Il Dio “Signore” della Legge è oggi il “Padre” nella Grazia.

di Giuseppe Guarino

Citazioni bibliche tratte dalla Nuova Diodati

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Ho acquistato il Volume 2 sull’Esodo della Bibbia Ebraica Interlineare, edizioni San Paolo, spinto dall’entusiasmo suscitato dalla lettura del primo volume, quello sulla Genesi. Si tratta di un testo che propone l’originale ebraico con interlineare italiano letterale, la traduzione italiana, quella greca dei LXX (Settanta) e quella latina della Vulgata.

Che l’originale ebraico della Bibbia sia importante è ovvio. Il testo greco ha anch’esso una certa rilevanza, perché si spinge fino al III secolo a.C. essendo una traduzione fatta su manoscritti più antichi di quelli del testo Masoretico e persino dei rotoli del Mar Morto.

La versione latina è piuttosto tarda, risale al V secolo, ed è stata oggetto di revisioni successive a quel periodo, ma Girolamo, nel tradurla, fu il primo a bypassare la versione greca per attingere direttamente al testo ebraico, quindi non è del tutto fuori luogo attribuire al suo lavoro la rilevanza che merita.

Con questo prezioso strumento ho letto il libro dell’Esodo. Leggendo il testo italiano, rileggendo spesso il brano in greco – adoro il greco – e dando un’occhiata nei punti più rilevanti al testo ebraico.

Studiando così mi sono accorto di una cosa che non avevo mai notato, non avendo mai avuto un accesso così rapido al testo ebraico leggendo l’italiano ed il greco. Non so se altri abbiano notato questo dettaglio del testo originale dell’Esodo – sicuramente si.

Cosa ho osservato durante questa mia lettura – studio?

Tre cose:

  1. Il modo in cui Dio si rivolge a se stesso
  2. Il modo in cui Dio dice agli altri di chiamarlo
  3. Il modo in cui Mosè si rivolge a lui

Intanto notiamo un fatto che non è sfuggito a nessun commentatore o studioso: Dio è chiamato YHWH (ebr. יהוה) già dalle prime pagine della Scrittura, nonostante invece sembra che Egli riveli questo suo nome personale, tramite il suo Angelo, chiamato YHWH-MLHK (ebr. מלאך יהוה), soltanto in Esodo 3:14.

Le domande che sorgono spontanee sono: Dio era già conosciuto con questo nome? La Bibbia lo usa perché scritta dopo che questo nome è stato rivelato e quindi viene utilizzato genericamente per identificare il Dio di Israele?

Entrambi sono degli interrogativi leciti ed entrambi possono diventare delle risposte – lo vedremo fra poco. Se una cosa ho imparato leggendo e studiando la Bibbia, è che nessun suo dettaglio è casuale. L’utilizzo di un vocabolo o meno, di un nome, così come gli altri dettagli del testo, sono frutto dell’intento dello Spirito Santo di insegnarci o dirci qualcosa.

Non è privo di collegamento con il Nome divino, la maniera in cui il testo si riferisce al messaggero di Dio, chiamandolo YHWH-MLHK (ebr. מלאך יהוה), l’Angelo dell’Eterno, che diviene un vero nome proprio, che identifica quanto descrive – come accade spesso con i nomi biblici.

 

  1. Il modo in cui Dio parla di se stesso.

In un mondo intriso di politeismo e di varie forme di devozione a questo o quel dio, specie dopo un soggiorno in terra d’Egitto, Mosè si pone il problema di dover identificare il Dio che lo invia a liberare il suo popolo.

Esodo 3:14-15, “14 DIO disse a Mosè: «IO SONO COLUI CHE SONO» (ebr. אהיה אשׁר אהיה). Poi disse: «Dirai così ai figli d’Israele: “L‘IO SONO (ebr. אהיה) mi ha mandato da voi”». 15 DIO disse ancora a Mosè: «Dirai così ai figli d’Israele: “L’Eterno (יהוה), il DIO dei vostri padri (ebr. אלהי אבתיכם), il DIO di Abrahamo (ebr. אלהי אברהם), il DIO d’Isacco (ebr. אלהי יצחק) e il DIO di Giacobbe (ebr. אלהי יעקב) mi ha mandato da voi. Questo è il mio nome in perpetuo. Questo sarà sempre il mio nome col quale sarò ricordato per tutte le generazioni”.

Dio quindi dice di se stesso: “Io sono” (ebr. אהיה), quasi a prendere le distanze da qualsiasi possibile definizione. Gli altri sono falsi dei, ma Lui è il Vero Dio, Lui semplicemente È, ed è Dio e non ve ne sono altri.

