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IO SONO nel Vangelo di Giovanni

di Giuseppe Guarino

Gli IO SONO del Vangelo di Giovanni non trovano alcun parallelo nei Sinottici. La contemplazione della persona e delle azioni del Cristo nel quarto vangelo rivelano la sua Eternità, Deità, il suo essere sia Rivelazione perfetta di Dio, Creatore e Salvatore.

Li elenco aggiungendo qualche rapido commento. La traduzione dal greco è mia, ma non sono brani che troverete di solito tradotti in maniera diversa, cioè non presentano particolari problemi di traduzione e comprensione del fenomeno linguistico in se.

IO SONO IL PANE SCESO DAL CIELO – 6:41 

ἐγώ εἰμι ὁ ἄρτος ὁ καταβὰς ἐκ τοῦ οὐρανοῦ

IO SONO PANE DELLA VITA – 6:35, 48 

ἐγώ εἰμι ὁ ἄρτος τῆς ζωῆς.

IO SONO IL PANE VIVENTE – 6:51 

ἐγώ εἰμι ὁ ἄρτος ὁ ζῶν

IO SONO LA LUCE DEL MONDO – 8:12 

ἐγώ εἰμι τὸ φῶς τοῦ κόσμου·

SONO LUCE DEL MONDO – 9:5 

φῶς εἰμι τοῦ κόσμου.

IO SONO LA PORTA DELLE PECORE – 10:7 

ἐγώ εἰμι ἡ θύρα τῶν προβάτων.

IO SONO LA PORTA – 10:9 

ἐγώ εἰμι ἡ θύρα·

IO SONO IL BUON PASTORE – 10:11, 14 

ἐγώ εἰμι ὁ ποιμὴν ὁ καλός.

IO SONO LA RESURREZIONE E LA VITA – 11:25 

ἐγώ εἰμι ἡ ἀνάστασις καὶ ἡ ζωή.

IO SONO LA VIA, LA VERITÀ E LA VITA – 14:6

ἐγώ εἰμι ἡ ὁδὸς καὶ ἡ ἀλήθεια καὶ ἡ ζωή·

IO SONO LA VERA VITE – 15:1 

᾿Εγώ εἰμι ἡ ἄμπελος ἡ ἀληθινή,

IO SONO LA VITE – 15:5 

ἐγώ εἰμι ἡ ἄμπελος

 

Se non credete che IO SONO, morirete nei vostri peccati – 8:24

ἐὰν γὰρ μὴ πιστεύσητε ὅτι ἐγώ εἰμι, ἀποθανεῖσθε ἐν ταῖς ἁμαρτίαις ὑμῶν.

Disse dunque loro Gesù: quando sarà elevato il figlio dell’uomo, allora saprete che IO SONO – 8:28 

εἶπεν οὖν αὐτοῖς ὁ ᾿Ιησοῦς· ὅταν ὑψώσητε τὸν Υἱὸν τοῦ ἀνθρώπου, τότε γνώσεσθε ὅτι ἐγώ εἰμι

Disse loro Gesù: In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse IO SONO – 8:58

εἶπεν αὐτοῖς ᾿Ιησοῦς· ἀμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν, πρὶν ᾿Αβραὰμ γενέσθαι ἐγὼ εἰμί.

Ve lo dico prima che accada, così che quando accadrà crederete che IO SONO – 13:19 

ἀπ᾿ ἄρτι λέγω ὑμῖν πρὸ τοῦ γενέσθαι, ἵνα ὅταν γένηται πιστεύσητε ὅτι ἐγώ εἰμι.

Appena disse loro IO SONO, si allontanarono e caddero – 18:6 

ὡς οὖν εἶπεν αὐτοῖς ὅτι εγώ εἰμι, ἀπῆλθον εἰς τὰ ὀπίσω καὶ ἔπεσον χαμαί.

I primi quattro capitoli di Giovanni: un vangelo completo

di Giuseppe Guarino

I primi quattro capitoli del Vangelo di Giovanni rappresentano una narrazione quasi completa, a se stante, che definisce con chiarezza inequivocabile l’universalità del messaggio di salvezza in Cristo.

