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Tanakh, Torah, i cinque libri di Mosè

TANAKH, L’ Antico Testamento a cura di Giuseppe Guarino

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TANAKH è una parola formata dalle iniziali delle tre divisioni principali delle Scritture sacre per gli ebrei: Legge: Torah, תורה – Profeti: Nebi’îm (o Nevi’îm), נביאים – Scritti: Ketubîm (o Ketuvîm), כתובים.

Il primo dei tre volumi è già disponibile su Amazon:

TORAH, LA LEGGE, i primi cinque libri di Mosè, il Pentateuco.

Introduzione tratta dal libro

di Giuseppe Guarino

Il Tanakh viene anche definito Antico Testamento, al quale viene sommato il Nuovo per dar vita alla raccolta chiamata Bibbia, il libro sacro della cristianità.

Questi, schematicamente, i libri che compongono il canone ebraico.

Legge o Pentateuco

Genesi – Esodo – Levitico – Numeri– Deuteronomio

Profeti

Giosuè-Giudici-Samuele-Re-Isaia-Geremia-Ezechiele – 12 profeti minori  (che sono: Osea – Gioele – Amos – Abdia – Giona – Michea  Naum  – Abacuc – Sofonia – Aggeo – Zaccaria – Malachia)

Scritti

Salmi – Proverbi – Giobbe – Cantico dei Cantici – Rut – Lamentazioni – Ecclesiaste – Ester – Daniele – Esdra e Neemia – Cronache

Gesù stesso ha fatto riferimento a questa triplice divisione in una meravigliosa conferma della sua messianicità: “Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi” (Luca 24:44).

La Bibbia, nelle versioni oggi diffuse, presenta l’Antico Testamento, seguendo la divisione e l’ordine della traduzione greca detta dei LXX (Settanta), molto popolare fra i cristiani del primo secolo. Raccoglie i libri nel seguente ordine: Pentateuco, Scritti (storici e poetici), Profeti (Maggiori e Minori). Questa disposizione è cronologica, al contrario di quella ebraica che è tematica.

Quest’opera presenterà i libri dell’Antico Testamento secondo il canone ebraico.

Torah

TORAH in ebraico, “Legge” in italiano, ovvero “Pentateuco”, sono i vari modi in cui vengono chiamati i primi e più antichi libri della Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio.

Dio comandò espressamente a Mosè di scrivere.

“E il Signore disse a Mosè: “Scrivi questo fatto in un libro, perché se ne conservi il ricordo” (Esodo 17:14).

Gesù stesso afferma che Mosè è l’autore del Pentateuco, come leggiamo nel Vangelo di Giovanni: “Perché se credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli ha scritto di me. Ma se non credete agli scritti di lui, come crederete alle mie parole?” (Giovanni 5:46-47).

Alcuni studiosi, soprattutto in passato, hanno gettato dei dubbi sulla mosaicità di questi cinque libri della Bibbia. Tempo fa, infatti, a causa delle scarse conoscenze storiche si riteneva che la scrittura fosse sconosciuta a Mosè e che la tradizione orale fosse predominante durante periodo in cui visse. Ma il tempo e le scoperte archeologiche più recenti hanno dimostrato che tali conclusioni erano infondate. Intere biblioteche, anche di molto più antiche del periodo del quale stiamo parlando, sono state scoperte in Medio Oriente, ad Ugarit, Mari, Ebla. Forse ci viene difficile crederlo, ma l’uso della scrittura era diffusissimo nell’antichità e riguardava testi scolastici, narrativi, amministrativi.

“Nei cento anni che durò Ur III (siamo nel 2120 – 2000 a.C.), fu prodotta una enorme quantità di documentazione scritta, dove persino le più insignificanti transazioni, come l’acquisto di una sola pecora, venivano registrate”. Città perdute della Mesopotamia  di Guendolyn Leick, pag. 123.

