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Vangelo di Matteo – Capitolo 2

Note di Giuseppe Guarino

Questo il secondo capitolo di Matteo, con le note al testo a seguire. Il Vangelo va letto con attenzione  e il commento è soltanto un aiuto e la comprensione la dobbiamo principalmente allo Spirito Santo e al suo perfetto ministero.

I savi d’oriente cercano Gesù, il re dei giudei

Capitolo 2

1 Ora, dopo che Gesù era nato in Betlemme di Giudea al tempo del re Erode, ecco dei magi[1] dall’oriente arrivarono a Gerusalemme,

2 dicendo: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorarlo”.

3 All’udire ciò, il re Erode fu turbato, e tutta Gerusalemme con lui.

4 E, radunati tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi, del popolo, s’informò da loro dove doveva nascere il Cristo.

5 Ed essi gli dissero: “In Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

6 “E tu, Betlemme terra di Giuda, non sei certo la minima fra i principi di Giuda, perché da te uscirà un capo, che pascerà il mio popolo Israele””[2].

7 Allora Erode, chiamati di nascosto i magi, domandò loro con esattezza da quanto tempo la stella era apparsa.

8 E, mandandoli a Betlemme, disse loro “Andate e domandate diligentemente del bambino, e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, affinché io pure venga ad adorarlo”.

9 Ed essi, udito il re, partirono; ed ecco, la stella che avevano veduta in oriente andava davanti a loro finché, giunta sul luogo dov’era il bambino, vi si fermò.

10 Quando essi videro la stella, si rallegrarono di grandissima gioia.

11 E, entrati nella casa[3], trovarono il bambino con Maria sua madre e, prostratisi, lo adorarono[4]. Poi aperti i loro tesori, gli offrirono doni: oro, incenso e mirra.

12 Quindi, divinamente avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Fuga in Egitto

13 Ora, dopo che furono partiti, ecco un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e rimani là finché io non ti avvertirò, perché Erode cercherà il bambino per farlo morire”.

14 Egli dunque, destatosi, prese il bambino e sua madre di notte, e si rifugiò in Egitto.

15 E rimase là fino alla morte di Erode, affinché si adempisse quello che fu detto dal Signore per mezzo del profeta, che dice: “Ho chiamato il mio figlio fuori dall’Egitto”.

16 Allora Erode, vedendosi beffato dai magi, si adirò grandemente e mandò a far uccidere tutti i bambini che erano in Betlemme e in tutti i suoi dintorni, dall’età di due anni in giù, secondo il tempo del quale si era diligentemente informato dai magi[5].

17 Allora si adempì quello che fu detto dal profeta Geremia che dice:

18 “Un grido è stato udito in Rama, un lamento, un pianto e un grande cordoglio; Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più”.

Ritorno in patria, a Nazaret

19 Ora, morto Erode, ecco un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto,

20 e gli disse: “Alzati, prendi il bambino e sua madre e va’nel paese d’Israele, perché coloro che cercavano la vita del bambino sono morti”.

21 Ed egli, alzatosi, prese il bambino e sua madre e venne nel paese d’Israele;

22 ma, avendo udito che Archelao regnava in Giudea al posto di Erode suo padre, ebbe paura di andare là. E, divinamente avvertito in sogno, si rifugiò nel territorio della Galilea,

23 e, giunto là, abitò in una città detta Nazaret, affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti: “Egli sarà chiamato Nazareno”[6].

NOTE

[1] Un’altra maniera di tradurre la parola “magi”, che è quasi una traslitterazione del greco originale, sarebbe “savi”. La Bibbia non ci dice quanti siano questi uomini che venivano dall’oriente per adorare il neonato re dei Giudei, né i loro nomi. Certo il loro arrivo è provvidenziale. Saranno i doni che fanno al neonato re, oro, incenso e mirra, prodotti di indiscusso valore, a fornire a Giuseppe i mezzi per poter trasferire la propria famiglia in Egitto.

