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Il ritorno del Signore nella chiesa primitiva

di Giuseppe Guarino

(tratto ed adattato dal mio libro: “Il ritorno di Gesù”)

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Leggo cose incredibili sulle profezie bibliche.  Eppure l‘insegnamento della Chiesa primitiva è sopravvissuto in molti testi, facilmente reperibili oggi grazie a internet. E’ vero che vi sono opinioni contrastanti su alcuni dettagli (minori, a mio avviso), ma vi è un’unanime visione d’insieme nelle chiese evangeliche circa gli eventi che precederanno il ritorno di Gesù e questa visione rispecchia la fede della Chiesa cristiana fin dai suoi albori: smettiamo di imputare tutte le colpe del cristianesimo al Concilio di Nicea!

Questo articolo vuole dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio la coerenza dell’interpretazione “futuristica” delle Scritture  circa il ritorno di Gesù e la realtà della manifestazione dell’Anticristo che lo precederà.

***

Questo libro non sostiene alcuna teoria nuova o interpretazioni sensazionalistiche della Parola di Dio.

La cosa più bella che qualcuno possa dire dei miei libri è che non vi è nulla di nuovo, nulla che già non si sapeva e che la Chiesa non abbia insegnato fin dalle origini. Abbiamo anche visto che quanto abbiamo detto è condiviso anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica – purtroppo poco conosciuto, se non ignorato del tutto, dai fedeli di quella confessione.

In questo paragrafo voglio dimostrare la continuità di quanto abbiamo detto qui con quello che insegnava la chiesa primitiva.

I cosiddetti “padri della Chiesa” sono di solito sopravvalutati – a mio avviso, ovviamente – dalla Chiesa Cattolica, ma allo stesso tempo troppo trascurati dalle altre confessioni. Credo che una saggia via di mezzo sia da preferire – come spesso accade nella vita.

Una cosa è certa: gli scritti dei cristiani dei primi secoli sono una preziosa testimonianza alla Verità, seconda sola al Nuovo Testamento.

Vediamo cosa hanno da dire questi antichi testimoni della nostra fede sul ritorno di Gesù e sugli eventi ad esso collegati.

1 Clemente risale al 95/96 d.C. Si tratta di una lettera scritta dalla chiesa di Roma a quella di Corinto. Qui vi rinveniamo l’attesa del ritorno di Gesù.

Ed egli ci preannuncia “Ecco, il Signore viene e la sua ricompensa con lui per rendere a ciascuno secondo le proprie opere”.

Il Didachè è uno dei miei scritti preferiti. Non si conosce esattamente la sua data di composizione, perché nell’antichità questa non veniva indicata. Alcuni, ed io concordo, pensano che questo scritto sia molto antico, almeno nella sua essenza. Vi è chi lo data nel 50 d.C., quindi contemporaneo degli scritti apostolici del Nuovo Testamento. Altri però si spingono oltre, nel primo secolo ed alcuni fino al 150 d.C.

Negli ultimi giorni i falsi profeti ed i corruttori abbonderanno, ed a causa di ciò le pecore saranno tramutate in lupi e l’amore diverrà odio. L’iniquità crescerà, e loro odieranno, perseguiteranno e si tradiranno a vicenda. E il seduttore del mondo apparirà come un figlio di Dio e farà segni e prodigi e la terra gli sarà data nelle mani e commetterà delle abominazioni come non ne sono state mai fatte prima. Tutta l’umanità sarà messa a dura prova e molti si apostateranno e periranno. Ma chi persevererà nella propria fede sarà salvato dal maledetto. E allora apparirà un segno della verità: prima il segno del cielo che si aprirà e quindi il segno del suono di una tromba e per terza cosa, la resurrezione dei morti, ma non di tutti, piuttosto, come è stato detto, il Signore verrà e tutti i suoi santi con lui. Quindi il mondo vedrà il Signore venire sulle nuvole del cielo”.

La chiesa primitiva aveva una visione molto sobria delle profezie bibliche, ma anche molto chiara. L’insegnamento era incentrato sull’attesa del ritorno del Signore e sul giudizio che sarebbe seguito – non è forse questo che leggiamo nella Scrittura!? Vi era inoltre questo accostamento fra il ritorno di Gesù e la comparsa dell’Anticristo che l’avrebbe di poco preceduto.

Non credo vi sia una confessione cristiana che non possa sottoscrivere quanto affermato dal Didachè sul ritorno di Gesù e questa continuità della fede credo che sia davvero importante. Non determinante, ma di sicuro non trascurabile.

La cosiddetta Epistola di Barnaba è stata composta in un qualche periodo fra il 70 ed il 135 d.C. Si tratta di uno scritto di straordinaria bellezza. Tra le tante belle testimonianze della fede cristiana leggiamo: “il giorno è vicino quando tutto perirà insieme al maligno. Il Signore è vicino con la sua ricompensa”.

Le citazioni le ho tratte da The Apostolic Fathers – Second Edition – Translated by J.B. Lightfoot and J.R. Harmer, Edited and Revised by Michael W. Holmes, Baker Book House, Second printing, August 1990. La traduzione dall’inglese è mia.

Gli scritti che ho citato fin qui fanno parte dei cosiddetti Padri Apostolici. Si tratta di una raccolta facilmente reperibile anche in lingua italiana. La consiglio a chi volesse approfondire la stupenda semplicità e forza della fede della Chiesa del primo e secondo secolo.

Nella seconda metà del secondo secolo cominciano le conversioni di intellettuali, che trovano nel cristianesimo una fede che riesce a rispondere alla domande più profonde degli uomini.  Questi intellettuali, una volta divenuti cristiani, diventano per inclinazione quasi naturale, degli apologeti, cioè dei difensori della fede cristiana in un mondo totalmente immerso in una cultura greco-pagana.

Giustino morì martire e visse fra il 110 ed il 165 d.C. Lui fu proprio un apologeta e lo fu sia con i pagani che con gli ebrei. Il suo “Dialogo con Trifone giudeo”, è un capolavoro che consiglio a tutti di leggere. Oltre questo, ci sono giunte due sue apologie. Traggo un brano dalla prima.

Visto quindi che noi proviamo che tutte le cose che sono già successe sono state predette dai profeti prima che avvenissero, noi dobbiamo per forza di cosa anche che allo stesso modo che le cose predette ma non ancora successe, sicuramente accadranno… Perché i profeti hanno predetto due sue venute: la prima, che è già avvenuta, quando è comparso come un uomo disprezzato e sofferente, ma la seconda quando, secondo la profezia, egli verrà dal cielo in gloria, insieme alle orde angeliche, quando anche resusciterà i corpi di tutti gli uomini che sono vissuti, e rivestirà coloro che ne sono degli di immortalità …

Ippolito visse fra il 170 ed il 236. Sebbene fosse originario dell’oriente si trasferì e visse a Roma. Egli scrisse un interessantissimo trattato sull’Anticristo.

Ippolito concorda sul fatto che per l’ultima delle settanta settimane profetiche di Daniele 9 sia riservato un avveramento futuro, scrivendo: “…l’ultima settimana che vi sarà alla fine del mondo intero”.

Non solo il suo scritto è utile, risulta addirittura prezioso; è anche molto bello. Questo è quanto egli afferma: “Due avventi del nostro Signore e Salvatore sono descritti dalle Scritture. Uno è la sua incarnazione, che è avvenuta senza onore a motivo della sua umiliazione, come Isaia ne aveva parlato tempo addietro… Ma la sua seconda venuta è annunciata come gloriosa, quando scenderà dal cielo con i suoi angeli, e nella gloria del Padre, come disse il profeta: ‘vedrete il Re in gloria’ e ‘io vidi uno come un Figlio dell’uomo che veniva con le nuvole del cielo’”. Ippolito cita Isaia 53:2-5, 33:17 e Daniele 7:13-14.

La fede della Chiesa oggi è la stessa della Chiesa di duemila anni fa. Non esistono denominazioni o confessioni, ma solo individui che vivono questa speranza ed altri che la trascurano – e ciò all’interno di tutte le chiese. Difatti, nella parabola delle dieci vergini – che rappresentano la chiesa al ritorno di Cristo – la metà viene colta di sorpresa, viene trovata impreparata, dalla seconda venuta del Signore come Re e Giudice di questo mondo.

Ireneo fu vescovo di Lione e visse fra il 120 ed il 202 d.C. La sua maestosa opera Contro le Eresie è un’apologia della fede autentica della Chiesa contro le dottrine gnostiche in ben cinque volumi. Sebbene la profezia non sia l’argomento principale del suo scritto, troviamo dei riferimenti al ritorno del Signore ed alle profezie connesse a quel evento.

Nel quinto libro leggiamo: “Anche Daniele, il quale attendeva con trepidazione la fine dell’ultimo regno, i dieci re, fra i quali il regno degli uomini sarebbe stato diviso, e fra i quali comparirà il figlio della perdizione, dichiara che le dieci corna sorgeranno dalla bestia, e che un altro piccolo corno sorgerà fra loro… per tre anni e sei mesi, tempo durante il quale egli regnerà sulla terra… Ora tre anni e sei mesi costituiscono la metà della settimana”.

Anche Ireneo riferiva l’avverarsi della profezia sull’ultima settimana di Daniele riferita al periodo subito precedente il ritorno di Gesù. La sua testimonianza è di particolare rilievo perché egli era stato discepolo di Policarpo, che aveva conosciuto personalmente l’apostolo Giovanni, autore dell’Apocalisse.

Le citazioni delle opere di Giustino, Ippolito ed Ireneo le ho tratte dall’opera in dieci volumi Ante-Nicene Fathers, Hendrickson Publishers, first printing 1994. La traduzione è mia.

Come ci si renderà conto facilmente, ho imparato dalla Chiesa primitiva la semplicità e la potenza di una fede viva e vera nella certezza della veridicità della Parola di Dio, che ci promette che un giorno Gesù ritornerà. Il resto sono dettagli, interessanti, ma spesso troppo enfatizzati e discussi fino ad estremi che mi sembra ci facciano perdere di vista l’oggetto autentico ed il senso delle profezie contenute nella Bibbia: “la testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia”. (Apocalisse 19:10)

Girolamo nacque nel 347 e morì nel 420 d.C. Il suo lavoro più famoso è la sua traduzione della Bibbia in latino, la cosiddetta Vulgata. Ma egli scrisse anche un commentario al libro di Daniele, che ho letto e studiato nella traduzione di Gleason L. Archer (1916-2004), pubblicato originariamente nel 1958 dalla Baker Book House. Il commentario di Girolamo è senza dubbio il migliore e più completo che io abbia mai letto sul libro di Daniele. Ed è, a mio avviso, anche il più autorevole.

Il suo commento ai capitoli due e sette di Daniele confermano quanto abbiamo detto in questo nostro studio.

Noi dobbiamo inoltre concordare con l’interpretazione tradizionale di tutti i commentatori della Chiesa Cristiana i quali affermano che alla fine del mondo, quando l’impero romano sarà stato distrutto, vi saranno dieci re che si spartiranno il mondo romano fra di loro. Quindi un undicesimo re comparirà… questi è l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, che si spingerà fino ad osare sedere nel tempio di Dio e innalzarsi come un Dio”.

Continua l’autorevole interprete: e i santi “… gli saranno dati nelle mani per un tempo, dei tempi e la metà di un tempo. ‘Tempo’ equivale ad ‘anno’. La parola  ‘tempi’, secondo la lingua ebraica (che ha anche il numero duale) rappresenta ‘due anni’. La metà di un anno significa ‘sei mesi’. Durante questo periodo i santi saranno in potere dell’Anticristo…”.

Questa la testimonianza della Chiesa delle origini. Questa la testimonianza e l’attesa della Chiesa da sempre: MARANATHA.

Non lasciamoci ingannare da chi ostenta solo sicurezza ma non proclama Verità, ma solo opinioni senza fondamento.

Capire l’Apocalisse

CAPIRE L’APOCALISSE

di Giuseppe Guarino

“Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino. Ravvedetevi e credete all’evangelo” (Marco 1:15)

Altri libri sulle profezie bibliche

Il ritorno di Gesù: Ecco Egli viene con le nuvole ed ogni occhio lo vedrà (Apocalisse 1:7) di [Giuseppe Guarino]

 

CAPIRE L’APOCALISSE

di Giuseppe Guarino

Copyright © 2022 Giuseppe Guarino

Prefazione

Il vocabolo Apocalisse è una assimilazione in italiano della parola originale greca con cui inizia e che dà il titolo all’ultimo libro della Bibbia: αποκαλυψις. In realtà la sua traduzione sarebbe “Rivelazione”.

