WESTCOTT e HORT e il Textus Receptus

WESTCOTT & HORT e il Textus Receptus di Giuseppe Guarino

Se vogliamo riassumere in una frase il senso del lavoro dei due grandi studiosi Brooke Foss Westcott e Fenton John Anthony Hort potremmo dire di loro che “hanno dato il colpo di grazia alTextus Receptus”.

Il Textus Receptus è il nome piuttosto impegnativo con il quale veniva designato o identificato il testo critico greco elaborato da Erasmo da Rotterdam e sostanzialmente utilizzato come originale per le principali versioni del Nuovo Testamento fino all’anno 1881.

In quell’anno Westcott e Hort pubblicarono un’edizione critica del testo greco originale del Nuovo Testamento. Essi spiegarono il loro metodo e motivarono le scelte operate con grande perizia ed eloquenza. Nonostante per anni il Textus Receptus non fosse stato ben visto dal mondo degli studiosi di critica del testo, nessuno era riuscito prima a produrre una teoria che riuscisse con tanta facilità a soddisfare il mondo scientifico da una parte, e convincere il lettore medio dell’affidabilità del nuovo testo dall’altra. Indubbiamente, loro vi riuscirono.

Diversi i punti a favore dei due studiosi. La loro preparazione di base, ovviamente. Anche le circostanze storiche ebbero un ruolo rilevante nella fortuna del loro lavoro.

Il più significativo argomento a favore della loro tesi infatti lo fornirono i due Codici risalenti al IV secolo a.C., i manoscritti Vaticano (abbreviato B) e Sinaitico (ℵ, Alef, prima lettera dell’alfabeto ebraico) resisi disponibili in quel periodo. Si trattava di due straordinari reperti che con prepotenza, viste le loro caratteristiche uniche di completezza ed antichità, balzarono al centro dell’attenzione degli studiosi. Il presentare la testimonianza di B ed ℵ rendeva già sufficientemente attraente il testo di Westcott e Hort.

Visto che ritenere che “più antico” corrisponda a “più fedele” è un concetto facile da sostenere e difendere, le teorie alla base del nuovo testo greco convinsero sia gli studiosi che il pubblico. Da una parte l’entusiasmo dei credenti era motivato dal fatto che veniva finalmente presentato un testo del Nuovo Testamento basato su documenti antichi a sufficienza da mettere a tacere i sospetti e le critiche che erano state attirate dal Textus Receptus. Dall’altra la comunità di studiosi era soddisfatta di poter presenziare al funerale del Textus Receptus.

La pretesa di Westcott e Hort di aver rintracciato un testo “neutrale” del Nuovo Testamento greco sarebbe davvero molto comoda. Sebbene il loro lavoro si proponesse definitivo ed i due studiosi fossero convinti di aver ottenuto il testo greco più vicino all’originale che era possibile ottenere, purtroppo così non è stato.

E’ mia convinzione che un insieme di circostanze più o meno fortuite, a volte solo concorrenti con dei meriti oggettivi, siano alla base della fortuna di alcune idee e degli individui che ne sono stati promotori.

L’esposizione di Westcott e Hort è davvero accattivante: le teorie degli studiosi sono proposte in maniera convincente, chiara, colta, attenta, con le parole giuste e le argomentazioni giuste. Sulla loro preparazione, in particolare di Hort, non vi possono essere dubbi.

A volte delle verità oggettive vengono presentate in maniera mediocre e non riescono ad essere sufficientemente incisive. Bisognerebbe badare più alla sostanza che alla forma; ma in realtà non è semplice. E’ accaduto persino alle narrazioni evangeliche quando presentate al mondo colto greco e sono apparse troppo semplici e rozze per essere reputate degne di considerazione. D’altro canto alcune teorie erronee riescono ad essere ben viste grazie alla cultura e reputazione di chi se ne fa promotore.

Ancora oggi i nomi di Westcott e Hort brillano nel firmamento della storia della critica del testo, eclissando ben più grandi studiosi di quella materia, meno fortunati e meno sensazionalistici, e le loro teorie vengono ancora oggi studiate e valutate con ammirazione sebbene è ormai chiaro che ben poco di esse avevano reale fondamento scientifico o si basavano su concrete prove oggettive.

