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Il ritorno del Signore nella chiesa primitiva

di Giuseppe Guarino

(tratto ed adattato dal mio libro: “Il ritorno di Gesù”)

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Leggo cose incredibili sulle profezie bibliche.  Eppure l‘insegnamento della Chiesa primitiva è sopravvissuto in molti testi, facilmente reperibili oggi grazie a internet. E’ vero che vi sono opinioni contrastanti su alcuni dettagli (minori, a mio avviso), ma vi è un’unanime visione d’insieme nelle chiese evangeliche circa gli eventi che precederanno il ritorno di Gesù e questa visione rispecchia la fede della Chiesa cristiana fin dai suoi albori: smettiamo di imputare tutte le colpe del cristianesimo al Concilio di Nicea!

Questo articolo vuole dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio la coerenza dell’interpretazione “futuristica” delle Scritture  circa il ritorno di Gesù e la realtà della manifestazione dell’Anticristo che lo precederà.

***

Questo libro non sostiene alcuna teoria nuova o interpretazioni sensazionalistiche della Parola di Dio.

La cosa più bella che qualcuno possa dire dei miei libri è che non vi è nulla di nuovo, nulla che già non si sapeva e che la Chiesa non abbia insegnato fin dalle origini. Abbiamo anche visto che quanto abbiamo detto è condiviso anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica – purtroppo poco conosciuto, se non ignorato del tutto, dai fedeli di quella confessione.

In questo paragrafo voglio dimostrare la continuità di quanto abbiamo detto qui con quello che insegnava la chiesa primitiva.

I cosiddetti “padri della Chiesa” sono di solito sopravvalutati – a mio avviso, ovviamente – dalla Chiesa Cattolica, ma allo stesso tempo troppo trascurati dalle altre confessioni. Credo che una saggia via di mezzo sia da preferire – come spesso accade nella vita.

Una cosa è certa: gli scritti dei cristiani dei primi secoli sono una preziosa testimonianza alla Verità, seconda sola al Nuovo Testamento.

Vediamo cosa hanno da dire questi antichi testimoni della nostra fede sul ritorno di Gesù e sugli eventi ad esso collegati.

1 Clemente risale al 95/96 d.C. Si tratta di una lettera scritta dalla chiesa di Roma a quella di Corinto. Qui vi rinveniamo l’attesa del ritorno di Gesù.

Ed egli ci preannuncia “Ecco, il Signore viene e la sua ricompensa con lui per rendere a ciascuno secondo le proprie opere”.

Il Didachè è uno dei miei scritti preferiti. Non si conosce esattamente la sua data di composizione, perché nell’antichità questa non veniva indicata. Alcuni, ed io concordo, pensano che questo scritto sia molto antico, almeno nella sua essenza. Vi è chi lo data nel 50 d.C., quindi contemporaneo degli scritti apostolici del Nuovo Testamento. Altri però si spingono oltre, nel primo secolo ed alcuni fino al 150 d.C.

Negli ultimi giorni i falsi profeti ed i corruttori abbonderanno, ed a causa di ciò le pecore saranno tramutate in lupi e l’amore diverrà odio. L’iniquità crescerà, e loro odieranno, perseguiteranno e si tradiranno a vicenda. E il seduttore del mondo apparirà come un figlio di Dio e farà segni e prodigi e la terra gli sarà data nelle mani e commetterà delle abominazioni come non ne sono state mai fatte prima. Tutta l’umanità sarà messa a dura prova e molti si apostateranno e periranno. Ma chi persevererà nella propria fede sarà salvato dal maledetto. E allora apparirà un segno della verità: prima il segno del cielo che si aprirà e quindi il segno del suono di una tromba e per terza cosa, la resurrezione dei morti, ma non di tutti, piuttosto, come è stato detto, il Signore verrà e tutti i suoi santi con lui. Quindi il mondo vedrà il Signore venire sulle nuvole del cielo”.

La chiesa primitiva aveva una visione molto sobria delle profezie bibliche, ma anche molto chiara. L’insegnamento era incentrato sull’attesa del ritorno del Signore e sul giudizio che sarebbe seguito – non è forse questo che leggiamo nella Scrittura!? Vi era inoltre questo accostamento fra il ritorno di Gesù e la comparsa dell’Anticristo che l’avrebbe di poco preceduto.

