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“Un dio” nella antica versione Copta del Vangelo di Giovanni?

di Giuseppe Guarino

Di recente mi è stato chiesto di esprimermi in merito ad un’affermazione dei Testimoni di Geova che riguarda il famoso articolo indeterminativo davanti alla parola “Dio” riferita alla Parola (logos nell’originale), Gesù prima che diventasse uomo, in Giovanni 1:1. Ad ulteriore sostegno della loro versione la Watch Tower infatti ha evidenziato che la traduzione copta del Nuovo Testamento aggiunge in quel brano l’articolo indeterminativo davanti a “Dio”, o “dio”, proprio come fa la Traduzione del Nuovo Mondo.

Onestamente non provo più molto interesse per ciò che la Watch Tower ed i suoi sostenitori affermano. Sono sempre pronto al dialogo che porti alla crescita, e mi stimolano le opinioni diverse dalla mia, ma con i tdg  dialogo non ce n’è e non vi è nemmeno crescita. Perché l’unico scopo di certe affermazioni o “scoperte” mira soltanto ad un cieco proselitismo selvaggio e non alla ricerca di una migliore comprensione della Verità biblica. Ogni volta che vado a consultare le fonti dalle quali i Testimoni citano, mi trovo davanti alla realtà che i testi da loro chiamati in causa sostengono il contrario di quello che loro vogliono fargli dire. Citano Harner su Giovanni 1:1 e quando leggo per esteso ciò che lui ha scritto vedo che afferma esattamente il contrario di quello che credono i Testimoni. Citano i padri della Chiesa e quando li vado a leggere, mi accorgo che questi credono esattamente l’opposto della Torre di Guardia e che questa, per tirare l’acqua al proprio mulino, li cita vergognosamente solo in parte ed in maniera fuorviante circa il loro autentico pensiero.

È per questo che quando il sito ufficiale dei Testimoni di Geova mi informa che il vangelo copto di Giovanni fa precedere “Dio” riferito al logos, alla Parola, dall’articolo indeterminativo, non posso non chiedermi di quanta fiducia o interesse sia degna una tale affermazione. Purtroppo, però, mi rendo conto che c’è bisogno di dire qualcosa, perché vi sono dei credenti che possono essere confusi. Quindi faccio il mio dovere ed esamino la questione.

Innanzi tutto, qual è il credo della Chiesa copta sul Cristo?

“Per i copti, Gesù è Dio completo e uomo completo insieme.”

(fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_ortodossa_copta)

Posso essere almeno perplesso? Credo sia lecito.

Lo so, lo so: anche in questo caso la Watch Tower capisce il copto meglio dei copti, come capisce il greco ed interpreta meglio la Bibbia di tutti i padri della Chiesa di lingua greca!

O forse no?

Allora faccio una cosa, vado alla ricerca della loro grammatica ufficiale di greco del Nuovo Testamento, vediamo se trovo lì delle notizie specifiche.

Ops, non credo che i Testimoni abbiano una grammatica di greco del Nuovo Testamento.

– Come no?

– No, no, non ce l’hanno.

– Ma hanno il dovere di scriverne una, sono gli unici che capiscono davvero il testo originale e non permettono all’umanità di beneficiare della loro immensa conoscenza?

– Lo so, mi sento anch’io derubato di qualcosa.

– Ma, perdona la mia immensa ignoranza, se non hanno grammatiche loro, su quali testi studiano il greco originale del Nuovo Testamento i Testimoni di Geova?

– Le uniche grammatiche sono di cattolici e protestanti, di ignoranti del testo biblico greco: non possono avere studiato su quelle! Non ci credo!

– Ecchenesò, amico mio, sono più perplesso di te.

 

Torniamo al copto ed esaminiamo cosa dice la Torre di Guardia nel suo sito ufficiale.

(Fonte: https://wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/2008812#h=3)

Il dettato della Watch Tower, molto più importante della mia opinione e persino dei fatti storici oggettivi, è in grassetto. Le mie umilissime osservazioni, in corsivo.

