Cittadini del cielo

di Giuseppe Guarino

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Il testo del nostro studio è in Filippesi 3:20: “Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore”.

L’idea dietro una parola così importante come cittadinanza era ben nota ai cristiani che abitavano la città di Filippi, ai quali Paolo indirizza la sua epistola. Ciò ne spiega l’uso da parte dell’apostolo.

Anche oggi, parlare di cittadinanza a un cittadino americano, italiano, o in generale a un cittadino di una nazione ricca e prospera ha un senso molto particolare. Egli sa quali privilegi gli garantisce il suo status. Magari non ha invece molto significato per quei poverini condannati all’interno di stati totalitari, il cui unico sogno è fuggire dalla propria nazione. Basta pensare oggi ai migranti che disperatamente fuggono dalle nazioni di origini per cercare una nuova vita in una nazione europea – cercano una cittadinanza nuova, una nuova patria che sia degna di questo nome, che possa dargli più della terra che si lasciano alle spalle.

I filippesi devono aver goduto di un buon trattamento all’interno dell’impero romano, del quale facevano parte. Conoscevano benissimo quanto fosse importante essere cittadino romano e quanto questo potesse garantire una vita più pacifica e, soprattutto, da persone libere. Chiunque di noi oggi difficilmente sarebbe disposto a barattare una cittadinanza italiana, tedesca o francese per una congolese o nigeriana.

Comunque, non tutti coloro che vivevano all’interno dei confini dell’impero romano avevano il privilegio della cittadinanza. Quindi l’analogia di Paolo si adatta perfettamente a un contesto dove la cittadinanza era un vero privilegio.

Paolo era un cittadino romano. Questo gli permise una differenza di trattamento quando si trovò davanti alle autorità. In Atti 22:27-28 leggiamo: “Il tribuno andò da Paolo, e gli chiese: “Dimmi, sei romano?” Ed egli rispose: “Sì”. Il tribuno replicò: “Io ho acquistato questa cittadinanza per una grande somma di denaro”. E Paolo disse: “Io, invece, l’ho di nascita.

Anche la cittadinanza celeste è un “privilegio” e ha un prezzo. Perché essa non è automatica, la cittadinanza celeste non è propria di ogni uomo solo per diritto di nascita, ma possiamo comunque ottenerla grazie all’opera di redenzione di Cristo Gesù. Infatti Il prezzo per la nostra cittadinanza celeste è stato pagato da Cristo Gesù!

La nascita è il modo più naturale nelle nostre nazioni occidentali per essere cittadini di questa o quella nazione. Così non è nel regno “dei cieli”. Mentre i discendenti di Israele facevano parte del popolo di Dio per diritto di nascita, per noi, non ebrei, questo diritto non è automatico. Ma si tratta di un privilegio possibile grazie all’opera compiuta da Gesù, nostro Signore e Salvatore.

Giovanni 1:11-13, “È venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome; i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio.

Con la Grazia che ha portato l’incarnazione del Figlio di Dio, noi “stranieri” abbiamo addirittura il “diritto” di diventare figli di Dio, se accettiamo Gesù, il Messia che Israele ha rigettato. Il testo dice “a tutti quelli che l’hanno ricevuto” quindi nessuno è escluso. L’invito che Dio rivolge all’uomo lo rivolge a ogni uomo, a chiunque: la porta è aperta a tutti e dipende solo da noi quindi appropriarci di questo nostro “diritto”, di questo vero e proprio “privilegio”.

Ogni nazione ha le sue leggi. Se si viene a conoscenza di una legge che ci garantisce un diritto e non ne approfittiamo sarà solo colpa nostra. Allo stesso modo, secondo la legge del regno di Dio se riceviamo Gesù abbiamo il diritto di diventare figli di Dio. Dipende da noi avvantaggiarci di questo diritto.

Nell’era della grazia in cui viviamo (Giovanni 1), noi entriamo a fare parte della famiglia di Dio mediante la nuova nascita – l’abbiamo appena letto: i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio. Per natura, quindi, non siamo figli di Dio, ma se accogliamo Gesù nel nostro cuore, il suo Spirito dà vita al nostro e ci rende figli di Dio.