Non credo vi sia una confessione cristiana che non possa sottoscrivere quanto affermato dal Didachè sul ritorno di Gesù e questa continuità della fede credo che sia davvero importante. Non determinante, ma di sicuro non trascurabile.

La cosiddetta Epistola di Barnaba è stata composta in un qualche periodo fra il 70 ed il 135 d.C. Si tratta di uno scritto di straordinaria bellezza. Tra le tante belle testimonianze della fede cristiana leggiamo: “il giorno è vicino quando tutto perirà insieme al maligno. Il Signore è vicino con la sua ricompensa”.

Le citazioni le ho tratte da The Apostolic Fathers – Second Edition – Translated by J.B. Lightfoot and J.R. Harmer, Edited and Revised by Michael W. Holmes, Baker Book House, Second printing, August 1990. La traduzione dall’inglese è mia.

Gli scritti che ho citato fin qui fanno parte dei cosiddetti Padri Apostolici. Si tratta di una raccolta facilmente reperibile anche in lingua italiana. La consiglio a chi volesse approfondire la stupenda semplicità e forza della fede della Chiesa del primo e secondo secolo.

Nella seconda metà del secondo secolo cominciano le conversioni di intellettuali, che trovano nel cristianesimo una fede che riesce a rispondere alla domande più profonde degli uomini.  Questi intellettuali, una volta divenuti cristiani, diventano per inclinazione quasi naturale, degli apologeti, cioè dei difensori della fede cristiana in un mondo totalmente immerso in una cultura greco-pagana.

Giustino morì martire e visse fra il 110 ed il 165 d.C. Lui fu proprio un apologeta e lo fu sia con i pagani che con gli ebrei. Il suo “Dialogo con Trifone giudeo”, è un capolavoro che consiglio a tutti di leggere. Oltre questo, ci sono giunte due sue apologie. Traggo un brano dalla prima.

Visto quindi che noi proviamo che tutte le cose che sono già successe sono state predette dai profeti prima che avvenissero, noi dobbiamo per forza di cosa anche che allo stesso modo che le cose predette ma non ancora successe, sicuramente accadranno… Perché i profeti hanno predetto due sue venute: la prima, che è già avvenuta, quando è comparso come un uomo disprezzato e sofferente, ma la seconda quando, secondo la profezia, egli verrà dal cielo in gloria, insieme alle orde angeliche, quando anche resusciterà i corpi di tutti gli uomini che sono vissuti, e rivestirà coloro che ne sono degli di immortalità …

Ippolito visse fra il 170 ed il 236. Sebbene fosse originario dell’oriente si trasferì e visse a Roma. Egli scrisse un interessantissimo trattato sull’Anticristo.

Ippolito concorda sul fatto che per l’ultima delle settanta settimane profetiche di Daniele 9 sia riservato un avveramento futuro, scrivendo: “…l’ultima settimana che vi sarà alla fine del mondo intero”.

Non solo il suo scritto è utile, risulta addirittura prezioso; è anche molto bello. Questo è quanto egli afferma: “Due avventi del nostro Signore e Salvatore sono descritti dalle Scritture. Uno è la sua incarnazione, che è avvenuta senza onore a motivo della sua umiliazione, come Isaia ne aveva parlato tempo addietro… Ma la sua seconda venuta è annunciata come gloriosa, quando scenderà dal cielo con i suoi angeli, e nella gloria del Padre, come disse il profeta: ‘vedrete il Re in gloria’ e ‘io vidi uno come un Figlio dell’uomo che veniva con le nuvole del cielo’”. Ippolito cita Isaia 53:2-5, 33:17 e Daniele 7:13-14.

La fede della Chiesa oggi è la stessa della Chiesa di duemila anni fa. Non esistono denominazioni o confessioni, ma solo individui che vivono questa speranza ed altri che la trascurano – e ciò all’interno di tutte le chiese. Difatti, nella parabola delle dieci vergini – che rappresentano la chiesa al ritorno di Cristo – la metà viene colta di sorpresa, viene trovata impreparata, dalla seconda venuta del Signore come Re e Giudice di questo mondo.

Ireneo fu vescovo di Lione e visse fra il 120 ed il 202 d.C. La sua maestosa opera Contro le Eresie è un’apologia della fede autentica della Chiesa contro le dottrine gnostiche in ben cinque volumi. Sebbene la profezia non sia l’argomento principale del suo scritto, troviamo dei riferimenti al ritorno del Signore ed alle profezie connesse a quel evento.

