Category Archives: Amore

Giovanni 3:16

Giovanni 3:16

La potenzialità del greco originale della frase, letta anche alla luce del forte pragmatismo ebraico.

di Giuseppe Guarino

Le sfaccettature intraducibili di una lingua sono fra le motivazioni principali che ti spingono a studiarla e che rendono, in un certo senso, divertente farlo.

In inglese amo l’uso dello slang. In una conversazione informale piuttosto che dire “it is all right for me”, preferisco senz’altro “I am cool with that”.

Il greco biblico è un fenomeno diverso. Ovviamente. Per certi aspetti più complesso, dal punto di vista squisitamente linguistico. Ma ciò lo rende solo più affascinante. Più dell’ebraico biblico che è standardizzato dai millenni che l’hanno fissato nella forma che troviamo nel Tanakh – così chiamano gli ebrei l’Antico Testamento.

Il greco biblico è spesso chiamato koinè. Si tratta, però, della versione di quest’ultimo in uso nel 250 a.C. ad Alessandria d’Egitto, quando vennero per la prima volta tradotti i cinque libri di Mosè.

Questo greco venne ripreso, ampliato e adattato al testo biblico dai traduttori degli altri libri dell’Antico Testamento e divenne persino la lingua di alcuni testi ebraici – come ad esempio il libro dei Maccabei.

In questo contesto sarebbe fuori luogo descrivere “cosa” è accaduto in pratica, ricorrendo a vari esempi. Ci basterà stabilire il perché e tutto sarà ovvio.

Gli autori del Nuovo Testamento sono tutti di prima lingua ebraica. Scrivono si storie ed eventi occorsi in un contesto ebraico. Riportano discorsi e dialoghi che hanno avuto luogo in lingua ebraica (o aramaica).

Il loro greco non può essere puro, non può non risentirne.

È un male?

No!

È un bene!

La ricchezza del greco biblico, nel quale è stato scritto il Nuovo Testamento, raccoglie la profonda solennità dell’ebraico per renderla universale: apre letteralmente la porta della salvezza ai non Giudei!

Giovanni 3:16 è la più universale delle affermazioni che troviamo nella Bibbia.

La riporto: “Perché Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”.

Non ho imparato il greco se non proprio per il piacere di leggere il Nuovo Testamento in originale. Utilizzando lo stesso metodo che avevo fatto mio anni prima con l’inglese, ho lavorato ai vocaboli e alle frasi fino a quando sono stato capace di leggere e capire senza dover necessariamente ricorrere ad alcuna traduzione dei termini che incontravo. Insomma, leggevo il greco in greco – come dico io spesso.

Leggendo Giovanni 3:16 mi sono accorto di comprenderlo in maniera leggermente diversa da come viene comunemente tradotto in italiano. Non proprio in maniera “diversa” però; forse potrei dire: più ricca e completa. Ciò spesso accade quando una lingua offre delle sfumature che non sono traducibili, dei significati più ampi di un vocabolo, che l’autore usa per poter dire più cose con una sola frase; dicendone una, in questo modo, non ne esclude l’altra.

Visto che ritengo che la conoscenza del greco sia un dono di Dio – perché non so nemmeno io come sono riuscito in questa piccola impresa, se non per la sua grazia. E visto che per me scrivere è la maniera più congeniale per esprimermi, ho deciso di mettere per iscritto e comunicare la meravigliosa profondità di significato di questo brano della Scrittura.

Non vi spaventate adesso se riporto il testo greco di Giovanni 3:16. Lo translittererò nel nostro alfabeto per poter permettere al lettore di leggerlo agevolmente – se non conosce il greco o l’ha studiato a scuola. Tradurrò inoltre parola per parola.

