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Sicura c’è solo la morte… No, neanche quella. Il “rapimento” della Chiesa

di Giuseppe Guarino

 

Continuo i miei articoli escatologici. Sono il preludio al mio nuovo libro sul ritorno di Gesù, che credo sia un argomento di particolare importanza e che riguarda ognuno di noi che ci professiamo cristiani, qualunque sia la nostra confessione di fede.

Anche il prete durante la messa recita la liturgia che parla del ritorno di Cristo: “Annunciamo la tua morteSignore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta. ”

Cosa accadrà al ritorno di Gesù è detto nella Parola di Dio con estrema chiarezza. Ed è una parte della nostra fede cristiana che ci dà gioia, conforto, speranza.

Ho iniziato a leggere la Bibbia a quattordici anni circa. E il ritorno di Gesù mi è sempre stato un argomento particolarmente caro – insomma, per quale cristiano non lo è!

Dalle mie parti si dice: “solo alla morte non c’è rimedio”. Un detto sfatato dalla Parola di Dio che ci dice che Cristo è risorto dai morti e che quindi un rimedio alla morte!

C’è anche un altro detto: “sicura è solo la morte”. Alla luce della Parola di Dio anche questa cosa non è esattamente vera.

Esaminiamo cosa ci dice la Parola di Dio nella prima epistola di Paolo ai Tessalonicesi. Il messaggio qui è così semplice. Basta leggere verso per verso e ringraziare Dio per una così stupenda speranza in Cristo.

1 Tess 4:13  Fratelli, non vogliamo che siate nell’ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza.

Alla morte non vi è rimedio, è questo il sentimento popolare.  Ed è questa menzogna diabolica che fa degli uomini dei disperati che vivono la loro vita come una corsa forsennata al piacere ed al benessere per poterne accumulare il più possibile prima che sopraggiunga l’inevitabile. Il mondo è senza speranza.  E se l’uomo è folle nei suoi comportamenti è proprio perché non capisce il senso della sua esistenza e immagina che la morte porrà fine a tutto.  A Catania vi è un altro detto davvero brutto: “è tutto perso”. La Parola di Dio ci assicura che non è tutto perso, che c’è speranza e che questa speranza deve dare gioia e forza ai nostri cuori per proseguire il nostro cammino di fede in Gesù, nostro Signore e Salvatore.

1 Tess 4:14  Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati.

Noi che crediamo che Gesù è resuscitato dai morti, non possiamo non credere nella resurrezione. Come Cristo è resuscitato anche coloro che moriranno in Cristo un giorno verranno da Dio resuscitati. Quando accadrà ciò?

1 Tess 4:15  Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati;

Questo è uno dei miei versi preferiti. Notate cosa scrive Paolo: “noi viventi”. Paolo non attendeva la morte, ma il ritorno di Gesù. Noi cristiani non siamo in attesa della nostra morte, ma del ritorno di Gesù che può aver luogo da un momento all’altro! E’ questa la nostra speranza, che la morte non avrà comunque la meglio su di noi.

Gesù diceva: “Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà.” (Matteo 24:42)  Questa frase è sì un monito. Però ha per me avuto sempre insita una promessa: Gesù potrebbe tornare mentre io sono  ancora in vita. E allora quel detto: “sicura c’è solo la morte” non risponde a verità. Sicuro c’è solo che Gesù tornerà e che chi sarà in vita non morirà. Ecco cosa accadrà.

1Tess 4:16  perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo;

Il ritorno di Gesù è stato previsto in molti brani della Scrittura. Nell’Antico Testamento: “Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d’uomo […] gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto. ” (Daniele 7:13-14)

Il Signore Gesù stesso predisse il suo ritorno: “Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all’altro dei cieli. 

Gli angeli lo hanno confermato alla sua ascensione in cielo. “Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola, accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi. “E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo”. ” (Atti 1:9-10)

L’attesa di Gesù che torna ci dà forza, vigore, voglia di combattere la vita quotidianamente, sapendo che ha senso.

