Il “Padre nostro” perfetto modello di preghiera

di Giuseppe Guarino

Matteo 6:9-13

Padre nostro

che sei nei cieli,

sia santificato il tuo nome;

venga il tuo regno;

sia fatta la tua volontà,

come in cielo così in terra. 

Dacci oggi il nostro pane quotidiano;

 e rimetti a noi i nostri debiti,

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori;

e non ci indurre in tentazione,

ma liberaci dal maligno.

 Perché tuo è il regno, la potenza e la gloria, nei secoli dei secoli.

Amen.

(Versione tratta dalla Nuova Diodati, testo che in questo brano ritengo più affidabile delle altre versioni bibliche.)

 

Introduzione

Questo meraviglioso brano della Scrittura arriva in risposta ad una domanda specifica dei discepoli, come troviamo scritto in Luca 11:1: “insegnaci a pregare”.

La versione di questa preghiera più famosa, quella che discuterò, è quella che troviamo in Matteo.

Si tratta di un modello di preghiera molto bello e utile. Purtroppo per alcune parti della cristianità è divenuto oggetto di una spesso sterile ripetizione a memoria – bypassando l’autentico senso delle parole del Signore. Che non sia in sé e per sé un testo che siamo in qualche modo “obbligati” a “recitare” a memoria quando preghiamo, è semplicemente dimostrato dal fatto che nei sinottici troviamo versioni leggermente divergenti.

Il Signore ci invita a pregare nel segreto della nostra cameretta, a dialogare con il nostro Padre celeste con semplicità – Matteo 6:6. Gesù mette in evidenza contro la pomposità e teatralità del clero giudaico la preminenza della preghiera privata, autentica, quella fatta quando nessuno ti vede, che era quella nella quale lui era continuamente impegnato. “E quando tu preghi, non essere come gli ipocriti, perché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe, e agli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini; in verità vi dico che essi hanno già ricevuto il loro premio” (Matteo 6:5).

Nulla di male nel recitare il “padre nostro”. Anzi. Se le parole non vengono, se lo sentiamo nel cuore, usare le parole della Scrittura come una preghiera è sempre raccomandabile.

Il Salmo 51, che è anche un famoso brano musicale, è anch’esso una stupenda preghiera.

 

LODE E ADORAZIONE

La preghiera comincia con la lode e l’adorazione. Ed è questo il modo in cui ci dobbiamo avvicinare a Dio.

L’atmosfera è quella di una preghiera comunitaria, non individuale.

Spesso in chiesa, dopo aver preso la santa cena, innalziamo insieme il Padre nostro, in perfetto accordo e armonia.

 Padre nostro

La preghiera di Gesù comincia chiamando Dio Padre. Subito viene messa in evidenza la relazione figlio-padre che fa nascere il bisogno di intimità e comunicazione.

Notiamo subito che la preghiera è comunitaria e non individuale nel “nostro” che accompagna il termine “Padre”.

In 1 Giovanni 3:2 l’apostolo scrive: “ora siamo figli di Dio”.

Leggiamo in Romani 8:15-16, “Voi infatti non avete ricevuto uno spirito di schiavitù per cadere nuovamente nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione per il quale gridiamo: «Abba, Padre». Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio”.

Con questa preghiera il Signore Gesù ci garantisce che abbiamo libero accesso alla presenza del Padre – e ciò è possibile proprio grazie alla sua perfetta opera di redenzione. “Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel santuario, in virtù del sangue di Gesù” (Ebrei 10:19) Il santuario di cui parla qui è il cielo stesso – vedi Ebrei 9:24.

Abbiamo il privilegio di chiamare Dio Padre e di avere libero accesso alla sua presenza.

che sei nei cieli

Con questa affermazione riconosciamo che Dio riempie ogni cosa. Non dice infatti “il cielo”, bensì “i cieli”. Non è soltanto un’affermazione ma lode e un’affermazione della Sua grandezza.