INIZIO CITAZIONE

La Parola era “Dio” o era “un dio”?

QUESTO è un problema di cui i traduttori della Bibbia devono tener conto nel rendere il primo versetto del Vangelo di Giovanni. La Traduzione del Nuovo Mondo lo rende così: “In principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era un dio”. (Giovanni 1:1) In altre traduzioni l’ultima parte del versetto dice che la Parola era “divina”, o qualcosa di simile. (An American Translation; A New Translation of the Bible, di James Moffatt) Tuttavia in molte traduzioni l’ultima parte di Giovanni 1:1 è resa: “La Parola era Dio”. — La Bibbia Concordata; Nuova Riveduta.

(Dovremmo fare un inventario di tutte le centinaia di versioni della Bibbia non concordi con la TNM? Sarebbe costruttivo o una perdita di tempo? Io opto per la seconda opzione, perché è un dato di fatto oggettivo: ai Testimoni di Geova non fai cambiare opinione con inezie di questo tipo. A ripensarci, non li convinci nemmeno con dati storici, citazioni corrette, grammatiche di greco … tutto ciò che non è conforme all’opinione della Torre di Guardia è sbagliato. Ma come è possibile che noi non Testimoni non ce ne rendiamo conto?)

La grammatica greca e il contesto indicano chiaramente che la lezione della Traduzione del Nuovo Mondo è corretta e che “la Parola” non va identificata con il “Dio” a cui si fa riferimento nella prima parte del versetto.

(Mi sono perso qualcosa? Di quale “grammatica greca” si parla qui? La vorrei consultare. Che il contesto indichi che la TNM sia corretta è almeno opinabile, visto che la parola Theos compare diverse volte nei primi 18 versi di Giovanni senza articolo ed è sempre da riferirsi a Dio e un autore non può utilizzare una parola una sola volta in modo diverso da come la utilizza con regolarità e allo stesso tempo sperare di essere chiaro. Comunque sarei curioso di sapere chi scrive questa frase che titoli ha per affermare che la grammatica greca conferma la giustezza della TNM, e su quali grammatiche ha studiato? E cosa ne pensano gli autori delle grammatiche che ha studiato sulla traduzione di Giovanni 1:1?

Ma la Torre di Guardia si rende conto che questa affermazione è trinitaria: “la Parola” non va identificata con il “Dio” a cui si fa riferimento nella prima parte del versetto”? Perché il verso afferma che Gesù è Dio, ha la qualità di Dio, ma non è il Padre. Quindi mi sorge il dubbio che chi scrive queste parole oltre a non credere nella Trinità non abbia nemmeno capito cosa sia.)

Comunque, il fatto che il greco del I secolo non avesse l’articolo indeterminativo lascia qualche perplessità nella mente di alcuni.

(Sicuramente il nostro ignoto autore sarà competente, ma la sua affermazione è imprecisa e mi lascia pensare che il greco o non lo conosca, o non si sia soffermato sullo studio dell’articolo. Nessuna lingua si esprime rapportandosi a forme linguistiche che non conosce. Quindi l’articolo greco non è “determinativo”, perché non esiste un “indeterminativo”: è articolo e basta. Lo è in un senso diverso rispetto a quello che assume nella nostra lingua, come lo dimostra l’uso in diversi punti: il suo precedere gli stessi nomi personali, il suo essere declinabile, e la sua ripetizione per noi impossibile, ecc. Quindi l’articolo in greco non è “determinativo”, ed i sostantivi in greco non sono meno determinativi se non sono preceduti dall’articolo. “The function of the article is not primarily to make something definite that would otherwise be indefinite.” Daniel B. Wallace, Greek Grammar Beyond the Basics, p. 209. Sicuramente le 800 pagine di questo manuale di greco intermedio non è degno degli studiosi che stanno dietro la Traduzione del Nuovo Mondo. Ma fin quando quelli ci lasceranno orbi di una loro magnifica grammatica, dell’opera definitiva che metterà fine ad ogni disputa linguistica sul greco biblico cui attingere sicuri per le nostre certezze, dovremo accontentarci dei miseri sforzi a nostra disposizione come quello di Wallace.)