Più avanti nello stesso libro dell’Esodo riceviamo ulteriori dettagli su questo nome e troveremo una risposta alla domanda che ci eravamo posti poco prima.

Esodo 6:2-3, “2 DIO parlò quindi a Mosè e gli disse: «Io sono l’Eterno (ebr. יהוה), 3 e sono apparso ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe, come Dio onnipotente (ebr. אל שׁדי); ma non mi ero mai fatto conoscere da loro con il mio nome di Eterno (ebr. יהוה)”.

 

  1. Il modo in cui Dio dice agli altri di chiamarlo

Se io posso dire di me stesso che “sono Giuseppe”, gli altri di me potranno dire “egli è Giuseppe”. Così accade anche in questo caso. Se Dio dice di se stesso “io sono” (ebr. אהיה) gli altri dovranno dire di Lui: “Egli è”, e sembra sia proprio questo il caso del Tetragramma  (ebr. יהוה).

L’enciclopedia ebraica scrive: “Sembra che Yhwh ( ) sia la terza persona singolare imperfetto “ḳal” del verbo   (“essere”), che significa quindi, “Egli è” o “Egli sarà”, o forse, “Egli vive” essendo l’idea della radice della parola “essere” probabilmente “soffiare” “respirare” e quindi “vivere”. Concorda con questa spiegazione il significato del nome dato in Esodo 3:14, dove Dio è rappresentato mentre parla, e quindi utilizza la prima persona, “Io sono” ( , da  , la forma equivalente più recente della radice arcaica ). Il significato dovrebbe essere quindi “Colui che ha vita in se stesso” o, più concretamente, “Colui che vive”, essendo la concezione astratta di pura esistenza un concetto estraneo al pensiero ebraico”.

(Fonte: http://www.jewishencyclopedia.com/articles/11305-names-of-god 13 giugno 2019.)[1]

Naturale conseguenza di quanto detto al punto 2 è che nel parlare di Dio, del Dio di Israele, si parlerà di Lui come di יהוה.

Prendiamo qualche semplice riferimento dalla Scrittura, proprio seguente alle parole dell’Esodo.

Esodo 6:10,  “L’Eterno (ebr. יהוה) parlò ancora a Mosè…”

Qui il testo biblico nel narrare gli eventi si riferisce a Dio proprio utilizzando il Tetragramma.

Esodo 8:8-13: “8Allora il Faraone chiamò Mosè e Aaronne e disse loro: «Pregate l’Eterno (ebr. יהוה) che allontani le rane da me e dal mio popolo, e io lascerò andare il popolo, perché sacrifichi all’Eterno». 9 Mosè disse al Faraone: «Fammi l’onore di dirmi quando devo intercedere per te, per i tuoi servi e per il tuo popolo, che l’Eterno distrugga le rane intorno a te e alle tue case, e rimangano solo nel fiume». 10 Egli rispose: «Domani». E Mosè disse: «Sarà fatto come tu dici, affinché tu sappia che non vi è alcuno come l’Eterno, il nostro DIO (ebr. יהוה אלהינו).

Lo stesso Faraone chiama il Dio degli ebrei יהוה!

  1. Il modo in cui Mosè si rivolge a lui

È questa la parte della lettura che più mi ha colpito, la maniera in cui Mosè si rivolge al Signore, il modo in cui si rivolge a Dio quando parla direttamente a Lui e non di Lui.

Esodo 5:22, “Allora Mosè tornò dall’Eterno (ebr. יהוה) e disse: «Signore (ebr. אדני), perché hai messo questo popolo nei guai? Perché dunque mi hai mandato? ”

È un po’ impropriamente che ci riferiamo a יהוה come al Tetragramma. Perché in realtà anche אדני, Signore, è uno dei nomi di Dio ed è composto anch’esso da quattro lettere.

Signore in ebraico, אדני, Adonai, è come Dio, אלהים, Elohim, una forma al plurale. Esso si trova in una particolare relazione con il Tetragramma. Infatti, secondo l’uso ebraico, essendo ineffabile il nome di Dio, יהוה, durante la lettura al suo posto si leggeva אדני, Adonai.

Trovo appropriata la riverenza ebraica per i nomi di Dio, che non riguarda il solo Tetragramma.[2] Noi gentili ne facciamo un uso eccessivo, spesso, a mio avviso, addirittura irrispettoso. E credo che forse per questo Dio non ha permesso che noi possedessimo l’autentica pronuncia del suo Santo Nome. Essa non è infatti perduta, ma è custodita gelosamente dal popolo ebraico, che ne è in realtà l’unico legittimo custode.