Giovanni 3:3, “Gesù gli rispose: “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio

Consideriamo velocemente cosa comporta la nostra cittadinanza celeste che, come la cittadinanza di una nazione terrena, prevede obblighi, ma garantisce anche diritti e privilegi. Discuteremo prima dei privilegi – di alcuni dei privilegi, perché sono davvero tanti, come tanti sono i benefici dell’appartenere ad un regno tanto glorioso.

Privilegi di un cittadino celeste

Nel regno di Dio, i privilegi e i diritti sono di gran lunga superiori agli obblighi. Così non è spesso nella nostra cittadinanza terrena, dove pagare tasse sembra il risultato più evidente della nostra appartenenza allo stato italiano e non ci sentiamo mai di ricevere un corrispettivo pari allo sforzo economico e sociale che ci viene richiesto.

Ma abbiamo motivo di essere invece assolutamente e totalmente felici di essere cittadini del Cielo!

Siamo figli di Dio

Efesini 1:5, “avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà,”

1 Giovanni 3:1, “Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio! E tali siamo.

Non potevamo chiamare Dio “Padre” perché non eravamo suoi figli. Neanche nell’Antico Testamento i santi di Dio si rivolgevano a Lui come “Padre”. Oggi invece possiamo! Egli infatti ci ha “adottati”, dice la Scrittura, proprio perché non è per diritto di nascita che siamo figli, ma possiamo diventarlo – in Cristo!

E non solo siamo figli adesso, ma facciamo addirittura parte della “chiesa dei primogeniti che sono scritti nei cieli” (Ebrei 12:23). La primogenitura implicava tutti i diritti dell’eredità del padre: così è anche per noi, che siamo adesso: “eredi di Dio e coeredi di Cristo” (Romani 8:17).

Se siamo cittadini del cielo i nostri nomi sono scritti nella sua anagrafe! “rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Luca 10:20)

Siamo re e sacerdoti

Qui si parla di un privilegio secondo solo a quello dell’essere figli di Dio. Infatti, come Cristo è Re e Sacerdote,  così lo siamo anche noi.

1 Pietro 2:9, “Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa“.

Nella Chiesa che si definisce Cattolica ma è Romana solo una parte dei credenti ha il compito di essere “sacerdote”, mentre nel Nuovo Testamento questo compito è di tutti. Non essendovi più i sacrifici previsti nell’Antico Testamento, avendo Cristo offerto un unico, perfetto, irripetibile sacrificio per togliere il peccato (vedi tutta l’epistola agli Ebrei), la Scrittura ci dice che “Per mezzo di Gesù, dunque, offriamo continuamente a Dio un sacrificio di lode: cioè, il frutto di labbra che confessano il suo nome” (Ebrei 13:15). Si chiama sacerdozio universale.

Siamo anche re perché, “Certa è quest’affermazione: se siamo morti con lui, con lui anche vivremo; se abbiamo costanza, con lui anche regneremo” (2 Timoteo 2:11-12).

Abbiamo la vita eterna

Giovanni 3:16, “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.

Queste misere spoglie mortali un giorno cesseranno di vivere. Già da adesso Dio ci dona la vita eterna, quella vita che non avrà mai fine e che soprattutto è vita vera, perché vissuta con Dio, in Dio , per Dio. La Parola utilizza il tempo presente per questa meravigliosa realtà che è la vita vera, la vita con Dio, che per il credente comincia già su questa terra e che con la morte prosegue alla presenza stessa di Dio, in attesa della resurrezione.

Per sottolineare come il nostro corpo sia solo una nostra dimora temporanea in più punti la Scrittura lo paragona a una tenda, la forma di dimora più transitoria che si possa immaginare.

2 Corinzi 5:1-2: “Sappiamo infatti che se questa tenda, che è la nostra dimora terrena, viene disfatta, abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d’uomo, eterna, nei cieli. Perciò in questa tenda gemiamo, desiderando intensamente di essere rivestiti della nostra abitazione celeste“.

Poi al ritorno di Gesù, queste nostre spoglie mortali saranno resuscitate, con un corpo simile al suo, a quello che egli aveva dopo la sua resurrezione. Con quest’ultimo atto la nostra redenzione sarà completa.