Chi siano in realtà questi savi non c’è dato saperlo e come facevano a sapere che quella stella li stava conducendo al re dei giudei è solo argomento di supposizioni. Personalmente ho maturato la convinzione che questi uomini appartenessero alla medesima categoria di savi cui era appartenuto in tempi remoti Daniele, l’esule giudeo in Babilonia. Avendo questo grande profeta di Dio ricevuto delle profezie che annunciavano proprio l’arrivo del Messia promesso, deve aver collegato i suoi studi alla scienza babilonese – molto avanzata, come attestano i ritrovamenti oggi disponibili  presso il British Museum – e riferito l’arrivo del re promesso ad un fenomeno astrale, che avrebbe avuto molto più senso per gli “scienziati” babilonesi di una oscura profezia ebraica (quella delle Settanta Settimane). Annotata l’attesa astronomica nei dettagliati rapporti degli osservatori babilonesi, giunto il tempo, questi savi devono aver ritenuto opportuno andare ad omaggiare il neonato.

L’intento di Matteo è chiaro: anche le stelle hanno reso testimonianza all’arrivo del Messia tanto atteso da Israele, concorrendo ai segni che ne confermano l’avvenuta nascita.

In un’appendice che riporto alla fine di questo libro, riprendo la mia teoria sull’origine delle credenze dei savi orientali citati da Matteo.

[2] Matteo mette in bocca allo stesso clero giudaico la profezia che Gesù avvera con la sua nascita. La troviamo nel profeta Michea.

[3] E’ chiaro che è trascorso un certo periodo dalla nascita di Gesù fino all’arrivo dei magi. Adesso la piccola famiglia vive in una casa e Giuseppe non è in quel momento presente. Si ritiene di solito che la  narrazione occorra quando Gesù ha all’incirca due anni; ma non è certo.

[4] Di qualsiasi forma di culto fu oggetto Gesù, questa venne riservata a lui. Per quanto rispetto ed affetto susciti la meravigliosa figura di Maria, ciò non ci autorizza in nessun modo a renderla oggetto di qualsiasi forma di culto, venerazione o adorazione che possiamo chiamarla. In altri brani della Scrittura gli apostoli stessi (Atti degli Apostoli ) e persino gli angeli (Apocalisse) hanno rifiutato di essere adorati!

[5] Compare già dalle prime pagine del Vangelo di Matteo uno degli argomenti portanti della sua narrazione: il rifiuto del Messia da parte di Israele e l’apertura agli stranieri, ai Gentili, che al contrario l’avrebbero accolto.

[6] Nessuna traccia scritta di questa profezia al di fuori della citazione in questo vangelo. Credo sia possibile che, come ha fatto nella narrazione dei magi, l’evangelista voglia dimostrare che Gesù è il Messia promesso anche perché avvera una profezia, trasmessa magari soltanto oralmente ed in quel periodo particolarmente popolare e ciò spiegherebbe l’affermazione di Matteo. Ma è solo una supposizione. I duemila anni che ci separano da questa narrazione rendono davvero difficile potersi illudere di riuscire a comprendere tutto.

 

 

 




Introduzione al Vangelo di Matteo

Introduzione al vangelo di Matteo di Giuseppe Guarino

Ogni volta che rileggo il vangelo di Matteo percepisco il senso della sua presenza fra i libri del Nuovo Testamento e persino il fatto che l’uso ormai consolidato della Chiesa l’abbia voluto come primo dei libri del nuovo patto. Si tratta infatti d’un’opera stupenda, sulla quale è evidente il sigillo dello Spirito Santo. Mi ha particolarmente affascinato l’incredibile onnipresente unità d’intento dello scritto e questo ho cercato di trasmettere al lettore nello schema del vangelo che propongo più avanti.