Non si tratta di un fenomeno isolato nel Nuovo Testamento. La parola Battista (βαπτιστὴς) riferita a Giovanni, battesimo (βάπτισμα) o battezzare (βαπτίζω), non sono l’esatta traduzione dei termini originali che sono molto descrittivi della modalità, l’immersione, e caratteristica principale proprio del battesimo.

Due parole importantissime che non sono state tradotte ma trasposte nella nostra lingua sono Messia, che viene dall’ebraico (משׁיח), e Cristo, che deriva dal greco (Χριστος). Entrambi i vocaboli significano “unto”.

Apocalisse è un bel vocabolo, con un bel suono, e non solo nella nostra lingua. Questo avrà contribuito ad ampliarne i significati nella nostra lingua, rendendolo quasi sinonimo di catastrofi, piaghe, sconvolgimenti naturali, la fine del mondo, ecc. Il genere “apocalittico” è l’insieme della letteratura assimilabile per contenuti all’Apocalisse e ad altri libri profetici del Nuovo Testamento.

La traduzione di “αποκαλυψις” dicevamo, è “rivelazione”. Ed è infatti così che di solito le versioni traducono il primo verso del libro.

La rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli ha dato per mostrare ai suoi servi le cose che devono avvenire…

 Il termine “rivelazione” ha in questo brano esattamente lo stesso significato che ha in italiano. Inutile andare a caccia dell’etimologia della parola greca, in quanto essa è ben presente nel vocabolo biblico e nella sua traduzione italiana.

Mentre riflettevo su come spiegarlo, pensavo ad una frase: “si è rivelato per quello che è”. Si utilizza per qualcuno che non mostra la sua vera natura e poi invece la manifesta: qualcosa di nascosto viene rivelato, mostrato.

Così è l’Apocalisse, è la rivelazione di cose future che non sappiamo e, se Dio non ce le rivelasse in anticipo, rimarrebbero nascoste fino al loro verificarsi. Dio non ci fa sapere tutto – impazziremmo! Ciò che ci fa conoscere, lo rivela non per soddisfare la nostra curiosità, ma perché ci ama e non ci vuole all’oscuro e confusi.

Questo libro ha la pretesa di volervi far capire l’Apocalisse. Con l’aiuto di Dio, con pazienza e amore, viaggeremo all’interno della Scrittura con questo preciso scopo.

Non vorrei scandalizzare il lettore, ma devo dirgli che il metodo di interpretazione che presento qui lo adottai per la prima volta quando ero ancora un adolescente. Mi venne spontaneo leggendo i vari brani profetici della Bibbia. Allora leggevo solo la Bibbia, per il semplice fatto che non avevo altri libri.

Dopo quarant’anni trovo ancora questo modo di procedere semplice e valido, e prego Dio che possa essere di benedizione per quanti leggeranno questo mio studio.

Quando è stata scritta l’Apocalisse?

Vi sono state e vi sono le più disparate proposte in merito alla data di questo libro. Ma la data più probabile, a mio avviso, è il 95 d.C., intuibile in base ad una citazione in Apocalisse 17 e confermata da alcune antiche autorità della Chiesa. Segnalerò il brano nel commento.

Vi sono alcuni, però, che retrodatano il libro al 68, 69 d.C. Possibile. Anche perché viene fatta esplicita menzione del tempio di Gerusalemme che, come sappiamo, invece, fu distrutto nel 70 d.C. da Tito e dal suo esercito.

Entrambe le date vanno bene e non cambiano di sicuro la sostanza dell’autenticità del libro e autorità giovannea.

Il luogo in cui il profeta ha avuto la visione è stato Patmos, un’isoletta del mare Egeo – Apocalisse 1:9. Nella visione viene subito dato l’ordine di scrivere e di inviare quanto scritto a sette chiese dell’Asia minore.

L’autore si presenta come Giovanni. Non vi sono motivi per ritenere che non si tratti dell’Apostolo amato, come sembra confermare anche la tradizione cristiana più antica ed affidabile.

Giustino martire nella metà del II secolo, nel suo “Dialogo con Trifone giudeo”, attribuisce l’Apocalisse all’apostolo Giovanni: “D’altra parte anche da noi un uomo di nome Giovanni, uno degli apostoli del Cristo, in seguito ad una rivelazione da lui avuta ha profetizzato che coloro che credono nel nostro Cristo avrebbero trascorso mille anni in Gerusalemme, dopo di che ci sarà la resurrezione generale e, in una parola, eterna, indistintamente per tutti, e quindi il giudizio. Ne ha parlato anche il Signore nostro dicendo: “Non prenderanno moglie né marito, ma saranno uguali agli angeli essendo figli del Dio della resurrezione” Giustino martire, Il dialogo con Trifone e le due apologie, Infinity Books, p.122.

Ancora più significativa la testimonianza di Ireneo, vescovo di Lione (130-202 d.C.) il quale informa i suoi lettori che l’Apocalisse è stata composta verso la fine del regno di Domiziano (siamo quindi al 95 d.C. che ho proposto come data più probabile) e l’apostolo Giovanni ne è l’autore. La testimonianza di Ireneo è particolarmente rilevante in quanto aveva conosciuto di persona Policarpo, vescovo di Smirne, che aveva conosciuto l’apostolo Giovanni in persona.

Non ho utilizzato una sola versione della Bibbia in particolare. Cito la Nuova Diodati e la Nuova Riveduta indistintamente. Ogni versione ha pregi e difetti e, soprattutto, riesce utile nel momento della lettura o dello studio in base al metodo di traduzione adottato. La Nuova Diodati mi piace perché letterale. La Nuova Riveduta gode di particolare credito fra i fratelli e quindi la cito, sebbene spesso nel suo lanciarsi al di là della letteralità del testo, non sempre coglie nel segno, o meglio, non sempre opta per la scelta (un traduttore ne ha sempre diverse davanti) che più condivido.

Non ritengo utile o produttivo procedere ad una indagine critica del testo dell’Apocalisse per confermare quanto la tradizione cristiana ci tramanda, né ad una indagine approfondita del suo testo greco, sebbene ne sia tentato. Uscirei fuori tema. Metto da parte anche la tentazione di soffermarmi sulla meravigliosa e profonda cristologia di questo libro – perché ci vorrebbe un libro a parte.

Lo scopo di questo studio è indagare sul contenuto di Apocalisse e in questo ricevere le benedizioni promesse (Apocalisse 1:3) a chi legge, a chi ascolta e a chi serba in cuor suo le parole scritte in questo meraviglioso ultimo libro della Bibbia.

Voglio iniziare questo mio libro proprio citando per esteso la fine di Apocalisse, le ultime parole che sono echeggiate nelle sette chiese prime destinatarie di questo straordinario scritto, le parole che molto probabilmente riassumono il senso di tutto, come deve fare un epilogo degno di questo nome che mira a rimanere impresso nella mente del lettore e dell’ascoltatore.

6Poi mi disse: “Queste parole sono fedeli e veritiere; e il Signore, il Dio degli spiriti dei profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra poco”. 7“Ecco, sto per venire. Beato chi custodisce le parole della profezia di questo libro”.8Io, Giovanni, sono quello che ha udito e visto queste cose. E, dopo averle viste e udite, mi prostrai ai piedi dell’angelo che me le aveva mostrate, per adorarlo.9Ma egli mi disse: “Guàrdati dal farlo; io sono un servo come te e come i tuoi fratelli, i profeti, e come quelli che custodiscono le parole di questo libro. Adora Dio!”10Poi mi disse: “Non sigillare le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino.11Chi è ingiusto continui a praticare l’ingiustizia; chi è impuro continui a essere impuro; e chi è giusto continui a praticare la giustizia, e chi è santo si santifichi ancora”. 12“Ecco, sto per venire e con me avrò la ricompensa da dare a ciascuno secondo le sue opere. 13Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine. 14Beati quelli che lavano le loro vesti per aver diritto all’albero della vita e per entrare per le porte della città! 15Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna. 16Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per attestarvi queste cose in seno alle chiese. Io sono la radice e la discendenza di Davide, la lucente stella del mattino”. 17Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni”. E chi ode, dica: “Vieni”. Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita. 18Io lo dichiaro a chiunque ode le parole della profezia di questo libro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro; 19se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell’albero della vita e della santa città che sono descritti in questo libro. 20Colui che attesta queste cose, dice: “Sì, vengo presto!” Amen! Vieni, Signore Gesù! 21La grazia del Signore Gesù sia con tutti”

(Apocalisse 22:6-21). 

 

Capitolo 1

La Scrittura interpreta la Scrittura

L’Apocalisse è il libro più difficile da comprendere che troviamo nel Nuovo Testamento. Mentre poi per gli altri libri della Scrittura abbiamo delle interpretazioni più o meno affermate, per questo non esiste in realtà un approccio univoco. Vi sono varie scuole di pensiero, ma nessuna è riuscita a guadagnarsi una misura di consenso tale da fare veramente scuola.

La interpretazione futuristica è fondamentalmente quella più comune a molte confessioni evangeliche, ma qui comincia e qui finisce spesso il punto in comune fra le diverse interpretazioni.

“Perché?” ci chiediamo. E ancora: “Questo fatto deve scandalizzarci?”.

Le profezie bibliche sono una buona porzione della Scrittura, nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Molte si sono adempiute nel Cristo, quando si fece uomo. Alcune erano state ben comprese dal clero giudaico.

Matteo 2:3-6: “Udito questo, il re Erode fu turbato, e tutta Gerusalemme con lui. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informò da loro dove il Cristo doveva nascere. Essi gli dissero: “In Betlemme di Giudea; poiché così è stato scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto la minima fra le città principali di Giuda; perché da te uscirà un principe, che pascerà il mio popolo Israele” “.

Molte altre profezie, però, non erano state comprese. Alcune addirittura non erano state nemmeno identificate come tali.

E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, (Gesù) spiegò loro (ai discepoli) in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano” (Luca 24:27).

Essendo Gesù morto e risorto, secondo quanto era stato preannunciato dai profeti, essendone stato testimone, adesso consapevole, Pietro proclamò il Vangelo nel giorno della Pentecoste, basandosi proprio su quelle Scritture che non erano state capite ma che ora erano divenute per tutti comprensibili, in quanto avveratisi sotto gli occhi di tutto il popolo. Conosciamo tutti la meravigliosa esposizione di Pietro in Atti 2:14-41.

Ad esempio, non era stato compreso che il Cristo sarebbe morto e risorto. Ma adesso per Pietro era chiaro, Gesù stesso glielo aveva spiegato e lui ne era stato personalmente testimone:

“Fratelli, si può ben dire liberamente riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto; e la sua tomba è ancora al giorno d’oggi tra di noi. Egli dunque, essendo profeta e sapendo che Dio gli aveva promesso con giuramento che sul suo trono avrebbe fatto sedere uno dei suoi discendenti, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò dicendo che non sarebbe stato lasciato nel soggiorno dei morti, e che la sua carne non avrebbe subito la decomposizione.  Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato; di ciò, noi tutti siamo testimoni.” (Atti 2:29-32).

Se cose così importanti non furono comprese dagli uomini di Dio fino alla loro meravigliosa realizzazione, perché preoccuparci se non tutto ci è chiaro in un libro così oggettivamente complesso come l’Apocalisse?

Sebbene comunque i dettagli, a mio avviso, non saranno compresi appieno fino a quei giorni terribili che vengono descritti nell’ultimo libro delle nostre Bibbie, io sono convinto che, per grandi linee, possiamo avere un’idea di ciò che lì si descrive e del messaggio fondamentale che vuole lasciare ad ogni credente.

La realtà dei fatti è che la nostra cultura ci influenza in maniera determinante. La nostra ossessione per la cronologia – che è evidente, in particolare in italiano, dai ricchi dettagli dei nostri verbi – il nostro bisogno di identificare ogni cosa riconducendola alla nostra esperienza personale e alla nostra quotidianità, limita una comprensione alternativa, che a volte è necessaria davanti a certi passaggi della Scrittura, e che deve essere alimentata dalla riverenza per i brani biblici, ognuno scrigno di meravigliosi significati.

Indubbiamente ogni passo della Scrittura ha una sua interpretazione univoca.

Ma la Bibbia è un libro speciale, spirituale.

