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La traduzione di 2 Corinzi 2:18 e la data di composizione del vangelo di Luca.

di Giuseppe Guarino

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C’è un’affermazione nel Nuovo Testamento davvero degna di seria nota, e che riguarda il vangelo di Luca. La rinveniamo in una epistola di Paolo. In 2 Corinzi 8:18, scrive l’apostolo: “E noi abbiamo mandato con lui (con Tito) il fratello (Luca)  la cui lode è per l’evangelo in tutte le chiese.

Il fratello menzionato da Paolo ed associato a Tito è Luca. Ciò è dimostrabile anche dalla parte finale della narrazione del libro degli Atti degli Apostoli, dove il racconto in prima persona fa intendere che l’autore del libro si sia associato a Paolo nei suoi spostamenti e dal prosieguo della citazione dalla seconda epistola ai Corinzi: “non solo, ma egli è anche stato scelto dalle chiese come nostro compagno di viaggio in quest’opera di grazia, da noi amministrata per la gloria del Signore stesso e per dimostrare la prontezza dell’animo nostro.” (2 Corinzi 8:19)

Possiamo concludere che quando l’apostolo Paolo scriveva quell’epistola, Luca era già conosciuto “in tutte le chiese” a motivo del suo Vangelo. È un’affermazione importante ed una testimonianza di non poco conto.

Eppure, nelle versioni oggi comunemente disponibili, il testo è totalmente diverso  dalla traduzione (mia) che ho proposto.

Il testo greco originale di questo brano legge: “συνεπέμψαμεν δὲ μετ᾿ αὐτοῦ τὸν ἀδελφὸν οὗ ὁ ἔπαινος ἐν τῷ εὐαγγελίῳ διὰ πασῶν τῶν ἐκκλησιῶν”.

La Riveduta Luzzi traduce: “E assieme a lui abbiam mandato questo fratello, la cui lode nella predicazione dell’Evangelo è sparsa per tutte le chiese”. Il testo originale, però, non dice “questo” fratello, bensì “il” fratello. La frase “nella predicazione” non c’è nell’originale!

La Nuova Riveduta traduce: “Insieme a lui abbiamo mandato il fratello il cui servizio nel vangelo è apprezzato in tutte le chiese”. La parola “servizio” traduce male la parola che nell’originale invece è “lode”. La parola “apprezzato” non è nel testo greco!

Il tentativo, lo capisco, è quello di dare un significato alla frase di Paolo. Ma forse nel farlo, assecondando visioni preconcette che ritengono impossibile la composizione del vangelo di Luca già in un’epoca tanto remota, non si rischia di allontanarsi dal semplice ed immediato senso letterale della frase dell’apostolo? È per questo motivo che, in via generale, quindi, con le dovute eccezioni ed una ovvia ragionevole (sana) flessibilità, prediligo di solito le traduzioni letterali.

Una traduzione letterale di 2 Corinzi 8:18, e, secondo me, più corretta, la troviamo nella versione della CEI: “Con lui (con Tito) abbiamo inviato pure il fratello (Luca) che ha lode in tutte le Chiese a motivo del vangelo”.

Se riteniamo autentico il prologo di Luca alla sua narrazione evangelica e non un artificio letterario, il suo essersi diligentemente informato presso i testimoni oculari per proporre una narrazione accurata ed attendibile, colloca l’opera dell’evangelista nel periodo apostolico e tale datazione è coerente con l’affermazione di Paolo nella sua lettera.

Proprio negli stessi scritti di Luca abbiamo un’altra conferma.

Leggendo gli Atti degli Apostoli, notiamo subito nell’introduzione che, sebbene questo libro si trovi nelle nostre Bibbie dopo il vangelo di Giovanni, esso è stato composto dal medesimo autore del terzo vangelo ed in un secondo momento rispetto a quello.

“Nel mio primo libro, o Teofilo, ho parlato di tutto quello che Gesù cominciò a fare e a insegnare … ” (Atti 1:1)

Un altro punto fermo della nostra discussione è che gli Atti degli Apostoli si concludono … o meglio non si concludono: la narrazione, infatti, si arresta ed è facile dedurre che l’autore non avesse più nulla da narrare al tempo passato.

“E Paolo rimase due anni interi in una casa da lui presa in affitto, e riceveva tutti quelli che venivano a trovarlo, proclamando il regno di Dio e insegnando le cose relative al Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento”. (Atti 28:30-31)

Da questa conclusione del libro è facile argomentare che la sua composizione deve essere avvenuta dopo due anni della prigionia a Roma dell’apostolo, ma prima della sua eventuale liberazione o del suo martirio; viceversa Luca ne avrebbe certamente parlato.

Tenendo presente quanto detto, risulta evidente l’antichità del terzo Vangelo, che precede la composizione degli Atti di qualche tempo, sebbene non sappiamo quanto tempo prima sia stato scritto. Di certo prima che Paolo partisse per il suo terzo viaggio missionario e scrivesse la sua seconda epistola, cioè tra il 54 ed il 58 d.C. E con sufficiente anticipo perché la sua opera si diffondesse in maniera tanto estesa da motivare l’affermazione dell’apostolo.

5 luglio 2020

La bella immagine – che comunque ho usato anche altrove perché di facile reperimento sul web – con la citazione, l’ho presa dal web, cercando su google e si trova su https://www.uccronline.it. Lo aggiungo per dovere di correttezza.

L’articolo è adattato dal testo del mio libro “7Q5, il vangelo a Qumran?”

7Q5 IL VANGELO A QUMRAN? 

7Q5 è un piccolo frammento di papiro ritrovato in una delle grotte di Qumran facente parte di quella straordinaria scoperta che sono i cosiddetti rotoli del Mar Morto. Nel 1972 Josè O’ Callaghan avanzò l’ipotesi che il frammento di papiro in greco chiamato 7Q5 fosse quanto restava di una copia del Vangelo di Marco. Una tale eventualità mette in discussione le datazioni dei Vangeli date dagli studiosi, per renderle più coerenti con l’antica tradizione cristiana.

 

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