Due sono in realtà i meriti – se meriti li vogliamo definire – del lavoro di Westcott e Hort. Il primo, l’ho già menzionato, aver detronizzato il Textus Receptus – se questo può davvero definirsi un merito. Il secondo aver riportato in vita il testo alessandrino, in circolazione in Egitto dal II al IV secolo.

Di seguito alcuni capisaldi delle loro teorie che li hanno guidati alle conclusioni rappresentate dall’edizione critica del testo greco che hanno pubblicato nel 1881.

  1. La teoria sulla supposta recensione di Luciano di Antiochia che nel IV secolo avrebbe dato vita al testo presente nella maggioranza dei manoscritti del Nuovo Testamento greco era fondamentale per poter mettere da parte in un sol colpo tutti i nemici al testo dei manoscritti più antichi. Purtroppo non vi era e non vi è nessuna prova storica di una tale recensione. A giudicare dal dato oggettivo delle differenze del testo, dalla fondamentale assenza di uniformità nella maggioranza dei manoscritti del Nuovo Testamento, sebbene ciò corrisponda ad una certa affinità ed omogeneità, è molto difficile se non impossibile supporre che questi manoscritti siano tutti i figli di un’unica recensione testuale deliberatamente concepita ad Antiochia. In ultimo non è dubbio, bensì addirittura improbabile che nel IV secolo una chiesa riuscisse ad imporre a tutta la cristianità una forma del testo greco neotestamentario in maniera così determinante da segnare definitivamente la storia della trasmissione del testo del Nuovo Testamento dal V secolo in avanti.

Per dimostrare la loro convinzione Westcott e Hort isolarono 8 brani del Nuovo Testamento e li definirono come il prodotto di un deliberato procedimento che essi definirono Conflation. Nella supposta recensione antiochea, gli editori del nuovo testo avrebbero preso due letture, una appartenente al testo Occidentale ed un’altra a quello Alessandrino e le avrebbero unite per dar vita alla lettura del testo Bizantino. Gli otto brani in questione sono Marco 6:33, 8:26, 9:38, 9:49; Luca 9:10, 11:54, 12:18, 24:53. Vediamo in concreto di cosa parliamo esaminando almeno un caso.

“e stavano sempre nel tempio, benedicendo Dio”. (Luca 24:53 – Nuova Riveduta)

“e stavano continuamente nel tempio, lodando e benedicendo Dio. Amen” (Luca 24:53 – Nuova Diodati) 

Il testo breve “benedicendo”, rinvenuto nei manoscritti P75, Vaticano, Sinaitico, l’onciale L, sarebbe quello originale. Questa lettura sarebbe stata alterata nella recensione aggiungendovi la lettura breve del testo Occidentale “lodando”. Così facendo sarebbe originata la lettura bizantina che rinveniamo oggi nella maggioranza dei manoscritti.

Che una manciata di manoscritti, provenienti palesemente da una sola tradizione, cioè strettamente imparentati, possano avere ragione contro il resto delle evidenze manoscritte del Nuovo Testamento è un paradosso difficilmente dimostrabile in virtù di qualsiasi teoria. La semplice realtà dei fatti è che la lettura lunga è stata indipendentemente abbreviata in modo diverso nelle due versioni brevi che rinveniamo nei manoscritti alessandrini ed occidentali.  

La scoperta di diversi papiri (P45, P46, P66, P75) non disponibili nel XIX secolo ha costretto la critica del testo biblico a rivedere alcuni paradigmi. Questi manoscritti più antichi di Vaticano e Sinaitico avevano tracce di letture Bizantine in un periodo nel quale, secondo la teoria di Westcott e Hort non avrebbero potuto esistere. Portiamo un esempio concreto, Luca 12:31.

Nuova Diodati: “Cercate piuttosto il regno di Dio, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte

Nuova Riveduta: “Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in più

“Il regno di Dio” è la lettura che troviamo nel testo Maggioritario, in P45, in A, W, 33 ed altri testimoni.