Il giorno della Pentecoste Pietro annunciò il Vangelo con potenza e coloro che lo ascoltavano lo udirono ciascuno nella propria lingua. Solo la Parola di Dio può compiere questo miracolo. E non lo vediamo spesso compiere nelle nostre chiese quando l’uomo di Dio illustra la Scrittura ed è guidato dello Spirito Santo e ciascuno di noi che apriamo le nostre orecchie spirituali – e il cuore – riceviamo un messaggio personale, che ci riguarda in maniera unica: come se quella stessa Parola predicata parlasse ad ognuno nel linguaggio segreto del suo proprio cuore, per comunicargli ciò di cui ha bisogno.

Possiamo allo stesso modo leggere la Scrittura e capirne un senso spirituale; esserne benedetti, lasciare che parli al nostro cuore in maniera incomprensibile, anche se non siamo in grado di tradurre ciò che essa vuole dire nei termini di una spiegazione (interpretazione o applicazione che sia) razionale e riferita alla nostra quotidianità.

Ricordiamo sempre: troppa luce può finire per accecarci. Godiamo della giusta quantità di luce che Dio dà a ciascuno di noi per illuminarci – forse anche un po’ di più finirebbe solo per accecarci, confonderci e disorientarci.

Detto ciò, parliamo dell’interpretazione dell’Apocalisse.

Non credo di essere il solo ad aver capito che per aver chiaro cosa dice l’Apocalisse bisogna aver chiaro cosa dicono i profeti dell’Antico Testamento e in particolare il libro di Daniele.

 

Capitolo 2

Tre anni e mezzo

Perché proprio il libro di Daniele?

“Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d’uomo; egli giunse fino al vegliardo e fu fatto avvicinare a lui; gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto” (Daniele 7:13-14).

Questa visione descrive il Messia trionfante che regna per sempre. Gesù riferisce questo brano biblico al suo ritorno in gloria.

“Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno scrollate. Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all’altro dei cieli” (Matteo 24:29-31).

Gesù dice apertamente che ciò accadrà “dopo la tribolazione di quei giorni”.

Torniamo in Daniele. Qui la visione viene interpretata da un angelo, che dice:

“La quarta bestia è un quarto regno sulla terra, diverso da tutti i regni, che divorerà tutta la terra, la calpesterà e la frantumerà. Le dieci corna sono dieci re che sorgeranno da questo regno; e dopo quelli, sorgerà un altro re, che sarà diverso dai precedenti e abbatterà tre re. Egli parlerà contro l’Altissimo, affliggerà i santi dell’Altissimo, e si proporrà di mutare i giorni festivi e la legge; i santi saranno dati nelle sue mani per un tempo, dei tempi e la metà d’un tempo. Poi si terrà il giudizio e gli sarà tolto il dominio; verrà distrutto e annientato per sempre. Allora il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutte le potenze lo serviranno e gli ubbidiranno” (Daniele 7:23-27).

Apprendiamo, quindi, che vi sarà un periodo che precederà l’avvento del Messia che vedrà l’exploit di un “regno” al capo del quale vi sarà un individuo che perseguiterà i santi, i credenti. Questo ultimo periodo della storia dell’umanità durerà: “un tempo, dei tempi e la metà di un tempo”.

In italiano non abbiamo il duale. In altre lingue si e fra queste l’originale ebraico/aramaico di Daniele. Quindi “un tempo” equivale ad un anno, “dei tempi”, sono due anni e “la metà di un tempo” sono sei mesi. Questo tempo di sofferenza che precederà il ritorno del Cristo sarà quindi di tre anni e mezzo.

Abbiamo qui una chiave di lettura molto importante per capire il “quando” degli eventi descritti nell’Apocalisse. Infatti, tutte le cose terribili che vengono lì descritte, accadono in un periodo ben preciso, descritto con terminologie diverse e in più punti del libro.

“Ma alla donna furono date le due ali della grande aquila affinché se ne volasse nel deserto, nel suo luogo, dov’è nutrita per un tempo, dei tempi e la metà di un tempo, lontana dalla presenza del serpente” (Apocalisse 12:14).

La donna del capitolo 12 di Apocalisse è Israele. (Alcuni dicono sia la Chiesa, ma è così. Ne parleremo più avanti). La donna viene perseguitata come è scritto in Daniele 7, per un periodo che è lo stesso: “un tempo, dei tempi e la metà di un tempo”. Ma questa espressione copre davvero un periodo di tre anni e mezzo come abbiamo supposto interpretando Daniele?

Sembra che l’autore dell’Apocalisse immagini che qualche dubbio sarebbe nato nei fruitori del suo testo, per la maggior parte non ebrei. Per questo troviamo diversi modi di indicare questo lasso di tempo, e ciò toglie ogni dubbio.

“… ma il cortile esterno del tempio, lascialo da parte, e non lo misurare, perché è stato dato alle nazioni, le quali calpesteranno la città santa per quarantadue mesi” (Apocalisse 11:2).

“E le fu dato potere di agire per quarantadue mesi” (Apocalisse 13:5).

Quarantadue mesi sono proprio tre anni e mezzo: 12 + 12 + 12 + 6.

E se non fossimo ancora convinti.

Io concederò ai miei due testimoni di profetizzare, ed essi profetizzeranno vestiti di sacco per milleduecentosessanta giorni”: 360 + 360 + 360 + 180 = 1260. Come vediamo qui i giorni dell’anno vengono arrotondati (come accade nell’ “anno commerciale”) o comunque il tempo del ministero di questi due testimoni sarà di poco inferiore ai tre anni e mezzo del nostro calendario, che corrispondono a 1278 giorni se non vi sono in mezzo anni bisestili.

Vediamo come meravigliosamente la Scrittura interpreta la Scrittura?

Ora cerchiamo di applicare ciò che abbiamo imparato raffrontando Daniele, Matteo 24:29-31 e Apocalisse.

Poco prima del ritorno di Cristo vi sarà un regno:

“diverso da tutti i regni, che divorerà tutta la terra, la calpesterà e la frantumerà” (Daniele 7:23).

Esso agirà contro il popolo di Dio:

“Egli parlerà contro l’Altissimo, affliggerà i santi dell’Altissimo, e si proporrà di mutare i giorni festivi e la legge; i santi saranno dati nelle sue mani per un tempo, dei tempi e la metà d’un tempo. Poi si terrà il giudizio e gli sarà tolto il dominio; verrà distrutto e annientato per sempre. Allora il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutte le potenze lo serviranno e gli ubbidiranno” (Daniele 7:25-26). 

Esso agirà per tre anni e mezzo.

Alla fine di quel periodo, il Figlio dell’uomo con i santi riceveranno il regno.

“ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d’uomo” […] al quale “furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto” (Daniele 7:13-14).

Gesù conferma che ciò parla della sua venuta alla fine dei tempi, quando tornerà per regnare.

“Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all’altro dei cieli” (Matteo 24:30-31). 

Alle sue parole fanno eco quelle dell’Apocalisse.

“Ecco, egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno lamenti per lui. Sì, amen” (Apocalisse 1:7).

Vediamo che meravigliosa armonia nella Scrittura?

Per costruire una solida esegesi, per capire un testo biblico, dobbiamo prima trovare i punti fermi, i pilastri, nel contesto dell’intera Rivelazione, sui quali poggiare la nostra interpretazione.

Quindi, un periodo di tre anni e mezzo vedrà un regno perseguitare i santi, ma alla fine il Cristo che ritorna lo distruggerà e, proprio con i suoi santi, comincerà a regnare.

 

Capitolo 3

Le Settanta Settimane di Daniele

Ho scritto più volte sulle Settanta settimane, la meravigliosa profezia che troviamo al capitolo 9 del libro del profeta Daniele. Non si tratta di un brano di facile lettura, ma la sua comprensione sarà molto importante per la maniera in cui stiamo procedendo nell’analisi del libro dell’Apocalisse. Si dimostrerà un tassello prezioso del quadro che stiamo provando ad illustrare.

Innanzi tutto diciamo che l’oggetto di questa profezia è un periodo di 490 anni e che il soggetto è il popolo di Israele e la santa città, Gerusalemme:

“Settanta settimane sono stabilite per il tuo popolo e la santa città” (Daniele 9:24).

Il collegamento con il libro dell’Apocalisse è evidente nel fatto che “…l’ultima settimana che vi sarà alla fine del mondo intero”, cioè gli ultimi sette anni di questa profezia sono proprio quelli narrati nel libro dell’Apocalisse. La citazione che ho ripreso qui sopra è tratta dal testo di un autore cristiano che visse fra il 170 e il 236 d.C., Ippolito, il quale ha commentato il libro di Daniele. Egli ha anche scritto un libro intitolato “Su Cristo e l’Anticristo”. Ciò per dire che l’interpretazione messianica di queste Scritture è propria della Chiesa già dagli albori.

Andiamo a vedere in dettaglio la profezia di Daniele e colleghiamola al libro dell’Apocalisse.

La profezia delle cosiddette Settanta Settimane è celebrata come una delle più stupende prove dell’ispirazione della Scrittura da alcuni, sottoposta ad ogni tipo di attacco per trovare una spiegazione alternativa all’intervento soprannaturale dello Spirito Santo da altri. Essa è particolarmente importante per noi cristiani. Infatti è una delle più straordinarie predizioni dell’Antico Testamento che ci conferma che Gesù è veramente il Messia promesso.

Il testo dalla Nuova Diodati:

24Settanta settimane sono stabilite per il tuo popolo e per la tua santa città, per far cessare la trasgressione, per mettere fine al peccato, per espiare l’iniquità, per far venire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo.

25Sappi perciò e intendi che da quando è uscito l’ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme fino al Messia, il principe, vi saranno sette settimane e altre sessantadue settimane; essa sarà nuovamente ricostruita con piazza e fossato, ma in tempi angosciosi.

26Dopo le sessantadue settimane il Messia sarà messo a morte e nessuno sarà per lui. E il popolo di un capo che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine verrà con un’inondazione, e fino al termine della guerra sono decretate devastazioni. 27Egli stipulerà pure un patto con molti per una settimana, ma nel mezzo della settimana farà cessare sacrificio e oblazione; e sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore, finché la totale distruzione, che è decretata, sarà riversata sul devastatore»”. (Daniele 9:24-27)

Perché utilizzo la versione Nuova Diodati anziché la Nuova Riveduta? Se leggete quest’ultima versione, la scelta di tradurre “un unto” piuttosto che “il Messia”, come fanno Diodati e la Nuova Diodati, è forse tecnicamente corretta, ma mette fuori strada il lettore comune, non facendogli percepire che ci troviamo davanti ad una profezia messianica. Ciò facendo la Nuova Riveduta non rende giustizia al senso del testo biblico, schiaccia l’occhio ad una certa visione liberale di questo brano in particolare e, quindi, rinnega un’interpretazione che ha riguardato la Chiesa dall’apostolo Giovanni in avanti.

Esaminiamo la profezia frase per frase, sebbene non scenderemo in dettagli non necessari ai nostri scopi.

Settanta settimane sono stabilite

La parola ebraica originale qui tradotta con “settimane” indica in realtà un “gruppo di sette” in senso generico, come nella nostra lingua una “diecina” indica un raggruppamento di dieci, o “dozzina” un raggruppamento di dodici elementi. Basta dare un’occhiata ad altre parti dell’Antico Testamento per avere la certezza che in questo brano “settanta settimane” significa “settanta volte un gruppo di sette anni”, in parole povere 490 anni. (Vedi Levitico 25:8 e Genesi 29:26-28).

per il tuo popolo e per la tua santa città

Il soggetto della profezia è il popolo di Dio, Israele e la città di Gerusalemme. Gli errori di molti nell’interpretazione di questo brano vengono dal fatto che tralasciano questo dettaglio e riferiscono gli eventi predetti ad altri che non siano Israele e Gerusalemme.

per far cessare la trasgressione, per mettere fine al peccato, per espiare l’iniquità, per far venire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo.

È ovvio che il punto finale della profezia sia l’avvento del regno di Dio promesso nelle Scritture ebraiche. È il punto di arrivo anche per le altre profezie contenute in Daniele, al capitolo 2 e 7.