Il dialogo di Esodo 5:22 fra Dio e Mosè è a dir poco stupendo. Mosè rivolgendosi a Dio come “Signore”, non lo identifica soltanto, ma stabilisce l’intimità della sua relazione con Dio. Dio infatti nella sua essenza è imperscrutabile ed impenetrabile. Il nome stesso con il quale Egli si presenta è quasi un non-nome, un modo per definirsi dichiarandosi impossibile da racchiudere in una semplice definizione umana. Ed è per questo che Mosè non si rivolge a Lui chiamandolo יהוה, ma utilizza אדני, Signore, perché siamo noi per Lui e non Lui per noi.

Allo stesso modo, Gesù ci ha insegnato a pregare rivolgendoci a Dio definendo il senso della nostra relazione con lui: “Padre nostro”. Nell’Antico Testamento nessuno si era rivolto a Dio in questo modo, nessuno poteva vantare una tale “confidenza” con Dio da chiamarlo “padre”. Lo stesso Mosè non poteva avere quella intima relazione che è l’adozione neotestamentaria in Cristo, che fa di noi dei figli di Dio, e pertanto noi possiamo chiamare Dio padre.

Una seconda e terza volta Mosè si rivolge a Dio direttamente, sempre nel libro dell’Esodo, e dice: “5Allora l’Eterno (יהוה) discese nella nuvola e si fermò là vicino a lui, e proclamò il nome dell’Eterno (בשׁם יהוה). 6 E l’Eterno (יהוה) passò davanti a lui e gridò: «L’Eterno (יהוה), l’Eterno Dio (יהוה אל), misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà, 7 che usa misericordia a migliaia, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non lascia il colpevole impunito, e che visita l’iniquità dei padri sui figli e sui figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». 8 E Mosè si affrettò a prostrarsi fino a terra, e adorò. 9 Poi disse: «Deh, Signore (אדני), se ho trovato grazia ai tuoi occhi, venga il Signore (אדני) in mezzo a noi, perché questo è un popolo dal collo duro; perdona la nostra iniquità e il nostro peccato, e prendici come tua eredità».” (Esodo 34:5-9)

In nessun altro brano dell’Esodo ho notato Mosè rivolgersi a Dio direttamente chiamandolo  יהוה, ma le tre volte che succede, egli utilizza il vocabolo אדני.

Conclusioni

Mi riprometto di verificare cosa accade in altri libri dell’Antico Testamento, ma per adesso mi sento davvero molto soddisfatto perché mi sono reso conto quale meraviglioso privilegio sia vivere nel periodo della Grazia.

Giovanni 1:17: “Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo.”

La Legge ci mette in relazione con Dio, che è nostro Signore. A Lui dobbiamo onore ed obbedienza. Ma con l’avvento del Messia promesso e con la Grazia di Dio, si sono letteralmente spalancate le porte del cielo. Gesù stesso, infatti, ci insegna a pregare chiamando Dio: “Padre nostro”.

La Bibbia ci dice che siamo figli di Dio, adottai, ma pur sempre figli, con tutti i privilegi che ne conseguono, compreso quello di poterci rivolgere a Dio con una familiarità e con un tono di intimità che nemmeno lo stesso Mosè poteva vantare.

Romani 8:15, “Voi infatti non avete ricevuto uno spirito di schiavitù per cadere nuovamente nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione per il quale gridiamo: «Abba, Padre».”

È questo il risultato della meravigliosa opera di redenzione operata da Cristo e del prezioso ministero dello Spirito Santo.

Efesini 2:18, “poiché per mezzo di lui (Cristo) abbiamo entrambi (ebrei e non ebrei) accesso al Padre in uno stesso Spirito.”

 

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NOTE

[1] In appearance, Yhwh ( ) is the third person singular imperfect “ḳal” of the verb   (“to be”), meaning, therefore, “He is,” or “He will be,” or, perhaps, “He lives,” the root idea of the word being,probably, “to blow,” “to breathe,” and hence, “to live.” With this explanation agrees the meaning of the name given in Ex. iii. 14, where God is represented as speaking, and hence as using the first person—”I am” ( , from  , the later equivalent of the archaic stem  ). The meaning would, therefore, be “He who is self-existing, self-sufficient,” or, more concretely, “He who lives,” the abstract conception of pure existence being foreign to Hebrew thought. (Fonte: http://www.jewishencyclopedia.com/articles/11305-names-of-god 13 giugno 2019)

[2] Un ebreo praticante ha scritto in lingua inglese G-d, per non scrivere interamente God. Un po’ come se in italiano scrivessimo D-o, evitando, in senso di rispetto, di scrivere per intero Dio.