 

οὕτω γὰρ ἡγάπησεν ὁ Θεὸς τὸν κόσμον
uto gar egapesen o teos ton cosmon
così perché ha amato Dio il mondo
ὥστε τὸν υἱὸν αὐτοῦ τὸν μονογενῆ ἔδωκεν
oste ton uion autu  ton monoghene Edochen
che il Figlio suo l’Unigenito ha dato
ἵνα πᾶς ὁ πιστεύων εἰς αὐτὸν μὴ ἀπόληται
ina pas o pisteuon eis auton me apoletai
affinché chiunque crede in lui non perisca
ἀλλ᾿ ἔχῃ ζωὴν αἰώνιον
all’ eche zoen aionion
ma abbia vita eterna

 

Secondo me se non si apprezza la Bibbia è perché non la si conosce davvero.

A dire il vero, vi è un altro motivo che ho riscontrato che spinge la gente a volerla mettere da parte: non essere disposti ad accettare la sua autorità spirituale.

Dando per scontato che le Scritture non sono opera di uomini letterati o filosofi. Considerata inoltre la semplicità che caratterizza il linguaggio, la profondità di significato dei contenuti è davvero ancora più significativa.

Su Giovanni 3:16, come su molti altri versi della Bibbia, si potrebbe scrivere un libro intero!

Se dovessi tradurre questo brano in maniera letterale, lo tradurrei come lo rinveniamo praticamente in tutte le sue versioni. Ma se devo trasmettere l’interezza della percezione che ne ho quando lo leggo in greco, proporrei anche le seguenti alternative.

Perché è così che Dio ha mostrato al mondo di amarlo: ha dato suo Figlio, l’Unigenito, affinché tutti coloro che credono in lui non periscano ma abbiano vita eterna.

ovvero

Perché è in questo modo che Dio ha amato il mondo: ha dato il suo Unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna.

Voi chiederete: ma che cambia con la versione “tradizionale” del verso?

Nella Bibbia l’amore è un’azione. Lo è già dalla Genesi, dai Dieci Comandamenti, da quell’ “ama il prossimo tuo come te stesso” che troviamo nella Legge di Mosè espresso in una lingua che ne tramanda tutto il potenziale dinamismo e la forza che incide su chi ama e chi è amato, fino al punto che i due sono come fossero uno: io vedo me stesso nell’altro, non un altro, e mi comporto di conseguenza!

Imbevuti come siamo oggi di un sentimentalismo, che ereditiamo probabilmente proprio dai greci, corriamo il rischio di non percepire tutta la praticità e l’azione che richiede la Parola di dio quando ci parla di Amore o ci invita ad amare.

Mariti, amate le vostre mogli (Efesini 5:25) è un comandamento.

Ma non si dice forse: “nun se comanda o core”? Ovvero, “al cuor non si comanda”? E, allora, com’è possibile comandare l’amore e come può un uomo “costringersi” ad amare.

Il fatto è che la Scrittura qui non dice: “bruciate di passione per le vostre mogli”, come è tentato di capire chi si approccia all’amore come mero sentimento. Fu per questo che tempo fa una persona ebbe a chiedere perplessa: “Come si può imporre l’amore”?

L’amore inteso come squilibrio chimico, non lo puoi indurre. Ma quello non è amore vero. Ed è per questo che finisce: è infatti solo la sensazione di benessere che ricaviamo dalla presenza o la mancanza che sentiamo per l’assenza di una persona. Si tratta di amore “sensuale” e dipende dal piacere personale che ne ricaviamo.

La Scrittura parla di un altro tipo di amore. Un amore che è azione e che è dare.

Infatti Efesini 5:25 continua così,

Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato sé stesso per lei.

Quando Gesù dice,

Ama il prossimo tuo come te stesso

non si riferisce alla tenerezza astratta indotta dalle immagini che scorrono in tv o su facebook. Ma alla quotidianità! Gesù ci invita a trattare gli altri come noi vorremmo essere trattati dagli altri. Altrove infatti Gesù spiegò il concetto con altre parole,

Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro (Matteo 7:12)

Quindi l’amore non è un sentimento, o forse dovrei dire, non è un sentimento soltanto, ma è fare, fare bene, trattare il prossimo come fossimo noi stessi, trattarlo come vorremmo che ci trattasse.