Sappi perciò e intendi che da quando è uscito l’ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme fino al Messia, il principe, vi saranno sette settimane e altre sessantadue settimane;

La profezia cita qui un evento storico ben preciso, inequivocabilmente richiamato nella stessa Scrittura, nei primi capitoli del libro di Neemia. Fu infatti il re persiano Artaserse che permise la ricostruzione della città di Gerusalemme. Siamo intorno all’anno 445 a.C. Sessantanove settimane di anni separano quindi gli ordini impartiti da Artaserse fino alla comparsa del Messia, il Principe. Sessantanove settimane (69×7=483) equivalgono a 483 anni.

Non facciamoci prendere dalla tentazione di perderci in calcoli in questa sede totalmente ininfluenti. Computando 483 anni dal 445 a.C., giungiamo comunque nella terza decade del primo secolo d.C. Senza affaticarci troppo nel cercare un adempimento matematico all’interno del nostro calendario (Gregoriano) possiamo dire che l’avverarsi della profezia in Cristo Gesù è comunque certa. Infatti è sotto gli occhi di tutti che nel periodo individuato dalla profezia, non vi è stato nessun altro individuo al quale sia stato con altrettanto consenso attribuito il titolo di Messia – o Cristo, che è la traduzione in greco del termine ebraico – come è avvenuto per Gesù di Nazareth.

È meraviglioso contemplare con quanta precisione le Scritture abbiano previsto l’arrivo del Messia!

essa sarà nuovamente ricostruita con piazza e fossato, ma in tempi angosciosi.

La città di Gerusalemme venne ricostruita con grande difficoltà. Era stata distrutta dal re babilonese Nabucodonosor nel 586 a.C. Il re persiano Ciro che aveva in seguito invaso e conquistato la Babilonia, aveva promulgato un editto con il quale aveva permesso il rientro in patria ai popoli deportati dalla furia babilonese. Fra questi vi era anche il popolo ebraico. Ma fu, anni dopo, l’editto di Artaserse, che ho già citato, a consentire ad Israele di riedificare la città. È ancora nel libro di Neemia che apprendiamo delle difficoltà che Israele dovette affrontare per ricostruire la propria capitale e riappropriarsi della propria identità di nazione.

Dopo le sessantadue settimane il Messia sarà messo a morte e nessuno sarà per lui.

Poco tempo dopo l’inizio del suo ministero, circa tre anni dopo il suo battesimo, Gesù dichiara apertamente di essere il Messia, entrando in Gerusalemme con tutti gli onori regali ed avverando brani specifici delle Scritture come chiaro segno messianico per gli uomini del suo tempo. Il risultato è la sua reiezione. Nessuno infatti difenderà la sua causa davanti alle autorità ebraiche e romane. L’arresto di Gesù fu illegale, illegale il suo processo e, sebbene nessuna sua colpa fosse dimostrabile, venne condannato a morte e la sentenza venne eseguita con grandissima premura.

Anche questa parte della profezia delle Settanta Settimane si è già adempiuta alla lettera!

E si può essere adempiuta solo in Gesù, in quanto, come è storicamente risaputo, in quel periodo non è nota l’ingiusta condanna a morte di alcun altro “Messia”.

E il popolo di un capo che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine verrà con un’inondazione, e fino al termine della guerra sono decretate devastazioni

Ancora un altro adempimento straordinario.

Un solo evento storico può infatti riferirsi a questa profezia: la distruzione della città e del tempio ad opera dell’esercito romano condotto dal futuro imperatore Tito nel 70 d.C.

Il tempio e la città di Gerusalemme sono stati distrutti solo due volte nella storia dello stato di Israele: nel 586 a.C., come abbiamo detto, e nel 70 d.C. Chi cerca di spiegare in altro modo le parole di questa profezia lo fa quasi, mi azzarderei a dire, per disperazione, per paura di dover ammettere la natura soprannaturale della Parola di Dio e per conseguenza la sua autorità spirituale. La distruzione di Gerusalemme si è verificata proprio dopo l’uccisione e la reiezione del Messia, come è stato anticipato a Daniele quasi cinquecento anni prima che ciò accadesse.

Sono da anni un appassionato studioso di storia antica. Inoltre da piccolo ero letteralmente innamorato della matematica, a tal punto che ne studiavo dei libri per conto mio e facevo esercizi di algebra la domenica pomeriggio per passare il tempo. Da un punto di vista squisitamente storico e matematico, io sostengo – aspetto di essere smentito – che la probabilità che altri eventi storici, dei quali tra l’altro si sarebbe persa la memoria, possano soddisfare tutti i dettagli di questa profezia, già avveratisi perfettamente con gli eventi sopra descritti che confermano che Gesù è il Messia, è teoricamente e praticamente uguale a ZERO.

Da questo punto in avanti, la profezia descrive eventi che sono anche per noi futuri e che avranno luogo poco prima del ritorno del Signore Gesù, da lui stesso promesso ai credenti.

Egli stipulerà pure un patto con molti per una settimana, ma nel mezzo della settimana farà cessare sacrificio e oblazione; e sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore, finché la totale distruzione, che è decretata, sarà riversata sul devastatore.

Adesso domando la totale attenzione del lettore.

Dal testo capiamo che un certo individuo stipulerà un patto con il popolo di Israele. Chi è? “Egli” va inteso come il “capo che verrà” citato al verso precedente, quando è detto che il suo popolo, i romani, avrebbero distrutto città e tempio di Gerusalemme.

Egli è il primo cavaliere dell’Apocalisse. La sua ascesa segnerà l’inizio degli ultimi sette anni visti profeticamente da Daniele.

“Guardai e vidi un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava aveva un arco; e gli fu data una corona, ed egli venne fuori da vincitore, e per vincere” (Apocalisse 6:2).

A metà dei sette anni questo individuo farà cessare il sacrificio offerto in base al culto ebraico nel tempio di Gerusalemme e profanerà personalmente il tempio finché non verrà distrutto.

Quindi arriverà la giustizia eterna, si avvereranno visione e profezia, e il tempio di Gerusalemme, mediante l’unzione del luogo santissimo, verrà consacrato durante il regno del Messia, il Cristo vittorioso, che distruggerà personalmente questo nemico del suo popolo che ha osato profanare il tempio di Dio e perseguitare il suo popolo.

Questa profezia riguarda il popolo di Israele e la città di Gerusalemme. Abbiamo letto al verso 24 la premessa: “Settanta settimane sono stabilite per il tuo popolo e per la tua santa città”.

La profezia non riguarda la Chiesa. Questo spiega il lungo silenzio ed è per questo che gli ultimi sette anni riguardano la persecuzione finale contro Israele, che avrà luogo immediatamente prima della manifestazione del Messia che ancora oggi Israele attende.

In questa prospettiva sono davvero meravigliose le parole dello studioso ebreo Pincas Lapide che riporto spesso quando parlo di profezie bibliche.

“… dato che nessun ebreo sa chi sia il Messia venturo, mentre voi credete di conoscere con sicurezza la sua identità, io non potrò opporre alla vostra certezza un ‘no’, ma soltanto un modesto punto interrogativo. Sono dunque disposto ad attendere che venga colui che deve venire, e se questi fosse Gesù di Nazaret ritengo che nemmeno un ebreo che creda in Dio avrebbe la benché minima obiezione da muovere”. Pinchas Lapide e Jurgen Moltmann, Monoteismo ebraico – dottrina trinitaria cristiana, Queriniana, p.71”.

Capitolo 4

Le cose che hai visto, quelle che sono e quelle che accadranno

Alla luce di quanto abbiamo detto è chiaro che l’Apocalisse tratta di eventi non ancora accaduti, è uno sguardo a ciò che anche per noi oggi – almeno mentre scrivo questo studio – è futuro.

Del resto non si sono avverate molte altre profezie bibliche dell’Antico Testamento e anche del Nuovo che concernono il ritorno di Cristo e gli eventi che lo precederanno.

L’Apocalisse possiede una chiave di lettura molto semplice. A Giovanni infatti, viene detto apertamente:

“Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle che sono e quelle che devono avvenire in seguito” (Apocalisse 1:19)

Questo schema è talmente semplice che è facilissimo dividere i contenuti del libro in tre parti.

Le cose che hai visto – la visione Capitolo 1
Le cose che sono – il  presente Capitoli 2 e 3
Le cose che devono avvenire in seguito – il futuro Capitoli da 4 a 22

La Nuovissima Versione della Bibbia, un’edizione cattolica, nella versione, per il libro dell’Apocalisse, di Angelo Lancellotti, traduce così: “Metti in iscritto le cose che vedrai, sia quelle riguardanti il presente, come quelle che accadranno dopo di esse”. Non è di certo una traduzione letterale, ma la riporto perché, sebbene questo traduttore sia per un approccio razionalistico al testo dell’Apocalisse, si trova costretto a dover tradurre ciò che il testo dice: le parole della profezia sono riservate ad un tempo futuro rispetto a quando Giovanni ha la sua visione a Patmos, nel 95-96 d.C.

Leggiamo insieme il primo capitolo dell’Apocalisse – “le cose che hai visto” citate per prime nell’ordine della visione avuta da Giovanni.

Non facciamoci intimidire dalla complessità del testo, ma gioiamo per ciò che capiamo, cercando di custodire quanto ci è oscuro per quando riusciremo a capire di più.

La Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli ha dato per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere rapidamente e che egli ha fatto conoscere, mandandola per mezzo del suo angelo, al suo servo Giovanni, 2il quale ha testimoniato la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, e tutte le cose che ha visto.

La parola Rivelazione è la traduzione di quella greca, ᾿Αποκάλυψις (si legge Apocalipsis) che, traslitterata, ha dato origine al nome in italiano di questo libro che ci è più familiare, Apocalisse. In senso “apocalittico”, termine ormai divenuto tecnico per questo genere letterario, Rivelazione implica una visione e la sua interpretazione e possiamo ricollegarlo già alle parole del profeta Daniele: “c’è un Dio nel cielo che rivela i misteri” (Daniele 2:28).

Le parole che aprono Apocalisse vanno intese proprio in questo senso. Tipica del genere apocalittico è anche la presenza di un angelo che guida colui che ha la visione e spiega gli eventi che si susseguono.

Difficile pensare che il Giovanni qui menzionato non sia l’apostolo, come fanno alcuni. Quando tempo fa investigai la cosa, rimasi colpito dalle prove rintracciabili nella chiesa antica a conferma di tale attribuzione – alcune le ho citate.

 3Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e serbano le cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino.

I testi nell’antichità venivano letti a voce alta – come oggi del resto accade in chiesa. E quindi, l’autore del libro estende la benedizione a chi legge, a chi ascolta, ma forse soprattutto a chi “serba” le parole di questa profezia. A chi, cioè, ne fa tesoro e vive nella maniera che impone conoscere certe profonde verità.

La frase “il tempo è vicino” è oggetto di controversia. Ma se ne equipariamo il senso all’espressione: “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” (Matteo 25:13) allora comprenderemo cosa implica nella pratica. Perché la Bibbia è un libro pratico, non un testo di filosofia con nozioni astratte.  Ogni cosa che leggiamo nella Bibbia ha come fine produrre un cambiamento. È l’idea che il ritorno di Cristo, la fine del mondo e il giudizio non siano “imminenti” che dà la falsa impressione che vi sia tempo per ravvedersi, che si può ancora vivere come si vuole – come se il giudizio invece non fosse alle porte per ogni uomo: è lontano un mero respiro. Al contrario, l’idea che il giudizio sia imminente, che cioè non sappiamo quando, anzi, che forse proprio quando meno ce l’aspettiamo il giudizio busserà alla nostra porta, ci stimolerà a vivere questa vita in ragione dell’eternità.

4Giovanni, alle sette chiese che sono nell’Asia: grazia a voi e pace da colui che è, che era e che ha da venire, e dai sette spiriti che sono davanti al suo trono, 5e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dai morti e il Principe dei re della terra. A lui, che ci ha amati, ci ha lavati dai nostri peccati nel suo sangue, 6e ci ha fatti re e sacerdoti per Dio e Padre suo, a lui sia la gloria e il dominio nei secoli dei secoli. Amen.

7Ecco, egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo hanno trafitto; e tutte le tribù (gli abitanti) della terra faranno cordoglio per lui. Sì, amen.

I primi destinatari dell’Apocalisse furono sette chiese che si trovavano in Asia minore, l’odierna Turchia.

Se mi dovessi soffermare sulla profonda cristologia di questi brani, che ho esaminato altrove, ci perderemmo. Mi manterrò allo scopo primo di questo libro, cioè esaminare il dato escatologico dell’Apocalisse.

