Materiali da scrittura, Transumanesimo e Pentecoste

di Giuseppe Guarino

Lo sappiamo che Dio è originale: ama fare le cose, e le fa ovviamente in modi che nessuno ha fatto prima. Traccia il solco. Non imita nessuno; anzi, viene naturalmente imitato da tutti. Per citare un esempio, l’uomo può vantarsi di avere trovato il modo per volare, di avere inventato gli aeroplani. Bel traguardo. Ma per farlo ha dovuto contemplare per secoli come gli uccelli riuscissero a volare – senza sforzo, con gioia, senza carburante, gratis: non siamo ancora riusciti nemmeno a scalfire l’originalità e la grandezza dell’opera di Dio.

Parliamo della scrittura.

La scrittura è nata millenni fa, in Mesopotamia. Le conosciamo tutti le tavolette di argilla con la scrittura cuneiforme. Le abbiamo studiate a scuola, no?

In inglese tavoletta si dice “tablet”. Il nome dei nostri congegni moderni deriva proprio da quel loro antenato.

La scrittura cuneiforme raggiunse il suo picco durante il periodo degli assiri e dei babilonesi. Ma anche prima, città come Ebla e Mari erano centri culturali dove veniva formata la “classe dirigente” del tempo. Su quelle tavolette si studiava matematica, letteratura, si imparavano le lingue…

Questa foto è famosa e riguarda il ritrovamento ad Ebla delle molte tavolette che hanno riportato alla luce testi che risalgono fino al 2500 a.C.

Sappiamo che Hammurabi incise il suo codice sulla pietra ed è per questo che è giunto fino a noi. Il testo di queste leggi è famosissimo. Non si tratta del più antico codice della storia, ma di certo è il più famoso. Sulla datazione del regno di Hammurabi vi sono opinioni contrastanti. Alcuni lo ritengono vissuto nel XIX secolo a.C. Per altri era un contemporaneo di Mosè.

Ma le tavolette o le incisioni su pietra erano l’unico mezzo di scrittura?

No. Il papiro era già in uso in Egitto in età remotissima. Ma, come è facile immaginare, nonostante le condizioni climatiche notoriamente favorevolissime, sono pochi i papiri sopravvissuti.

Il papiro Rhind nell’immagine, risale al XVII secolo a.C. ed è copia di un papiro ancora più antico. Si tratta di uno scritto matematico che contiene tra l’altro formule per il calcolo dell’area di un triangolo isoscele e di un cerchio, utilizzando un antenato del nostro pi (π) greco.

Chissà quanti testi sono stati scritti su papiro e sono purtroppo irrimediabilmente andati perduti. Possiamo solo immaginarlo. Menomale che gli egizi, così come gli assiri, i babilonesi, ecc, continuarono ad avere l’abitudine di scrivere su tavolette d’argilla.

Infatti, sebbene da secoli esistesse il papiro, certamente più maneggevole e comodo, e probabilmente altri materiali di scrittura, i re continuarono ad affidare alle tavolette la loro corrispondenza.

Akhenaton è il nome più noto del faraone Amenofi IV, che regnò, secondo le datazioni di David Rohl nella sua New Chronology, intorno all’anno 1000 a.C. Egli costruì una grande città dedicata al suo dio Aton (il disco solare) della quale vediamo qui un rendering che ne rivela la bellezza e grandezza.

Akhenaton e Nefertiti sono probabilmente la coppia egizia più famosa della storia, legati da un amore che ha attraversato i secoli, insieme all’interminabile dibattito sul loro monoteismo.

Oggi l’area dove sorgeva la città eretta e voluta come capitale da questo faraone è chiamata Tell El Amarna. Per questo è stato dato il nome di Corrispondenza di Amarna alle moltissime tavolette lì rinvenute che testimoniano dell’attivo scambio di comunicazioni fra il re egizio e altri re. Egli fu contemporaneo di Davide e Saul, che, sempre secondo Rohl, vengono nominati nella suddetta corrispondenza. Di seguito una tavoletta.

Mosè ebbe un incontro con Dio che cambiò completamente la sua vita. Dagli sfarzi della corte di faraone era passato all’estremo di vivere come un fuggiasco in una terra straniera. Eppure fu in quella condizione estrema che Mosè conobbe Dio.

Conosciamo tutti la sua storia.

È con lui, tramite lui, che Dio comincia a comunicare con il suo popolo per iscritto.

Quando il SIGNORE ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della testimonianza, tavole di pietra, scritte con il dito di Dio” (Esodo 31:18).