Per questo è di grande interesse la traduzione della Bibbia in una lingua parlata nei primi secoli dell’Era Volgare.

La lingua in questione è il saidico, che era un dialetto copto. Il copto veniva parlato in Egitto nei secoli immediatamente successivi al ministero terreno di Gesù, e il saidico ne era l’antica forma letteraria. A proposito delle più antiche traduzioni copte della Bibbia, un’opera di consultazione dice: “Dato che la [Settanta] e le [Scritture Greche Cristiane] venivano tradotte in copto nel III secolo E.V., la versione copta si basa su [manoscritti in greco] notevolmente più antichi della maggioranza dei testi pervenutici”. — The Anchor Bible Dictionary.

(La citazione della Torre di Guardia è fuori contesto, perché non riguarda la traduzione di Giovanni 1:1 ma le problematiche relative alla critica testuale del Nuovo Testamento, al suo testo ed alla sua trasmissione! Ma si può citare così fuori contesto con onestà intellettuale? L’autore ignoto fa palesemente e vergognosamente leva sull’ignoranza di chi legge per lasciargli intendere che i manoscritti dei primi secoli di Giovanni fossero diversi rispetto a quelli che abbiamo oggi in nostro possesso e fossero ad ulteriore sostegno della TNM. Il che è falso! Giovanni 1:1 è lo stesso in tutti i manoscritti e le versioni: P66, P75, che sono i papiri più antichi in nostro possesso e risalgono al II-III secolo d.C. Vaticano, Sinaitico, ecc. Il problema è di traduzione, non riguarda il testo greco da tradurre, che è certo.)

Il testo copto-saidico è particolarmente interessante per due motivi. Innanzi tutto, come indicato sopra, rispecchia un intendimento delle Scritture anteriore al IV secolo, quando quella della Trinità divenne una dottrina ufficiale.

(Non stiamo parlando di Trinità, ma di divinità del logos. Una traduzione poi non deve trasmettere un intendimento ma tradurre.)

In secondo luogo, la grammatica copta è relativamente simile alla nostra grammatica sotto un aspetto importante. Le prime traduzioni delle Scritture Greche Cristiane erano in siriaco, latino e copto. Il siriaco e il latino, come il greco dell’epoca, non hanno l’articolo indeterminativo. Il copto invece ce l’ha. Inoltre vari studiosi concordano sul fatto che nel copto l’uso dell’articolo determinativo e di quello indeterminativo è molto simile all’uso di questi articoli in alcune lingue moderne come l’italiano o l’inglese.

(Potremmo sapere chi sono i “vari studiosi”? L’uso dell’articolo è “molto simile”? Quindi non è uguale!)

Pertanto, la traduzione copta fornisce un elemento interessante che fa luce su come probabilmente all’epoca veniva compreso Giovanni 1:1. Di cosa si tratta? La traduzione in copto-saidico usa l’articolo indeterminativo con il sostantivo “dio” nell’ultima parte di Giovanni 1:1. Perciò, resa in italiano sarebbe: “E la Parola era un dio”.

(Come viene puntualizzato nella citazione che segue, l’uso dell’articolo indeterminativo nella traduzione saidica, un antico dialetto copto, è soltanto prova che anche nei manoscritti in possesso dei traduttori di quella versione la parola “Theos” fosse senza articolo. “…the fact that θεός was translated into Sahidic (and Bohairic) as an indefinite noun strongly suggests that the translator was translating a Greek text without the article.”

Fonte: https://bible.org/article/jesus-%CE%B8%CE%B5%CF%8C%CF%82-god-textual-examination#P78_32938)

Evidentemente, quegli antichi traduttori compresero che le parole di Giovanni riportate nel primo versetto del suo Vangelo non significavano che Gesù fosse Dio Onnipotente. La Parola era un dio, non Dio Onnipotente.

(Le conclusioni della Torre di Guardia sono incredibili: hanno trasformato un ignoto traduttore, o degli ignoti traduttori, dei primi secoli in Testimoni di Geova. Fantastico. Fantastico nel senso che siamo al limite delle narrazioni di fantascienza.