Il verso 7 è importantissimo. Il richiamo a Daniele 7 è evidente. Ma c’è di più. Guardiamo come il ritorno di Cristo fu previsto nell’Antico Testamento e preannunciato da Gesù stesso.

Matteo 26:63-63: “E il sommo sacerdote gli disse: “Ti scongiuro per il Dio vivente di dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”. Gesù gli rispose: “Tu l’hai detto; anzi vi dico che da ora in poi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza, e venire sulle nuvole del cielo””. 

Zaccaria 12:8-10: “In quel giorno il SIGNORE proteggerà gli abitanti di Gerusalemme; colui che fra loro vacilla sarà, in quel giorno, come Davide; la casa di Davide sarà come Dio, come l’angelo del SIGNORE davanti a loro. In quel giorno, io avrò cura di distruggere tutte le nazioni che verranno contro Gerusalemme. “Spanderò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo Spirito di grazia e di supplicazione; essi guarderanno a me, a colui che essi hanno trafitto, e ne faranno cordoglio come si fa cordoglio per un figlio unico, e lo piangeranno amaramente come si piange amaramente un primogenito”.

Daniele 7:13-14: “Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d’uomo; […] e gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto. 

Matteo 24:30: “Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria”. 

Studio le profezie bibliche da oltre quarant’anni, ma ogni volta rimango meravigliato dall’inuguagliabile armonia e autorità della Parola di Dio.

8«Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine», dice il Signore «che è, che era e che ha da venire, l’Onnipotente».

9Io Giovanni, vostro fratello e compagno nell’afflizione, nel regno e nella costanza di Cristo Gesù, ero nell’isola chiamata Patmos, a motivo della Parola di Dio e della testimonianza di Gesù Cristo. 10Mi trovai nello Spirito nel giorno del Signore e udii dietro a me una forte voce, come di una tromba, 11che diceva: «Io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, e ciò che tu vedi scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese che sono in Asia: ad Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatira, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea». 12Io mi voltai per vedere la voce che aveva parlato con me. E, come mi fui voltato, vidi sette candelabri d’oro 13e, in mezzo ai sette candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, vestito d’una veste lunga fino ai piedi e cinto d’una cintura d’oro al petto. 14Il suo capo e i suoi capelli erano bianchi come bianca lana, come neve, e i suoi occhi somigliavano ad una fiamma di fuoco. 15I suoi piedi erano simili a bronzo lucente, come se fossero stati arroventati in una fornace e la sua voce era come il fragore di molte acque. 16Egli aveva nella sua mano destra sette stelle e dalla sua bocca usciva una spada a due tagli, acuta, e il suo aspetto era come il sole che risplende nella sua forza. 17Quando lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli mise la sua mano destra su di me, dicendomi: «Non temere! Io sono il primo e l’ultimo, 18e il vivente; io fui morto, ma ecco sono vivente per i secoli dei secoli, amen; e ho le chiavi della morte e dell’Ades. 19Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle che sono e quelle che stanno per accadere dopo queste, 20il mistero delle sette stelle che hai visto nella mia destra e quello dei sette candelabri d’oro. Le sette stelle sono gli angeli delle sette chiese, e i sette candelabri che hai visto sono le sette chiese».

Abbiamo così visto cosa accade nella prima divisione del libro, quando Giovanni scrive le cose che “ha visto”. Anche qui lo sguardo è sempre rivolto avanti, al ritorno di Cristo, tema dell’Apocalisse e speranza dei credenti.

Dice l’angelo a Giovanni, “La testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia” (Apocalisse 19:10) e la chiusa del libro: “Amen! Vieni, Signore Gesù!” (Apocalisse 22:20).

Capitolo 5

2 Tessalonicesi e la profanazione del tempio di Gerusalemme

Abbiamo visto che Daniele 7 parla di un regno che sorgerà poco prima del ritorno di Cristo – per Israele, poco prima dell’avvento del Messia. La durata della sua persecuzione contro i santi di Dio durerà tre anni e mezzo. Abbiamo visto che questi tre anni e mezzo altro non sono che la seconda parte dell’ultima settimana di anni di Daniele.

Abbiamo visto come tutto ciò combacia affiancando i testi di Daniele e dell’Apocalisse e trova riscontro nelle parole di Gesù.

Adesso incastoneremo quanto sappiamo con le parole di Paolo ai Tessalonicesi. Si tratta di un dettaglio importante, che va a rendere ancora più nitida l’immagine che stiamo cercando di rappresentare.

La premessa che fa l’apostolo è significativa.

“Noi dobbiamo sempre ringraziare Dio per voi, fratelli, com’è giusto, perché la vostra fede cresce in modo eccellente, e l’amore di ciascuno di voi tutti per gli altri abbonda sempre di più;  4in modo che noi stessi ci gloriamo di voi nelle chiese di Dio, a motivo della vostra costanza e fede in tutte le vostre persecuzioni e nelle afflizioni che sopportate.  5Questa è una prova del giusto giudizio di Dio, perché siate riconosciuti degni del regno di Dio, per il quale anche soffrite.  6Poiché è giusto da parte di Dio rendere a quelli che vi affliggono, afflizione;  7e a voi che siete afflitti, riposo con noi, quando il Signore Gesù apparirà dal cielo con gli angeli della sua potenza, 8in un fuoco fiammeggiante, per far vendetta di coloro che non conoscono Dio, e di coloro che non ubbidiscono al vangelo del nostro Signore Gesù.  9Essi saranno puniti di eterna rovina, respinti dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua potenza,  10quando verrà per essere in quel giorno glorificato nei suoi santi e ammirato in tutti quelli che hanno creduto, perché la nostra testimonianza in mezzo a voi è stata creduta.11Ed è anche a quel fine che preghiamo continuamente per voi, affinché il nostro Dio vi ritenga degni della vocazione e compia con potenza ogni vostro buon desiderio e l’opera della vostra fede, 12in modo che il nome del nostro Signore Gesù sia glorificato in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e Signore Gesù Cristo” (2 Tessalonicesi 1:2-13).

Al ritorno di Cristo l’umanità verrà giudicata e la nostra sofferenza verrà ripagata: è il motivo della nostra speranza. Il bene che ci sforziamo di fare, spesso in questo mondo non viene compreso, viene visto con sospetto o diventa addirittura solo un motivo per odiarci. Mai come in questo periodo la Chiesa è perseguitata. In Cina, nord Korea, nei paesi arabi, in alcuni paesi africani. Ma al ritorno di Cristo la situazione sarà ribaltata: chi opera il male sarà certamente punito e chi avrà fatto bene ed avrà obbedito al Vangelo entrerà nel riposo di Dio.

Questa premessa è fondamentale e dà senso a tutto questo argomento che stiamo trattando. Infatti, Dio non ci dice del futuro per fare di noi dei profeti, ma per confortarci, per assicurarci che un giorno verrà stabilita la vera giustizia. Abbiamo anche un monito da presentare ad un mondo lontano da Dio: ravvedetevi. Adesso fate ciò che volete e vi illudete di scampare al giudizio. E magari a quello umano scamperete. Ma non a quello divino. Questo monito non nasce da uno spirito di vendetta, ma dall’amore: chiunque si ravvede troverà infatti grazia presso Dio. Chi fa il male si ravveda finché è in tempo e cerchi Cristo per la propria salvezza!

Paolo continua a scrivere ai tessalonicesi.

“Ora, fratelli, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e il nostro incontro con lui, vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare sia da pretese ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche lettera data come nostra, come se il giorno del Signore fosse già presente” (2 Tessalonicesi 2:1-2).

Qualcuno aveva insinuato una qualche menzogna, magari scrivendo una lettera e spacciandola per opera di Paolo. Il tema è “la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e il nostro incontro con lui” e adesso Paolo ripete ciò che aveva già in precedenza detto a questa chiesa quando si trovava fra loro, in persona. Le sue parole servono anche a noi, per completare ulteriormente il quadro che stiamo illustrando e per non incorrere in errori dovuti alla poca conoscenza o all’influenza di cattivi interpreti della Parola di Dio.

“Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio” (2 Tessalonicesi 2:3-4).

Non possiamo essere confusi. Non possiamo avere dubbi sul fatto che Cristo sia già tornato, come alcuni dicono! Vi saranno dei segni inequivocabili che precederanno il ritorno del Signore. Sono illustrati in Apocalisse dal capitolo 4 al 19, in Daniele 7 e 9. Qui ci viene confermato.

Prima di tutto verrà l’Apostasia. Cosa sia lo dice lo stesso Paolo.

“Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, sviati dall’ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza”     (1 Timoteo 4:1-2).

Poi si manifesterà un individuo che Paolo descrive con termini forti:

uomo del peccato

figlio della perdizione

avversario

colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto

al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio

Teniamo ben presente che quando Paolo scrisse questa epistola il tempio di Gerusalemme non era ancora stato distrutto.

Nel lento progresso che stiamo facendo, credo sia giunto il momento di dare un nome ben preciso a questa figura.

Leggiamo così nella prima epistola di Giovanni:

 “Come avete udito, l’anticristo deve venire…” (1 Giovanni 2:18).

Nel testo greco originale la parola di Paolo in Tessalonicesi  tradotta “avversario” e “anticristo”, che è una traslitterazione del greco, hanno in comune l’indicazione della contrapposizione anti[1]. “Avversario” è un termine più generico, ma completa una descrizione piuttosto ampia che dà l’apostolo. “Anticristo” è invece più specifico e riguarda la contrapposizione al Cristo.

Di particolare interesse è una sua azione spregevole: si siederà egli stesso nel tempio di Dio dicendo di essere Dio, ciò al culmine della sua scellerata carriera.

Andiamo in Daniele e vediamo che nella descrizione di questo ultimo avversario troviamo parole che perfettamente coincidono e concorrono a completare la descrizione data da Paolo:

“pronunziava parole arroganti” (Daniele 7:8)

“Egli parlerà contro l’Altissimo, affliggerà i santi dell’Altissimo, e si proporrà di mutare i giorni festivi e la legge; i santi saranno dati nelle sue mani per un tempo, dei tempi e la metà d’un tempo. Poi si terrà il giudizio e gli sarà tolto il dominio; verrà distrutto e annientato per sempre” (Daniele 7:25-26).

In Daniele 7 questo “re” viene distrutto per dare inizio al regno del Figlio dell’Uomo e dei santi – Daniele 7:13-14, 18, 22, 26-27.

Notiamo anche il collegamento con Daniele 9:27, “in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e offerta” con Daniele 7:25, “si proporrà di mutare i giorni festivi e la legge”. Questo riferimento riguarda il popolo di Israele e il suo culto a Dio.

Egli vorrà mutare l’essenza della fede ebraica e farà cessare il sacrificio e l’offerta previsti dal servizio nel tempio e ciò farà, nella sua follia, in quanto egli stesso si siederà nel tempio di Gerusalemme e proclamerà di essere Dio. In maniera figurata lo dice anche Daniele 9:27, che dopo aver detto che questo individuo “farà cessare sacrificio e offerta” aggiunge che il tempio sarà profanato: “sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore”.

Ci rendiamo conto di quale meravigliosa armonia esista nel dato profetico rivelato nei vari libri della Bibbia?

Qualche legittima perplessità su questa interpretazione viene dal fatto che oggi non esiste più il tempio di Gerusalemme. Quando gli uomini di Dio dei tempi che ci hanno preceduto interpretavano la Scrittura così come la leggiamo, certi che la Bibbia non mente e che ciò che è scritto avverrà, non facendo dipendere la propria interpretazione dalla miopia che può condizionarci in base ai tempi nei quali viviamo. Oggi, che davanti ai nostri occhi le profezie bibliche sugli ultimi tempi cominciano ad avverarsi, per noi è molto più facile.

In Israele sono già in fase avanzata i piani per la costruzione del terzo tempio. Il 12 febbraio ho visualizzato questo video che descrive il nuovo tempio,

https://www.israelnationalnews.com/news/198621

Questo un sito italiano dove viene discusso lo stesso articolo in inglese (che presento perché più completo),

Procede la ricostruzione del Terzo Tempio in Israele

Continuiamo con l’epistola di Paolo, perché la sua esposizione è tutt’altro che conclusa. Anzi, comincia adesso la parte migliore.

Il male infatti non trionferà che per un tempo limitato. Per questo viene comunicato il tempo esatto del regno di terrore dell’Anticristo, tre anni e mezzo. Ed è bellissimo vedere il contrasto, che motiva i nostri sacrifici e la nostra resistenza alla persecuzione, quando leggiamo che “i santi dell’Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per sempre, eternamente” (Daniele 7:18).