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La cronologia è un problema tutto nostro. Siamo abituati a pensare in termini di passato, presente e futuro. Non è  certamente sbagliato, ma l’eccessiva dipendenza da questa prospettiva può divenire un problema se ci avviciniamo alle Scritture, volendo che a tutti i costi risponda alle nostre aspettative.

Per questo alcuni leggono la Bibbia e la vedono contradditoria: perché non vi ravvisano la loro logica applicata, piuttosto una libertà, nell’esposizione e nella logica, che appare stridula ed inconciliabile con la mentalità dell’uomo moderno.

La presenza di lunghe genealogie ci annoia, ci lascia indifferenti o addirittura perplessi. Quando poi ci convinciamo a studiarle, rimaniamo ancora più perplessi se vediamo differenze fra quella di Matteo e quella di Luca. Se ci fermiamo però su quella di Matteo, noteremo che l’autore ha fatto in modo di suddividere la genealogia del Cristo in tre gruppi di 14 nomi, per un totale di 42 nomi – numero chiaramente arrotondato. Per noi occidentali questo è un “modus operandi” impensabile. Ma non per Matteo, che scriveva nel primo secolo, e per il popolo ebraico – primo fruitore del suo scritto. 42 nella Bibbia è un numero che parla di travaglio, prova, persino tribolazione – vedi Daniele e Apocalisse. Il numero 14 è ancora più significativo. In ebraico i numeri venivano “rappresentati” con le lettere dell’alfabeto. (Lo stesso accadeva anche in greco, altra lingua biblica.) Non è quindi una mera coincidenza che il nome del grande re David avesse valore numerico proprio di 14.

Per capire i vangeli dobbiamo sforzarci di capire chi li ha scritti, quando sono stati scritti, con quale intento e, in ultimo, ma forse più importante di tutto, che ci troviamo davanti ad un genere letterario unico: il vangelo è uno stile che nasce e muore con i quattro canonici.

Se leggiamo la Scrittura assistiti dallo Spirito Santo, senza alcun sussidio, se non un cuore aperto alla voce di Dio, Dio ci parlerà. Lo so in prima persona. Come diceva il mio amico Davide, la Bibbia è un libro spirituale: non puoi spiegarlo, ma quando la leggi “senti” che è la Parola di Dio.

Quando invece ci approcciamo con un intento da studiosi, dobbiamo farlo con molta attenzione. Perché i presupposti sbagliati, la presunzione, o l’ignoranza, rischiano di portarci fatalmente fuori strada. Ed accade l’inverosimile: a volte può comprendere di più un lettore semplice col cuore aperto, che uno studioso che si inventa labirinti di idee e teorie e finisce solo per perdersi. Perché un altro importante presupposto della Scrittura, è che essa ha come primo destinatario proprio il lettore e non lo studioso. Insomma lo studioso rischia di complicarsi la vita e perdere di vista la semplicità ed immediatezza del messaggio, solo perché è innato in lui complicarsi la vita, creare difficoltà che forse nemmeno esistono e cercare di districare la matassa  – che non era per nulla intricata.

Torniamo alla nostra discussione.

Studiando prima e scrivendo poi il commento al libro di Daniele, mi sono reso conto del suo “disordine cronologico”. Quest’ultimo, è chiaro, è dovuto al prevalere dell’intento dell’esposizione sul bisogno di una cronologia.

Più di Daniele mi ha colpito Geremia: dove la cronologia è totalmente asservita al senso spirituale degli eventi.

Errori? No. Caratteristiche. Stile letterario.

Anni fa – una trentina – lessi i sinottici a caccia della corretta cronologia degli eventi che riguardavano l’ultima settimana di Gesù a Gerusalemme. Mi resi conto delle evidenti incongruenze fra Matteo e Marco. La mia mentalità occidentale ne rimase confusa, ma la mia giovane età ed apertura mentale mi fece sforzare di capire cosa stesse succedendo. Se, infatti, Matteo, subito dopo l’entrata trionfale a Gerusalemme, Matteo posiziona la purificazione del tempio e poi la storia del fico seccato, in Marco questi ultimi due eventi sono invertiti ed avvengono il giorno dopo. Confronta Matteo 21:1-22 con Marco 11:1-18.