Cercate il regno è la lettura di P75.

Cercate il suo regno si trova in B e ℵ

P45 concorda significativamente con il testo Maggioritario. Bruce Metzger aggiunge la testimonianza di P75 a favore della lettura alessandrina, ciò perché “lo scriba di P75 ha la tendenza ad omettere pronomi personali”. Ma non è detto che invece non abbia omesso “di Dio”; non possiamo dirlo con certezza.

Le evidenze esterne al testo sono di gran lunga a favore della lettura tradizionale. E non bastano le certezze che propone Metzger: “E’ più probabile che ‘il suo’ sia stato sostituito da ‘di Dio’”; perché prove esterne tanto forti ed oggettive non possono scartarsi in virtù di considerazioni personali. Tanto più che Metzger commette qui una leggerezza. Egli infatti giustifica il testo tradizionale come un’armonizzazione con Matteo 6:33. Però nel Nestle Aland le parole “di Dio”, proprio in quel passo, sono messe in dubbio e riportate all’interno di parentesi quadre, perché, come spiega la nota dello stesso studioso, la lettura breve, che si trova in ℵ e B, “spiega meglio l’origine delle altre”. Sarà vero, ma le prove esterne al testo, al di là di considerazioni personali di sorta, sono a favore del testo Bizantino.

In un esempio molto simile non si è dovuto attendere la scoperta dei papiri, perché le evidenze manoscritte sono già sufficienti a determinare con sufficiente certezza la lettura originale. Parlo di Matteo 6:33

“Continuate dunque a cercare prima il regno e la Sua giustizia, e tutte queste [altre] cose vi saranno aggiunte.” (il testo di Westcott e Hort, tradotto dalla Traduzione del Nuovo Mondo ed. 1987)

“Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più.” (Nuova Riveduta 1994)

“Cercate prima il regno [di Dio] e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in più.” (Nuova Riveduta 2006)

“Ma cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte.” (Nuova Diodati)

La lettura di Westcott e Hort non è quella originale. Essa sarebbe sostenuta da ℵ e B se non fosse che proprio in questo punto i due manoscritti non hanno la medesima lettura; quindi in realtà la lettura breve la rinveniamo solo nel primo dei due.

Contro l’ipotesi di Westcott e Hort sulla recensione antiochea del testo cosiddetto Bizantino, gli antichi papiri P45, P66 e P75 presentano un buon numero di letture “bizantine”, che, se gli studiosi inglesi avessero avuto davvero ragione, non avrebbero dovuto esistere nel II e III secolo – oltre un secolo prima di quando sarebbero state create secondo la loro teoria recensionistica.

Ho preso il testo Nestle-Aland ed ho controllato l’apparato critico che riguarda il Vangelo di Giovanni.

In Giovanni  5:17, “Gesù” è omesso da P75, B, ℵ e naturalmente non si trova nel testo di Westcott e Hort. Ma c’è in P66!

In Giovanni 5:19 la parola greca ὰν è la lettura di Vaticano e Sinaitico e perciò è adottata da Hort. Ma la lettura del testo Maggioritario è εὰν, e la troviamo anche in P66 e P75!

In Giovanni 5:29 la scelta è fra:

οι – P66c, B. Lettura adottata da Westcott e Hort. 

οι δὲ – P75, ℵ. Come è accaduto per la precedente lettura, alla luce delle nuove prove, la lettura del testo Maggioritario è stata ripresa dal Nestle-Aland.

καὶ οι – P66, W.              

Pickering scrive: “Ho utilizzato come riferimento lo studio di Klijn sull’esistenza dei tipi di testo, ma il suo materiale fornisce anche prova dell’antichità del testo “Bizantino”. Raccolte le prove per 51 casi Klijn conclude:

– P45 concorda con Sinaitico 21 volte, con Vaticano 25 volte, con il TR 33 volte

– P66 concorda con Sinaitico 16 volte, con Vaticano 32 volte, con il TR 38 volte

– P75 concorda con Sinaitico 11 volte, con Vaticano 36 volte, con il TR 33 volte

Per dirla in un altro modo:

I tre papiri concordano con Sinaitico 4 volte, con Vaticano 18 volte, con il TR 20 volte,

Ciascuno di loro concorda con Sinaitico 8 volte, con Vaticano 13 volte, con il TR 15 volte,

Solo uno di loro concorda con Sinaitico 36 volte, con Vaticano 62 volte, con il TR 69 volte, per un totale di 48 volte, 93 volte, 104 volte.