Paolo specifica chiaramente che l’Anticristo verrà distrutto da Gesù stesso, al suo ritorno:

“il Signore Gesù (lo) distruggerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l’apparizione della sua venuta”      (2 Tessalonicesi 2:8).

Anche questo è in perfetta armonia con gli altri brani profetici della Scrittura che stiamo considerando.

“Io guardavo ancora, a motivo delle parole arroganti che il corno pronunziava; guardai fino a quando la bestia fu uccisa e il suo corpo distrutto, gettato nel fuoco per essere arso” (Daniele 7:11).

Apocalisse 19 descrive il ritorno di Cristo in maniera da ampliare la descrizione di 2 Tessalonicesi 2:8.

“Ma la bestia fu presa, e con lei fu preso il falso profeta che aveva fatto prodigi davanti a lei, con i quali aveva sedotto quelli che avevano preso il marchio della bestia e quelli che adoravano la sua immagine. Tutti e due furono gettati vivi nello stagno ardente di fuoco e di zolfo” (Apocalisse 19:20).

Sarà allora che i credenti entreranno davvero e completamente nel loro riposo, regnando con Cristo e vivendo, risuscitati dal Cristo al suo ritorno, per sempre con lui.

 

Capitolo 6

La bestia di Daniele e quella dell’Apocalisse.

In Daniele 7 il profeta vede quattro bestie, ma si sofferma in particolare sulla quarta. Egli la descrive, evitandoci il problema di dover comprendere il senso del simbolismo.

“Ed egli mi disse: “La quarta bestia è un quarto regno sulla terra, diverso da tutti i regni, che divorerà tutta la terra, la calpesterà e la frantumerà. Le dieci corna sono dieci re che sorgeranno da questo regno; e dopo quelli, sorgerà un altro re, che sarà diverso dai precedenti” (Daniele 7:23-24).

Questo regno è quello che precederà immediatamente il ritorno di Cristo, l’istaurarsi del regno del Messia.

“Poi si terrà il giudizio e gli sarà tolto il dominio; verrà distrutto e annientato per sempre” (Daniele 7:26).

Anche in Apocalisse si parla di una bestia (Apocalisse 13). E anche questa viene distrutta dal Cristo che ritorna (Apocalisse 19).

Se si parla dello stesso “regno” con a capo lo stesso individuo le due descrizioni, in Daniele e in Apocalisse, devono combaciare. Vediamo se è vero.

Amo il finale del capitolo 12 di Apocalisse, che, secondo me molto più correttamente, si trova all’inizio del capitolo 13 nelle versioni in inglese della Bibbia, dove non esiste il verso 18 del capitolo 12. Lo trovo molto significativo, forte, con un grande potere descrittivo.

Dopo tutto ciò che è successo fino a quel momento e la visione sconvolgente della donna perseguitata dal Dragone, Giovanni si ferma, in riva al mare. Il mare è il Mediterraneo[2]. Qui vede qualcosa di mostruoso.

Giovanni:

“mi fermai sulla sabbia del mare e vidi salire dal mare una bestia” (Apocalisse 12:8-13:1).

Daniele:

“Io guardavo nella mia visione, di notte, ed ecco, i quattro venti del cielo squassavano il Mar Mediterraneo e quattro bestie salivano dal mare, una diversa dall’altra” (Daniele 7:2).

Daniele vede quattro bestie che simboleggiano quattro regni:

– la prima simile a un leone

– la seconda simile a un orso

– la terza simile a un leopardo

– la quarta diversa dalle precedenti.

Giovanni ci dà un indizio inequivocabile con il quale ci conferma che la sua descrizione riguarda la quarta bestia di Daniele.

Egli infatti ci dice che la bestia che egli vede è simile a un leopardo, con i piedi da orso, e la bocca di un leone.

Guardate che attenzione nei dettagli.

Daniele Giovanni
Leone Orso Leopardo Bestia

Giovanni vede l’ascesa della quarta bestia di Daniele e per lui, come il profeta dell’Antico Testamento, si trova davanti a un evento futuro. Ma le tre bestie che l’anno preceduta si trovano nel passato, quindi deve voltarsi indietro per vederle e infatti le cita nell’ordine esattamente inverso: leopardo, orso e leone.

Giovanni ci sta dicendo apertamente, sebbene con linguaggio “apocalittico” che la bestia della quale lui vede l’ascesa è la quarta vista da Daniele e descritta in Daniele 7.

Gli altri dettagli delle due descrizioni coincidono e Apocalisse a dire il vero approfondisce con cose taciute da Daniele.

Anche questo è perfettamente in armonia con la progressività dell’esposizione profetica della Scrittura.

In Daniele 7 infatti, il profeta parla dei quattro regni. Questa visione fa eco a quella di Daniele 2, che arricchisce di nuovi dettagli. Daniele 8 e seguenti ampliano la profezia del secondo e terzo regno, l’orso e il leopardo. La Scrittura lascia ad Apocalisse il compito di proseguire ed ampliare quanto detto da Daniele sulla quarta bestia.

Troviamo altre conferme di ciò che diciamo – se fosse ancora necessario.

Daniele:

“una quarta bestia spaventosa, terribile … e aveva dieci corna” (Daniele 7:7).

Giovanni:

“vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna” (Apocalisse 13:1)

Daniele:

“egli proferirà parole contro l’Altissimo” (Daniele 7:25)

Giovanni:

“E le fu data una bocca che proferiva grandi bestemmie… per bestemmiare contro Dio, per bestemmiare il suo nome, il suo tabernacolo…” (Apocalisse 13:5-6).

Daniele:

“Perseguiterà i santi dell’Altissimo” (Daniele 7:25).

Giovanni:

“Le fu dato di fare guerra ai santi” (Apocalisse 13:7).

Daniele:

“La quarta bestia sarà un quarto regno sulla terra, che sarà diverso da tutti gli altri regni e divorerà tutta la terra…” (Daniele 7:23).

Giovanni:

“le fu dato autorità sopra ogni tribù, lingua e nazione” (Apocalisse 13:7).

Daniele:

“i santi saranno dati nelle sue mani per un tempo, dei (due) tempi e la metà di un tempo”, cioè 3 anni e mezzo (Daniele 7:25).

Giovanni:

“e le fu data podestà di operare per quarantadue mesi” (Apocalisse 13:5)

Vediamo che meravigliosa armonia del dato profetico? Capiamo adesso perché l’Apocalisse non è difficile da capire, non se è giustamente inquadrata all’interno del quadro escatologico più ampio che ricaviamo mettendo a confronto la Scrittura con la Scrittura. Così la Scrittura interpreta la Scrittura e abbiamo la certezza delle cose che stiamo studiando.

Daniele:

“guardai finché la bestia fu uccisa, e il suo corpo distrutto e gettato nel fuoco per essere arso” (Daniele 7:11)

Giovanni:

“la bestia fu presa e con lei il falso profeta (suo diabolico alter ego “religioso”) … furono gettati vivi nello stagno di fuoco” (Apocalisse 19:20).

Il ritorno di Cristo sarà il momento della resa dei conti con questo mondo malvagio. Allora si che la giustizia abiterà sulla terra e ogni cosa sarà fatta nuova.

Queste parole devono suscitare paura a un mondo senza Dio, che pensa di farla franca, ma che deve essere messo in guardia che non sarà così e invitato a ravvedersi. E devono dar pace e forza a chi spera in Cristo, anche in questa vita ovviamente, ma soprattutto per quella vera che gusteremo al suo ritorno, mentre adesso, in mezzo a tribolazioni e paure, riusciamo a malapena ad assaggiare e pregustare.

Capitolo 7

Le cose che sono

Come abbiamo visto, a Giovanni viene detto di scrivere le “cose che sono” e “quelle che saranno”.

Come è evidente dallo stesso libro dell’Apocalisse, le “cose che sono” le troviamo ai capitoli 2 e 3.

Il preludio è già presente in Apocalisse 1:9-20.

“Io, Giovanni, vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione, nel regno e nella costanza in Gesù, ero nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. Fui rapito dallo Spirito nel giorno del Signore, e udii dietro a me una voce potente come il suono di una tromba, che diceva: “Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese: a Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatiri, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea”. Io mi voltai per vedere chi mi stava parlando. Come mi fui voltato, vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai sette candelabri, uno simile a un figlio d’uomo, vestito con una veste lunga fino ai piedi e cinto di una cintura d’oro all’altezza del petto. Il suo capo e i suoi capelli erano bianchi come lana candida, come neve; i suoi occhi erano come fiamma di fuoco; i suoi piedi erano simili a bronzo incandescente, arroventato in una fornace, e la sua voce era come il fragore di grandi acque. Nella sua mano destra teneva sette stelle; dalla sua bocca usciva una spada a due tagli, affilata, e il suo volto era come il sole quando risplende in tutta la sua forza. Quando lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli pose la sua mano destra su di me, dicendo: “Non temere, io sono il primo e l’ultimo, e il vivente. Ero morto, ma ecco sono vivo per i secoli dei secoli, e tengo le chiavi della morte e dell’Ades. Scrivi dunque le cose che hai viste, quelle che sono e quelle che devono avvenire in seguito, il mistero delle sette stelle che hai viste nella mia destra, e dei sette candelabri d’oro. Le sette stelle sono gli angeli delle sette chiese, e i sette candelabri sono le sette chiese”.

[1] Questo uso del greco è sopravvissuto anche nella nostra lingua, in parole come antitesi, antitetico, antibiotico, anticonformista, ecc.

[2] La versione della Nuova Riveduta: “e si fermò sulla riva del mare” è errata.

Come vediamo dalla cartina, queste sette chiese erano tutte abbastanza vicine. Si trovavano in quella zona del mondo allora chiamata Asia, detta anche Asia minore, corrispondente alla Turchia odierna.

E adesso torniamo al nostro discorso iniziale. Come capiamo? In quale modo “comprendiamo” cosa dice la Scrittura.

Se facciamo un’analisi storica di quello che riguarda queste chiese, vedremo che i dettagli si incastonano perfettamente con quanto detto nel libro biblico. Vi era un messaggio per loro, specifico, diretto. Un messaggio che è stato inviato e che non sappiamo quanto e per quanto sia stato recepito.

Ho letto dei commentari dove tutto viene attentamente valutato. La situazione geopolitica di ogni città, quella sociale. È inoltre interessante approfondire le specifiche problematiche di ognuna. Tutto molto interessante, ma fuori tema per il modo in cui stiamo conducendo questo studio. La maniera in cui stiamo cercando di capire l’Apocalisse è diversa.

Quello che impariamo dalle lettere alle sette chiese, trascende l’esegesi letterale e circostanziale, legata al momento storico che l’Apocalisse comunque cristallizza.

Intanto, perché proprio sette?

Il numero sette ricorre così tante volte nella Bibbia che ognuno che la legge, anche senza essere uno studioso, sa quanto sia importante. È un numero che associamo a completezza, perfezione. Giovanni nel suo vangelo lo utilizza molto e lo stesso avviene qui.

Leggendo le sette lettere alle sette chiese, abbiamo un quadro che dipinge quella che è la situazione della Chiesa nel suo cammino storico. In ogni periodo, varie chiese hanno affrontato varie problematiche, ognuna le sue, diverse dalle altre. Alcune sono perseguitate, altre stanno bene, persino troppo bene. Alcune si inorgogliscono. Altre si annacquano nella dottrina. Quindi, le sette lettere, se ci guardiamo intorno, parlano alla Chiesa di oggi come parlavano alla Chiesa di duemila anni fa.

Allo stesso tempo, come non è sfuggito a tanti commentatori, vediamo anche un tragitto storico: la nascita, la crescita, la maturità, le forti problematiche, la fedeltà e poi la rovina. Le sette chiese rappresentano il tragitto della Chiesa dalla sua nascita fino alla fine, fino al ritorno di Cristo. Il contrasto fra le ultime due chiese, una fedele, Filadelfia, e l’altra Laodicea, che il Signore vomiterà, ci sembra di raffigurare la parabola delle dieci vergini: cinque avvedute e pronte, cinque distratte e per questo lasciate indietro.

Perché la lezione delle sette chiese è importante?