Se Matteo descrive subito la purificazione del tempio, ciò, per il lettore ebraico del suo testo, ha un profondo significato spirituale. Gesù disconosce subito il ritualismo, il vuoto formalismo e persino materialismo in cui era scaduto il culto a Dio proprio nel suo tempio, dove avrebbe dovuto raggiungere la sua massima sagralità. Si tratta di una presa di posizione decisa, netta, inequivocabile, che sfocia persino nella violenza. Si tratta del culmine degli eventi che lo hanno preceduto, il finale di un lungo percorso che ha segnato la fine del rapporto nazionale fra Dio e il suo popolo, che non ha riconosciuto il Messia promesso; anzi, che trama per metterlo a morte.

I primi quattro capitoli di Giovanni stanno quasi a sé. Introducono, essendo essi stessi autoconclusivi.

Alla luce di quanto detto fin qui non dobbiamo sconvolgerci più di tanto se la purificazione del tempio qui la troviamo già in Giovanni 2:13-25. Al contrario, dobbiamo vederlo come una chiave di lettura. Infatti è ingenuo ed assurdo pensare che questo evento tanto importante si trovi qui per caso. Ma se segna un’aperta, definitiva rottura con il giudaismo del secondo tempio, e lo fa subito, diventa una possibile chiave di lettura.

Nel quarto vangelo i discepoli non predicano il vangelo del regno, che invece nei sinottici è il tema principale del ministero di Gesù. In Matteo, Gesù manda i suoi ad annunciare che il regno di Dio è vicino, raccomandando di andare ai soli israeliti. Giovanni omette questa parte tanto fondamentale nei sinottici. Ed è significativo che l’espressione “regno di Dio” compaia soltanto nel dialogo fra Gesù e Nicodemo, esponente del giudaismo ufficiale.

 

Il quarto vangelo introduce subito Dio come creatore ed il suo logos, la Parola, il Verbo quale tramite, mediatore, fra Lui, invisibile, e la sua creazione (Gv. 1:9).

L’umanità intera non ha conosciuto Dio (Gv. 1:10). Egli si è manifestato ai suoi – Israele – ma anche i suoi non l’hanno (ri)conosciuto (Gv. 1:11).

Adesso quindi l’invito riguarda “chiunque” e “tutti”. Chi è interessato a conoscere Dio può farlo (Gv. 1:12).

Giovanni 1:12 è una chiave di lettura del messaggio di Giovanni. Questo tema sarà sviluppato in un crescendo in tutto il vangelo, ma è chiarito e definito subito nei primi quattro capitoli.

Il logos di Dio diventa uomo in Gesù, Dio diventa visibile, chiunque lo riceve, riceve Dio ed è toccato dalla Grazia e dalla Verità.

I primi quattro capitoli sono come un’introduzione che spiega ciò che è successo. Dal capitolo cinque in avanti è come se si affrontasse la discussione: vediamo nei dettagli come è successo e come Gesù ha adempiuto la missione affidatagli da Dio e conclamata da Giovanni Battista quando vedendolo ha esclamato: “ecco l’AGNELLO di Dio che TOGLIE il PECCATO del MONDO.”

 

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VANGELO DI GIOVANNI 1:1-14. TRADUZIONE E NOTE.

VANGELO DI GIOVANNI 1:1-14. TRADUZIONE E NOTE di Giuseppe Guarino

Cominciamo la traduzione di questo vangelo con un inno cristologico che per millenni ha suscitato grandi entusiasmi e grandi polemiche. La Chiesa ha da sempre compreso la Divinità di Cristo, ed essa è chiaramente visibile qui, insieme al meraviglioso ruolo di Creatore, Signore, Salvatore, perfetto rivelatore del Padre e della Sua volontà. Le varie eresie sono deviazioni temporanee e limitate di una fedele lettura che ha caratterizzato studenti della Parola e lettori, teologi e semplici credenti.

DIO SI RIVELA TRAMITE LA SUA PAROLA

Capitolo 1

1In principio era il Logos,[1]

il Logos era presso Dio

ed il Logos era Dio. 2

Egli era in principio presso Dio:3

tutto è venuto all’esistenza per mezzo di lui,

e senza di lui nulla esisterebbe di ciò che invece è.[2]

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini.