Nel quinto libro leggiamo: “Anche Daniele, il quale attendeva con trepidazione la fine dell’ultimo regno, i dieci re, fra i quali il regno degli uomini sarebbe stato diviso, e fra i quali comparirà il figlio della perdizione, dichiara che le dieci corna sorgeranno dalla bestia, e che un altro piccolo corno sorgerà fra loro… per tre anni e sei mesi, tempo durante il quale egli regnerà sulla terra… Ora tre anni e sei mesi costituiscono la metà della settimana”.

Anche Ireneo riferiva l’avverarsi della profezia sull’ultima settimana di Daniele riferita al periodo subito precedente il ritorno di Gesù. La sua testimonianza è di particolare rilievo perché egli era stato discepolo di Policarpo, che aveva conosciuto personalmente l’apostolo Giovanni, autore dell’Apocalisse.

Le citazioni delle opere di Giustino, Ippolito ed Ireneo le ho tratte dall’opera in dieci volumi Ante-Nicene Fathers, Hendrickson Publishers, first printing 1994. La traduzione è mia.

Come ci si renderà conto facilmente, ho imparato dalla Chiesa primitiva la semplicità e la potenza di una fede viva e vera nella certezza della veridicità della Parola di Dio, che ci promette che un giorno Gesù ritornerà. Il resto sono dettagli, interessanti, ma spesso troppo enfatizzati e discussi fino ad estremi che mi sembra ci facciano perdere di vista l’oggetto autentico ed il senso delle profezie contenute nella Bibbia: “la testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia”. (Apocalisse 19:10)

Girolamo nacque nel 347 e morì nel 420 d.C. Il suo lavoro più famoso è la sua traduzione della Bibbia in latino, la cosiddetta Vulgata. Ma egli scrisse anche un commentario al libro di Daniele, che ho letto e studiato nella traduzione di Gleason L. Archer (1916-2004), pubblicato originariamente nel 1958 dalla Baker Book House. Il commentario di Girolamo è senza dubbio il migliore e più completo che io abbia mai letto sul libro di Daniele. Ed è, a mio avviso, anche il più autorevole.

Il suo commento ai capitoli due e sette di Daniele confermano quanto abbiamo detto in questo nostro studio.

Noi dobbiamo inoltre concordare con l’interpretazione tradizionale di tutti i commentatori della Chiesa Cristiana i quali affermano che alla fine del mondo, quando l’impero romano sarà stato distrutto, vi saranno dieci re che si spartiranno il mondo romano fra di loro. Quindi un undicesimo re comparirà… questi è l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, che si spingerà fino ad osare sedere nel tempio di Dio e innalzarsi come un Dio”.

Continua l’autorevole interprete: e i santi “… gli saranno dati nelle mani per un tempo, dei tempi e la metà di un tempo. ‘Tempo’ equivale ad ‘anno’. La parola  ‘tempi’, secondo la lingua ebraica (che ha anche il numero duale) rappresenta ‘due anni’. La metà di un anno significa ‘sei mesi’. Durante questo periodo i santi saranno in potere dell’Anticristo…”.

Questa la testimonianza della Chiesa delle origini. Questa la testimonianza e l’attesa della Chiesa da sempre: MARANATHA.

Non lasciamoci ingannare da chi ostenta solo sicurezza ma non proclama Verità, ma solo opinioni senza fondamento.

Giona: dove stai andando?

di Giuseppe Guarino

GIONA

DOVE STAI ANDANDO?

 

Premessa. Ho predicato su questo brano della Scrittura il 16 Maggio 2010 ad Higher Praise Christian Fellowship. Questo è lo studio biblico basato su quella predica.

La Chiamata

Giona 1:1-3

La parola del SIGNORE fu rivolta a Giona, figlio di Amittai, in questi termini: “Alzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama contro di lei che la loro malvagità è salita fino a me”. Ma Giona si mise in viaggio per fuggire a Tarsis, lontano dalla presenza del SIGNORE. Scese a Iafo (o Ioppe, la moderna Jaffa), dove trovò una nave diretta a Tarsis e, pagato il prezzo del suo viaggio, si imbarcò per andare con loro a Tarsis, lontano dalla presenza del SIGNORE. 