Il mio commento l’ho confinato a delle note, che non possono né vogliono sostituirsi al testo, bensì facilitarne la lettura. È per questo che saranno ridotte al minimo indispensabile e il tutto sarà inteso con l’unisco scopo di aiutare il lettore a percepire la grandezza dell’intento narrativo di questo stupendo vangelo.

Perché Matteo?

Quello che (tra virgolette) è un “mistero” è perché lo Spirito Santo abbia scelto figure minori come oggettivamente sono state Matteo, Marco o Luca per la composizione delle prime narrazioni ufficiali della cristianità e non apostoli come Pietro o Giacomo. Questo paradosso, se così possiamo chiamarlo, venne percepito dalle sette eretiche dei primi secoli che si diedero da fare per produrre e diffondere falsi vangeli curandosi di attribuirli a personaggi di spicco, fra i discepoli quali Pietro o Tommaso, Giacomo, ecc. È, quindi, di particolare rilevanza il fatto che il vangelo di Matteo, sebbene in realtà anonimo, sia stato  universalmente e già dalle origini attribuito a quell’apostolo e sia riuscito ad essere scelto unanimemente come ispirato ed autentico.

Eusebio, vescovo di Cesarea vissuto nel IV secolo, è autore di una importante “Storia ecclesiastica”. Nel suo lavoro consegna alle future generazioni quella che molto probabilmente era l’idea della Chiesa del suo tempo sul primo vangelo.

“… e di tutti i discepoli, Matteo e Giovanni sono gli unici che ci hanno lasciato un resoconto scritto, e anche loro, come ci dice la tradizione, hanno intrapreso questo lavoro per necessità. Matteo avendo già proclamato l’evangelo in ebraico, quando stava per recarsi anche in altre nazioni, scrisse nella sua lingua natia, supplendo alla mancanza della propria presenza fra loro, per mezzo dei suoi scritti”.

L’idea che Matteo possa avere composto il suo vangelo in un originale ebraico in seguito tradotto in greco ed in questa lingua soltanto giunto a noi, è piuttosto antica. Quanto abbia di vero questa opinione non è facile dirlo. È molto difficile – per non dire impossibile – cercare di supporre l’esistenza di un documento in una lingua esaminandolo in un’altra.

Sono dell’avviso che il vangelo di Matteo sia stato originariamente composto in greco, la lingua nella quale c’è arrivato.

Jean Carmignac ha scritto un libro interessantissimo “La nascita dei vangeli sinottici”. La sua teoria sull’origine ebraica di Marco è fondata e ben proposta. Leggendo il suo lavoro mi sono convinto che il forte sostrato ebraico dei vangeli sia dovuto a dei documenti originali scritti appunto in lingua ebraica (meno verosimilmente aramaica) ai quali – Luca dice apertamente di averlo fatto nel prologo del suo vangelo – gli evangelisti devono avere attinto come fonti per la loro narrazione.

Per me è naturale che gli apostoli e i discepoli trascrivessero i detti di Gesù o altri eventi principali del suo ministero, che mi sembra di dire una cosa persino troppo ovvia. Che questi documenti siano stati custoditi dalla prima cerchia dei cristiani è inevitabile conseguenza. Che Matteo, Marco e Luca li abbiano utilizzati per il loro lavoro deve essere stato naturale. Ciò spiega sia le similitudini nelle loro narrazioni, sia le piccole differenze, dovute ad una diversa lettura o traduzione in greco di medesimi documenti, oltre ad elementi aggiunti dal contatto diretto con gli apostoli o il contatto con altre fonti indipendenti. Ciò spiega le divergenze dei vari evangelisti, se vengono intese come peculiarità narrative fondamentali per dare un’impronta che distingueva – e, in un certo senso, quindi, motivava – il proprio scritto, con un intento narrativo che, come un filo conduttore, legava quelle fonti indipendenti.