5La luce splende nelle tenebre,

ma le tenebre non l’hanno ricevuta.

TESTIMONIANZA DI GIOVANNI BATTISTA

6Venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni. 7Egli venne come testimone, affinché testimoniasse della luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Egli non era la luce, ma testimone della luce.

DIO SI RIVELA AL MONDO, A OGNI UOMO

9La luce vera, quella che illumina ogni uomo venuto al mondo, era.

10Egli era nel mondo,

il mondo è stato fatto per mezzo di lui,

MA IL MONDO NON LO HA CONOSCIUTO

e il mondo non lo ha conosciuto.

DIO SI E’ RIVELATO AL SUO POPOLO

11È andato alla sua gente,

IL SUO POPOLO NON LO HA RICEVUTO

ma i suoi non l’hanno ricevuto.

DIO ESTENDE IL SUO INVITO AD OGNI UOMO

12A quanti, però, l’hanno ricevuto,[3] Egli ha dato loro l’autorità di diventare figli di Dio: a quelli cioè che credono nel suo nome, 13i quali non da sangue, né per volontà di carne, né per volontà d’uomo, ma sono nati da Dio.

DIO SI MANIFESTA VISIBILMENTE IN GESU’

14E il Logos si è fatto carne[4] ed ha dimorato fra noi. E noi[5] abbiamo visto la sua gloria, gloria come dell’Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.

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NOTE

[1] Essendo questa una versione annotata e di studio, mi permetto di ritenere il vocabolo Logos in originale. Esso ha un significato più ampio dei termini di solito utilizzati per tradurlo, cioè Parola o Verbo, quest’ultimo termine essendo palesemente dipendente dalla versione latina di Giovanni. Logos è sia Ragione che Parola, così come il Figlio di Dio è sia Parola di Dio sia Dio stesso col Padre. Le polemiche antitrinitarie finiscono quando Giovanni 1.1 è ben compreso. Il Logos è Dio, ma è distinto dal Padre.

[2] Troviamo qui uno stupendo esempio del parallelismo ebraico, dove, come spesso accade per alcuni detti di Gesù, l’affermazione di un fatto viene seguita dalla negazione del fatto contrario.

[3] Dal verso 10 assistiamo ad un meraviglioso crescendo. L’uomo ha i mezzi per riconoscere l’esistenza di Dio, ma non lo riconosce. Dio si è poi manifestato ai suoi, al suo popolo, Israele; ma anche questi non lo hanno riconosciuto. E quindi adesso l’invito è universale, riguarda ogni uomo, v.12, tutti coloro che vogliono ricevere il Figlio di Dio, credendo in Lui, loro, generati nello spirito da Dio, diventano figli di Dio, entrano il quel rapporto speciale di Figliolanza con Dio per mezzo dell’adozione in Gesù Cristo.

[4] La forza dell’affermazione di Giovanni è necessaria contro coloro che negano la reale incarnazione, umanità, del Figlio di Dio. Nelle sue epistole e anche in altri punti del suo Vangelo questa importante verità è ribadita.

[5] Qui si fa avanti l’apostolo Giovanni, testimone oculare della persona e maestà di Gesù Cristo! Egli non era un profeta, un semplice uomo, bensì l’Unigenito Figlio di Dio.

Giovanni capitoli da 1 a 4: schema

Giovanni capitoli da 1 a 4: schema e discussione di Giuseppe Guarino

Questo semplice schema potrebbe risultare molto utile anche durante una semplice lettura del quarto vangelo. Ci mostra infatti come proprio in questi quattro capitoli si chiarisca l’universalità del messaggio cristiano, saltando il preambolo della predicazione del vangelo del regno ai giudei, caratteristico dei sinottici.