L’espressione italiana “un dio” non è uguale al copto di Giovanni 1:1.

Il traduttore in inglese della versione saidica, Horner, traduce così Giovanni 1:1c: “. . . and [a] God was the Word.”. Nell’apparato spiega: “Square brackets imply words used by the Coptic and not required by the English”. In parole povere ciò che in copto è preceduto dall’articolo indeterminativo non necessariamente deve esserlo anche quando si traduce in inglese. Quindi dal copto potremmo tradurre: “… and God was the Word.”

Ovviamente i Testimoni di Geova conoscono il copto meglio di chi ha tradotto questa versione – attendo, quindi, con ansia la loro INTEGRALE traduzione di questa versione copta del Nuovo Testamento, in inglese prima e, poi, come è loro costume, in un secondo tempo, quella in italiano. Fino ad allora dovremo fare affidamento su questo misero sforzo: “George W. Horner ed., The Coptic Version of the New Testament in the Southern Dialect, Otherwise Called Sahidic and Thebaic, with Critical Apparatus, Literal English Translation, Register of Fragments and Estimate of the Version (7 vols. Oxford: Clarendon, 1911-1924)”

Il problema della trasposizione dell’articolo indeterminativo saidico in inglese (e in italiano, quindi, indirettamente) è spiegato poco più avanti nello stesso articolo: “Unlike English, the Sahidic indefinite article is used with abstract nouns (e.g., truth, love, hate) and nouns of substance (e.g., water, bread, meat). An example of this can be seen in Horner’s translation of John 19.34b (where there are no Greek articles, καὶ ἐξῆλθεν εὐθὺς αἷμα καὶ ὕδωρ): “. . . and immediately came out [a] blood and [a] water.” None of the words in brackets are necessary in English but are still noted by Horner due the presence of the indefinite article in the Coptic MSS.”

Evidentemente, quegli antichi traduttori compresero che le parole di Giovanni riportate nel primo versetto del suo Vangelo non significavano che Gesù fosse Dio Onnipotente. La Parola era un dio, non Dio Onnipotente.

(Purtroppo l’affermazione qui sopra riportata è assolutamente priva di alcun fondamento – ma mi sta quasi dispiacendo: leggo tanto entusiasmo e tanta voglia di far dire ciò che si pensa a tutti e a tutti i costi, che quasi quasi mi rammarico di non poter essere d’accordo. La presenza dell’articolo indeterminativo nella versione saidica non dimostra che i suoi traduttori fossero precursori della Traduzione del Nuovo Mondo o Testimoni di Geova nel loro intimo più profondo, magari senza saperlo, né purtroppo ci fa capire cosa credevano. Ciò che oggettivamente si comprende dalla loro condotta, invece, è che i manoscritti in greco in loro possesso erano identici ai nostri e che grazie al loro contributo abbiamo conferma del fatto che “Theos” nella parte finale di Giovanni 1:1 non è preceduto dall’articolo come nelle due prime occorrenze dello stesso verso. Anche il loro testo era trinitario, anche la versione saidica di Giovanni è trinitaria, perché conferma che la Parola” non va identificata con il “Dio” a cui si fa riferimento nella prima parte del versetto, ma che come quello, come il Padre, il logos, il Figlio, possiede la qualità di Dio.)

FINE CITAZIONE

 

Visto che siamo in amore di citazioni di partiti contrari, chiamo in causa Pincas Lapide uno studioso di fede ebraica degno di grande rispetto per la sua cultura e per il suo esemplare atteggiamento verso le opinioni altrui. Riporto qui di seguito, stando attento a citarmi nel giusto contesto, quanto ho scritto nel mio libro sulla Trinità. Per un approfondimento serio  consiglio senz’altro la lettura del libro “Monoteismo ebraico – dottrina trinitaria cristiana” che raccoglie una sorta di dialogo fra Pincas Lapide (studioso ebreo) e Jurgen Moltmann (teologo cristiano) edito da Queriniana e che cito qui dalla sua seconda edizione.