Perché forse non vedremo mai gli eventi che saranno, cioè quelli descritti dal capitolo 4 in avanti, ma di sicuro ciò che troviamo ai capitoli 2 e 3 e che riguarda le chiese del primo secolo, e che in una certa misura, sebbene con particolari diversi, ha riguardato la Chiesa in ogni tempo, certamente riguarda la Chiesa oggi, e quindi anche noi.

Con in mente quanto ho detto al primo capitolo di questo libro, leggiamo questi due capitoli che ci riguardano così da vicino, che sono profetici e che sono attuali.

Interromperò il testo con delle mie veloci note.

“All’angelo della chiesa di Efeso scrivi: Queste cose dice colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro: 2Io conosco le tue opere, la tua fatica, la tua costanza; so che non puoi sopportare i malvagi e hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli ma non lo sono e che li hai trovati bugiardi.  

Dio sa quello che accade, Gesù è al corrente di ciò che avviene nella Sua Chiesa. Ognuno di noi che perviene alla Verità si trova a dover scegliere, ad approfondire, capire e dover distinguere tra le tante falsità che ci circondano e la Verità delle Sacre Scritture.

Nei primi secoli, e qui il riferimento alla chiesa di Efeso è chiaro, la Chiesa venne chiamata a dover capire, discernere i veri apostoli dai falsi per non essere sedotti. In un certo modo questa sfida noi credenti ci troviamo anche oggi a doverla affrontare. Rispetto alla Chiesa primitiva noi abbiamo oggi la Bibbia, completa, alla quale con grande facilità possiamo avere accesso, che possiamo leggere, consultare, studiare. Non ci facciamo ingannare: capire la Bibbia non è difficile, semmai è difficile per il cuore dell’uomo accettare il Suo messaggio e sottomettersi alla Volontà di Dio.

Vi è chi legge la Bibbia e decide di cambiare alla luce del suo insegnamento. Vi è al contrario chi si sforza di farle dire ciò che più conviene, legge ciò che interessa e trascura ciò che non piace. Nella lettura e studio a cuor sincero, aperto, interviene lo Spirito Santo, che ci insegna. Lo Spirito comunica al nostro spirito le cose di Dio, in maniera spirituale. Il risultato? L’uomo nuovo, un pezzettino del regno di Dio sulla terra in testimonianza al mondo della realtà che un giorno sarà.

3So che hai costanza, hai sopportato molte cose per amor del mio nome e non ti sei stancato. 4Ma ho questo contro di te: che hai abbandonato il tuo primo amore. 5Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima; altrimenti verrò presto da te e rimoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi.  

Quando abbiamo conosciuto la Verità eravamo zelanti. Io andavo in chiesa almeno tre volte la settimana. Poi con gli anni, molti si assuefanno, si abituano. Io ringrazio Dio per le molte vicissitudini che nella vita mi hanno insegnato a non dare per scontata la benedizione di avere un locale di culto e dei fratelli con i quali servire Dio. Non riesco a darlo per scontato neanche oggi e scontato non è per molti milioni di cristiani perseguitati nel mondo: non nel Colosseo del primo secolo, ma oggi, nel 2022.

“Ravvediti” è una frase molto forte, è più che un invito: è un avvertimento. Con la Verità non si scherza.

6Tuttavia hai questo, che detesti le opere dei Nicolaiti, che anch’io detesto. 7Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. A chi vince io darò da mangiare dell’albero della vita, che è nel paradiso di Dio.

Chi erano i Nicolaiti?

Ecco che la storicità delle lettere alle chiese si presenta e rimaniamo un po’ perplessi. Perché non abbiamo un’idea precisa di chi fossero costoro. Eppure il testo ci dice una cosa importante, fondamentale. Chiunque fossero i Nicolaiti, Dio ne detesta le opere. E allora impariamo che dobbiamo detestare ciò che Dio detesta. Per la chiesa di Efeso la sfida nella società in cui operava erano questi Nicolaiti. Oggi a dire il vero, abbiamo l’imbarazzo della scelta, tanto è aumentata la malvagità dell’uomo.

Dopo aver intimato di ravvedersi dal proprio errore e aver prospettato le conseguenze negative, viene detto ciò che di buono ha questa chiesa e la meravigliosa promessa che deve darle forza e speranza.

 8“All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana.10Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda.

Strano notare una cosa vera comunque da sempre: la Chiesa che soffre, che è perseguitata, è quella più fedele. Ringraziamo Dio che in Italia la Chiesa non è più perseguitata, ma in molti luoghi del mondo essere cristiani non è facile. In Cina, nei paesi arabi, in molte parti dell’Africa, ecc. L’incoraggiamento ai credenti che soffrono è quello di perseverare. Il premio sarà “la corona della vita”: meravigliosa promessa che riguarda ognuno di noi, che ci motiva e ci dona speranza.

12“All’angelo della chiesa di Pergamo scrivi: Queste cose dice colui che ha la spada affilata a due tagli: 13Io so dove tu abiti, cioè là dov’è il trono di Satana; tuttavia tu rimani fedele al mio nome e non hai rinnegato la fede in me, neppure al tempo in cui Antipa, il mio fedele testimone, fu ucciso fra voi, là dove Satana abita. 14Ma ho qualcosa contro di te: hai alcuni che professano la dottrina di Balaam, il quale insegnava a Balac il modo di far cadere i figli d’Israele, inducendoli a mangiare carni sacrificate agli idoli e a fornicare. 15Così anche tu hai alcuni che professano similmente la dottrina dei Nicolaiti. 16Ravvediti dunque, altrimenti fra poco verrò da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca. 17Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. A chi vince io darò della manna nascosta e una pietruzza bianca, sulla quale è scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve.  

La chiesa di Pergamo si trova in un posto dedicato al culto del nemico ed è stata scossa, colpita in maniera diretta, forte, da un evento cruento; nonostante questo non ha rinnegato la fede. Eppure al suo interno vi è compromesso, forse anche idolatria. Quindi anche per questa chiesa, ricompare l’avvertimento: ravvediti.

Non ci nascondiamo dietro un dito. Vi sono intere chiese dove il compromesso è di casa. La Chiesa Cattolica – so che non dovrei fare nomi, ma sono abituato a dire pane al pane, vino al vino – è caratterizzata da questo. Ma, sebbene in modo diverso, anche le chiese evangeliche, cui appartengo, dove raggiungono una certa tranquillità, si integrano bene nel tessuto sociale e vengono riconosciute, accade che il compromesso comincia a farsi strada.

Purtroppo spesso ciò è vero anche nella nostra realtà individuale di credenti.

18“All’angelo della chiesa di Tiatiri scrivi: Queste cose dice il Figlio di Dio, che ha gli occhi come fiamma di fuoco, e i piedi simili a bronzo incandescente: 19Io conosco le tue opere, il tuo amore, la tua fede, il tuo servizio, la tua costanza; so che le tue ultime opere sono più numerose delle prime.20Ma ho questo contro di te: che tu tolleri Iezabel, quella donna che si dice profetessa e insegna e induce i miei servi a commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli idoli. 21Le ho dato tempo perché si ravvedesse, ma lei non vuol ravvedersi della sua fornicazione. 22Ecco, io la getto sopra un letto di dolore, e metto in una grande tribolazione coloro che commettono adulterio con lei, se non si ravvedono delle opere che ella compie. 23Metterò anche a morte i suoi figli; e tutte le chiese conosceranno che io sono colui che scruta le reni e i cuori, e darò a ciascuno di voi secondo le sue opere. 24Ma agli altri di voi, in Tiatiri, che non professate tale dottrina e non avete conosciuto le profondità di Satana (come le chiamano loro), io dico: Non vi impongo altro peso. 25Soltanto, quello che avete, tenetelo fermamente finché io venga. 26A chi vince e persevera nelle mie opere sino alla fine, darò potere sulle nazioni, 27ed egli le reggerà con una verga di ferro e le frantumerà come vasi d’argilla, 28come anch’io ho ricevuto potere dal Padre mio; e gli darò la stella del mattino. 29Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.

Anche in questa chiesa vi è il compromesso. Ma solo in parte, non ha intaccato tutto l’organismo.

Spesso alcuni fratelli in Cristo vengono giudicati in base alla chiesa di appartenenza. Non sempre è corretto. Vi sono vari motivi per i quali ci si può trovare a far parte di una chiesa dove alcuni praticano il compromesso, ma si rimane fedeli. Dio premierà la fedeltà e punirà chi non si ravvede, e a volte chi appartiene ad una categoria e chi all’altra siedono nello stesso locale di culto.

1“All’angelo della chiesa di Sardi scrivi: Queste cose dice colui che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle: Io conosco le tue opere: tu hai fama di vivere ma sei morto. 2Sii vigilante e rafforza il resto che sta per morire; poiché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio. 3Ricòrdati dunque come hai ricevuto e ascoltato la parola, continua a serbarla e ravvediti. Perché, se non sarai vigilante, io verrò come un ladro, e tu non saprai a che ora verrò a sorprenderti. 4Tuttavia a Sardi ci sono alcuni che non hanno contaminato le loro vesti; essi cammineranno con me in bianche vesti, perché ne sono degni.  5Chi vince sarà dunque vestito di vesti bianche, e io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma confesserò il suo nome davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli.6Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.  

La situazione nella chiesa di Sardi è drammatica. Lo è per la sua condizione, ma forse ancora di più per il fatto che la realtà è nascosta, non è evidente. Vi sono chiese che sembrano belle, che le vedi crescere e hanno una buona nomina. Eppure, la realtà è ben altra. Eppure, in questa triste situazione, alcuni sono fedeli. Capita che dei credenti si trovino all’interno di chiese dove rappresentano una minoranza fedele. Dio sa perché alcuni credenti sono chiamati ad un compito così arduo come è quello di servire Dio e portare avanti una testimonianza vera in mezzo a credenti che sono “morti”. Probabilmente sono una testimonianza di vita e un invito a ravvivare il corpo della chiesa prima che muoia totalmente. I credenti “morti” dovrebbero solo ricordare la Parola, come l’hanno ricevuta e tornare ad essa per vivere veramente ed essere pronti ad incontrare il Signore.

 7“All’angelo della chiesa di Filadelfia scrivi: Queste cose dice il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre:  8Io conosco le tue opere. Ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. 9Ecco, ti do alcuni della sinagoga di Satana, i quali dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, io li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi per riconoscere che io ti ho amato.10Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch’io ti preserverò dall’ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra.11Io vengo presto; tieni fermamente quello che hai, perché nessuno ti tolga la tua corona.  12Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, e della nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio, e il mio nuovo nome. 13Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.  

Eccoci a Filadelfia, la città dell’amore fraterno, in base all’etimologia del suo nome. Sono convinto che in ogni chiesa dove viene fatto questo studio, si dirà con convinzione: siamo noi Filadelfia, la chiesa alla quale il Signore non ha nulla da rimproverare. Spero sia così per voi.

Io sono nato in una famiglia cattolica. Mi sono convertito a Cristo in una chiesa Battista – Independent Baptist. Sono cresciuto nella fede nelle ADI italiane. Poi sono diventato membro di una chiesa indipendente che nel 2010 è divenuta Church of God. Vivendo all’estero sono stato membro di una chiesa associata ad un ministero americano. Sono stato quindi parte di chiese che erano un po’ Efeso, un po’ Sardi … Persino un po’ Laodicea. Ogni volta sono convinto che Dio mi abbia messo lì con uno scopo ben preciso.

Bene per chi fa parte di Filadelfia. Ma la fedeltà è una questione individuale. Essere cristiani non è come prendere una malattia infettiva: non basta stare in mezzo a chi l’ha contratta e sperare di essere contagiati. Essere cristiani è una relazione personale fra noi e Dio, dovunque ci troviamo, dovendo dare conto di noi stessi, del nostro operato e mai di quello degli altri.

È nota la diatriba che riguarda il rapimento della Chiesa: “pre” o “post” tribolazione o grande tribolazione. Le parole: “Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch’io ti preserverò dall’ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra” effettivamente sembrano lasciar intendere che la chiesa fedele, le cinque vergini avvedute di Matteo, verranno risparmiate dall’entrare nel periodo che vedrà i giudizi riversarsi su questo mondo. Nei miei libri non mi sono mai apertamente pronunciato a favore di questa o di quella tesi in proposito. Avrò anche da studioso il diritto di non essere certo né di una né dell’altra posizione ed essere aperto a qualsiasi ipotesi? La Parola non fa di noi dei profeti. Ci ammonisce, istruisce. Avere studiato per tanti anni, mi rende poco incline ai dogmi e di più alla prudenza. Se la Chiesa verrà rapita prima della tribolazione, ben venga. Se non verrà rapita, sarà pronta ad affrontarla. In ogni caso, qualunque sia la nostra posizione, Gesù ci ha ammonito: vegliate! E vegliare dobbiamo.

