L’amore sulla bilancia

L’AMORE SULLA BILANCIA di Giuseppe Guarino

I tre tipi di amore in greco: è agape, filia ed eros

Sto leggendo un libro tanto interessante quanto impegnativo: “Viva il greco” di Nicola Gardini. Purtroppo il mio scarso interesse per i classici e il mio attaccamento ai temi del greco biblico, lo stanno rendendo un po’ pesante.

Del resto, direte, che ti aspetti da un libro che parla di greco? Non è sempre così. Andrea Marcolongo, studiosa brillante, grecista, ha pubblicato per Laterza “La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco”, che consiglio a chiunque voglia leggere un buon libro, sia o meno interessato al greco.

Devo comunque a Gardini ed alle sue citazioni dai classici gli spunti per questa discussione.

La concezione di amore, inteso come bramosia, desiderio, tipica dei nostri giorni forse è proprio dovuta alla forte influenza del pensiero greco nella nostra mentalità odierna. Il disastro viene comunque facilitato dalla limitatezza della nostra lingua in questo ambito.

Nel descrivere la “cosa più bella” Saffo (frammento 16) non esita a definirla come ciò che si ama: ἔγω δὲ κῆν’ ὄτ-[⸏]τω τις ἔραται·[1]

“ἔραται = da ἔραμαι con genitivo; bisogna distinguere tra φιλεῖν e ἐρᾶν; φιλεῖν con l’accusativo è “amare di propria iniziativa”, mentre ἐρᾶν con genitivo equivale a “amare in stato di dipendenza” (il verbo ἐρᾶν era usato nelle dichiarazioni d’amore di Paride per Elena e di Zeus per Era)”. [2]

Ovviamente qui parliamo di eros, una delle tre maniere (quattro, se vogliamo essere ultra pignoli) che ci offre il greco di riferirci all’amore.

Siamo lontani qui dall’ideale biblico, e trasmesso già dalla stessa lingua ebraica, che si sofferma sull’azione  piuttosto che sul coinvolgimento emotivo, sul trasporto diremmo, qui invece così determinante e centrale, in questo tipo di amore.

Da una parte l’ebraico ha un pregio: la sua praticità e concretezza. Dall’altra la lingua greca possiede un fascino ed una bellezza uniche: è capace di astrazione e contemplazione.

Nel paragrafo sul senso dell’amore – tema davvero impegnativo – Gardini cita l’Iliade (XIV, 315-316) che descrive il tormento dell’eros, ἔρως, l’amore, che arde ed opprime il petto di Zeus. Un amore fisico. Lo sconvolge, dall’esterno verso l’interno, con sensazioni legate alla sua fisicità. Gli dei greci sono specchio degli uomini che li hanno creati: davvero si tratta di dei creati ad immagine e somiglianza dell’uomo.

Poi ecco una riflessione importante:

“…l’amore è una questione di giustizia… Chi non riama commette un torto e rompe un equilibrio. Se riceve deve ridare.” [3]

Non basta già questa considerazione a spiegare come questo tipo di “amore” divenga astio, se non addirittura odio nel cuore e nella mente di alcuni quando non viene corrisposto?

Adesso ampliamo la nostra discussione e parliamo di un altro tipo di amore, quello che lega gli amici. Anche questo, nella concezione greca richiede la reciprocità. Non è la stessa logica perseguita nei rapporti di amicizia anche oggi?

A un dono, un vero amico risponde con un altro dono, no?

“…presto conosceresti amicizia (φιλοτετά) e molti doni da me…” (Odissea XIX, 309-311)

Quindi sia in filia sia in eros, la bilancia non deve pendere da nessuna della due parti. Si richiede reciprocità ed equità.

L’agape invece è il modo univoco di relazionarsi dell’individuo con chi incontra lungo il suo tragitto. Chi pratica l’agape è spinto a relazionarsi positivamente con il prossimo, ama ed ama indistintamente ed incondizionatamente chi incontra nel suo cammino o chi lo affianca nella vita. L’agape non è (solo) un sentimento, ma un modo di porsi nei confronti dell’altro, oggettivo ed indipendente persino dal comportamento dell’altro.

Filia ed eros sono una necessità dell’individuo, che ha bisogno di ricevere ed è quindi disposto a dare. Ma il dare dipende dalla possibilità di ricevere. Tutto andrà bene, questo tipo di amore starà in piedi finché la bilancia non penderà in maniera assoluta dall’una o dall’altra parte.