Se posso dare la mia testimonianza… Sono credente da oltre trentacinque anni. Ed è da trentacinque anni che vedo Dio che mi guida, spiana il mio cammino, blocca percorsi che non devo fare, apre vie che devo percorrere, in ogni cosa è presente. E’ Lui che dà senso a questa vita che altrimenti non ha senso. Io non ho meriti, io non sono speciale. Io semplicemente credo in Lui e a Lui mi affido in ogni cosa. Sbaglio, sbaglio sempre. Ma il mio pensiero e la mia preghiera costante si rivolgono a Lui e il Suo Amore mi sostiene e mi dà forza.

Ecco che questo verso, il 16, ci dice che al ritorno di Gesù i morti in Cristo resusciteranno. Sarà questa la prima cosa che accadrà.

1Tess 4:17  poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore.

Ecco di nuovo quel meraviglioso “noi“.  Nostra deve essere l’aspettativa di Paolo. Se il Signore può tornare in qualsiasi momento, chi gli impedisce di tornare fra un’ora, un giorno, un mese, ecc., mentre te o io siamo ancora in vita?

La nostra vita non quindi è vissuta nella triste attesa di un fato inevitabile, della morte, ma nella viva speranza che il nostro percorso sarà arrestato dalla voce del Signore che ritorna e che ci rapirà da questo mondo  per porterci alla Sua presenza, per stare per sempre con Lui.

1 Tess 4:18  Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.

Queste cose dobbiamo ricordarcele continuamente. Accendiamo la tv e sentiamo parlare di stupidaggini o di cattive notizie. Siamo bombardati da pubblicità che ci vuole far spendere soldi. Quindi non possiamo relegare il nostro compito di consolarci gli uni gli altri a nessuno. Noi credenti dobbiamo ricordare agli altri credenti continuamente che il Signore sta tornando, che la nostra fatica non è vana, che non è la morte che ci attende ma la vita eterna.

Fai tua questa speranza!




Il ritorno di Gesù – contro chi ne predice la data sul nostro calendario

di Giuseppe Guarino

Ma quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo”. Matteo 24:36.

Con questa frase così forte Gesù insegna ai suoi discepoli che nessuno conosce o potrà con esattezza predire il giorno del suo ritorno. E’, quindi, incredibile che aprendo internet, fra le notizie in prima pagina di yahoo – il famoso motore di ricerca – mi tocca scoprire che all’inizio di quest’anno un predicatore “evangelico” ha predetto il giorno del ritorno di Cristo nel 2011.

Non importa dietro quale aggettivo o titolo si nasconda un individuo del genere: pretendere di potere calcolare, Bibbia alla mano, la data del ritorno di Cristo è contro il Vangelo, contro l’insegnamento di Gesù e della Parola di Dio!

Brevissimamente sento il bisogno di trattare questo argomento in difesa della Verità e delle chiese che possono veramente fregiarsi del titolo di “evangeliche”.

Vi sono precedenti di altri “studiosi” che hanno avuto la pretesa di credere di essere riusciti a calcolare la data del ritorno di Cristo. Fra questi Russell, il fondatore del movimento oggi conosciuto come “Testimoni di Geova”. Egli era certo di avere calcolato che il ritorno di Cristo avrebbe avuto luogo nel 1914. Quasi 100 anni fa, ormai! Il tempo ha abbondantemente dimostrato che i calcoli di Russell erano disastrosamente errati.

Di recente sono state rispolverate anche antiche profezie Maya, secondo le quali il mondo dovrebbe finire nel 2012. Ho trovato il film “2012” molto bello e ricco di effetti speciali, visto che a me personalmente piace molto la fantascienza; ma non riesco ad immaginare che nessuno lo veda come più che un semplice film. I libri ed i programmi televisivi che sostengono l’attendibilità di questa “profezia” si sono rivelati delle ottime operazioni commerciali, dimostrando che oggi anche la fine del mondo può vendersi, facendone un vero e proprio prodotto commerciale.