Anche Dio affida alla pietra le sue parole, perché queste potessero preservarsi. Mentre nulla è detto su cosa utilizzò Mosè per obbedire al comandamento che Dio gli diede: “Poi il SIGNORE disse a Mosè: “Scrivi queste parole; perché sul fondamento di queste parole io ho fatto un patto con te e con Israele”. E Mosè rimase lì con il SIGNORE quaranta giorni e quaranta notti; non mangiò pane e non bevve acqua. E il SIGNORE scrisse sulle tavole le parole del patto, i dieci comandamenti” (Esodo 34:27-28).

Gli studiosi che mirano a discreditare l’autorità della Bibbia non credono che Mosè abbia veramente scritto il Pentateuco. Si tratta di teorie ormai dimostrate infondate. La scrittura alfabetica esisteva molto tempo prima di Mosè e proprio alla corte egizia dove era cresciuto ed era stato istruito.

Anche per questo esistono solo prove incise su pietra (e grazie a Dio esistono). Il famoso alfabeto protosinaitico o protocananeo è antichissimo (William Foxwell Albright, The proto-sinaitic inscriptions and their decipherment, Cambridge University Press, 1966) ma non ci è dato sapere quanto. In una conversazione con un famoso egittologo (del quale non faccio il nome) mi ha confidato di essere giunto alla conclusione che forse Giuseppe, il patriarca, sia dietro la nascita dell’antenato dell’alfabeto usato da Mosè. Gli studiosi concordano che già l’egiziano in epoca remotissima (addirittura nel XXX millennio a.C.) aveva attribuito dei valori consonantici ad alcuni geroglifici per poter trascrivere nomi non egiziani. Di questo esistono abbondanti prove archeologiche.

Insomma, ritenere che Mosè non abbia potuto scrivere il Pentateuco perché non aveva i mezzi per farlo è una supposizione che lascia il tempo che trova. Ritenere che i punti dove leggiamo che Dio stesso incise i suoi comandamenti sulla pietra non siano autentici può avere un senso per il non credente. Per il credente che trova nella propria mente la capacità di conciliare tanta incredulità e sfiducia nell’autenticità di ciò che leggiamo nella Scrittura consiglio o di ravvedersi ed essere coerente con il proprio credo “razionale” o dedicarsi ad altre attività piuttosto che alla lettura e studio della Bibbia.

Avendo utilizzato materiali di scrittura facilmente deperibili – forse il papiro, ma non è detto che non fossero pelli animali – non sopravvivono manoscritti dell’Antico Testamento che più antichi di duemila anni. I rotoli del Mar Morto hanno portato alla luce manoscritti dell’Antico Testamento risalenti al I e al II secolo a.C.

In questi giorni si sente parlare di Transumanesimo. Se ne parla come se fosse una cosa nuova. Ma lo è?

Ho dato un’occhiata a Wikipedia (per avere qualcosa di facilmente consultabile da chiunque) ed ecco quello che ho trovato: “Il significato del termine “transumanesimo” fu delineato in modo sistematico da Julian Huxley nel 1957, nel testo “In New Bottles for New Wine”” (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Transumanesimo, 7 giugno 2023). Il motto “vino nuovo in botti nuove” non vi dice nulla? Satana da sempre è, come disse bene Tertulliano, soltanto “Scimmia di Dio”.

Oggi sentiamo di microchip impiantati nel cranio di individui per permettergli di interagire con dei computer. Sentiamo di innesti fra tecnologia ed essere umano che dovrebbero condurci al prossimo step evolutivo. O alla catastrofe finale, aggiungo io.

(fonte: https://www.informazioneconsapevole.com/2017/05/il-transumanesimo-e-lideologia.html)

Eppure già in tempi passati, Dio ha pensato e previsto interazioni e innesti ben più importanti per l’uomo e che conducono a un prolungarsi della vita, ma in eterno: perché come ogni cosa che fa, Dio la fa perfetta e inimitabile.

Nella scrittura e nei materiali usati Dio introduce un’innovazione che non ha paralleli nella storia dell’umanità.

Ma questo è il patto che stabilirò con la casa d’Israele dopo quei giorni, dice l’Eterno: Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.” (Geremia 31:33)

Ora, io non voglio di certo sminuire i progressi dell’uomo, ma se siamo tutti gasati all’idea di interagire con un computer, uno strumento freddo e inanimato, come dovremmo sentirci all’idea che Dio stesso innesti la sua perfetta Legge nella nostra mente? Se vogliamo così tanto “evolverci”, passare al prossimo step evolutivo, ci rendiamo conto che Dio ce lo aveva già promesso millenni fa e che oggi ciò può realizzarsi e per molti è già realtà?

Solo a Dio poteva venire in mente di utilizzare il cuore come materiale di scrittura e l’ha fatto. Le tavole dove erano i dieci comandamenti sono andate perdute, ma se Lui scrive sul nostro cuore le sue leggi, queste non potremo mai perderle o dimenticarle.