Guardate la forza delle parole di Giovanni, altrove, nella sua prima epistola

“Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi; anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli.  Ma se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l’amore di Dio essere in lui? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità”. (1 Giovanni 3:16-18)

L’Amore vero, l’Amore che viene da Dio e che Dio ci insegna, non è un’emozione da contemplare e di cui gioire finché dura, è azione, energia, agire.

Torniamo quindi a Giovanni 3:16. Leggendo questo brano in lingua originale – più che nella traduzione – percepisco tutta l’enfasi del testo sul “come”, sul “modo in cui” Dio ci ama.

Ciò è importante. Forse addirittura fondamentale. Perché, tutti sono d’accordo che Dio sia amore e che ci ama. Ma sempre meno persone comprendono che ci ha amato dando Suo Figlio Gesù Cristo, per la nostra salvezza.

Scrive infatti lo stesso Giovanni altrove.

In questo si è manifestato per noi l’amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché, per mezzo di lui, vivessimo. (1 Giovanni 4:9)

L’umanità di oggi è come quel figlio capriccioso o indolente al quale i genitori hanno dato e danno tutto, ma che trova sempre il modo per lamentarsi,

– perché non ha la moglie che desidera

– perché non ha marito

– perché non si guadagna abbastanza al lavoro

– perché la nostra erba è sempre meno verde di quella del nostro vicino

In realtà in questa vita ci sarà sempre qualcosa che non avremo e un motivo per il quale lamentarci.

Ma se non saremo grati a Dio per il meraviglioso dono di Suo Figlio, come speriamo di potere apprezzare tutti gli altri suoi doni o persino di riconoscerli come tali – il lavoro, la salute, la fede, ecc.

Giovanni 3:16 non ci dice soltanto “quanto” Dio ci ama, bensì come in concreto ci ha amato. Ci invita, inoltre, qualora non lo avessimo ancora fatto, ad accettare questo amore, credendo. Come ci mette anche in guardia dalle conseguenze per chi tale amore lo disprezza:

Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.  (Giovanni 3:17-18)

 

 




Amare, condividere e dare.

di Giuseppe Guarino

Ho provato a suonare il tavolo della mia cucina come faccio con la mia chitarra, ma non mi è riuscito. Quindi ho provato a fare il giocoliere con le sedie. Ma anche questo non mi è riuscito. Volevo utilizzare la macchina del caffè per andare a fare un giro con la mia famiglia, ma sono rimasto deluso dall’incapacità della mia macchina del caffè.

Poi ho realizzato: ogni cosa è stata concepita per uno scopo ben preciso e utilizzarla diversamente significa renderla inutile.

Quindi ho utilizzato il tavolo della cucina per mangiare e l’ho trovato bello ed utile.

Ho usato le sedie per sedermi attorno al tavolo con i miei cari e ho capito che se ero quasi lì lì per buttarle via era perché le stavo utilizzando per uno scopo sbagliato, che non era il loro, quello per il quale sono state costruite.

Ho utilizzato la macchina del caffè proprio per farmi un buon caffè. E mi sono ricordato perché l’avevo comprata.

La storia scritta qui sopra è immaginaria, ma è vero che anche per l’uomo non trovare lo scopo per il quale si è stati creati, genera frustrazione e un inspiegabile senso di vuoto.

Nel libro della Genesi, Dio crea l’uomo ed ha comunione con lui. Il peccato non è ancora entrato nella storia dell’uomo. Eppure manca qualcosa.

“Poi Dio il SIGNORE disse: “Non è bene che l’uomo sia solo…” (Genesi 2:18)

Quando l’uomo vede per la prima volta la donna, nasce l’amore e la poesia:

“Dio il SIGNORE, con la costola che aveva tolta all’uomo, formò una donna e la condusse all’uomo. L’uomo disse:

Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa

e carne della mia carne”.

(Genesi 2:22-23)

Siamo stati creati per amare, dare e condividere. Ciò avviene nel nostro vivere sociale, nel relazionarci con gli altri. Per questo l’uomo non poteva stare solo: sarebbe stato incompleto, avrebbe solo ricevuto ma non avrebbe avuto nessuno cui dare, con cui condividere.