Accanto alla tradizione mesopotamica, va anche considerata quella egiziana. Mosè rimase per anni alla corte del faraone, durante i quali ricevette la migliore istruzione del tempo. Gli egiziani avevano due maniere per scrivere. Quella più nota è la scrittura in geroglifici. Ma non è l’unica. Già dalla metà del terzo millennio a.C., fu in uso la scrittura ieratica, molto più semplice, utilizzata per documenti amministrativi, contabili, giudiziari, archivi, ecc…

Mosè aveva a sua disposizione i mezzi per scrivere il Pentateuco, per fermare in forma scritta il codice, la Legge del popolo che si sarebbe insediato nella terra promessa da Dio.

Del resto i più antichi Codici sono stati ritrovati proprio in Mesopotamia, la terra dalla quale Abramo era uscito. Al periodo Ur III va fatto risalire il più antico codice conosciuto, quello del re Ur-Nammu. Di qualche secolo dopo è il più famoso codice del re babilonese Hammurabi.

Durante i suoi anni di esilio, Mosè deve aver appreso da Ietro, suo suocero, le radici della sua fede nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Avendo visto quanto in comune hanno le narrazioni bibliche della creazione, di Noè e del diluvio, con gli antichi miti mesopotamici, è difficile pensare che Mosè non abbia avuto accesso a documenti scritti o tradizioni orali che riportavano le credenze del suo popolo su tali eventi passati. A queste fonti può avere attinto, ispirato da Dio, per la composizione della Genesi.

Dio aveva preparato Mosè, attraverso le incredibili vicende della sua vita, per essere il più grande legislatore della storia dell’umanità.

Sia la testimonianza delle Sacre Scritture sia le evidenze storiche sono a favore della mosaicità del Pentateuco. Non è questa la sede per discutere le implicazioni e le conseguenze dei successivi possibili interventi redazionali che devono aver portato al testo che oggi noi conosciamo.

Consiglio la lettura dei libri dell’egittolo David Rohl. Il suo “Il testamento perduto” è un capolavoro di armonizzazione storica fra i dati archeologici e le informazioni storiche trovate nella Bibbia. Il libro “Exodus, Myth or History” dello stesso autore non è stato ancora tradotto in italiano, ma ne è stato tratto un film “Patterns of Evidence” uscito nelle sale cinematografiche americane e, per qualche tempo, disponibile su Netflix.

Il testo dell’Antico Testamento

La domanda che sorge spontanea dopo avere considerato l’antichità dell’Antico Testamento è: come sono giunti fino a noi questi scritti?

Si tratta di una curiosità lecita, specie se consideriamo che la prima edizione stampata dell’Antico Testamento è stata prodotta solo nel 1488 d.C. a Soncino, in Italia: 3000 anni dopo la composizione del Pentateuco, 2000 anni dopo la chiusura del canone.

Prima di quel periodo, l’Antico Testamento era stato trasmesso da una generazione all’altra copiandolo in manoscritti.

Non è difficile immaginare che subito dopo che i libri sacri furono composti, si cominciarono a fare delle copie, così che questi fossero diffusi. Quando le copie più vecchie sono state rovinate dall’uso, furono rimpiazzate da delle nuove.

Il testo che abbiamo oggi è ricavato dall’esame degli antichi manoscritti esistenti. Il processo di raccolta, comparazione ed edizione dei testi antichi è compito della cosiddetta critica testuale, che, ovviamente, non riguarda solo la Bibbia, ma tutti i libri composti prima dell’invenzione della stampa.

Ma quanto è affidabile il processo di copiatura per poter sostenere che il testo che è oggi in nostro possesso sia virtualmente uguale a quello originale?

Lo storico giudeo Giuseppe Flavio, vissuto all’inizio del primo seolo, parla nei suoi libri della grande importanza che avevano gli scritti sacri per la nazione ebraica. Le prove manoscritte a nostra disposizione, nonché la cura che anche oggi gli stessi ebrei mostrano per la fedele preservazione del testo sacro, gli dannno ragione.

Nessun altro libro mostra come l’Antico Testamento una tale accuratezza nella maniera in cui vengono riportati i nomi degli antichi re.