Gesù aveva predetto, mettendoci in guardia: “Molti falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti.” Matteo 24:11.

Aggiunge lo stesso Gesù: “Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà. Ma sappiate questo, che se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte il ladro deve venire, veglierebbe e non lascerebbe scassinare la sua casa. Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà”. Matteo 24:42-44.

Difficilmente la Scrittura potrebbe essere più chiara: non sappiamo il giorno del ritorno di Gesù. E’ per questo che la Bibbia ci esorta ad essere pronti in qualsiasi momento.

IL RITORNO DI GESU’

Quando il Signore fu elevato alla destra del Padre, dopo la sua resurrezione, venne predetto ai discepoli che un giorno egli sarebbe ritornato. “Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola, accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi. E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo“. Atti 1:9-11.

Gesù stesso aveva promesso ai suoi discepoli il suo ritorno: “Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me! Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi”. Giovanni 14:1-3.

E’ questa la speranza del cristiano: non l’attesa della morte, bensì del ritorno del nostro Signore e della vita eterna. Scrivendo a Tito, Paolo chiama questa attesa “… la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù”. Tito 2:13.

E’ questa la “consolazione” che abbiamo nella Parola di Dio: dopo essere stato obbediente fino alla croce, Gesù ha vinto la morte con la sua gloriosa resurrezione ed un giorno tornerà per la sua Chiesa.

Scrive Paolo alla chiesa di Tessalonica: “Fratelli, non vogliamo che siate nell’ignoranza riguardo a quelli che dormono (Paolo chiama così i cristiani defunti), affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati. Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.” 1 Tessalonicesi 4:13-18.

Questo brano della Scrittura è meraviglioso e raccoglie la sostanza della nostra fede: la certezza della vita eterna in Cristo e con Cristo. L’affermazione che più mi sorprende ed allo stesso tempo mi fa capire quale deve essere la prospettiva di vita del cristiano, è quella frase detta in modo così naturale da Paolo: “noi viventi, i quali saremo rimasti…” Pur essendo un apostolo, Paolo stesso non sapeva quando il Signore sarebbe tornato. Ma il fatto che includa se stesso, che speri egli stesso in prima persona di essere in vita al ritorno di Cristo, ci insegna quale deve essere il nostro atteggiamento. Se non sappiamo quando Cristo tornerà, dobbiamo vivere ogni giorno come se il suo ritorno fosse domani o persino oggi stesso. Ciò ci fortifica e ci dona gioia; ed avendo anche cura di essere sempre pronti, essendo sempre impegnati nelle buone opere che testimoniano la nostra vita in Lui.

E’ questo il senso dell’esortazione di Cristo, del suo: “vegliate”, che produce nel cristiano una speranza viva ed una fede attiva ed operante. Infatti, nella parabola dei talenti, il Signore ci insegna a mettere a frutto quello che ci ha donato, a farlo crescere, ad utilizzarlo per il bene nostro e del nostro prossimo. L’attesa del ritorno di Cristo nel cristiano non è, quindi, passiva, un fatalismo contemplativo della sorte umana; al contrario, è stimolo per il credente ad operare proprio in attesa della piena e definitiva manifestazione di quella speranza.

Chi predice con date esatte, calendario alla mano, il ritorno di Cristo, finisce solo per confondere chi crede e dare possibilità a chi non crede di ridicolizzare la nostra Fede. Chi agisce in questo modo, l’abbiamo visto esaminando la Sacra Scrittura, rinnega l’autentico insegnamento della Chiesa di Cristo. Il tempo ha già dimostrato la falsità di previsioni simili e lo farà ancora.

COSA PRECEDERA’ IL RITORNO DI CRISTO ?