Gesù ribadì nei suoi insegnamenti un comandamento in particolare:

“Ama il tuo prossimo come te stesso”. (Matteo 22.39)

Il comandamento di Dio non è dato senza un motivo, ha un senso. Ci orienta. Ci fa comprendere qual è il nostro scopo, a cosa serviamo, cosa dobbiamo fare per sentirci realizzati. Amare è una di queste cose.

Lo stesso concetto espresso nel comandamento veterotestamentario, Gesù lo riprende e lo sublima in maniera unica, nuova, senza precedenti:

“Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri”. (Giovanni 13:34)

Bisogna amare quindi il prossimo come noi stessi, ed i nostri fratelli in Cristo con lo stesso amore che il Signore ha avuto per noi. Visto che ciò non è oggettivamente facile, vale la pena sottolineare quanto sia grande la soddisfazione personale quando riusciamo ad adempiere a questo specifico comandamento datoci dal Signore.

È ancora Gesù che nello stesso quarto Vangelo ha detto:

“Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno”. (Giovanni 7:38)

Non capivo questa frase finché un uomo di Dio un giorno non spiegò in chiesa un dettaglio che riguardava il Mar Morto. Il Mar Morto non è un mare appunto morto perché non riceve acqua. La riceve infatti. È morto perché non dà. Ed anche peggio, si svuota perché la sua acqua evapora: cioè va sprecata.

Lo stesso è vero per il cristiano.

Se sta seduto in chiesa, ascolta la parola di Dio, ma non la condivide, non trasmette ciò che ha ricevuto, bensì la trattiene solo per sé, quello che ha imparato andrà sprecato. Il suo comportamento, inoltre, avendo contristato lo Spirito Santo, gli impedirà di sentirsi un credente realizzato. Lo avete mai provato? Vi siete mai sentiti male perché la vostra pigrizia o la vergogna non vi hanno fatto condividere le cose belle che sapete della Parola di Dio?

Anche mettendo da parte la spiritualità, esiste nell’uomo il desiderio di condividere quanto di bello vi è nella sua vita.

I nonni parlano sempre dei nipotini. I ricchi ostentano i soldi. I musicisti parlano solo di musica. I collezionisti menzionano sempre i loro pezzi rari. Noi cristiani invece reprimiamo il nostro entusiasmo e non parliamo delle meraviglie di Dio, ma non è quello che ci insegna la Parola di Dio, né la guida dello Spirito Santo. Se noi stessi siamo credenti, è proprio perché qualcuno ci ha parlato dell’amore di Dio – ed anche a questo si riferiscono le parole di Gesù quando parla dell’acqua viva che sgorga dal ventre del credente.

“… quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo”. (1 Giovanni 1:3)

Gli apostoli non hanno tenuto per sé il messaggio della salvezza, ma lo hanno condiviso. Se avessero taciuto, per egoismo, per pigrizia o per paura delle conseguenze della loro testimonianza, oggi noi non saremmo qui.

Dare è un altro importante aspetto del modo in cui l’uomo realizza se stesso.

Il Signore Gesù stesso è esempio di come dare.

“… appunto come il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti”. (Matteo 20:28)

Gesù disse ancora:

“Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti  20:35)

Il peccato si frappone fra noi e la libera realizzazione ed estrinsecazione di ciò che di bello la nostra natura umana originaria, prima della caduta, possedeva. Oggi, grazie allo Spirito di Dio, possiamo recuperare la possibilità di fare ciò che è giusto e sperimentare quella soddisfazione che solo realizzare lo scopo per cui sei stato creato ti può dare.