“I mistici della Cabala scoprirono tracce di una triade già nella prima pagina della Bibbia: “In principio Dio creò il cielo e la terra, e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: ‘Sia la luce!’. E la luce fu”. Qui i mistici, anche se non l’ebraismo normativo, affermano: “ci troviamo di fronte a Tre: Dio stesso, il suo Spirito e il suo Detto, in ebraico DAVAR, e poi in aramaico MEMRA, i due antenati del futuro Logos greco, concepiti come prima rivelazione dell’unico Dio” (p. 22).

Proseguendo il suo discorso, parlando di Isaia 6:3, “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti” aggiunge: “Nessuna meraviglia quindi se questa triplicazione così frequente della santità di Dio ha condotto a tutta una serie di speculazioni quasi-trinitarie in gruppi marginali dell’ebraismo…” (p.23).

Io mi permetto di far notare l’ovvio: noi cristiani siamo lo sviluppo di un gruppo marginale dell’ebraismo!

Filone alessandrino (Alessandria d’Egitto, 20 a.C. circa – 45 d.C. circa) ha scritto sul logos forse più di quanto non faccia il Nuovo Testamento. Lui dimostra che all’interno del giudaismo del secondo tempio c’era spazio per una dottrina della “Parola”. Si guarda bene, però, come fa tutta la riflessione giudaica su questo tema, dal definire il logos Dio. Egli inoltre non riconosce alcuna incarnazione della Parola di Dio.

Giovanni va oltre l’interpretazione giudaica perché nel riprenderla (Giovanni 1:1-18) puntualizza che:

  • La Parola è un individuo
  • Che la Parola si è incarnata in Gesù di Nazareth
  • Che la Parola è Dio, sebbene distinto dal Padre.

Facciamo ancora qualche semplice riflessione.

Se Giovanni avesse voluto davvero dire a chi leggeva il suo vangelo che Gesù è Dio, come l’avrebbe scritto? L’unica risposta è: esattamente come leggiamo in Giovanni 1:1.

Se Giovanni avesse voluto puntualizzare che Gesù è Dio, ma non è il Padre, come avrebbe dovuto scriverlo? Esattamente come leggiamo nel suo Vangelo.

In Giovanni 1:1-18 la parola Theos la troviamo solo due volte con l’articolo, al verso 1, ma ben 5 volte senza, ai versi: 1, 6, 12, 13 e 18. Non ha senso, lo dico anche da scrittore, utilizzare una parola – e una parola così importante e delicata – nello stesso contesto ben 5 volte ed attribuirle in una delle cinque volte un senso totalmente diverso rispetto alle altre 4.

Sempre in Giovanni 1:1-18 troviamo nell’originale, sia con che senza articolo, le parole: “unigenito”, “padre”, “uomo”, “vita”, “gloria”, “grazia” e “verità”. In tutti i casi, con l’articolo o senza, tutte queste parole hanno lo stesso significato. È quindi impossibile, proprio con la parola più importante di tutte le altre messe insieme, cioè Dio, che una sola volta sulle 5 in cui occorre, questa abbia un significato diverso, radicalmente diverso, dalle altre.

“La Parola è Dio” è la traduzione più naturale della frase di Giovanni nella nostra lingua. In greco è molto più profonda e significativa, ma il limite della nostra lingua non ci permette di trasmettere in italiano le sfumature dell’originale. E sono delle sfumature che puntano in direzione della dottrina della Trinità e sconfessano il modalismo, il sabellianismo e chi vorrebbe vedere nel figlio “un dio minore” o un semplice uomo, o un uomo divenuto divino o Dio, tutte possibili eresie, antiche e nuove, sulla figura del Cristo.

Un’ultima osservazione.

Nessuna lingua nasce per essere tradotta in un’altra. Per potere apprezzare il Nuovo Testamento originale, bisogna leggerlo in greco. È questo che faccio da oltre 20 anni ormai. So quanto sia difficile tradurre da una lingua ad un’altra. Ho tradotto la prima epistola di Giovanni e Colossesi: non è stato per niente facile. Ho iniziato Marco, del quale ho pubblicato i primi 4 capitoli. Lavoravo come traduttore in un’azienda e faccio a volte il simultaneista dall’inglese all’italiano e viceversa. So che è un compito ingrato.