In ogni caso, per quanto fedele possa essere la chiesa nella quale serviamo, ognuno renderà conto della propria personale fedeltà.

Ad ogni modo, Filadelfia sembra sia la chiesa che è ben rappresentata dalla cinque vergini avvedute. 

14“All’angelo della chiesa di Laodicea scrivi: Queste cose dice l’Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della creazione di Dio: 15Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente! 16Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò dalla mia bocca. 17Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!” Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo. 18Perciò io ti consiglio di comperare da me dell’oro purificato dal fuoco, per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere. 19Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti. 20Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me. 21Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch’io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono. 22Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese”.

La situazione della chiesa di Laodicea era – è! – davvero terribile.

Posso dire anche io qualcosa di terribile? Chissà quante chiese si credono di essere Filadelfia, ma sono in realtà Laodicea!

Purtroppo credo che Laodicea sia il modello di chiesa oggi più diffusa nel mondo occidentale, nelle aree del mondo dove prospera il cristianesimo tradizionale, vuoto, ritualista, che si trascina avanti senza convinzione adattandosi alla società che la circonda, piuttosto che adoperarsi per cambiarla – un individuo alla volta! Questa chiesa sonnacchiosa, al punto da diventare, dal punto di vista spirituale, cieca, povera, nuda, Gesù la vomiterà dalla sua bocca, perché non prende posizione né da una parte né dall’altra: è tiepida.

Naturale ricollegarla alle cinque vergini non avvedute della parabola di Matteo.

Queste le “cose che sono”. “Sono” da quasi duemila anni, durante i quali la Chiesa si è diffusa principalmente al di fuori dei confini di Israele. 

 

 




Alessandro Magno e il libro di Daniele

Alessandro Magno e il libro biblico del profeta Daniele di Giuseppe Guarino

Qualunque sia l’approccio al libro biblico di Daniele, oggetto come pochi di controversie fra studiosi di varie fazioni, un solo dettaglio non è sfuggito a nessun commentatore: il fatto che il libro parli di Alessandro Magno. Lo fa in diversi punti e con descrizioni di sicuro interesse sia per lo studioso dei testi sacri sia per quello di documenti storici.

Nell’esame delle parole utilizzate da Daniele si rimane in bilico tra una possibile percezione del profetico nello storico e dello storico nel profetico. Vediamo perché.

Daniele visse fra la fine del settimo secolo a.C. e per quasi tutto il sesto secolo a.C. Ancora giovanissimo venne deportato in Babilonia in una delle scorrerie del re babilonese Nabucodonosor. Venne quindi inserito nell’apparato statale babilonese con un certo successo, che gli permise di continuare nelle importanti cariche ricoperte persino dopo la conquista persiana.

Secondo il testo biblico che tramanda le vicende di questo profeta, egli possedeva un dono simile a quello di un suo illustre predecessore, Giuseppe, quello cioè di poter interpretare i sogni. Un dono che si trovò molto presto a dover manifestare per il re babilonese.

Un sogno che turbò Nabucodonosor lo spinse a cercare chi lo potesse interpretare. Nessuno vi riusciva. Fu un giovane – probabilmente ancora adolescente – di stirpe ebraica ad ardire di stare alla presenza del re, dirgli cosa aveva sognato e darne l’interpretazione.

Nei suoi tormentati sogni notturni il re babilonese aveva visto una gigantesca figura umana, composta da diversi materiali. Daniele li elenca e interpreta al re il significato simbolico di ciò che vede.

Daniele 2:37, 38: “Tu, o re, sei il re dei re, a cui il Dio del cielo ha dato il regno, la potenza, la forza e la gloria; e ha messo nelle tue mani, tutti i luoghi in cui abitano gli uomini, le bestie della campagna e gli uccelli del cielo, e ti ha fatto dominare sopra tutti loro: la testa d’oro sei tu.

Il capo della statua in oro simboleggia Nabucodonosor e il suo regno.

Daniele 2:39:  “Dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo”.

All’impero neobabilonese succederà sulla scena mondiale quello medo-persiano di Ciro. Il quale rimarrà per molto tempo a predominare la scena mondiale.

poi un terzo regno, di bronzo, che dominerà sulla terra”.

Ecco qui che compare il regno greco-macedone di Alessandro Magno. Subito colpisce la descrizione, davvero molto pertinente: “dominerà su tutta la terra”. Inarrestabile, il macedone riuscì a conquistare tutto il mondo allora conosciuto e  la leggenda dice che pianse perché non vi erano più terre da conquistare.

Daniele 2:40:  “poi vi sarà un quarto regno, forte come il ferro; poiché, come il ferro spezza e abbatte ogni cosa, così, pari al ferro che tutto frantuma, esso spezzerà ogni cosa”.

Daniele vede anche l’ascesa della potenza romana, riportando un dettaglio caratteristico di questo impero: la sua forza e inarrestabile avanzata.

Aver interpretato il sogno al re babilonese permetterà a Daniele, come fu per Giuseppe, di occupare presto un posto di tutto rilievo all’interno della corte.

Più avanti, nello stesso libro, sono descritte altre due visioni che completano la prima, arricchendola di dettagli che entusiasmano gli esegeti biblici, ma non meno gli storici.

Al capitolo 7 Daniele vede i medesimi quattro regni del sogno del re, ma stavolta nel simbolismo rappresentato da quattro diversi animali.

Il leone è Babilonia. L’impero persiano un orso. Il regno di Alessandro è visto come un leopardo.

Daniele 7:6: “Dopo questo, io guardavo e vidi un’altra bestia simile a un leopardo con quattro ali d’uccello sul dorso; aveva quattro teste e le fu dato il dominio”.

Sebbene con tipici connotati da vaticinio, la descrizione del regno di Alessandro e dei suoi successori è qui straordinariamente pertinente. Le ali d’uccello, infatti, descrivono la rapidità della inarrestabile conquista alessandrina: in soltanto dieci anni tutto il mondo era stato vinto. Le quattro teste il repentino smembrarsi dell’impero alla morte di Alessandro.

L’attenzione di questa seconda profezia di cui Daniele è ancora quasi passivamente depositario è, però, il quarto regno, quello di Roma. È invece nei capitoli che seguono, da 8 a 11 che il profeta si sofferma interamente sull’ascesa greca, dalla stessa figura di Alessandro, fino alle vicende delle monarchie elleniche che seguono, perché avranno un ruolo fondamentale per il destino di Israele, che si troverà proprio a metà strada fra due regni e le loro ambizioni, quelle dei tolomei e dei seleucidi.

In Daniele 8 leggiamo della nascita dell’impero greco-macedone. La stessa figura di Alessandro viene citata.

Daniele 8:5-7: “Mentre stavo considerando questo, ecco venire dall’occidente un capro, che percorreva tutta la terra senza toccare il suolo; questo capro aveva un grosso corno fra gli occhi. Il capro si avvicinò al montone dalle due corna, che avevo visto in piedi davanti al fiume, e gli si avventò addosso, con tutta la sua forza. Lo vidi avvicinarsi al montone, infierire contro di lui, colpirlo e spezzargli le due corna; il montone non ebbe la forza di resistergli e il capro lo gettò a terra e lo calpestò; non ci fu nessuno che potesse liberare il montone dal potere di quello.

Nella descrizione del profeta viene detto qualcosa di straordinario: una potenza occidentale, la prima della storia dell’umanità, compare sulla scena medio-orientale. Essa avanza su tutta la terra in modo tanto rapido che non tocca nemmeno il suolo. Quale modo più appropriato di descrivere la rapidità della conquista di Alessandro, che in appena dieci anni prese possesso di tutto il mondo conosciuto.

Il grosso corno, nell’antichità simbolo di potenza, è proprio Alessandro Magno. Egli riuscirà a prevalere sulla potenza medo-persiana qui vista come un montone, e lo farà in modo rapido e definitivo.

Circa l’identità di questi simboli profetici non abbiamo alcun dubbio. Poco più in là nello stesso libro, infatti, troviamo l’interpretazione che perfettamente combacia con il dato storico.

Daniel 8:20-21: “Il montone con due corna, che tu hai visto, rappresenta i re di Media e di Persia. Il capro irsuto è il re di Grecia; e il suo gran corno, fra i suoi occhi, è il primo re.

Da storico (dilettante) quale sono, mi sfugge il perché Daniele specifichi la presenza della componente dei Medi all’interno di un impero che certamente nella sua parte più eclatante vide senz’altro un deciso e netto prevalere dell’elemento persiano. Probabilmente, o la storia profana non ci permette di dare altrettanta rilevanza alla presenza dei Medi nell’impero o questa caratteristica viene esaltata per impedirci di confondere questo con qualsiasi altro regno che il lettore possa cercare di trovare nei simbolismi. Tale necessità è evidente nel fatto che qui venga dichiarata apertamente l’identità delle due potenze mondiali viste.

Giuseppe Flavio è uno storico giudeo vissuto a cavallo del primo millennio. Egli trasmette una lunga narrazione che getta ulteriore luce su alcuni dettagli, sul perché Alessandro risparmiò Gerusalemme, mentre dichiara indirettamente l’autenticità delle profezie di Daniele.

Antichità giudaiche, libro undicesimo: “E quando Alessandro ebbe preso Gaza, si affrettò verso Gerusalemme. […] Quando Alessandro fu in prossimità della città, il sommo sacerdote uscì in processione, con i sacerdoti e una moltitudine di cittadini. […] Essa raggiunse un luogo chiamato Safa, che, tradotto in greco (la lingua nella quale scrive lo storico, ndt) significa “prospetto”, perché da lì si ha una vista perfetta sia della città sia del tempio […] Quando Alessandro vide da lontano la moltitudine vestita di bianco, mentre i sacerdoti erano vestiti di lino, e il sommo sacerdote di porpora e scarlatto, con la sua mitra in testa che aveva la placca d’oro sulla quale era inciso il nome di Dio, egli si avvicinò e mostrò reverenza per quel nome e salutò il sommo sacerdote. E così fecero i giudei tutti insieme, con una sola voce, salutarono Alessandro […] Egli entrò nella città e quando salì nel tempio offrì dei sacrifici a Dio, secondo le direttive del sommo sacerdote, e trattò con onore sia il sommo sacerdote che gli altri sacerdoti. E quando gli venne mostrato il libro di Daniele, dove Daniele aveva dichiarato che uno dei greci avrebbe distrutto l’impero dei persiani, egli ritenne che si parlasse di lui”. Ho tradotto dall’opera The Works of Josephus, Complete and Unabridged, translated by William Whiston, A.M.

Purtroppo non solo la gloria di Alessandro, ma anche la sua altrettanto veloce caduta viene descritta in Daniele.

Daniele 8:8 Il capro si irrobustì ma, quando fu al culmine della sua potenza, il suo gran corno si spezzò; al suo posto spuntarono quattro grandi corna verso i quattro venti del cielo”.

Daniele 8:22 Le quattro corna, sorte al posto di quello spezzato, sono quattro regni che sorgeranno da questa nazione, ma non con la stessa sua potenza”.

Fu proprio così che accadde: al culmine della sua potenza e del suo successo, a trentatré anni, Alessandro morì, in Babilonia. Alcuni dicono per una febbre, altri sostengono per un complotto. Ad ogni modo, le parole di Daniele si avverarono alla lettera. Infatti non avendo eredi, furono i generali a spartirsi il grande impero, lasciandosi indietro, ovviamente, la magnificenza di quanto costruito da Alessandro. Ma, allo stesso tempo, continuando quell’opera da lui iniziata, l’ellenizzazione del mondo intero che ha determinato la cultura del mondo occidentale da allora fino ai nostri giorni.

 

 

Qui di seguito il libro che ho pubblicato anni fa su Daniele.

IL LIBRO DI DANIELE – Commentario  storico-profetico – di Giuseppe Guarino

Lo studio del libro del profeta Daniele è essenziale per una corretta comprensione delle profezie messianiche sia della prima venuta del Messia sia del suo ritorno. Il commentario raccoglie informazioni storiche che attestano l’affidabilità del testo biblico, prove patristiche dell’antichità dell’interpretazione dei brani messianici e collegamenti con le profezie del Nuovo Testamento.

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