1 Corinzi 15:50-53: “Ora io dico questo, fratelli, che carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio; né i corpi che si decompongono possono ereditare l’incorruttibilità. Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati. Infatti bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità e che questo mortale rivesta immortalità.

Che parole meravigliose di speranza troviamo nella Scrittura:

1 Tessalonicesi 4:13-18: “Fratelli, non vogliamo che siate nell’ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati. Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole“.

Questo è quello che Dio ha preparato per i suoi figli, per i cittadini del cielo. Ci appartiene: se vogliamo questa speranza può essere nostra, decidendo di entrare a far parte del regno di Dio.

Lo Spirito Santo dimora in noi

Galati 4:6, “E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: “Abbà, Padre”.

Nemmeno i “santi” dell’antico patto avevano un privilegio talmente grande: essere loro stessi il tempio di Dio, la dimora dello Spirito Santo.

Efesini 1:13-14: “In lui anche voi, dopo aver udita la parola della verità, l’evangelo della vostra salvezza, e aver creduto, siete stati sigillati con lo Spirito Santo della promessa; il quale è la garanzia della nostra eredità, in vista della piena redenzione dell’acquistata proprietà a lode della sua gloria“.

Abbiamo creduto alla parola dell’evangelo, alla buona notizia che in Cristo è la salvezza, che il prezzo del riscatto per la nostra libertà è stato pagato da lui, che lui è morto al posto nostro, lo Spirito Santo viene a dimorare in noi. E’ la caparra, in attesa della redenzione completa, anche del nostro corpo, che sarà nostra al ritorno di Gesù.

1 Corinzi 6:19-20: “O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo“.

Abbiamo libero accesso alla presenza di Dio

Quanto è difficile in Italia farsi ricevere da un politico, anche per il più urgente bisogno sociale a meno che non si sia in periodo di elezioni. Eppure la nostra cittadinanza celeste ci garantisce l’accesso alla presenza di Dio stesso!

Ebrei 10:19, “Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel luogo santissimo (il cielo stesso, la presenza di Dio) per mezzo del sangue di Gesù

E non ci sono modelli da riempire, né trafile burocratiche! Le nostre richieste vengono presentate immediatamente da noi stessi al nostro Signore.

Giovanni 16:23, “In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà.

I nostri peccati sono perdonati

Colossesi 2:13-14, “Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati; egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l’ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce.

Chi dice che vi sono peccati per i quali il credente deve “espiare” o che la sua salvezza non è completa, sbaglia. Il nostro perdono, la nostra redenzione non dipende da ciò che noi abbiamo fatto ma da quello che Gesù ha fatto: lui è morto per noi – perché noi potessimo vivere! Ha pagato il prezzo del nostro riscatto – perché eravamo schiavi del peccato, ma lui ci ha resi liberi, veramente liberi!

Giovanni 8:36, “Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi“.

L’uomo vuole sempre capire cosa deve fare. E si complica la vita. Ma è orgoglio: perché vogliamo fare da noi stessi. E’ mancanza di fede: perché non crediamo nella semplicità e nella potenza del Vangelo.

I religiosi giudei erano campioni di regole e regolette. Interrogano Gesù e lui gli spiega la via di Dio. Ma loro non riescono a svuotarsi di  se stessi per affidarsi totalmente a Dio.

Giovanni 6:28-29: “Gli chiesero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». Gesù rispose e disse loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

Troppo facile? E’ un problema di fede, di credere o non credere, affidarsi o non affidarsi.

Leggete 2 Re capitolo 5.

1 Naamàn, comandante dell’esercito del re di Aram… era lebbroso… 9Naamàn arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Eliseo. 10Eliseo gli mandò un messaggero per dirgli: «Va’, bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato». 11Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: «Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra».

L’uomo ha sempre la propria idea di salvezza. Ma è Dio che dobbiamo ascoltare e semplicemente accettare il suo semplice piano d’amore. Qualcuno provò a farlo ragionare: come oggi fanno i testimoni della fede facendo eco alle parole di Gesù: “«Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?»” (Giovanni 11:40).

13Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: «Bàgnati e sarai purificato»». 14Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato.

Come può testimoniare chi ha creduto, anche nella vita di te che leggi può accadere quanto promesso nella parola di Dio: credi e vedrai la gloria di Dio (Giovanni 11:40).