Certo il cuore umano non si presta – allo stato naturale – ad essere un buon materiale da scrittura. Dio lo sa bene. Quindi ha previsto un giorno in cui avrebbe interagito con noi stabilendo un contatto diretto e avrebbe “rinnnovato la nostra mente” e “cambiato il nostro cuore” in maniera da poterci veramente connettere e veramente interagire con lui  – altro che 5G!

Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio Spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi” (Ezechiele 36:26-27).

Come il transumanesimo mira alla vita eterna, anche l’interazione di Dio con noi e il cambiamento che egli vuole apportare in noi, per poter entrare in una vera e continua connessione con noi, ha come fine la vita eterna.

Abbiamo letto della promesse fatte nell’Antico Testamento. Dio infatti parla in quei brani parla al futuro. Noi però siamo dei privilegiati, perché viviamo in un tempo in cui quelle promesse si sono avverate e sono vere per chiunque sia interessato.

Nel giorno della Pentecoste gli ebrei, tra l’altro, festeggiavano la scrittura dei dieci comandamenti dati al popolo sulle tavole di pietra. Gesù disse ai suoi di non allontanarsi da Gerusalemme, perché proprio in quel giorno, nella ricorrenza di quell’evento celebrato dai giudei, le promesse di Dio si sarebbero avverate e loro sarebbero stati equipaggiati per la missione che Dio aveva preparato per loro.

“Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre “quella”, disse, “che voi avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni”” (Atti 1:3-5)

Probabilmente neanche i discepoli avevano chiaro in mente cosa sarebbe successo. Come chi un giorno andrà a farsi innestare un occhio bionico. Non ha idea di come sarà, ma confida nel fatto che potrà vedere, e vedere meglio.

Così gli apostoli si fecero trovare all’appuntamento e si misero in preghiera, nell’atteggiamento giusto perché la connessione con il divino avvenisse.

“Come giunse il giorno della Pentecoste, essi erano tutti riuniti con una sola mente nello stesso luogo” (Atti 2:1)

Nel dettaglio della Creazione di Michelangelo, il dito di Dio è proteso, mentre quello dell’uomo è esitante. Basterebbe un piccolo movimento e i due si sarebbero toccati. È un’immagine di una bellezza e significato maestosi, eppure frustrante.

Quel giorno, però, a Pentecoste, un gruppo di individui erano pronti, decisi, fiduciosi attendevano la promessa fatta dal Signore. E non furono delusi.

E all’improvviso venne dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dove essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e andarono a posarsi su ciascuno di loro. Così furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi” (Atti 2:2-4).

La gente che si trovava a Gerusalemme appena li sentì e li vide rimase sconvolta. Pietro si alzò e spiegò cosa stava accadendo.

questo è ciò che fu detto dal profeta Gioele: “E avverrà negli ultimi giorni, dice Dio, che spanderò del mio Spirito sopra ogni carne” (Atti 2:16-17).

Immagine Copyright © 2023 Giuseppe Guarino 

La connessione permanente fra il divino e l’umano veniva inaugurata e veniva messa a disposizione di chiunque fosse interessato. Anche oggi, se lo vogliamo, Dio stesso viene a dimorare in noi, tramite la connessione con il divino possibile grazie allo Spirito Santo.

Voi però non siete nella carne ma nello Spirito, se lo Spirito di Dio abita veramente in voi” (Romani 8:9). Altro che connessione con un computer! Lo Spirito Santo ci connette a Dio stesso, bypassa le limitazioni del nostro essere umani, permettendoci recuperare quell’equilibrio del nostro essere turbato dall’assenza di Dio.

Di cosa sto parlando?

Sto parlando di quella sensazione di cui così tante volte sentiamo parlare quando ci dicono o diciamo: “mi manca qualcosa, non so cosa; ma mi manca qualcosa”. Invano il mondo ci offre degli scadenti surrogati per colmare questo vuoto. Infatti, ho visto gente ricchissima avvertire questo vuoto in maniera ancora più frustrante di chi è povero: perché il povero è ancora illuso dal miraggio che la ricchezza potrà colmare il vuoto della sua vita, mentre il ricco ormai è consapevole che non è così.

L’opera di Dio è inimitabile. L’uomo fa del suo meglio – forse – ma perviene solo a disastrosi fallimenti che spaccia come  nuovi traguardi – che invece con Dio sono già stati veramente raggiunti, superati e consegnati gratuitamente a chiunque voglia goderne.

L’uomo si complica la vita, quando in realtà basterebbe semplicemente muovere un dito per toccare quello di Dio, per stabilire una connessione con Lui.