Giona è il più “strano” dei profeti dell’Antico Testamento.

Egli nacque nel Regno di Israele, a at Gat-Efer1, una città situata a nord, non lontano da Nazaret. Si fa menzione di Giona in 2 Re 14:25, che parla del re Geroboamo II, “Egli ristabilì i confini d’Israele dall’ingresso di Camat al mare della pianura, come il SIGNORE, Dio d’Israele, aveva detto per mezzo del suo servitore il profeta Giona, figlio di Amittai, che era di Gat-Efer.

Egli visse durante il regno di Geroboamo II, re di Israele dal 786 al 746 a.C.

Ricordo al lettore che dopo la morte di Salomone, Israele venne diviso in due regni a seguito di lotte di successione al trono. A nord 10 tribù formarono il regno di Israele. A sud quello di Giuda, fedele alla discendenza di Davide e con capitale Gerusalemme.

Ai   giorni di Giona Ninive era la magnifica capitala dell’impero Assiro. Era più, proprio nel cuore della più terribile potenza pagana del tempo, che Dio lo inviava a compiere la sua missione di profeta.

Gesù menziona molte volte Giona, confermando sia la sua reale esistenza sia l’autenticità del contenuto del libro biblico che ne porta il nome.

Ninive si trovava a nord est di Israele. Era vicino la città di Assur, dalla quale l’Assiria stessa derivava il suo nome ed affondava le sue antiche origini. La particolare posizione di questo regno, sempre aperto a scorrerie nemiche, lo aveva reso particolarmente militarizzato.

Nel 722 a.C., qualche anno dopo la chiamata di Giona, gli assiri avrebbero invaso il regno di Israele. Seguendo la loro prassi oltremodo crudele, avrebbero condotto schiavi in Assiria la parte migliore del popolo, facendo di Samaria una colonia dalla quale trarre ricchezza e risorse.

La devastazione assira segnò la fine definitiva del regno di Israele, che non sarebbe più risorto.

Il regno di Giuda invece durò fino al 586 a.C., quando Nebucadnesar, re di Babilonia distrusse Gerusalemme e il tempio eretto da Salomone, deportando il popolo in massa nella sua patria.

La figura qui sotto l’ho trovata sul sito www.genealogynation.com . Illustra perfettamente l’estensione della potenza assira.

Ninive era una città molto trafficata, un centro commerciale e politico. Di sicuro doveva essere una città maestosa a vedersi per palazzi ed edifici pubblici, ed un notevole centro commerciale. La potremmo paragonare alla città di New York dei nostri tempi: l’individuo si sente schiacciato dalla maestosità delle costruzioni, dall’imponenza e grandezza della città, vera e propria dimostrazione del potere e ricchezza di una nazione.

Il sentimento di disagio di Giona è comprensibile. Ninive rappresentava tutto ciò che contrastava alla Legge del suo Dio ed un nemico per il suo popolo.

E’ facile oggi per noi giudicarlo negativamente, mentre leggiamo comodamente la nostra Bibbia seduti sul divano del nostro salotto. Ma come vi sentireste oggi se il Signore vi dicesse personalmente di andare a predicare

l’Evangelo in Cina, o in Pakistan, o Iraq, dove sareste nella migliore delle ipotesi disprezzati e derisi, nella più probabile, invece, semplicemente uccisi.

Giona aveva tutte le buone, possibili, ragionevoli, razionali, plausibili scuse per non volere andare.

Giona quindi scese a Iafo2, dove trovò una nave e si imbarco con direzione Tarsis. Come si vede dalla veduta satellitare, Tarsis è giusto dalla parte opposta rispetto a Ninive. Dio gli aveva detto di andare ad Est e lui era andato ad Ovest, più lontano che poteva.