Giovanni capitoli 1 – 4
 Il vangelo: messaggio universale 

 

Capitolo 1      

1-5. Dio crea e si rivela tramite la sua Parola

6-8. Testimonianza di Giovanni Battista

9-10. Dio si rivela ad ogni uomo

11. al suo popolo (Israele)

12-13. a chiunque lo voglia accettare

14-18. Dio si è rivelato in Gesù, Parola di Dio fatta uomo

19-34. Testimonianza di Giovanni Battista

35-51. I discepoli di Gesù

Capitolo 2      

1-11. Le nozze di Cana

12. Gesù si ritira a Cafarnao

13-22. Gesù purifica il tempio di Gerusalemme

23-25. molti credono in lui

Capitolo 3      

1-21. Gesù discute con Nicodemo sul regno di Dio ed afferma l’universalità della sua missione

22-36. Terza menzione della testimonianza del Battista

Capitolo 4      

1-42. Gesù è riconosciuto come Messia dai Samaritani

43-45. Gesù è creduto in Galilea

46-54. Il figlio dell’ufficiale regio viene guarito

 

Breve commento

La purificazione del tempio giudaico sembra l’evento che inaugura il ministero pubblico di Gesù nel quarto vangelo.

Perché?

Nel quarto vangelo inoltre Gesù non predica il Vangelo del Regno, come nei sinottici. Il graduale transitare dalla realtà ebraica della fede nel Dio unico di Abramo e della sua discendenza alla sua universalità è subito introdotto in Giovanni, è già un fatto. Come vedremo dal quinto capitolo in avanti, lo scontro con il clero giudaico è immediato ed è basato su cavilli della Legge mosaica come veniva interpretata da farisei e dai “giudei”.

Il verso chiave è 1:11: “Egli venne in casa sua, ma i suoi non l’hanno ricevuto. Ma a quanti lo hanno ricevuto, egli ha dato l’autorità di essere figli di Dio”.

All’universalità del messaggio viene anche posta enfasi sull’universalità della missione del Messia, Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!

In Giovanni Gesù e i suoi non vanno in giro a predicare il vangelo del regno di Dio, chiamando il popolo a ravvedimento.

Il primo miracolo  – segno – avviene in un matrimonio. Il vino è finito, a descrivere che in Israele ormai manca l’autenticità del rapporto con Dio e toccherà al Figlio di Dio supplire a questa mancanza, tramutando l’acqua in vino. Già altrove, nei sinottici, Gesù parlò di vino nuovo in otri nuove, per descrivere come la sua Parola sarebbe stata ricevuta da altri che non fossero i credenti “tradizionali”.

Il logico prosieguo è la purificazione del tempio di Gerusalemme, Gesù indignato che entra nella casa del suo Padre e mostra il suo sdegno che prorompe in vera e propria violenza. Subito la sua testimonianza ai giudei: distruggete questo tempio, ed io lo riedificherò in tre giorni. Stavano per cambiare tante cose, nella realtà vera e spirituale dell’era del Messia, Dio si era manifestato fisicamente in Cristo. La profondità dell’affermazione di Gesù verrà compresa soltanto dopo, anche dai suoi stessi discepoli – ma Giovanni lo spiega subito al suo lettore: il rifiuto di accettare il Messia risulterà nella sua uccisione, ma Dio lo resusciterà e trasformerà la sconfitta in una vittoria definitiva. Si avvera così Genesi 3:15 e Gesù vincerà definitivamente sulla morte, portando la vita eterna ad ogni uomo che alzerà lo sguardo verso di lui, come per il serpente di Mosè, figura profetica del Messia che sarebbe venuto un giorno (Giovanni 3:14-15).

La purificazione del tempio nei sinottici avviene alla fine del ministero di Gesù, dopo che egli ed i suoi discepoli hanno predicato il vangelo del regno ed invitato il popolo a ravvedersi. Questo periodo di transizione non è visto qui. Da subito l’esclusivismo giudaico è accantonato a favore all’universalismo ed inclusivismo del messaggio cristiano.

La cronologia che per noi è tanto fondamentale, passa in secondo piano quando l’intento teologico è il centro di tutto.

Segue il discorso con Nicodemo, che avviene di notte. Un capo giudaico ha paura di interrogare Gesù apertamente e si trova spiazzato quando il Signore gli espone Verità così profonde. Attenzione: nulla di nuovo! Si tratta soltanto di promesse messianiche, viste dai profeti, che adesso stanno per divenire realtà.