Allo stato attuale, da un’analisi del testo in nostro possesso, dalle evidenze manoscritte che sopravvivono dall’antichità a testimoniare l’esistenza e la diffusione di questo vangelo, non abbiamo un motivo concreto per dubitare che il vangelo di Matteo sia stato scritto dall’apostolo al quale viene tradizionalmente ed unanimemente ascritto da ormai due millenni e che la lingua originale di composizione di questo scritto sia la stessa nella quale è giunto sino a noi, il greco.

Chi ha studiato la trasmissione del testo del Nuovo Testamento, il suo percorso in copie manoscritte fino all’invenzione della stampa, sa che la Bibbia è il libro meglio attestato dell’antichità, per numero, qualità ed antichità dei manoscritti che testimoniano la sua esistenza e diffusione.

Per quanto riguarda il vangelo di Matteo, Carsten Peter Thiede ha avanzato l’ipotesi che il frammento di questo vangelo chiamato P64, il cosiddetto Papiro Magdalen, custodito appunto al Magdalen College di Oxford, risalga a prima del 70 d.C. Perché ciò potrebbe essere importante? Perché avremmo una prova oggettiva – offerta dalla papirologia, una scienza sufficientemente al di sopra delle parti da garantire un ottimo livello di oggettività – che la datazione di questo vangelo ad un’età più prossima agli eventi, concezione da sempre sostenuta nella tradizione cristiana, è tutt’altro che inverosimile. Scrivo questo perché alcuni che studiano le Sacre Scritture potrebbero imbattersi in testi che propongono una datazione tarda sia i vangeli che per gli altri scritti del Nuovo Testamento – una posizione oggi meno sostenibile che in passato.

Parlando della datazione di tutto il Nuovo Testamento in generale, scrive così Thiede: “Si è dato per scontato che, se il Vangelo secondo Marco (al quale di solito viene attribuita la preminenza fra i sinottici) fosse stato composto approssimativamente verso il 70 d.C., il Vangelo secondo Matteo sarebbe stato scritto intorno all’anno 80 d.C. Schadewalt (filologo classico contemporaneo) riconosce che “questo errore nella storia della tradizione – come egli la definisce – era piuttosto frequente negli studi classici, finché i filologi, diversamente dagli studiosi del Nuovo Testamento, non migliorarono le loro conoscenze”. Testimone oculare di Gesù, Piemme, I edizione, 1996, pag. 37.

Insomma, non solo non vi sono motivi per non credere che gli apostoli ed il loro seguito abbiano dato vita alle pagine del Nuovo Testamento, ma è addirittura saggio crederlo anche da un punto di vista scientifico, alla luce di nuovi recenti risvolti negli studi di papirologia e filologia.

 

Perché un altro studio su Matteo?

Perché voglio comunicare al lettore la struttura narrativa che ho percepito nelle varie letture che ho dedicato a questo meraviglioso libro.

Prego il Signore di benedire questo mio studio e coloro che si impegnano per comprendere la Sua Parola.

 

 

 




Struttura del Vangelo di Matteo

Struttura del Vangelo di Matteo di Giuseppe Guarino

L’opera di Matteo segue una struttura precisa e lo si coglie molto bene nello schema che segue. Uno sguardo d’insieme infatti rivelerà l’intento di questo vangelo: dimostrare che Gesù è il Messia promesso a Israele.

E’ importante afferrare il senso della sequenza degli eventi descritti in questo meraviglioso scritto per carpire il profondo significato che hanno all’interno dell’economia della salvezza.

Una nota importante riguarda la cronologia. Noi occidentali del XXI secolo siamo ossessionati dalla cronologia. Ciò è visibile anche nell’uso dei nostri verbi, nella loro struttura – che finisce per influenzarci più di quanto non pensiamo. Nella cultura ebraica, e comunque per meglio dire, quella biblica, non è esattamente così. Gli scritti di Geremia, ad esempio, o di Daniele, per citare due casi, mettono avanti il senso degli eventi rispetto a quando questi si sono verificati. Lo stesso fenomeno accade in Matteo: non è una limitazione, ma stile.