In altre parole, nell’area coperta dallo studio di Klijn il Textus Receptus ha un’attestazione più antica di Vaticano e esattamente il doppio di quella di Sinaitico – evidentemente il Textus Receptus riflette un testo più antico di quello di Vaticano o di Sinaitico.” Wilbur Pickering, The Identity of the New Testament Text III.

Se P45, P66 e P75 fossero stati disponibili già nel XIX secolo, forse non vi sarebbe stata nessuna teoria di Westcott e Hort come la conosciamo noi.

La realtà dei fatti è che il testo Bizantino – così era definito – non merita questo nome, affibbiatogli solo per screditare il valore della sua testimonianza. Esso infatti non è bizantino, ma Maggioritario (così viene oggi riconosciuto da tutti gli studiosi) perché è semplicemente il testo presente nella maggioranza dei circa 5000 manoscritti contenenti il Nuovo Testamento greco. Westcott e Hort avevano torto, non vi è stata nessuna recensione che ha dato vita al testo che si rinviene nella maggioranza dei manoscritti del Nuovo Testamento. Il presupposto che aveva loro permesso di mettere da parte il 90% delle evidenze manoscritte era infondato.

  1. Applicare il loro metodo genealogico al testo del Nuovo Testamento era la teoria hortiana un altro fondamentale strumento per risalire alle letture più antiche e quindi verosimilmente originali. Purtroppo per poter applicare questo metodo con successo bisognerebbe che i manoscritti a nostra disposizione fossero fra loro così strettamente imparentati da permettere di risalire, tramite gli errori di copiatura commessi, al testo originale. Inoltre bisognerebbe che il testo dei manoscritti non fosse stato inquinato da variazioni volontarie, cosa che purtroppo è invece accaduta.     

Il metodo genealogico è quindi inapplicabile ai manoscritti del Nuovo Testamento greco ed in realtà non è mai stato applicato. Lo afferma Colwell e lo ribadisce Aland.

 

  1. Tipi di testo. Io stesso per comodità parlo spesso di tipi di testo: Alessandrino, Occidentale, Maggioritario. Ma si tratta di una costruzione artificiale che non risponde alla realtà dei fatti. I manoscritti del Nuovo Testamento greco infatti non possono in maniera definita e scientifica collocarsi all’interno di categorie così artificiali come ciò che definiamo “tipi di testo”. Il problema è che abbiamo troppe prove manoscritte e che queste sono troppo eterogenee per poter permettere una classificazione così rigida. Il testo che Westcott e Hort immaginarono di riportare alla luce è quello che loro definirono Neutrale, la forma più pura, più prossima agli originali che si poteva rinvenire nei manoscritti. Hort affermava: “Siamo convinti che  (1) le letture di ℵ e B debbano essere accettate come autentiche fin quando valide prove interne dimostrino il contrario, e che (2) nessuna lettura di ℵ e B possa con certezza rigettarsi definitivamente …”

La teoria di questi due studiosi è comoda. Sarebbe facile da abbracciare e difendere per la plausibilità che porta con sé e che la rende seducente sia per il credente che per lo studioso: i manoscritti più antichi possiedono il testo più affidabile, basta seguirli e avremo il testo più prossimo all’originale possibile. Purtroppo le evidenze e l’amore di verità testuale non possono farci ritenere vero ciò che è soltanto più comodo o semplice.