La Bibbia non ci dice quando Gesù verrà, in maniera che possiamo individuare sul nostro calendario la data del nostro suo ritorno. Ma ci dice cosa accadrà nell’imminenza del suo ritorno, quali eventi ci faranno comprendere che Gesù è vicino.

I discepoli interrogarono Gesù, dimostrando come l’animo umano avverta l’ansia per il futuro che l’attende. E la Parola di Dio non ci lascia senza risposte. “Mentre egli era seduto sul monte degli Ulivi, i discepoli gli si avvicinarono in disparte, dicendo: “Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine dell’età presente?”. Matteo 24:3. E’ vero Gesù disse ai discepoli che il suo ritorno sarebbe stato preceduto da falsi cristi e falsi profeti, da guerre e rumori di guerre e che quando l’evangelo sarebbe stato predicato in tutto il mondo, allora sarebbe arrivata la fine, come è scritto nel sermone profetico di Matteo 24. E’, quindi, lecito, visto che cose simili accadono oggi sotto i nostri occhi, supporre che il ritorno di Cristo sia vicino. Ma di certo non possiamo predirne la data!

Possiamo senz’altro anche aggiungere che vi sono delle cose che debbono ancora succedere. Il Nuovo Testamento è molto chiaro. Vediamo cosa scrive in proposito Paolo ai tessalonicesi.

Ora, fratelli, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e il nostro incontro con lui, vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare sia da pretese ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche lettera data come nostra, come se il giorno del Signore fosse già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio. Non vi ricordate che quand’ero ancora con voi vi dicevo queste cose? Ora voi sapete ciò che lo trattiene affinché sia manifestato a suo tempo. Infatti il mistero dell’empietà è già in atto, soltanto c’è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo. E allora sarà manifestato l’empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l’apparizione della sua venuta”. 2 Tessalonicesi 2:1-8

La chiesa della città di Tessalonica era stata turbata da chi diceva che Cristo era già ritornato. Questi individui erano probabilmente arrivati al punto di scrivere delle epistole spacciandole per opere dell’apostolo Paolo. Quest’ultimo quindi con forza ricorda il suo insegnamento che aveva impartito anche di persona alla chiesa destinataria della sua lettera. Quindi precisa l’apostolo, quel giorno non verrà se non prima:

– sia venuta l’apostasia.

– sia comparso l’anticristo.

Cos’è l’apostasia?

Scrive Paolo a Timoteo: “Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, sviati dall’ipocrisia di uomini bugiardi,” 1 Timoteo 4:1-2. L’apostasia è un allontanamento dall’insegnamento apostolico. Se è vero che da una parte vediamo il nascere di movimenti religiosi che si allontanano dalla vera fede, dall’altra vi è un autentico risveglio, una ricerca di Cristo davvero significativa. Mi riferisco ovviamente alla crescita delle chiese evangeliche in molte parti del mondo. In Brasile, ad esempio. In Sud Corea, in Africa. Ma il risveglio non è solo nell’ambito evangelico. Cresce anche nella chiesa cattolica – parlo da italiano che osserva la realtà che mi circonda – il bisogno dei fedeli di un maggiore contatto con la Parola di Dio vissuta in maniera meno distaccata rispetto a come è sempre avvenuto tradizionalmente con la messa cattolica ed il distacco storico fra clero e laici. Diversi movimenti all’interno della chiesa cattolica sono l’espressione di un sincero e crescente interesse per Cristo e la Sua Parola.

Alla luce di quanto sopra sono convinto che non abbiamo ancora sperimentato l’apostasia di cui parla Paolo.

