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Paolo scrive alla chiesa di Efeso

PAOLO SCRIVE ALLA CHIESA DI EFESO di Giuseppe Guarino

Paolo scrive alla chiesa di Efeso quando si trova prigioniero a Roma. Da lì avverte il bisogno di confermare gli efesini e le altre chiese dell’Asia.

Paolo vide per l’ultima volta i responsabili della chiesa di Efeso quando si trovava a Mileto (Atti 20:17 e seguenti). Non li avrebbe più rivisti e non sarebbe più tornato a Efeso. Questa consapevolezza rende il loro saluto una delle pagine più toccanti della Bibbia.

Quando decide di scrivere alla chiesa di Efeso e a quella di Colosse, città vicine, si trova prigioniero a Roma. Affida i suoi scritti a Tichico che avrà cura di consegnarle ai destinatari. (Efesini 6:21, Colossesi 4:7)

Vi è di solito un motivo se Paolo scrive un’epistola.

Quella ai Colossesi ha chiaramente lo scopo di confutare delle eresie gnostiche o protognostiche. La gnosi è un movimento che darà del filo da torcere alla Chiesa dei primi secoli, con un complesso insegnamento supportato dalla intensa attività di produzione di falsi vangeli – vedi il Vangelo di Giuda, per citare forse il più famoso.

Ma perché Paolo scrive la lettera agli Efesini?

Come in Colossesi, in Efesini troviamo lo stile di Paolo che non confuta in maniera diretta, in contrapposizione, bensì affermando la Verità del Vangelo che smentisce chi vuole in qualche modo “alterarla” o turbarla nelle assemblee dei credenti.

Qual era l’atmosfera religiosa a Efeso?

Da una parte la città è famosa per il culto alla dea Diana ed era infestata da diversi che praticavano arti occulte. Ma Paolo non fa nessun riferimento, entrambe queste problematiche non intaccano la fedeltà della chiesa di Efeso: sono problemi risolti. I credenti efesini sono liberi dall’idolatria e dall’occultismo.

Per capire quale sia il motivo dell’epistola dobbiamo quindi attingere dal testo, leggerlo attentamente. E’ il processo inverso, simile a quando dalla risposta si vuole risalire alla domanda. Qui dai chiarimenti dobbiamo cercare di risalire alle problematiche che richiedevano l’intervento di Paolo.

Quando Paolo arriva a Efeso per la prima volta, entra nella Sinagoga e parla delle cose di Dio (Atti 18:19). Tempo dopo, quando tornerà a Efeso per la seconda volta, deve rinunciare a insegnare nella Sinagoga e stabilire il centro del suo ministero altrove.

In Efeso, quindi, vi era una comunità giudaica, quanto nutrita non si sa, come del resto in tutta l’Asia minore e il mondo di allora. A questa comunità giudaica Paolo si rivolge ancora una volta per prima, ma qui come altrove, l’apostolo non ottiene il consenso sperato.

Per due anni (per bocca di Paolo) … tutti gli abitanti dell’Asia, Giudei e non Giudei (Greci dice il testo originale) udirono la Parola…” (Atti 19:10).

I destinatari dell’epistola agli Efesini sono Gentili, convertitisi dal paganesimo all’Evangelo.  La Nuova Riveduta traduce stranieri piuttosto che Gentili. Una scelta che tenta di rendere in maniera comprensibile un vocabolo che potrebbe sembrare oscuro. Ma ne parleremo meglio nel prossimo articolo.

“Perciò ricordatevi che un tempo voi Gentili (non Giudei) di nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi, perché tali sono stati fatti nella carne per mano d’uomo” (Efesini 2:11).

“Per questa ragione io, Paolo, sono il prigioniero di Cristo Gesù per voi Gentili” (Efesini 3:1).

 

 

Il Vangelo a Efeso

IL VANGELO A EFESO di Giuseppe Guarino

Efeso è una città importante che si trova in Asia Minore, la odierna Turchia. Paolo vi fa una sua prima sosta citata in Atti 18.

Immagine tratta dal libro “Paolo., Apostolo di Cristo” di Antonio Calisi, Infinity Books.

In Atti 18 Paolo si sposta da Atene a Corinto, dove accade qualcosa di importante.  Leggiamo che “ogni sabato” l’apostolo insegnava nella sinagoga” ed è in seguito al netto rifiuto del vangelo da parte del suo popolo che afferma: “da ora in poi andrò ai Gentili” (Atti 18:6).

Dopo aver trascorso oltre un anno e mezzo ad insegnare a Corinto, abbandona quella città portando con sé Aquila e Priscilla. Ed ecco che per la prima volta arriva ad Efeso, dove rimane comunque poco tempo. (Atti 18:19). Lascia qui Aquila e Priscilla. Il seme della chiesa di Efeso è gettato.

Il primo frutto sembra Apollo, istruito sulla via di Dio proprio dai due fedeli compagni di viaggio dell’apostolo. (Atti 18:24-28).

Paolo torna ad Efeso e vi rimane per oltre due anni (Atti 19: 1, 10).

Durante questo importante periodo l’apostolo insegna con ogni libertà ai Giudei e ai Greci. Questo dettaglio, questa distinzione – come se vi fossero due categorie di credenti – è molto importante e sta alla base di una corretta comprensione del linguaggio dell’epistola agli Efesini. “Per due anni (per bocca di Paolo) … tutti gli abitanti dell’Asia, Giudei e non Giudei (Greci) udirono la Parola” (Atti 19:10)

Trascorsi i due anni, Paolo si reca in Macedonia e visita altre città. Si trova a Mileto (Atti 20:17) quando fa chiamare gli anziani della chiesa di Efeso per parlargli. La chiesa in Efeso è ormai fondata sulla Parola, insegnata per anni dall’apostolo, i suoi ministri sono fedeli, istruiti, e possono  continuare l’opera apostolica. (Atti 20:18-21)

Eppure circa trent’anni dopo il Signore contesta questo alla chiesa di Efeso: ” Ma io ho questo contro di te: che hai lasciato il tuo primo amore” (Apocalisse 2:4). C’è veramente da riflettere su questo “scadere” di una chiesa così importante e alla quale l’apostolo scriveva senza avere nulla da rimproverare. Un monito per ognuno, a livello individuale e confessionale.