Abbiamo pace

Romani 5:1, “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore

La pace di Dio non è assenza di guerra o di conflitti, difficoltà, prove in genere. E’ lo Shalom ebraico, uno stato di forza e serenità interiore che solo la presenza di Dio può darci e che non dipende dalle circostanze ma dalla assoluta speranza nella perfezione della meravigliosa opera di Dio.

Questo tipo di pace non è di questo mondo e non può darcela niente e nessuno se non il Signore.

Giovanni 14:27, “Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti.

Abbiamo speranza

Romani 15:13, “Or il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede, affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo.

Abbiamo un detto dalle mie parti: chi di speranza vive, disperato muore. E, a seconda di chi o cosa è l’oggetto della nostra speranza, questo può rispondere a verità. Se speriamo solo in questa vita, se poniamo tutta la nostra fiducia nell’uomo, quasi sicuramente ne saremo delusi, su questa terra e soprattutto nella vita che verrà.

Ma se poniamo la nostra fede in Dio e speriamo in lui, il Signore non ci deluderà.

ma quelli che sperano nel SIGNORE acquistano nuove forze, si alzano a volo come aquile, corrono e non si stancano, camminano e non si affaticano” (Isaia 40:11).

Cos’è la speranza per noi credenti? E’ attesa. E’ fiducia. Noi che speriamo in Dio, attendiamo fiduciosi l’avverarsi delle Sue promesse.

In questo mondo non vi è speranza. Nella migliore delle ipotesi riusciamo a godere dei piaceri di questa vita, avremo un buon lavoro e andremo in pensione. Ma poi verrà la morte. E cosa dopo la morte? Alcuni dicono il nulla. Ma non è così.

Ebrei 9:27, “Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio”.

Prima di conoscere Cristo tutti noi eravamo senza speranza. L’uomo di oggi mente a se stesso negando questo fatto. Si stordisce di piaceri e nell’esaltazione di se stesso per evitare di pensare. Ma se un malato mente a se stesso e semplicemente agisce come se non avesse in sé alcun male, è destinato alla morte. Allo stesso modo fa l’uomo quando si illude che questa vita possa avere un senso lontano da Dio.

Efesini 2:12, “ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele ed estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo“.

In Dio la nostra vita trova un senso, in Lui abbiamo speranza, vita e ogni cosa. Ogni nostro bene è nascosto in Lui e un giorno sarà nostro.

Tito 1:2, “nella speranza della vita eterna promessa prima di tutti i secoli da Dio, che non può mentire“.

Ebrei 6:19, “Questa speranza la teniamo come un’àncora dell’anima, sicura e ferma”.

Ebrei 10:23, “Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, senza vacillare; perché fedele è colui che ha fatto le promesse“.

La nostra speranza e vera e sicura, perché è fondata su Dio, che è fedele e che agirà secondo quanto ha promesso nella Sua Parola.

Siamo ambasciatori

I credenti sono a tutti gli effetti un corpo diplomatico in una terra straniera, rappresentanti ufficiali del regno di Dio.

1  Pietro 2:11, “Carissimi, io vi esorto, come stranieri e pellegrini, ad astenervi dalle carnali concupiscenze che danno l’assalto contro l’anima

Visto che abitiamo lontani dalla nostra patria celeste, possiamo considerarci stranieri e pellegrini in questo mondo. Ma sappiamo che quando il nostro mandato si sarà completato, raggiungeremo la nostra patria per dimorarvi per sempre. Questo si che è un pensionamento!

2 Corinzi 5:1, “Sappiamo infatti che se questa tenda che è la nostra dimora terrena viene disfatta, abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d’uomo, eterna, nei cieli.

Ebrei 13:14, “Perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura.

In questo mondo potremmo definirci come degli ambasciatori, dei rappresentanti della nostra patria celeste.

2 Corinzi 5:20, “Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio.

Efesini 6:20, “per il quale sono ambasciatore in catene, perché lo annunzi francamente, come conviene che ne parli.

Quanto è importante per un corpo diplomatico tenere alto il nome e il prestigio della patria di provenienza! Così noi dobbiamo essere ambasciatori degni dell’incarico che abbiamo ricevuto.

