I primi quattro capitoli di Giovanni: un vangelo completo

di Giuseppe Guarino

I primi quattro capitoli del Vangelo di Giovanni rappresentano una narrazione quasi completa, a se stante, che definisce con chiarezza inequivocabile l’universalità del messaggio di salvezza in Cristo.

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La cronologia è un problema tutto nostro. Siamo abituati a pensare in termini di passato, presente e futuro. Non è  certamente sbagliato, ma l’eccessiva dipendenza da questa prospettiva può divenire un problema se ci avviciniamo alle Scritture, volendo che a tutti i costi risponda alle nostre aspettative.

Per questo alcuni leggono la Bibbia e la vedono contradditoria: perché non vi ravvisano la loro logica applicata, piuttosto una libertà, nell’esposizione e nella logica, che appare stridula ed inconciliabile con la mentalità dell’uomo moderno.

La presenza di lunghe genealogie ci annoia, ci lascia indifferenti o addirittura perplessi. Quando poi ci convinciamo a studiarle, rimaniamo ancora più perplessi se vediamo differenze fra quella di Matteo e quella di Luca. Se ci fermiamo però su quella di Matteo, noteremo che l’autore ha fatto in modo di suddividere la genealogia del Cristo in tre gruppi di 14 nomi, per un totale di 42 nomi – numero chiaramente arrotondato. Per noi occidentali questo è un “modus operandi” impensabile. Ma non per Matteo, che scriveva nel primo secolo, e per il popolo ebraico – primo fruitore del suo scritto. 42 nella Bibbia è un numero che parla di travaglio, prova, persino tribolazione – vedi Daniele e Apocalisse. Il numero 14 è ancora più significativo. In ebraico i numeri venivano “rappresentati” con le lettere dell’alfabeto. (Lo stesso accadeva anche in greco, altra lingua biblica.) Non è quindi una mera coincidenza che il nome del grande re David avesse valore numerico proprio di 14.

Per capire i vangeli dobbiamo sforzarci di capire chi li ha scritti, quando sono stati scritti, con quale intento e, in ultimo, ma forse più importante di tutto, che ci troviamo davanti ad un genere letterario unico: il vangelo è uno stile che nasce e muore con i quattro canonici.

Se leggiamo la Scrittura assistiti dallo Spirito Santo, senza alcun sussidio, se non un cuore aperto alla voce di Dio, Dio ci parlerà. Lo so in prima persona. Come diceva il mio amico Davide, la Bibbia è un libro spirituale: non puoi spiegarlo, ma quando la leggi “senti” che è la Parola di Dio.

Quando invece ci approcciamo con un intento da studiosi, dobbiamo farlo con molta attenzione. Perché i presupposti sbagliati, la presunzione, o l’ignoranza, rischiano di portarci fatalmente fuori strada. Ed accade l’inverosimile: a volte può comprendere di più un lettore semplice col cuore aperto, che uno studioso che si inventa labirinti di idee e teorie e finisce solo per perdersi. Perché un altro importante presupposto della Scrittura, è che essa ha come primo destinatario proprio il lettore e non lo studioso. Insomma lo studioso rischia di complicarsi la vita e perdere di vista la semplicità ed immediatezza del messaggio, solo perché è innato in lui complicarsi la vita, creare difficoltà che forse nemmeno esistono e cercare di districare la matassa  – che non era per nulla intricata.

Torniamo alla nostra discussione.

Studiando prima e scrivendo poi il commento al libro di Daniele, mi sono reso conto del suo “disordine cronologico”. Quest’ultimo, è chiaro, è dovuto al prevalere dell’intento dell’esposizione sul bisogno di una cronologia.

Più di Daniele mi ha colpito Geremia: dove la cronologia è totalmente asservita al senso spirituale degli eventi.

Errori? No. Caratteristiche. Stile letterario.

Anni fa – una trentina – lessi i sinottici a caccia della corretta cronologia degli eventi che riguardavano l’ultima settimana di Gesù a Gerusalemme. Mi resi conto delle evidenti incongruenze fra Matteo e Marco. La mia mentalità occidentale ne rimase confusa, ma la mia giovane età ed apertura mentale mi fece sforzare di capire cosa stesse succedendo. Se, infatti, Matteo, subito dopo l’entrata trionfale a Gerusalemme, Matteo posiziona la purificazione del tempio e poi la storia del fico seccato, in Marco questi ultimi due eventi sono invertiti ed avvengono il giorno dopo. Confronta Matteo 21:1-22 con Marco 11:1-18.

Se Matteo descrive subito la purificazione del tempio, ciò, per il lettore ebraico del suo testo, ha un profondo significato spirituale. Gesù disconosce subito il ritualismo, il vuoto formalismo e persino materialismo in cui era scaduto il culto a Dio proprio nel suo tempio, dove avrebbe dovuto raggiungere la sua massima sagralità. Si tratta di una presa di posizione decisa, netta, inequivocabile, che sfocia persino nella violenza. Si tratta del culmine degli eventi che lo hanno preceduto, il finale di un lungo percorso che ha segnato la fine del rapporto nazionale fra Dio e il suo popolo, che non ha riconosciuto il Messia promesso; anzi, che trama per metterlo a morte.

I primi quattro capitoli di Giovanni stanno quasi a sé. Introducono, essendo essi stessi autoconclusivi.

Alla luce di quanto detto fin qui non dobbiamo sconvolgerci più di tanto se la purificazione del tempio qui la troviamo già in Giovanni 2:13-25. Al contrario, dobbiamo vederlo come una chiave di lettura. Infatti è ingenuo ed assurdo pensare che questo evento tanto importante si trovi qui per caso. Ma se segna un’aperta, definitiva rottura con il giudaismo del secondo tempio, e lo fa subito, diventa una possibile chiave di lettura.

Nel quarto vangelo i discepoli non predicano il vangelo del regno, che invece nei sinottici è il tema principale del ministero di Gesù. In Matteo, Gesù manda i suoi ad annunciare che il regno di Dio è vicino, raccomandando di andare ai soli israeliti. Giovanni omette questa parte tanto fondamentale nei sinottici. Ed è significativo che l’espressione “regno di Dio” compaia soltanto nel dialogo fra Gesù e Nicodemo, esponente del giudaismo ufficiale.

 

Il quarto vangelo introduce subito Dio come creatore ed il suo logos, la Parola, il Verbo quale tramite, mediatore, fra Lui, invisibile, e la sua creazione (Gv. 1:9).

L’umanità intera non ha conosciuto Dio (Gv. 1:10). Egli si è manifestato ai suoi – Israele – ma anche i suoi non l’hanno (ri)conosciuto (Gv. 1:11).

Adesso quindi l’invito riguarda “chiunque” e “tutti”. Chi è interessato a conoscere Dio può farlo (Gv. 1:12).

Giovanni 1:12 è una chiave di lettura del messaggio di Giovanni. Questo tema sarà sviluppato in un crescendo in tutto il vangelo, ma è chiarito e definito subito nei primi quattro capitoli.

Il logos di Dio diventa uomo in Gesù, Dio diventa visibile, chiunque lo riceve, riceve Dio ed è toccato dalla Grazia e dalla Verità.

I primi quattro capitoli sono come un’introduzione che spiega ciò che è successo. Dal capitolo cinque in avanti è come se si affrontasse la discussione: vediamo nei dettagli come è successo e come Gesù ha adempiuto la missione affidatagli da Dio e conclamata da Giovanni Battista quando vedendolo ha esclamato: “ecco l’AGNELLO di Dio che TOGLIE il PECCATO del MONDO.”

 

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