Lingua e cultura ebraiche nel Nuovo Testamento

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 INTRODUZIONE (dal libro)

Il Nuovo Testamento è stato scritto in Greco Koinè, la lingua allora più diffusa al mondo. Si trattava di un linguaggio quotidiano, parlato da mercanti e dal popolo. Lo potremmo rapportare benissimo all’inglese di oggi.

Con il mandato di evangelizzare tutti i popoli e l’opera missionaria di Paolo, quella lingua era la più giusta per la diffusione del Nuovo Testamento e del messaggio cristiano.

Nonostante l’Evangelo e le Sacre Scritture siano ormai diffuse in tutto il mondo e tradotte in tutte le lingue, non possiamo disconoscerne le origini, le radici ebraiche della nostra fede.

Gli apostoli e Gesù vissero in un ambiente culturale ebraico. L’ebraico e l’aramaico erano le lingue dei primi apostoli e discepoli. Ebraico il loro modo di pensare. Sebbene il loro insegnamento sia stato trasmesso fino a noi in lingua greca (e poi tradotto nelle nostre lingue) era impossibile che la mentalità e persino le parole della fede giudaica scomparissero del tutto. L’autentica essenza della nostra Fede, la sua origine ebraica, è oggi viva e vegeta nelle nostre Bibbie, vive nel nostro linguaggio, nelle abitudini delle nostre chiese. Terminiamo le nostre preghiere in tutto il mondo, in tutte le confessioni cristiani, con la parola ebraica Amen. Nell’adorazione gridiamo al Signore Alleluia. Chiamiamo Gesù “Messia”, parola che viene direttamente ad entrare nel nostro linguaggio dall’ambiente religioso giudaico: “Cristo” è solo la traduzione greca dell’ebraico “Messia”. E sia in greco che nelle nostre lingue, il significato è totalmente dipendente dalla cultura ebraica.

Nelle pagine che seguono approfondirò questo argomento, a mio avviso molto interessante, ma anche rilevante per una migliore conoscenza della nostra identità di cristiani.

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