Dell’agape dice invece la Bibbia: “L’amore non verrà  mai meno” (1 Corinzi 13:8).

Per questo le amicizie si rompono, le coppie divorziano: l’amore che finisce non è l’agape, ma filia o eros. L’Agape non ha bisogno di equilibri, è lo scorrere di un fiume che origina da Dio, e gli uomini sono dei canali che ne permettono la diffusione.

Quando l’amore è soltanto filia o eros il “non ti amo più” è legato alla perdita di interesse nell’altro, nella relazione, il desiderio dell’altro cessa: perché l’altro non contraccambia  o perché ciò che dà non è più di nostro interesse, o peggio ancora qualcun altro ci dà di più e meglio.

Chi è invece veicolo dell’agape continua ad esserlo finché vorrà e per il tempo che egli vorrà, indipendentemente da fattori esterni, dalla realtà e dalla natura e comportamenti degli individui che beneficiano dell’agape.

Gesù stesso sorprese i suoi ascoltatori: “Voi avete udito che fu detto: ‘Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico’.  Ma io vi dico: amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano,  affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani?  E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto?  Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste” (Matteo 5:43-48)

“Amate (ἀγαπᾶτε, agapate) i vostri nemici” è impensabile se partiamo dalla logica dei nostri giorni, dove è il sentimento l’essenza dell’amore. Questa affermazione di Gesù invece va vista quasi come un sinonimo della frase che segue, “fate del bene a quelli che vi odiano”. È in questo modo che la mente assume il controllo. Infatti, amando, cioè facendo del bene, tutto il nostro essere, cuore compreso, comincerà ad amare ed amare nel senso più vero e profondo del termine.

Mi viene in mente quel proverbio o modo di dire: “l’appetito vien mangiando”, che potremmo adattare alla nostra discussione dicendo: “amando (con le azioni) impareremo ad amare (anche con il cuore)”.

L’amore matrimoniale è un amore particolare. È un legame secondo me che coinvolge tutte e tre, o tutt’e quattro, le sfaccettature contemplate dalla lingua greca. Spesso l’eros è il primo motore, la spinta che fa nascere una coppia. Poi sorge il filia, quando ci si conosce ed apprezza come persone. Ma se il rapporto non è governato dall’agape, prima o poi è destinato a concludersi o spegnersi, cioè prolungarsi senza una reale essenza, vivendo di parvenza. Due coniugi devono saper bilanciare eros e filia, ed alimentarli; ma devono essere animati da un desiderio di agape l’uno nei confronti dell’altro affinché il rapporto possa rimanere vivo e vero.

Tempo addietro una persona, parlando delle promesse matrimoniali, mi disse: “come ci si può promettere l’amore?” È vero, eros e filia possono finire, ma se l’individuo è veicolo di agape, questo terrà la coppia unita, per via dell’amore reciproco ed incondizionato che uno riverserà sull’altro. Ma questa è tutta un’altra storia. Ne parleremo meglio in un’altra sede, perché è un argomento che merita approfondimento.

Come spesso accade, l’ideale biblico è quasi “utopistico”, invita chi crede a vivere ed essere testimone di una realtà che potrebbe essere di questo mondo, ma che in concreto non si realizza per via del cuore dell’uomo, che non riesce ad amare veramente. Per questo chi è mosso dall’agape è mosso dalla consapevolezza di essere ambasciatore di una realtà superiore, celeste se vogliamo utilizzare un linguaggio biblico.

Oggi il mondo cerca l’amore. Ma non è agape quello che cerca, perché l’agape non si cerca, si vive e mette in pratica. L’amore che l’uomo del XXI cerca è eros e nella migliore delle ipotesi filia, la piacevole sensazione fisica, chimica, che questo tipo di amore dona e che è destinato a durante tanto tempo quanto il piacere che dà. È un dare, ma condizionato al ricevere ed al ricevere come vuole il nostro ego.

Credo che l’amore perfetto, seguendo la lezione dei greci e la saggezza biblica, sia un consapevole, bilanciato vivere dei tre!

[1] Citato da Gardini a pag. 30 del suo libro.

[2] http://pinakes.altervista.org/lezioni-di-greco-antico-saffo-analisi-fr-16-voigt/ consultato l’8 agosto 2021.

[3] Nicola Gardini, “Viva il greco”, pag. 109