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Il ritorno del Signore nella chiesa primitiva

di Giuseppe Guarino

(tratto ed adattato dal mio libro: “Il ritorno di Gesù”)

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Leggo cose incredibili sulle profezie bibliche.  Eppure l‘insegnamento della Chiesa primitiva è sopravvissuto in molti testi, facilmente reperibili oggi grazie a internet. E’ vero che vi sono opinioni contrastanti su alcuni dettagli (minori, a mio avviso), ma vi è un’unanime visione d’insieme nelle chiese evangeliche circa gli eventi che precederanno il ritorno di Gesù e questa visione rispecchia la fede della Chiesa cristiana fin dai suoi albori: smettiamo di imputare tutte le colpe del cristianesimo al Concilio di Nicea!

Questo articolo vuole dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio la coerenza dell’interpretazione “futuristica” delle Scritture  circa il ritorno di Gesù e la realtà della manifestazione dell’Anticristo che lo precederà.

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Questo libro non sostiene alcuna teoria nuova o interpretazioni sensazionalistiche della Parola di Dio.

La cosa più bella che qualcuno possa dire dei miei libri è che non vi è nulla di nuovo, nulla che già non si sapeva e che la Chiesa non abbia insegnato fin dalle origini. Abbiamo anche visto che quanto abbiamo detto è condiviso anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica – purtroppo poco conosciuto, se non ignorato del tutto, dai fedeli di quella confessione.

In questo paragrafo voglio dimostrare la continuità di quanto abbiamo detto qui con quello che insegnava la chiesa primitiva.

I cosiddetti “padri della Chiesa” sono di solito sopravvalutati – a mio avviso, ovviamente – dalla Chiesa Cattolica, ma allo stesso tempo troppo trascurati dalle altre confessioni. Credo che una saggia via di mezzo sia da preferire – come spesso accade nella vita.

Una cosa è certa: gli scritti dei cristiani dei primi secoli sono una preziosa testimonianza alla Verità, seconda sola al Nuovo Testamento.

Vediamo cosa hanno da dire questi antichi testimoni della nostra fede sul ritorno di Gesù e sugli eventi ad esso collegati.

1 Clemente risale al 95/96 d.C. Si tratta di una lettera scritta dalla chiesa di Roma a quella di Corinto. Qui vi rinveniamo l’attesa del ritorno di Gesù.

Ed egli ci preannuncia “Ecco, il Signore viene e la sua ricompensa con lui per rendere a ciascuno secondo le proprie opere”.

Il Didachè è uno dei miei scritti preferiti. Non si conosce esattamente la sua data di composizione, perché nell’antichità questa non veniva indicata. Alcuni, ed io concordo, pensano che questo scritto sia molto antico, almeno nella sua essenza. Vi è chi lo data nel 50 d.C., quindi contemporaneo degli scritti apostolici del Nuovo Testamento. Altri però si spingono oltre, nel primo secolo ed alcuni fino al 150 d.C.

Negli ultimi giorni i falsi profeti ed i corruttori abbonderanno, ed a causa di ciò le pecore saranno tramutate in lupi e l’amore diverrà odio. L’iniquità crescerà, e loro odieranno, perseguiteranno e si tradiranno a vicenda. E il seduttore del mondo apparirà come un figlio di Dio e farà segni e prodigi e la terra gli sarà data nelle mani e commetterà delle abominazioni come non ne sono state mai fatte prima. Tutta l’umanità sarà messa a dura prova e molti si apostateranno e periranno. Ma chi persevererà nella propria fede sarà salvato dal maledetto. E allora apparirà un segno della verità: prima il segno del cielo che si aprirà e quindi il segno del suono di una tromba e per terza cosa, la resurrezione dei morti, ma non di tutti, piuttosto, come è stato detto, il Signore verrà e tutti i suoi santi con lui. Quindi il mondo vedrà il Signore venire sulle nuvole del cielo”.

La chiesa primitiva aveva una visione molto sobria delle profezie bibliche, ma anche molto chiara. L’insegnamento era incentrato sull’attesa del ritorno del Signore e sul giudizio che sarebbe seguito – non è forse questo che leggiamo nella Scrittura!? Vi era inoltre questo accostamento fra il ritorno di Gesù e la comparsa dell’Anticristo che l’avrebbe di poco preceduto.