A Nicodemo ed al lettore del vangelo, viene presentata la meravigliosa universalità del messaggio cristiano: “chiunque … crede”.

Gesù si sposta dalla Giudea (capitolo 3) verso la Galilea. Passa per la Samaria, e i samaritani si convertono. Arriva in Galilea, ed anche qui credono in lui. Il messaggio del vangelo raggiunge i popoli, più aperti dei giudei alla Verità.

Addirittura Gesù trova una grande fede in un ufficiale regio, del quale guarisce il figlio a distanza. Questa porzione del vangelo non si chiude a caso con questo dettaglio, simbolico della fede che avrebbe guarito i molti lontani da Israele, che non avevano visto personalmente Gesù.

“Beati coloro che non vedendo crederanno” (Giovanni 20:29b) dirà Gesù a Tommaso!

 

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Giovanni 6:70, un problema di traduzione o di interpretazione?

di Giuseppe Guarino

In Giovanni 6:70 rileviamo un problema di traduzione che viene risolto di solito alla luce di una soluzione interpretativa, ma non grammaticale.

Vediamo il testo greco originale.

“ἀπεκρίθη αὐτοῖς ὁ ᾿Ιησοῦς· οὐκ ἐγὼ ὑμᾶς τοὺς δώδεκα ἐξελεξάμην; καὶ ἐξ ὑμῶν εἷς διάβολός ἐστιν.”

“Gesù rispose loro: non io eletto voi dodici? Eppure uno di voi è il diavolo.” (versione mia)

Una traduzione di questo genere è piuttosto “forte” e comporta delle ovvie difficoltà esegetiche, ma si tratta della versione che rispetta le regole grammaticali del greco. E’ la conoscenza della lingua originale a doverci guidare nella ricerca del senso di un testo e della sua traduzione, non l’esegesi, che è invece il passo successivo: accertato un testo e la corretta traduzione allora si procede all’interpretazione.

Le varie versioni italiane interpretano così questo brano:

“Gesù rispose loro: “Non ho io scelto voi dodici? Eppure, uno di voi è un diavolo!” (Nuova Riveduta, CEI, Nuova Diodati)

La Traduzione del Nuovo Mondo che parafrasa così (non possiamo sostenere certo che traduca): “Gesù rispose loro: “io ho scelto voi dodici, non è vero? Eppure uno di voi è un calunniatore.”

La Diodati (1649) rende così il brano: “Gesù rispose loro: Non ho io eletti voi dodici? E pure uno di voi è diavolo”.

La parola “diavolo” è un nome monadico, cioè non ha bisogno dell’articolo determinativo per riferirsi ad un singolo, specifico soggetto. Sebbene, quindi, in questo caso non vi sia l’articolo (determinativo) davanti la parola greca διάβολός questa non si può intendere come indefinita o peggio qualitativa. Non si parla cioè in questo brano di “un diavolo” perché non vi sono più “diavoli”. Esistono più demoni, ma il nome greco di Satana è Diavolo; entrambi i nomi sono propri dello stesso individuo e non di una categoria.

In Luca 21:25 rinveniamo una casistica simile, stavolta non turbata da perplessità esegetiche:

“Καὶ ἔσται σημεῖα ἐν ἡλίῳ καὶ σελήνῃ …”

Sebbene non vi sia l’articolo davanti le parole “sole” e “luna”, è così che viene tradotto il brano:

Vi saranno segni nel sole, nella luna …” (Nuova Riveduta, CEI, Nuova Diodati, Diodati, Traduzione del Nuovo Mondo).

Le traduzioni aggiungono con grande serenità – ed a ragione – l’articolo determinativo davanti la parola “sole” e “luna” sebbene non vi sia l’articolo in greco, perché è ovvio non vi è un altro “sole”, né un’altra “luna”.