Quando leggo il Nuovo Testamento in greco – quando non devo nemmeno pensare ad una traduzione – non ho dubbi che esso attesti che Gesù è Dio e Dio fatto uomo. Ad oggi nessuno mi ha portato valide argomentazioni per credere il contrario e di sicuro non i Testimoni di Geova.

Shalom.

 




Giovanni 8:58 nella Bibbia dei Testimoni di Geova

di Giuseppe Guarino

Giovanni 8:58 è un testo molto importante, ma non di facile comprensione. O meglio, proprio perché non semplice, soggetto a essere mal interpretato o peggio tradotto.

Problemi dei traduttori geovisti italiani con il greco originale o con l’inglese della loro versione americana?

Il testo originale: Eἶπεν αὐτοῖς ὁ ᾿Ιησοῦς· Aμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν, πρὶν ᾿Αβραὰμ γενέσθαι ἐγώ εἰμι.

La Nuova Riveduta: “Gesù disse loro: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse nato, io sono”.

La Traduzione del Nuovo Mondo: “Gesù disse loro: Verissimamente io vi dico: Prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero”.

The New World Translation: “Jesus said to them: “Most truly I say to you, before Abraham came into existence, I have been.”

La TNM toglie di mezzo l’“io sono” di Gesù, in forte contrasto con “venisse all’esistenza” riferito per Abraamo, di solito considerato un’affermazione dell’eternità di Cristo, sostituendolo con un meno imbarazzante “io ero”.

Secondo Richard A. Young l’idea che l’originale “io sono” trasmette al lettore “ … è più dell’esistenza di Cristo prima di Abraamo; significa che Egli esiste eternamente” (Intermediate New Testament Greek, a linguistic and exegetical approach, pag. 166).

L’introduzione della frase di Gesù con il tipico “in verità, in verità” lascia intendere che qualcosa di più che il fatto che Gesù fosse solo più vecchio di Abraamo fosse da intendersi in quell’“io sono”.

Altri punti del vangelo di Giovanni ci propongono dei forti “io sono” seguiti da “la Luce”, “la Via”, “la Verità”, ecc., nello stesso capitolo 8, ai vv. 24 e 28. Questa caratteristica dell’evangelista è chiaramente a favore di una ulteriore ripetizione al v. 58.

Scrivendo in greco “ἐγώ εἰμι”, “egò eimì”, in italiano “io sono”, Giovanni non poteva non essere cosciente che per la Chiesa, uscita ormai dai confini della Palestina, della lingua e cultura ebraica, il raffronto fra la frase di Gesù e la traduzione greca dell’Antico Testamento di Esodo 3:14 sarebbe stato inevitabile.

Asher Intrater, nel suo libro “Chi ha pranzato con Abrahamo?” edito da Perciballi: “Aggiungendo le vocali “e”, “o”, “a” alle consonanti YHVH, si ottiene il nome YeHoVaH. In questa struttura verbale, la “e” (sh’va) indica il tempo versale futuro, la “o” (holom) il presente e la “a” (patach) il passato, dando al nome YeHoVaH il significato di “Egli sarà, Egli è, Egli era”: in altre parole, l’Eterno”, pag. 102. È quindi con un aperto riferimento a questa estraneità da vincoli temporali, che l’apostolo Giovanni parla del Signore come di “Colui che è, che era e che viene”. (Apocalisse 1:8)

L’eternità di Gesù è ribadita con altre parole nell’epistola agli Ebrei, quando ci viene detto che “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno” (Ebrei 13:8) e quindi non vi è per noi cristiani alcuno scandalo se egli rifiuta i vincoli temporali dicendo: io sono.

La reazione dei giudei sarebbe immotivata se la frase di Gesù non fosse stata per loro oltraggiosa al punto da spingerli a volerlo lapidare immediatamente, senza un ulteriore esame di quello che stesse affermando.