Non credo vi sia una confessione cristiana che non possa sottoscrivere quanto affermato dal Didachè sul ritorno di Gesù e questa continuità della fede credo che sia davvero importante. Non determinante, ma di sicuro non trascurabile.

La cosiddetta Epistola di Barnaba è stata composta in un qualche periodo fra il 70 ed il 135 d.C. Si tratta di uno scritto di straordinaria bellezza. Tra le tante belle testimonianze della fede cristiana leggiamo: “il giorno è vicino quando tutto perirà insieme al maligno. Il Signore è vicino con la sua ricompensa”.

Le citazioni le ho tratte da The Apostolic Fathers – Second Edition – Translated by J.B. Lightfoot and J.R. Harmer, Edited and Revised by Michael W. Holmes, Baker Book House, Second printing, August 1990. La traduzione dall’inglese è mia.

Gli scritti che ho citato fin qui fanno parte dei cosiddetti Padri Apostolici. Si tratta di una raccolta facilmente reperibile anche in lingua italiana. La consiglio a chi volesse approfondire la stupenda semplicità e forza della fede della Chiesa del primo e secondo secolo.

Nella seconda metà del secondo secolo cominciano le conversioni di intellettuali, che trovano nel cristianesimo una fede che riesce a rispondere alla domande più profonde degli uomini.  Questi intellettuali, una volta divenuti cristiani, diventano per inclinazione quasi naturale, degli apologeti, cioè dei difensori della fede cristiana in un mondo totalmente immerso in una cultura greco-pagana.

Giustino morì martire e visse fra il 110 ed il 165 d.C. Lui fu proprio un apologeta e lo fu sia con i pagani che con gli ebrei. Il suo “Dialogo con Trifone giudeo”, è un capolavoro che consiglio a tutti di leggere. Oltre questo, ci sono giunte due sue apologie. Traggo un brano dalla prima.

Visto quindi che noi proviamo che tutte le cose che sono già successe sono state predette dai profeti prima che avvenissero, noi dobbiamo per forza di cosa anche che allo stesso modo che le cose predette ma non ancora successe, sicuramente accadranno… Perché i profeti hanno predetto due sue venute: la prima, che è già avvenuta, quando è comparso come un uomo disprezzato e sofferente, ma la seconda quando, secondo la profezia, egli verrà dal cielo in gloria, insieme alle orde angeliche, quando anche resusciterà i corpi di tutti gli uomini che sono vissuti, e rivestirà coloro che ne sono degli di immortalità …

Ippolito visse fra il 170 ed il 236. Sebbene fosse originario dell’oriente si trasferì e visse a Roma. Egli scrisse un interessantissimo trattato sull’Anticristo.

Ippolito concorda sul fatto che per l’ultima delle settanta settimane profetiche di Daniele 9 sia riservato un avveramento futuro, scrivendo: “…l’ultima settimana che vi sarà alla fine del mondo intero”.

Non solo il suo scritto è utile, risulta addirittura prezioso; è anche molto bello. Questo è quanto egli afferma: “Due avventi del nostro Signore e Salvatore sono descritti dalle Scritture. Uno è la sua incarnazione, che è avvenuta senza onore a motivo della sua umiliazione, come Isaia ne aveva parlato tempo addietro… Ma la sua seconda venuta è annunciata come gloriosa, quando scenderà dal cielo con i suoi angeli, e nella gloria del Padre, come disse il profeta: ‘vedrete il Re in gloria’ e ‘io vidi uno come un Figlio dell’uomo che veniva con le nuvole del cielo’”. Ippolito cita Isaia 53:2-5, 33:17 e Daniele 7:13-14.

La fede della Chiesa oggi è la stessa della Chiesa di duemila anni fa. Non esistono denominazioni o confessioni, ma solo individui che vivono questa speranza ed altri che la trascurano – e ciò all’interno di tutte le chiese. Difatti, nella parabola delle dieci vergini – che rappresentano la chiesa al ritorno di Cristo – la metà viene colta di sorpresa, viene trovata impreparata, dalla seconda venuta del Signore come Re e Giudice di questo mondo.