Nota storica:

Iafo è il nome ebraico di questa città. Ioppe, come la chiama il Nuovo Testamento, è il corrispettivo greco. Jaffa il suo nome oggi. E’ una città molto importante nella Bibbia. Essa si trovava non lontano da Gerusalemme. Il suo porto venne utilizzato per l’importazione del materiale servito per la costruzione del tempio di Salomone a Gerusalemme. 2Croniche 2:16, noi, dal canto nostro, taglieremo del legname del Libano, quanto te ne occorrerà; te lo spediremo per mare su zattere fino a Iafo, e tu lo farai trasportare a Gerusalemme”. Questo porto fu importante anche per la ricostruzione del second tempio, quando il re persiano lo permise, anni dopo la devastazione operata dai babilonesi. Esdra 3:7, Diedero del denaro agli scalpellini e ai falegnami, dei viveri, delle bevande e dell’olio ai Sidoni e ai Tiri perché portassero per mare sino a Iafo del legno di cedro del Libano, secondo la concessione che Ciro, re di Persia, aveva loro fatta”.  Questa città è menzionata nel libro degli Atti degli Apostoli. Vale la pena ricordare che fu lì che Pietro ebbe la sua visione circa la chiamata dei Gentili. Vedi Atti 11.

A questo punto della nostra analisi del testo, poniamoci una domanda:

Stiamo davvero andando da qualche parte se non andiamo dove Dio ci ha detto di andare?

Giona scoprirà presto che la risposta a questa domanda è: No!

Giona 1:4-9

“Il SIGNORE scatenò un gran vento sul mare, e vi fu sul mare una tempesta così forte che la nave era sul punto di sfasciarsi. I marinai ebbero paura e invocarono ciascuno il proprio dio e gettarono a mare il carico di bordo, per alleggerire la nave. Giona, invece, era sceso in fondo alla nave, si era coricato e dormiva profondamente.

Il capitano gli si avvicinò e gli disse: “Che fai qui? Dormi? Àlzati, invoca il tuo dio! Forse egli si darà pensiero di noi e non periremo”.

Poi si dissero l’un l’altro: “Venite, tiriamo a sorte e sapremo per causa di chi ci capita questa disgrazia”. Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona.

Allora gli dissero: “Spiegaci dunque per causa di chi ci capita questa disgrazia! Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?”

Egli rispose loro: “Sono Ebreo e temo il SIGNORE, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terraferma”.

 

Giona era un profeta dell’Altissimo. Non poteva esservi luogo dove poteva sperare di nascondersi da Dio. E comunque, lui era perfettamente cosciente di essere nell’errore. E, anche nella più incredibile delle circostanze, quando tutto quello che desiderava era soltanto essere un anonimo passeggero a bordo di una nave, alla fine, egli si ritrova a dare testimonianza circa il suo Dio.

Alcuni cristiani vogliono rimanere anonimi, vivendo le loro vite senza essere disturbati dai loro obblighi morali verso la Parola di Dio e verso gli altri, nella testimonianza della loro fede.

Ma come diceva bene il mio pastore: “i cristiani non sono agenti segreti”!

Gesù disse:: “Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta, e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa.Matteo 5:14-15.

Giona non andò dove il Signore l’aveva mandato. Ma Dio gli mostrò, dandoci un esempio, che se non vai dove Dio vuole che tu vada, tu non stai andando da nessuna parte.

Un’altra riflessione.

Dobbiamo renderci conto che il modo nel quale rispondiamo alla chiamata di Dio avrà delle ripercussioni sulle vite della gente che si trova attorno a noi. Parenti, amici, madre, padre, coniuge, figli. Tutte le relazioni importanti della nostra vita saranno influenzate dal nostro essere o non essere obbedienti alla chiamata del Signore.

Credo sia particolarmente adatto in questo contesto quel nostro detto: “siamo tutti sulla stessa barca!”

Vi è un accordo silenzioso nella società di oggi sul fatto che tutto accade per caso. Le persone meno istruite reagiscono con una più o meno cosciente dipendenza dalla superstizione. I più istruiti mostrano un comportamento scettico.

Il cristiano deve dipendere dalla Parola di Dio. Perché come disse un mio carissimo amico: “Non è una coincidenza ma un disegno”.

Il cristiano sa che nulla accade per caso. Dio ha un piano.

La Bibbia dice: “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno.”, Romani 8:28.

E’ molto meglio seguire le direttive di Dio piuttosto che affidarci al nostro giudizio, facendo quello che pensiamo sia meglio o più comodo, visto che potremmo ritrovarci in delle circostanze dove non ci rimane altro che gridare a Dio. Perché è proprio questo che accadde a Giona.

Giona 1:10-16

“Allora quegli uomini furono presi da grande spavento e gli domandarono: “Perché hai fatto questo?” Quegli uomini infatti sapevano che egli fuggiva lontano dalla presenza del SIGNORE, perché egli li aveva messi al corrente della cosa.