Cosa dire dei problemi di esegesi del testo? Non li possiamo di certo risolvere aggirando la realtà oggettiva del testo che abbiamo davanti. Del resto non ci troviamo davanti ad una difficoltà più grande di quella che si presenta in altri brani simili. Ad esempio in Marco Gesù chiama Pietro “Satana” e non “un satana”: “Ma Gesù si voltò e, guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro dicendo: “Vattene via da me, Satana! Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini.” (Marco 8:33 – Nuova Riveduta)

Concludendo, in Giovanni 6:70 Gesù non si riferisce a Giuda come ad “un diavolo”, bensì come al “Diavolo”. Fondamentalmente quasi nulle le implicazioni per la sostanza della storicità dei fatti descritti, ma valeva la pena osservare un dettaglio tanto interessante dal punta di vista linguistico.

 

Osservazioni grammaticali tratte da “Greek Grammar Beyond the Basics” di Daniel B. Wallace.

L’immagine in capo all’articolo è tratta dal sito

John 6:70 | Daily Dose of Greek.

Se capite l’inglese potete consultare proprio questo video che conferma un po’ il contenuto del mio articolo.

 

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Giovanni 8:58 nella Bibbia dei Testimoni di Geova

di Giuseppe Guarino

Giovanni 8:58 è un testo molto importante, ma non di facile comprensione. O meglio, proprio perché non semplice, soggetto a essere mal interpretato o peggio tradotto.

Problemi dei traduttori geovisti italiani con il greco originale o con l’inglese della loro versione americana?

Il testo originale: Eἶπεν αὐτοῖς ὁ ᾿Ιησοῦς· Aμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν, πρὶν ᾿Αβραὰμ γενέσθαι ἐγώ εἰμι.

La Nuova Riveduta: “Gesù disse loro: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse nato, io sono”.

La Traduzione del Nuovo Mondo: “Gesù disse loro: Verissimamente io vi dico: Prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero”.

The New World Translation: “Jesus said to them: “Most truly I say to you, before Abraham came into existence, I have been.”

La TNM toglie di mezzo l’“io sono” di Gesù, in forte contrasto con “venisse all’esistenza” riferito per Abraamo, di solito considerato un’affermazione dell’eternità di Cristo, sostituendolo con un meno imbarazzante “io ero”.

Secondo Richard A. Young l’idea che l’originale “io sono” trasmette al lettore “ … è più dell’esistenza di Cristo prima di Abraamo; significa che Egli esiste eternamente” (Intermediate New Testament Greek, a linguistic and exegetical approach, pag. 166).

L’introduzione della frase di Gesù con il tipico “in verità, in verità” lascia intendere che qualcosa di più che il fatto che Gesù fosse solo più vecchio di Abraamo fosse da intendersi in quell’“io sono”.

Altri punti del vangelo di Giovanni ci propongono dei forti “io sono” seguiti da “la Luce”, “la Via”, “la Verità”, ecc., nello stesso capitolo 8, ai vv. 24 e 28. Questa caratteristica dell’evangelista è chiaramente a favore di una ulteriore ripetizione al v. 58.

Scrivendo in greco “ἐγώ εἰμι”, “egò eimì”, in italiano “io sono”, Giovanni non poteva non essere cosciente che per la Chiesa, uscita ormai dai confini della Palestina, della lingua e cultura ebraica, il raffronto fra la frase di Gesù e la traduzione greca dell’Antico Testamento di Esodo 3:14 sarebbe stato inevitabile.

Asher Intrater, nel suo libro “Chi ha pranzato con Abrahamo?” edito da Perciballi: “Aggiungendo le vocali “e”, “o”, “a” alle consonanti YHVH, si ottiene il nome YeHoVaH. In questa struttura verbale, la “e” (sh’va) indica il tempo versale futuro, la “o” (holom) il presente e la “a” (patach) il passato, dando al nome YeHoVaH il significato di “Egli sarà, Egli è, Egli era”: in altre parole, l’Eterno”, pag. 102. È quindi con un aperto riferimento a questa estraneità da vincoli temporali, che l’apostolo Giovanni parla del Signore come di “Colui che è, che era e che viene”. (Apocalisse 1:8)

L’eternità di Gesù è ribadita con altre parole nell’epistola agli Ebrei, quando ci viene detto che “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno” (Ebrei 13:8) e quindi non vi è per noi cristiani alcuno scandalo se egli rifiuta i vincoli temporali dicendo: io sono.