Ireneo fu vescovo di Lione e visse fra il 120 ed il 202 d.C. La sua maestosa opera Contro le Eresie è un’apologia della fede autentica della Chiesa contro le dottrine gnostiche in ben cinque volumi. Sebbene la profezia non sia l’argomento principale del suo scritto, troviamo dei riferimenti al ritorno del Signore ed alle profezie connesse a quel evento.

Nel quinto libro leggiamo: “Anche Daniele, il quale attendeva con trepidazione la fine dell’ultimo regno, i dieci re, fra i quali il regno degli uomini sarebbe stato diviso, e fra i quali comparirà il figlio della perdizione, dichiara che le dieci corna sorgeranno dalla bestia, e che un altro piccolo corno sorgerà fra loro… per tre anni e sei mesi, tempo durante il quale egli regnerà sulla terra… Ora tre anni e sei mesi costituiscono la metà della settimana”.

Anche Ireneo riferiva l’avverarsi della profezia sull’ultima settimana di Daniele riferita al periodo subito precedente il ritorno di Gesù. La sua testimonianza è di particolare rilievo perché egli era stato discepolo di Policarpo, che aveva conosciuto personalmente l’apostolo Giovanni, autore dell’Apocalisse.

Le citazioni delle opere di Giustino, Ippolito ed Ireneo le ho tratte dall’opera in dieci volumi Ante-Nicene Fathers, Hendrickson Publishers, first printing 1994. La traduzione è mia.

Come ci si renderà conto facilmente, ho imparato dalla Chiesa primitiva la semplicità e la potenza di una fede viva e vera nella certezza della veridicità della Parola di Dio, che ci promette che un giorno Gesù ritornerà. Il resto sono dettagli, interessanti, ma spesso troppo enfatizzati e discussi fino ad estremi che mi sembra ci facciano perdere di vista l’oggetto autentico ed il senso delle profezie contenute nella Bibbia: “la testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia”. (Apocalisse 19:10)

Girolamo nacque nel 347 e morì nel 420 d.C. Il suo lavoro più famoso è la sua traduzione della Bibbia in latino, la cosiddetta Vulgata. Ma egli scrisse anche un commentario al libro di Daniele, che ho letto e studiato nella traduzione di Gleason L. Archer (1916-2004), pubblicato originariamente nel 1958 dalla Baker Book House. Il commentario di Girolamo è senza dubbio il migliore e più completo che io abbia mai letto sul libro di Daniele. Ed è, a mio avviso, anche il più autorevole.

Il suo commento ai capitoli due e sette di Daniele confermano quanto abbiamo detto in questo nostro studio.

Noi dobbiamo inoltre concordare con l’interpretazione tradizionale di tutti i commentatori della Chiesa Cristiana i quali affermano che alla fine del mondo, quando l’impero romano sarà stato distrutto, vi saranno dieci re che si spartiranno il mondo romano fra di loro. Quindi un undicesimo re comparirà… questi è l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, che si spingerà fino ad osare sedere nel tempio di Dio e innalzarsi come un Dio”.

Continua l’autorevole interprete: e i santi “… gli saranno dati nelle mani per un tempo, dei tempi e la metà di un tempo. ‘Tempo’ equivale ad ‘anno’. La parola  ‘tempi’, secondo la lingua ebraica (che ha anche il numero duale) rappresenta ‘due anni’. La metà di un anno significa ‘sei mesi’. Durante questo periodo i santi saranno in potere dell’Anticristo…”.

Questa la testimonianza della Chiesa delle origini. Questa la testimonianza e l’attesa della Chiesa da sempre: MARANATHA.

Non lasciamoci ingannare da chi ostenta solo sicurezza ma non proclama Verità, ma solo opinioni senza fondamento.

The book of Daniel, the Prophet

The book of Daniel is a fascinating piece of evidence of the divine inspiration of the Word of God.

In our Bibles it is found after Ezekiel, between the major and the minor prophets. But it is not like any of  the other prophetic books of the Old Testament. No wonder the Jewish Canon lists it among the Writings.