Adamo si nascose da Dio, ma noi figli sappiamo che non Egli è con noi ovunque andiamo e vogliamo che sia con noi. E lo è, tramite il suo Spirito che abbiamo ricevuto in noi.

sia santificato il tuo nome

Continua la lode. Alcuni scambiano questa espressione, nella sua letteralità e vista secondo la letteralità nella nostra lingua, come un mettere in evidenza il nome proprio di Dio. Così non è. Santificare il nome di Dio significa santificare Lui e chi Lui veramente è. Qui vediamo un tratto tipicamente ebraico del linguaggio di questa preghiera. Ciò arricchisce la sua profondità e non la limita, se non scadiamo in una sterile e banale letteralità che svuota, nella confusione linguistica, del loro autentico significato.

venga il tuo regno;

sia fatta la tua volontà,

come in cielo così in terra. 

L’invocazione dei figli di Dio è che la volontà di Dio sia fatta sulla terra come lo è in cielo.

Quando Dio creò Adamo lo creò dalla polvere della terra. Con il suo Spirito soffiò in lui la vita e l’uomo divenne un’anima vivente, composto da corpo, anima e spirito. Lo spirito ci mette in comunicazione con il divino, con il celeste. L’anima è la nostra coscienza, ciò che siamo. Il corpo è l’involucro che ci permette di agire ed essere il rappresentante del divino nel mondo materiale. Questa meravigliosa armonia venne interrotta quando l’uomo scelse di ascoltare la “voce di un estraneo” anziché quella di Dio e interruppe quel canale di comunicazione con Dio. Lo spirito morì e l’anima fu assoggettata al volere del mondo materiale che la circondava, unico canale d’informazione essendo il corpo.

Dio però vuole di nuovo istaurare il suo regno, con coloro e tramite coloro che sono interessati. Vuole che la sua volontà, già fatta in cielo, sia nuovamente fatta anche in terra. Ne leggiamo in Daniele. “il Dio del cielo farà sorgere un regno, che non sarà mai distrutto; questo regno non sarà lasciato a un altro popolo” (Daniele 2:44). Ancora non vediamo questo regno realizzato in terra, ma “il regno di Dio è dentro di voi” (Luca 17:21) ci ha detto Gesù. Già oggi noi siamo i canali perché il regno di Dio si possa manifestare in questo mondo. Il regno di Dio infatti è “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Romani 14:17).

Ma la nostra preghiera individuale e collettiva è che il regno di Dio si manifesti presto, ripristinando l’ordine perturbato dal peccato dell’uomo.

LE NOSTRE RICHIESTE

 Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Una preghiera comunitaria, fatta dalla chiesa, da un gruppo, non può soffermarsi su richieste personali. A meno che non venga richiesta specificamente una preghiera di intercessione per un qualche motivo – una guarigione o un’altra problematica. In quel caso il bisogno del singolo diviene oggetto della preghiera comunitaria. Colui che prega presenterà la richiesta al Padre nel nome del gruppo o della chiesa, e i presenti acconsentiranno nello Spirito e con l’amen.

Se nessuna richiesta specifica è proposta, chi prega deve chiedere a Dio ciò che è indispensabile o utile per tutti.

La richiesta a Dio di provvedere al nostro pane quotidiano ci rimanda alle nostre necessità primarie: è un “provvedi per noi, Signore. Curati tu di noi, dei nostri bisogni”. È un affidarsi giornaliero.

La mente va alla manna del deserto, che Dio provvedeva giornalmente per il popolo. Nessuno doveva farne scorta, nessuno doveva fare affidamento su ciò che aveva messo da parte; ma solo su Dio, fiducioso che il giorno seguente Egli avrebbe provveduto.

Ciò che esprimiamo con questa espressione è tutto il nostro dipendere da Lui per ogni cosa, riconoscerlo con Dio e Dio nostro, Colui da cui dipendiamo per la nostra stessa sopravvivenza.

IL RAPPORTO CON DIO E CON IL PROSSIMO

e rimetti a noi i nostri debiti,

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori; 

Il nostro rapporto con Dio determina il nostro rapporto con il prossimo. Il “peccato” è un debito verso Dio. Come Dio ha rimesso il nostro debito in Cristo, anche noi siamo chiamati a fare lo stesso quando il nostro prossimo sbaglia con noi.

Pietro, che non sapeva tenersi nulla dentro, chiese a Gesù: “Signore, se il mio fratello pecca contro di me, quante volte gli dovrò perdonare? Fino a sette volte?». Gesú gli disse: «Io non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.” (Matteo 18:21-22). In parole povere dobbiamo perdonare sempre.