La reazione dei giudei sarebbe immotivata se la frase di Gesù non fosse stata per loro oltraggiosa al punto da spingerli a volerlo lapidare immediatamente, senza un ulteriore esame di quello che stesse affermando.

Vale la pena analizzare qui le motivazioni della Torre di Guardia per la sua traduzione. Chiedo al lettore di fare molta adesso molta attenzione.

La traduzione italiana TNM non è una traduzione dai testi originali o indipendente. Essa è fondamentalmente un adattamento in italiano della versione ufficiale in inglese della Torre di Guardia. Non vi sono dei traduttori italiani, perché, al contrario di come accade per tutte le altri confessioni cristiane, non vi è alcuna autonomia dei Testimoni italiani da quelli americani, dai quali dipendono.

Proprio nel caso di Giovanni 8:58, la Watch Tower americana trova delle motivazioni per rifiutare la lettura “io sono” che sono applicabili alla lingua inglese ed a quella soltanto. Infatti, l’originale inglese della TNM utilizza il verbo essere al passato prossimo (perfect indicative), mentre i traduttori italiani utilizzano il tempo imperfetto: ma nel farlo sbagliano la traduzione dall’inglese!

Leggiamo il commento alla propria versione di Giovanni 8:58 della Watch Tower americana – così come sono riportate nell’edizione del 1985 di “The Kingdom Interlinear Translation of the Greek Scriptures”: “The action expressed in John 8:58 started “before Abraham came into existence” and is still in progress. In such situation εἰμι, which is the first- person singular present indicative, is properly translated by the perfect indicative.”

La Torre di Guardia italiana traduce alla meno peggio questa affermazione – che non può contestare in quanto proveniente dal suo organo direttivo americano, ma che fondamentalmente parla di una regola grammaticale della lingua inglese, che in italiano semplicemente non esiste.

“L’azione espressa in Giovanni 8:58 iniziò “prima che Abraamo venisse all’esistenza” ed è ancora in corso. In tale contesto εἰμι (eimì), prima persona singolare del presente indicativo, si può correttamente tradurre con  un tempo passato come l’imperfetto indicativo o il passato prossimo”.

Mi chiedo: è possibile che fra i Testimoni di Geova italiani nessuno conosca l’inglese a sufficienza da accorgersi di questa incongruenza?

Intanto in italiano il testo dice:  “si può correttamente tradurre con un tempo passato come l’imperfetto indicativo o il passato prossimo” ma l’inglese non parla di imperfetto indicativo, bensì di passato prossimo (perfect) perché in inglese 1. Non esiste l’imperfetto e 2. In inglese il tempo del verbo che descrive delle azioni che cominciano nel passato e che sono tutt’ora in corso, è soltanto il perfect indicative – che corrisponde al nostro passato prossimo.

Ma c’è qualcosa di più ovvio. In italiano le azioni che cominciano nel passato e proseguono nel presente non si esprimono né con l’imperfetto né con il passato prossimo, bensì col tempo presente.  Esempio: “Io vivo in Italia dal 1974”. Se avessimo utilizzato passato  prossimo o imperfetto, avremmo ottenuto tutt’altro significato: 1. Imperfetto: “Io vivevo in Italia dal 1974”, 2. “Ho vissuto in Italia dal 1974”.

L’espressione: “io vivo in Italia dal 1974” si traduce in inglese “I have lived in Italy since 1974”. Il presente deve essere tradotto con un present perfect.

Allo stesso modo un’espressione inglese del tipo: “I have lived in England since 1974”, si deve tradurre: “vivo in Inghilterra dal 1974”. Perché quando un’azione comincia nel passato ed è ancora in essere, in inglese si deve utilizzare il perfect (passato prossimo), ma in italiano il presente!

Quindi la traduzione inglese dei Testimoni che dice: “before Abraham came into existence, I have been”, se origina dal fatto che il perfect descrive in inglese un’azione cominciata nel passato e tutt’ora in essere, deve tradursi con un tempo presente italiano: “prima che Abraamo venisse all’esistenza, io sono”.

Stavolta per appurare l’accuratezza della versione dei Testimoni di Geova basterà consultare un insegnante di inglese.