Daniel’s prophecies speak both of the first and of the second coming of the Messiah. The kingdom of heaven proclaimed in the first pages of our Gospels is a direct quotation of a concept found in Daniel 2. Jesus himself refers to this wonderful book and its author in his prophetic sermon aiming at his second coming. If we are interested in end-times prophecies, Daniel is the book we need to start with.

My commentary will be both prophetical and historical.

The attacks against the authenticity and historical accuracy of Daniel by the liberals are outdated and untenable when considered in the light of archeological findings of the XX century – though some still turn a deaf ear to evidence and continue to rely on obsolete theories to discredit this wonderful book.

The truth is very simple and scary for some: in Daniel we find a powerful witness of the inspiration of Scriptures!

I pray this book will be a blessing to many and strengthen their faith as we see the day of his return so evidently near – nearer than ever!

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from the book

DANIEL CHAPTER ONE

Daniel was a prophet, a true prophet of God.

He was born a Jew, from a noble or even royal family. His life of ease radically changed when, probably still a teen ager, in circa 606 BC, he was taken captive to Babylon by the great king of the empire, Nebuchadnezzar, to be trained and become a part of the State Administration of that great and ancient nation. He must have been chosen because of his qualities, that met the requirements for the Babylonian court. We know then that Daniel was quick to understand and gifted in all wisdom. Being faithful to God was another of his qualities. In fact, though in a foreign land, captive, Daniel did not forget about the God of his fathers and made up his mind to remain obedient to the Law of Moses, ready to face all the consequences.

The scared hostages were probably taken in procession through the city by the conquering king, along with the treasures looted in the temple of Jerusalem.

Daniel was not alone. Others were led captive with him. Children of rich, educated families; healthy, strong, good looking – the Babylonians would only take the best of everything back to their home. Three of his companions are mentioned: Hananiah, Mishael, and Azariah.

The first thing to do with the captives was to introduce them to the Babylonian culture and language. First of all: their names needed to be changed, probably to be more easily pronounced in the dialect of their new home. “ … Daniel, Belteshazzar; and Hananiah, Shadrach; and Mishael, Meshach; and Azariah, Abednego.

The change was also intended to glorify the pagan gods worshipped by the Babylonians. However, this and other attempts could not change the character of Daniel. He was immovable in his decision to follow God, his God, no matter what would happen to him. Then the three young Jewish men made up their mind they would not contaminate themselves with foods forbidden by the law, since it had been offered to idols. Daniel showed himself to be very wise too. He acted with sharp intelligence and convinced the chief of the eunuchs, Ashpenaz, that the king’s diet was not necessary for him and his friends.

Life has always been hard when you want to do right. Just like when you make up your mind to serve God and everyone else seems to want to test you, to see how far your faithfulness – and patience – can go.

Daniel is a great example for Christians. If a kid could make it, lost in a foreign country where he had been carried a prisoner, taking the risk of his own life to obey the Law of his God, Christians should have no right to complain. If he made it, with God’s help we can make it too, we can stay faithful when the trial comes.

We do not know what God has in store for us until we prove to be faithful servants. I am surely not the only one who would like to know in advance what the reward will be if I “do right.” Well, it does not work like this with God. And it makes sense, just as Jesus said: “He who is faithful in what is least is faithful also in much.” (Luke 16:10). As a matter of fact, it usually works like this both in everyday life as well as in the Kingdom.

Daniel was thus introduced to the Babylonian king and court. It was only the beginning of a long career. In fact, Daniel  continued to be (in the state administration) until the times of Cyrus, the Persian king.

The first chapter of Daniel always amazed me with the historical information it provides. It is evident how the vivid descriptions, the narrative, accurate to the smallest details, dates, people’s names, etc. can only be the result of personal experience. Those who fall victim to the deniers of this book’s authenticity need to know that increasing knowledge of the history of the time has always proven the case for Daniel.

Some believe there is a discrepancy between the dating of Daniel and that Jeremiah concerning the first siege of Jerusalem. It is called into question when referring to Daniel 1:1-2. The simple truth is that Jeremiah follows the Egyptian dating methods – because before Judah fell into the Babylonians’ influence, it was subdued by the Egyptians. And, as one would expect, Daniel follows the Babylonian calendar. No mistakes, no discrepancies.