Varrebbe la pena leggere poi il brano che segue, dal verso 23 al 35, dove ci è chiaramente detto che non saremo perdonati se non siamo anche noi pronti a perdonare. Perché, “con la misura con cui misurate, sarà pure misurato a voi” (Matteo 7:2).

IL NOSTRO CAMMINO E LA NOSTRA CRESCITA

 e non ci indurre in tentazione

ma liberaci dal maligno.

Il momento più difficile della vita del cristiano è la prova. Lo stesso Gesù pregò: “Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice; tuttavia, non come io voglio, ma come vuoi tu” (Matteo 26:39). È quindi lecito chiedere al Signore di tenerci lontano dalle prove. Ma anche noi diciamo: “sia fatta la tua volontà, Signore; non la nostra”. Le prove sono le tentazioni che il Diavolo vuole utilizzare per distruggerci, ma che diventano esami superati e promozioni quando gli resistiamo. Gesù fu tentato nel deserto, in ogni modo, come mai noi saremo tentati: eppure ha resistito al Diavolo. E per la sua obbedienza noi oggi possiamo chiamare Dio Padre, avendo ricevuto, per mezzo di lui, pace con Dio – Romani 5:1.

“Considerate una grande gioia, fratelli miei, quando vi trovate di fronte a prove di vario genere, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza. E la costanza compia in voi un’opera perfetta, affinché siate perfetti e completi, in nulla mancanti” (Giacomo 1:2-4).

La parola che qui in Giacomo è resa con “prova” è la medesima che è tradotta “tentazione” in Matteo.

LODE E ADORAZIONE FINALE

Perché tuo è il regno, la potenza e la gloria, nei secoli dei secoli. 

Sebbene alcuni manoscritti omettano questa parte, è mia convinzione che essi facessero parte del testo originale. Danno anche un perfetto bilanciamento, chiudendo la preghiera come è iniziata con la lode e l’adorazione. Perché è così che inizia e finisce una preghiera: con la lode e il ringraziamento.

Perché tuo è il regno,

Dio è sovrano

la potenza

Dio si manifesta

e la gloria,

Sua è la gloria

nei secoli dei secoli.

In eterno.

Amen

La parola “Amen” è fra i vocaboli ebraici ritenuti – e non tradotti – nel testo greco del Nuovo Testamento, la sua lingua originale, e passati di conseguenza alla nostra lingua.

Senza bisogno di rocambolesche indagini etimologiche, diremo che l’Amen corrisponde a quel “Così sia” che da piccolo mi hanno insegnato nella Chiesa Cattolica.

Con l’Amen il gruppo, la chiesa, coloro che stanno pregando assentono alla preghiera, rendendola corale davanti al trono di Dio. E riteniamo fedele colui che ha fatto questa promessa: “Ancora io vi dico che, se due di voi si accordano sulla terra per domandare qualunque cosa, questa sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Poiché dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»” (Matteo 18:19-20).

 

Nella preghiera comunitaria è bene considerare il modo in cui il Signore ci ha insegnato a pregare. In maniera essenziale, ma che coinvolga tutti i presenti e sia di benedizione per chi ascolta e tutti possano di comune accordo assentire.

Un dettaglio molto importante che riguarda la preghiera del cristiano viene aggiunto dopo dallo stesso Gesù e ne parla il Vangelo di Giovanni.

“In verità, in verità vi dico che tutto ciò che domanderete al Padre nel mio nome, egli ve lo darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome; chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia completa” (Giovanni 16:23-24).

Come il Signore ci ha insegnato, ogni volta che preghiamo, sia individualmente sia comunitariamente, facciamolo nel suo nome – è lui che ci ha spalancato la porta del cielo!

Oltre a ciò, un altro importante dettaglio che si è aggiunto dopo l’ascesa in cielo di Gesù è la presenza dello Spirito Santo in noi. E in merito a ciò e alla preghiera, Paolo scrive: “lo Spirito sovviene alle nostre debolezze, perché non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere in preghiera, come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con sospiri ineffabili” (Romani 8:26).

Come vediamo bene, il Signore e la sua Parola ci equipaggiano perfettamente affinché con la nostra mente, comprendendo il suo insegnamento, e con il nostro spirito, ravvivato del suo Spirito, possiamo aprire quel meraviglioso canale di comunicazione con lui che è la preghiera, sia nell’intimità, quando siamo soli con lui, sia quando siamo riuniti con i nostri fratelli in Cristo.