero romano, la lingua e la cultura greca non furono meno diffuse e presenti. Alcuni titoli dello stesso imperatore romano erano in greco.

Il Nuovo Testamento, composto nel I secolo dopo Cristo, in piena dominazione romana, fu interamente scritto e diffuso in greco Koinè.

L’avanzata romana travolse nel 150 d.C. circa prima la Grecia; nel 50 d.C. circa la Siria; nel 30 d.C. l’Egitto. Il sogno di Alessandro gli sopravvisse per soli tre secoli.

Anche l’ascesa di Roma era stata vista nelle profezie del libro di Daniele.