Avete mai vissuto all’estero? In Italia ci lamentiamo sempre delle pecche della nostra nazione – e io non faccio eccezione. Ma se siamo all’estero e incontriamo un altro italiano è una grande gioia. Ci mettiamo a parlare, ridiamo e parliamo della nostra terra. E’ un momento di gioia. Quasi quasi ricordiamo solo le cose belle e sentiamo ancora di più la mancanza. Quanto di più gioiamo quando incontriamo un altro cittadino del cielo.

E siccome sappiamo che nel nostro regno si sta bene, c’è pace, amore. Sappiamo che nelle nazioni di questo mondo si soffre e sta male. Per questo offriamo a tutti l’opportunità di avere anche loro una cittadinanza migliore, celeste, eterna.

 

I privilegi di essere cittadini del cielo non finiscono qui. La Scrittura ha una lunga lista di benedizioni e benefici per chi decide di far parte del regno di Dio. Benefici che cominciano in questa vita e che dureranno per sempre.

 

Gli obblighi di un cittadino celeste

Come ogni cittadinanza, anche quella del cielo implica degli “obblighi”.  Si tratta, però, di qualcosa che ci viene “imposto” in maniera diversa da come accade nella nostra cittadinanza terrena. Vediamo qualche obbligo per capire di cosa sto parlando.

Obbligo di conoscere ed obbedire la legge

In quanto cristiani abbiamo l’obbligo di conoscere ed obbedire la Parola di Dio.

Giacomo 1:22, “Ma mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi.”

Matteo 7:24, “Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà paragonato a un uomo avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia.

In qualsiasi nazione, che si conoscano o meno le leggi non è un problema di chi le fa o ha il compito di farle rispettare. In Italia diciamo: “la legge non ammette ignoranza”. E in qualsiasi nazione decente, osservare la legge non potrà che fare bene a se stessi ed alla comunità.

La cosa più bella però che riguarda il regno di Dio è che le leggi sono basate su un principio molto speciale: l’amore.

Giovanni 14:23, “Gesù gli rispose: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui.

Matteo 22:36-40, “Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?” Gesù gli disse: “”Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti“.”

Giovanni 13:34-35, “Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri“.”

A prescindere dalle convinzioni personali, politiche o religiose, qualcuno può credere che se le parole di Gesù fossero messe in pratica dagli uomini il mondo non diventerebbe letteralmente un paradiso in terra?

Non ci sarebbe più fame, perché ognuno si assicurerebbe che l’altro avesse abbastanza cibo.

Non ci sarebbe guerra, perché nessuno avrebbe il coraggio per qualsiasi motivo di alzare la mano contro il proprio fratello.

Non ci sarebbero contese, prevaricazioni, ecc…

Ma l’uomo è egoista, malvagio, cerca il proprio personale interesse e non quello dell’altro.

Gesù ci invita a guardare oltre. Essendo rappresentanti in terra del regno di Dio, quindi di una realtà migliore, abbiamo il dovere di essere all’altezza di tale privilegio e fare la differenza.

Abbiamo un bell’esempio nella Bibbia: Daniele. Daniele era poco più che un ragazzino quando venne deportato in Babilonia. Nonostante fosse lì, in una terra straniera, e fosse ancora un adolescente, “Daniele prese in cuor suo la decisione di non contaminarsi con i cibi del re e con il vino che il re beveva” (Daniele 1:8).  Ciò per obbedire alle previsioni della legge di Mosè. Ebbene, a causa della sua obbedienza, Dio benedisse Daniele e i tre suoi compagni che lo affiancarono nella loro determinazione in maniera straordinaria.  Se c’è una cosa che ho imparato in tanti anni di fede è che l’obbedienza porta la benedizione di Dio.

Parlare la lingua

Un cittadino italiano deve conoscere la lingua italiana. Vi sono nazioni dove la cittadinanza non può essere acquisita da stranieri se non dopo avere superato degli esami di lingua e storia.

I cristiani devono parlare la lingua della sapienza, attraverso l’insegnamento e la guida dello Spirito Santo.

1 Corinzi 2:13, “e noi ne parliamo non con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito, adattando parole spirituali a cose spirituali.

Dobbiamo parlare il linguaggio della verità,

Efesini 4:25, “Perciò, bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri.