 




liberi, amici e collaboratori di Dio

di Giuseppe Guarino
Dio soltanto può dare all’uomo libertà e dignità. E’ un’affermazione forte, me ne rendo conto. Ma credo che sia vera.
Lo Spirito Santo, il Consolatore, parla al nostro cuore, suscita la voce della nostra coscienza e ci convince del nostro stato di peccatori davanti a Dio e del bisogno di essere salvati in Cristo.
“Eppure, io vi dico la verità (E’ Gesù che parla): è utile per voi che io me ne vada; perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vado, io ve lo manderò.
Quando sarà venuto, convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio”.
Giovanni 16:7-8
E’ lo Spirito di Dio che ci guida nella Verità ed è per questo che il Signore disse:
“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Giovanni 8:32
La conoscenza della Verità ci rende liberi di seguire la Via di Dio. Ciò non ci era possibile prima che lo Spirito Santo ci illuminasse.
Se lo Spirito di Dio convince, lo spirito dell’errore ed il diavolo seducono e schiavizzano.
Non è forse sotto gli occhi di tutti che i vizi di questo mondo asservono l’uomo, privandolo della sua libertà di scelta? La coscienza non tace di sicuro nell’uomo che  va a giocarsi i soldi della propria famiglia: sa che è un errore, eppure non riesce a resistere!
Allo stesso modo, si sa che rubare è un peccato contro Dio ed il prossimo, eppure gli uomini continuano a rubare, alcuni senza riuscire a fermarsi.
Per non parlare della menzogna, così incontenibile nella bocca di alcuni, al punto che costoro non riescono più a dire la verità nemmeno per sbaglio.
Per non parlare poi di vere e proprie dipendenze, come quella dalla droga o dall’alcool, che sono vere e proprie terribili schiavitù.
Gesù rispose loro: “In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato.  Giovanni 8:34
Il cristiano è libero. Può scegliere. E’ libero di servire Dio, ma anche di scegliere di non farlo.
Lo stesso non si dica del peccatore. Il peccato è un laccio al collo, una schiavitù pesante, terribile, dalla quale non è possibile fuggire senza invocare l’aiuto dell’Altissimo. Per questo è indispensabile l’opera potente dello Spirito Santo stesso, per cambiare il cuore dell’uomo, aprire le sue orecchie e renderlo sensibile alla voce di Dio, alla Sua Parola.
Vi sono due immagini molto belle nella scrittura per descrivere come il Signore ci ha liberati.
” … Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue,  che ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti del Dio e Padre suo”.  Apocalisse 1:5-6
Lo schiavo dell’antichità poteva letteralmente pagare la propria libertà, pagando un corrispettivo come riscatto. La Bibbia usa questa metafora e ci dice che il sangue versato da Gesù sulla croce è il prezzo pagato perché noi fossimo riscattati, liberati, e da schiavi del peccato potessimo essere liberi servitori della giustizia e di Dio.
“… appunto come il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti.”  Matteo 20:28
“Voi siete stati riscattati a caro prezzo; non diventate schiavi degli uomini.” 1 Corinzi 7.23
“Questo è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato sé stesso come prezzo di riscatto per tutti; 1 Timoteo 2:3-6
Dopo averci dato la libertà, Dio ci dà anche la dignità, una dignità della quale il peccato ci voleva spogliare.

“Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio”. Giovanni 15:15

Gesù ci chiama suoi amici ed io non so quale privilegio possa essere più grande di questo!
Ma forse ve ne è un altro che sta allo stesso livello.
“Ora, colui che pianta e colui che annaffia sono una medesima cosa, ma ciascuno riceverà il proprio premio secondo la propria fatica. Noi siamo infatti collaboratori di Dio, voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio”. 1 Corinzi 3:8-9.
Ricordo quando per la prima volta il mio capo si rivolse a me davanti ad altre persone definendomi un suo collaboratore – quindi non solo uno alle sue dipendenze, un impiegato, ma una persona che lavorava con lui, insieme a lui, per portare avanti, in quel caso, l’azienda.
Inutile dire quanto sia bello immaginare, anzi, essere coscienti di essere collaboratori di Dio! Anche scrivendo questo articolo, è meravigliosa la consapevolezza di fare tutto insieme al Signore e per l’opera del Signore.
Cerchiamo libertà  … cerchiamola nel Signore.
Cerchiamo dignità … cerchiamola nel Signore.
Egli solo è la fonte di ogni bene per l’uomo.