“Vi sono ventinove re antichi i cui nomi menzionati non solo nella Bibbia ma anche in monumenti del loro tempo; molti di loro prodotti sotto la loro supervisione. Vi sono 195 consonanti in questi 19 nomi propri. Ancora, troviamo che nei documenti dell’Antico Testamento ebraico vi sono solo due o tre fra le 195 delle quali vi può essere dubbio circa il loro essere la riproduzione fedele di quello che era iscritto sui monumenti. Alcuni di questi vanno indietro fino a 2000 anni fa, altri 400; e sono scritti in tal modo che ogni lettera sia chiara e corretta. Questo è certamente sorprendente”. “Which Bible”, edito da David O. Fuller, pag.45

Ciò a dimostrazione di due cose: 1. Gli autori dei libri erano contemporanei dei fatti di cui scrivono e riportano il tutto con  estrema accuratezza. 2. L’attenta copiatura di tali dettagli minori, quali i nomi propri di antichi re, ci permette di supporre la più minuziosa cura anche durante il processo di copiatura in genere, divenendo un chiaro indizio dal quale possiamo dedurre l’affidabilità della tradizione manoscritta.

“Che i nomi ci siano stati trasmessi attraverso così tante copiature e così tanti secoli in uno stato di così completa preservazione è un fenomeno senza uguali nella storia della letteratura”, ibid, pag.55.

Dio stava prendendosi cura affinché il testo della Bibbia giungesse fino a noi nella maniera più fedele possibile all’originale e lo faceva attraverso la fedeltà del suo popolo nell’attendere al compito di custodi della Parola di Dio.

Scriveva Paolo: “Qual è dunque il vantaggio del Giudeo? O qual è la utilità della circoncisione? Grande per ogni maniera; prima di tutto, perché a loro furono affidati gli oracoli di Dio” (Romani 3:1-2).

Per quanto riguarda le testimonianze dirette al testo dell’Antico Testamento giunteci dal passato, dobbiamo evidenziare che per molti anni, secoli addirittura, sono stati disponibili pochissimi manoscritti e di data relativamente recente.

Cito i più importanti in uno schema.

Nome e categoria Data Contenuto
Codice Aleppo 925 A.T. escl. Pentateuco
Codice di Leningrado L 1008 Tutto A.T.
British Museum 4445 B 925  Quasi tutto Pentateuco
Codice del Cairo C 986 I libri dei profeti

Questi manoscritti rappresentano il cosiddetto testo Masoretico, quello utilizzato già dai traduttori della Bibbia del diciassettesimo secolo, per la King James Version inglese del 1611 o la Diodati italiana e francese, 1607-1649.

A causa della datazione relativamente recente dei testimoni del testo Masoretico, questo veniva sottovalutato da diversi studiosi. La scoperta nel 1947 dei cosiddetti Rotoli del Mar Morto, però, aprì nuove porte per una migliore comprensione della storia della trasmissione dell’Antico Testamento. A cominciare da quell’anno e in quelli seguenti, in prossimità del sito di Qumram, furono ritrovati, in undici grotte, dei manoscritti della Bibbia ebraica datati fra il II a.C. ed il I secolo d.C. Questa meravigliosa scoperta portò indietro nel tempo la testimonianza al testo dell’Antico Testamento di oltre 1000 anni.

Del significato di una tale incredibile scoperta parla Ellis R. Brotzman: “Le cospicue differenze nell’ortografia e nelle forme grammaticali fra il manoscritto di S. Marco e il testo Masoretico rende il loro accordo sostanziale nelle parole del testo ancora più rimarchevole…E’ da meravigliarsi che dopo qualcosa come 1000 anni il testo è andato soggetto a così poche alterazioni”, Ellis R. Brotzman, Old Testament Textual Criticism, pag. 95.

Le piccole differenze nell’ortografia dimostrano che i documenti provengono da fonti diverse ed indipendenti e ciò rende il loro accordo più significativo e la loro testimonianza più affidabile.

Il testo dell’Antico Testamento è stato confermato – almeno per quanto concerne le ricerche storiche.