Vale la pena analizzare qui le motivazioni della Torre di Guardia per la sua traduzione. Chiedo al lettore di fare molta adesso molta attenzione.

La traduzione italiana TNM non è una traduzione dai testi originali o indipendente. Essa è fondamentalmente un adattamento in italiano della versione ufficiale in inglese della Torre di Guardia. Non vi sono dei traduttori italiani, perché, al contrario di come accade per tutte le altri confessioni cristiane, non vi è alcuna autonomia dei Testimoni italiani da quelli americani, dai quali dipendono.

Proprio nel caso di Giovanni 8:58, la Watch Tower americana trova delle motivazioni per rifiutare la lettura “io sono” che sono applicabili alla lingua inglese ed a quella soltanto. Infatti, l’originale inglese della TNM utilizza il verbo essere al passato prossimo (perfect indicative), mentre i traduttori italiani utilizzano il tempo imperfetto: ma nel farlo sbagliano la traduzione dall’inglese!

Leggiamo il commento alla propria versione di Giovanni 8:58 della Watch Tower americana – così come sono riportate nell’edizione del 1985 di “The Kingdom Interlinear Translation of the Greek Scriptures”: “The action expressed in John 8:58 started “before Abraham came into existence” and is still in progress. In such situation εἰμι, which is the first- person singular present indicative, is properly translated by the perfect indicative.”

La Torre di Guardia italiana traduce alla meno peggio questa affermazione – che non può contestare in quanto proveniente dal suo organo direttivo americano, ma che fondamentalmente parla di una regola grammaticale della lingua inglese, che in italiano semplicemente non esiste.

“L’azione espressa in Giovanni 8:58 iniziò “prima che Abraamo venisse all’esistenza” ed è ancora in corso. In tale contesto εἰμι (eimì), prima persona singolare del presente indicativo, si può correttamente tradurre con  un tempo passato come l’imperfetto indicativo o il passato prossimo”.

Mi chiedo: è possibile che fra i Testimoni di Geova italiani nessuno conosca l’inglese a sufficienza da accorgersi di questa incongruenza?

Intanto in italiano il testo dice:  “si può correttamente tradurre con un tempo passato come l’imperfetto indicativo o il passato prossimo” ma l’inglese non parla di imperfetto indicativo, bensì di passato prossimo (perfect) perché in inglese 1. Non esiste l’imperfetto e 2. In inglese il tempo del verbo che descrive delle azioni che cominciano nel passato e che sono tutt’ora in corso, è soltanto il perfect indicative – che corrisponde al nostro passato prossimo.

Ma c’è qualcosa di più ovvio. In italiano le azioni che cominciano nel passato e proseguono nel presente non si esprimono né con l’imperfetto né con il passato prossimo, bensì col tempo presente.  Esempio: “Io vivo in Italia dal 1974”. Se avessimo utilizzato passato  prossimo o imperfetto, avremmo ottenuto tutt’altro significato: 1. Imperfetto: “Io vivevo in Italia dal 1974”, 2. “Ho vissuto in Italia dal 1974”.

L’espressione: “io vivo in Italia dal 1974” si traduce in inglese “I have lived in Italy since 1974”. Il presente deve essere tradotto con un present perfect.

Allo stesso modo un’espressione inglese del tipo: “I have lived in England since 1974”, si deve tradurre: “vivo in Inghilterra dal 1974”. Perché quando un’azione comincia nel passato ed è ancora in essere, in inglese si deve utilizzare il perfect (passato prossimo), ma in italiano il presente!

Quindi la traduzione inglese dei Testimoni che dice: “before Abraham came into existence, I have been”, se origina dal fatto che il perfect descrive in inglese un’azione cominciata nel passato e tutt’ora in essere, deve tradursi con un tempo presente italiano: “prima che Abraamo venisse all’esistenza, io sono”.

Stavolta per appurare l’accuratezza della versione dei Testimoni di Geova basterà consultare un insegnante di inglese.