Poi gli dissero: “Che dobbiamo fare di te perché il mare si calmi per noi?” Il mare infatti si faceva sempre più tempestoso.

Egli rispose: “Prendetemi e gettatemi in mare, e il mare si calmerà per voi; perché io so che questa gran tempesta vi piomba addosso per causa mia”.

Tuttavia quegli uomini remavano con forza per raggiungere la riva; ma non riuscivano, perché il mare si faceva sempre più tempestoso e minaccioso.

Allora gridarono al SIGNORE e dissero: “SIGNORE, non lasciarci perire per risparmiare la vita di quest’uomo e non accusarci del sangue innocente; poiché tu, SIGNORE, hai fatto come ti è piaciuto”.

Poi presero Giona, lo gettarono in mare e la furia del mare si calmò.

Allora quegli uomini furono presi da un grande timore del SIGNORE; offrirono un sacrificio al SIGNORE e fecero dei voti.”

La “follia” di Giona lo aveva condotto fino a quel punto. E, alla fine, volente o nolente, si ritrovò a dovere testimoniare di Dio a degli stranieri, che credettero persino alle sue parole. L’unico in vero pericolo finì per essere lui e lui soltanto.

Giona 2:1

“Il SIGNORE fece venire un gran pesce per inghiottire Giona: Giona rimase nel ventre del pesce tre giorni e tre notti.”

La Bibbia non parla qui di una balena e non ho idea da dove questa credenza sia originata. Si trattava di un “gran pesce”. Una balena, tecnicamente parlando, non è nemmeno un pesce. E’ stato detto che la Bibbia sia qui in errore perché dice che una balena ha inghiottito un essere umano intero, cosa impossibile. Ma di errata c’è soltanto l’idea di chi crede che la Bibbia parli di una balena, perché non è così.

Gesù parla di questa rocambolesca avventura! Leggiamo infatti nel Nuovo Testamento: “Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell’uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti”. Matteo 12:40.

Nelle parole di Gesù che cita Giona per nome e parla del dettaglio della sua incredibile circostanza, abbiamo un’ulteriore conferma dell’autenticità della narrazione che stiamo considerando. Questa autenticità è messa in discussione da alcuni studiosi, ma non me la sento di dare credito nemmeno al più grande degli studiosi a discapito dell’insegnamento del Signore!

Adesso, nel buio del ventre di un pesce, sperduto nel mezzo del mare, terrorizzato, scoraggiato, senza alcuna via di fuga, disperato, Giona comprende cosa aveva fatto e che l’unica cosa sensata che gli rimaneva da fare era cercare il Signore affinché lo perdonasse ed aiutasse.

Concludo questa meditazione con la preghiera di Giona. Spero che ci possa aiutare a meditare sulla condizione delle nostre vite adesso – prima di ritrovarci anche noi nel ventre del pesce! – e spingere a cercare di capire qual è la volontà di Dio per le nostre vite.

Alla fine tutto ciò che dobbiamo fare è essere un po’ meno come Giona e più come Gesù.

Giona capitolo 2

“Dal ventre del pesce Giona pregò il SIGNORE, il suo Dio, e disse:

“Io ho gridato al SIGNORE, dal fondo della mia angoscia, ed egli mi ha risposto; dalla profondità del soggiorno dei morti ho gridato e tu hai udito la mia voce.

Tu mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare; la corrente mi ha circondato, tutte le tue onde e tutti i tuoi flutti mi hanno travolto.

Io dicevo: “Sono cacciato lontano dal tuo sguardo! Come potrei vedere ancora il tuo tempio santo?”

Le acque mi hanno sommerso; l’abisso mi ha inghiottito; le alghe si sono attorcigliate alla mia testa.

Sono sprofondato fino alle radici dei monti; la terra ha chiuso le sue sbarre su di me per sempre; ma tu mi hai fatto risalire dalla fossa, o SIGNORE, mio Dio!

Quando la vita veniva meno in me, io mi sono ricordato del SIGNORE e la mia preghiera è giunta fino a te, nel tuo tempio santo.

Quelli che onorano gli idoli vani allontanano da sé la grazia;

ma io ti offrirò sacrifici, con canti di lode; adempirò i voti che ho fatto. La salvezza viene dal SIGNORE”.

E il SIGNORE diede ordine al pesce, e il pesce vomitò Giona sulla terraferma.”