Traduzioni dell’Antico Testamento

Traduzioni dell’Antico Testamento

Non può sottovalutarsi il significato della testimonianza delle antiche traduzioni del testo originale delle Scritture ebraiche, perché ne dimostrano l’esistenza, la diffusione e lo stato nel periodo nel quale la traduzione è stata eseguita.

Varie versioni dell’Antico Testamento sono state approntate durante il suo lungo tragitto nella storia. Non così tante, comunque, come per il Nuovo Testamento, a causa della distinzione nazionale della religione ebraica, e molte sono state motivate dall’uso cristiano.

La traduzione più conosciuta dell’Antico Testamento è quella greca chiamata Septuaginta o dei Settanta (abbreviata LXX), che risale al III secolo a.C.

Fu Tolomeo Filadelfo (285-246 a.C.) che invitò 72 studiosi ebrei in Egitto per eseguire la traduzione del Pentateuco dall’ebraico in greco. Dal loro numero, arrotondato a settanta, deriva il nome di questa versione.

Giuseppe Flavio, nel suo dodicesimo libro delle “Antichità Giudaiche” propone un resoconto dettagliato delle circostanze, purtroppo troppo lungo per poterlo riportare qui.

Più tardi anche il rimanente dei libri furono tradotti e disponibili agli ebrei, e poi ai cristiani, di lingua greca.

L’importanza della LXX è rilevante visto che divenne l’Antico Testamento utilizzato dai primi cristiani, quando la maggioranza di loro non erano ebrei e non potevano leggere l’ebraico e il greco era la lingua più diffusa nell’impero romano. La Settanta è stata chiaramente citata nel Nuovo Testamento.

Le prime traduzioni cristiane dell’Antico Testamento furono fatte sulla Settanta e non dall’originale ebraico.

Altre traduzioni in greco dell’Antico Testamento sono quella di Aquila (ca. 150), un proselito ebreo, di Teodozione, che divenne molto popolare fra i cristiani e quella approntata da Simmaco, che influenzò il lavoro di Girolamo, autore della più famosa traduzione della Bibbia in latino, la cosiddetta Vulgata.

La Settanta include i libri chiamati Apocrifi dai Protestanti e Deuterocanonici dai Cattolici.

Questi libri e porzioni di libri, non entrarono mai a far parte del testo ebraico palestinese. Furono scritti durante il periodo di lungo silenzio fra Malachia e Matteo, non avendo quindi l’autorità delle altre Scritture.

Girolamo, che tradusse direttamente per primo dall’originale ebraico l’Antico Testamento, segnalò di non aver trovato questi libri nel canone ebraico delle Scritture.

La Chiesa Cattolica li accetta come ispirati. La presa di posizione definitiva in questo senso, che segnò un ulteriore punto di divisione con le chiese protestanti, avvenne col decreto del Concilio di Trento del 1546.

Le chiese non cattoliche in generale rifiutano i libri non presenti nel canone ebraico dell’Antico Testamento.

Un’altra importante traduzione dell’Antico Testamento sono i cosiddetti Targumin. Si tratta di una versione in aramaico che non solo traduce ma ampia e parafrasa il testo per gli ebrei che avevano perso l’uso della lingua ebraica ed erano ormai più familiari con il dialetto internazionale aramaico. Il Targum ci offre anche uno spaccato dell’interpretazione ebraica dell’Antico Testamento la cui importanza è difficile sottovalutare.

 

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