Dobbiamo parlare la lingua dell’Evangelo della pace e riconciliazione a Dio attraverso Gesù Cristo.

1 Tessalonicesi 2:4, “ma come siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare il vangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori.

Dobbiamo essere miti. Non giudicare frettolosamente. Tenere a bada la lingua.

Tito 3:2, “che non dicano male di nessuno, che non siano litigiosi, che siano miti, mostrando grande gentilezza verso tutti gli uomini.

Giacomo 4:11, “Non sparlate gli uni degli altri, fratelli. Chi dice male del fratello, o chi giudica il fratello, parla male della legge e giudica la legge. Ora, se tu giudichi la legge, non sei uno che la mette in pratica, ma un giudice. Uno soltanto è legislatore e giudice, colui che può salvare e perdere; ma tu chi sei, che giudichi il tuo prossimo?.

1 Pietro 3:10, “Infatti: “Chi vuole amare la vita e vedere giorni felici, trattenga la sua lingua dal male e le sue labbra dal dire il falso

Pagare le tasse

Come potremmo sperare che una nazione prosperi, sia ben organizzata e pronta a soddisfare i bisogni dei suoi cittadini, difendere i propri confini, avere una salda economia e politica se quest’ultimi non pagano le loro tasse?

La stessa logica si applica alla Chiesa. Possiamo avere idee divergenti circa l’ammontare del contributo. Nella mia esperienza con le chiese americane e inglesi, ho visto che la misura della decima è un ottimo principio ed è anche scritturale.

Malachia 3:8, “L’uomo può forse derubare Dio? Eppure voi mi derubate. Ma voi dite: “In che cosa ti abbiamo derubato?” Nelle decime e nelle offerte.

Ma l’obbligo è morale e personale.

Il nostro contributo nella Chiesa poi non può limitarsi all’apporto economico. Per alcuni, di questi tempi, sarebbe persino comodo se fosse così. Se è vero che il tempo è danaro, deve davvero avere il valore più alto fra i beni dei nostri giorni. Perché oltre al danaro la cosa che con maggiore riluttanza la gente oggi è disposta a mettere a disposizione è proprio il tempo.

Per questo, il nostro tempo, proprio perché è una risorsa così importante, è vitale che venga messo al servizio della causa dell’Evangelo.

Credo che per trovare la gioia di dare, basti semplicemente considerare che tutto ciò che abbiamo, soldi e tempo inclusi, è per dono di Dio e che Dio non si stanca mai di donarci liberalmente. Se siamo figli, imitiamo nostro padre, Dio, e come Lui dobbiamo imparare a dare con gioia.

Atti 20:35, “In ogni cosa vi ho mostrato che bisogna venire in aiuto ai deboli lavorando così, e ricordarsi delle parole del Signore Gesù, il quale disse egli stesso: ‘Vi è più gioia nel dare che nel ricevere‘”.

Conclusione

Chiudo il mio studio con un bellissimo brano che vale la pena citare per esteso.

Efesini 2:11-19, “Perciò, ricordatevi che un tempo voi, stranieri di nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi, perché tali sono nella carne per mano d’uomo, voi, dico, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanzad’Israele ed estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ma ora, in Cristo Gesù, voi che allora eravate lontani siete stati avvicinati mediante il sangue di Cristo. Lui, infatti, è la nostra pace; lui che dei due popoli ne ha fatto uno solo e ha abbattuto il muro di separazione abolendo nel suo corpo terreno la causa dell’inimicizia, la legge fatta di comandamenti in forma di precetti, per creare in sé stesso, dei due, un solo uomo nuovo facendo la pace; e per riconciliarli tutti e due con Dio in un corpo unico mediante la sua croce, sulla quale fece morire la loro inimicizia. Con la sua venuta ha annunziato la pace a voi che eravate lontani e la pace a quelli che erano vicini; perché per mezzo di lui gli uni e gli altri abbiamo accesso al Padre in un medesimo Spirito. Così dunque non siete più né stranieri né ospiti; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio.

Abbiamo il grande privilegio di essere chiamati figli di Dio e cittadini del cielo. Un tale privilegio, però, richiede anche un serio impegno per la causa dell’Evangelo e del regno di Dio. Le benedizioni che ne seguiranno saranno eterne.