Con gli occhi della fede, non c’è mai stato alcun dubbio che la mano di Dio si fosse presa cura della Sua Parola, perché è chiaro che non avrebbe avuto alcun senso ispirare un testo che poi sarebbe andato perduto durante il suo tragitto nella storia. Dio stesso ha preservato ciò che ha ispirato: lo crediamo per fede, oggi lo confermano le evidenze storiche ed archeologiche.

Per dirlo con le parole di Gesù: “poiché io vi dico in verità che finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà, che tutto non sia adempiuto.” (Matteo 5:18)

Antiche traduzioni dell’Antico Testamento

Le antiche traduzioni dell’originale delle Scritture ebraiche dimostrano l’esistenza, la diffusione e lo stato del testo sacro nel periodo nel quale la traduzione è stata eseguita.

Varie versioni dell’Antico Testamento sono state approntate durante il suo lungo tragitto nella storia. Non così tante, comunque, come per il Nuovo Testamento, a causa della distinzione nazionale della religione ebraica, e molte sono state motivate dall’uso cristiano.

La traduzione più conosciuta dell’Antico Testamento è quella greca chiamata Septuaginta ovvero dei Settanta (abbreviata LXX), che risale al III secolo a.C.

Fu Tolomeo Filadelfo (285-246 a.C.) che invitò 72 studiosi ebrei in Egitto per eseguire la traduzione del Pentateuco dall’ebraico in greco. Dal loro numero, arrotondato a settanta, deriva il nome di questa versione.

Giuseppe Flavio, nel suo dodicesimo libro delle “Antichità Giudaiche” propone un resoconto dettagliato delle circostanze nelle quali questa versione nacque.

Più tardi anche il rimanente dei libri furono tradotti e disponibili per gli ebrei di lingua greca, ed, in seguito, anche per i cristiani.

L’importanza della LXX è rilevante visto che divenne l’Antico Testamento utilizzato dai primi cristiani, quando la maggioranza di loro non erano ebrei e non potevano leggere l’ebraico e il greco era la lingua più diffusa nell’impero romano. La Settanta è stata chiaramente citata in alcuni passi del Nuovo Testamento.

Le prime traduzioni cristiane dell’Antico Testamento – in latino o altre lingue – furono approntate sulla Settanta e non dall’originale ebraico.

Altre traduzioni in greco dell’Antico Testamento sono quella di Aquila (ca. 150), un proselito ebreo, di Teodozione, che divenne molto popolare fra i cristiani e quella di Simmaco, che influenzò il lavoro di Girolamo, autore della più famosa traduzione della Bibbia in latino, la cosiddetta Vulgata, prima traduzione cristiana in latino sui testi originali in ebraico.

Un’altra importante traduzione dell’Antico Testamento sono i cosiddetti Targumin. Si tratta di una versione in aramaico che non solo traduce ma ampia e parafrasa il testo per gli ebrei che avevano perso l’uso della lingua ebraica ed erano ormai più familiari con l’aramaico. Il Targum ci offre anche uno spaccato dell’interpretazione ebraica dell’Antico Testamento la cui importanza è difficile sottovalutare.

Parola di Dio

A parte quello che abbiamo detto fin qui, una cosa bisogna tener bene in mente avvicinandosi alla lettura delle pagine straordinarie che seguono. Non siamo davanti ad un semplice libro, la Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, è di più: è la Parola di Dio, ispirata da Dio.

L’apostolo Paolo scrive: “Tutta la scrittura è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a istruire nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo, pienamente fornito per ogni buona opera” (2 Timoteo 3:16-17).

La Bibbia è stata scritta da uomini, ovviamente; ma quegli uomini non stavano scrivendo i loro propri pensieri o le loro idee, bensì quello che lo Spirito Santo li spingeva a scrivere.

“…poiché non è dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profezia, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (2 Pietro 1:21).

Possa Dio, autore delle Sacre Scritture, aprire la nostra mente, donarci fede ed intendimento spirituale per comprendere la rivelazione di Gesù Cristo contenuta nelle Scritture ed il meraviglioso piano di salvezza in Lui che il Suo amore ha concepito per noi.

Buona lettura,

Giuseppe Guarino