  1. Non interpolazioni occidentali. Questo dettaglio della teoria hortiana è davvero assurdo. Le cosiddette Western Non-Interpolations (suona più possibile in inglese) sono dei brani omessi in alcuni manoscritti catalogati come testimoni del “Testo Occidentale” ma presenti nel rimanente dei manoscritti del Nuovo Testamento. La cosa più saggia da fare a mio avviso è accantonare questa assurda supposizione e guardare avanti facendo finta che una tale ipotesi non sia mai stata nemmeno ventilata ed il dubbio non sia mai stato gettato su brani assolutamente autentici della Sacra Scrittura.
  1. Non vi sono segni di alterazioni volontarie del testo. Anche questo era uno dei presupposti alla base della teoria di Westcott e Hort. Si tratta di un’affermazione inesatta ed è facilmente dimostrabile come falsa, con prove oggettive, provenienti da vari scritti di patristica, ma anche osservando le varianti di alcuni manoscritti. Perché i due studiosi dovevano sostenere un tale principio? Perché se si ritiene che vi siano stati dei tentativi di deliberata alterazione del testo biblico il metodo genealogico non è più applicabile (non lo sarebbe comunque).

I motivi per delle variazioni volontarie sono diversi. Alcuni potevano armonizzare le Scritture alle loro idee dottrinali. Che ciò ci sembri persino mostruoso non significa che una mente perversa non possa invece ritenerlo necessario per dimostrare le proprie ragioni. Vi sono aperte accuse di credenti ai danni di alcuni eretici in questa direzione.

Alcune alterazioni potevano però provenire anche da ambienti ortodossi. In parole povere, alcuni nella loro sincerità potevano cercare di modificare il testo per emendarlo da quelli che essi ritenevano essere degli errori. Il caso di Origene è emblematico. Egli era convinto che Gesù non potesse aver detto a Pietro “vai dietro a me Satana” e che quindi doveva esservi un errore nei manoscritti con questa lettura.

Vi sono tracce di tentativi di modifica del testo davvero peculiari. P45 è un manoscritto antichissimo, ma non altrettanto pregevole per le altre sue caratteristiche. Per motivi che sconosciamo, pur ottenendo alla fine un testo leggibile, lo scriba di questo papiro accorcia il testo togliendo qua e là.

Le variazioni intenzionali al testo introducono degli elementi che turbano la pratica della critica testuale, perché ci pongono davanti delle modifiche dovute a circostanze che probabilmente ignoriamo. Trascurare però tale eventualità espone ad errori banali. Le Western Non-Interpolationssono chiari interventi di copisti per motivi dottrinali. Molte omissioni di alcuni manoscritti sono ovvio risultato della pratica di accorciare il testo che è riscontrabile nei papiri già in epoca remota.

Colwell dovette affermare, ritornando sui suoi passi: “La maggior parte delle letture varianti nel Nuovo Testamento sono state create per motivi teologici o dogmatici … Nei manoscritti del Nuovo Testamento la maggior parte delle variazioni, ne sono convinto, sono state introdotte deliberatamente.”

Conclusioni

Nulla volendo discutere sui meriti oggettivi di questi studiosi del passato, sulle loro credenziali e capacità, c’è però da dover ritenere che il tempo e nuove scoperte hanno rivelato l’inconsistenza delle loro teorie testuali per il Nuovo Testamento.

Rimane il loro indiscusso contributo alla critica del testo del Nuovo Testamento. Ma è dubbio che questo contributo abbia fatto compiere dei passi in avanti nella ricerca del testo originale delle Scritture. Molto più concrete sono state le osservazioni di chi, già ai tempi di Westcott e Hort, difendeva il testo contenuto nella maggioranza dei manoscritti. Questo “tipo” di testo inizia a godere sempre maggiori consensi e si spera un giorno riesca definitivamente a soppiantare il “testo” breve alessandrino, tenuto in vita ancora dagli ultimi eredi di Westcott e Hort.

 

IL TESTO MAGGIORITARIO – La preservazione del Nuovo Testamento di Giuseppe Guarino

Edizione aprile 2020 del mio libro che racconta come il testo del Nuovo Testamento è arrivato dalle penne degli apostoli alle nostre Bibbie in stampa oggi. Sono convinto che la storia della trasmissione della Parola di Dio e i manoscritti in nostro possesso siano la prova della preservazione del testo biblico.

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