Mi sono convinto leggendo l’Apocalisse che le lettere alle sette chiese (capitoli 2 e 3) narrano il tragitto della Chiesa nella storia, dalla sua nascita fino al ritorno di Gesù. A conferma di quanto ha predetto lo Spirito Santo per bocca dell’apostolo Paolo, l’apostasia si impossesserà della chiesa immediatamente prima del ritorno di Cristo. E’ Infatti all’ultima delle sette chiese dell’Apocalisse che Gesù dice: “All’angelo della chiesa di Laodicea scrivi: Queste cose dice l’Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della creazione di Dio: Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò dalla mia bocca. Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!” Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo.” (Apocalisse 3:14-17).

Evento ancora più significativo che precederà il ritorno di Gesù sarà la comparsa dell’anticristo, di colui che qui Paolo chiama “l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto”. Nella follia dell’esaltazione di se stesso, quest’individuo arriverà a “porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio”. Nessuno può dire che ciò sia mai accaduto. Quindi Cristo non è ancora tornato, come suppongono alcuni. Né credo che pochi mesi siano sufficienti perché eventi come quelli descritti dall’apostolo si avverino.

Le parole dell’apostolo valgono anche per la Chiesa di oggi quando ha a confrontarsi con certe affermazioni che vanno contro l’insegnamento del vangelo: “vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare”.

COME AVVERRA’ IL RITORNO DI GESU’ CRISTO

Gesù mise in guardia i suoi discepoli: “Allora, se qualcuno vi dice: “Il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non lo credete; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Ecco, ve l’ho predetto. Se dunque vi dicono: “Eccolo, è nel deserto”, non v’andate; “eccolo, è nelle stanze interne”, non lo credete; infatti, come il lampo esce da levante e si vede fino a ponente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.” Matteo 24:23-27.

Quando il Signore Gesù ritornerà, nessuno rimarrà lì a chiedersi se è quello il vero ritorno di Cristo. Prima che ciò avvenga, compariranno molti, ci predice il Signore, che pretenderanno loro di essere il Cristo. Ma quando egli tornerà, ci dice la Scrittura, il mondo intero ed in maniera inequivocabile se ne renderà conto.

Ecco, egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno lamenti per lui. Sì, amen”. Apocalisse 1:7.

Non credo di peccare di presunzione se dico che brani della Scrittura di questo genere sono di una semplicità elementare e basta conoscerli per non essere più autorizzati a farsi ingannare di alcuno.

CONCLUSIONE

Ho intenzionalmente scritto uno studio breve ed il più semplice possibile, per meglio ribadire la Verità della Parola di Dio, della vera fede evangelica, che è SOLO quella che rinveniamo nella Bibbia.

Chiunque si produca in rocamboleschi calcoli per propinare la data del ritorno di Gesù Cristo, secondo il metro della Bibbia possiamo annoverarlo fra i “falsi profeti” ed i “seduttori”. A questi individui i credenti non hanno alcun motivo di dare alcun credito.

—— 26 Maggio 2011.

Nel mio studio non ho volontariamente citato il nome del predicatore che aveva previsto il ritorno di Cristo per quest’anno, né specificato il giorno per il quale l’aveva previsto. Ebbene il giorno era il 21 Maggio 2011, passato ormai da qualche giorno. La notizia è riportata da Yahoo in un articolo che rattrista per l’abuso della credulità popolare da parte di alcuni. Lo stesso predicatore sembra abbia spostato la fine del mondo ad altra data… Ma come dico a mio figlio quando deve indovinare qualcosa e cerca di barare: eh no, così non vale!

Confermo tutto quanto ho già detto nel mio studio.




Il Dio del cielo farà sorgere un regno

di Giuseppe Guarino

Matteo 3:1 : “Or in quei giorni venne Giovanni Battista, che predicava nel deserto della Giudea, e diceva: «Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino!»

Cos’è questo “regno dei cieli” predicato da Giovanni Battista?

Egli lo annuncia al popolo di Israele come se questi sapessero di cosa egli stesse parlando. Ed era così In realtà. Nella vibrante attesa messianica di quel periodo, c’era una profonda conoscenza delle Scritture. E la frase “regno dei cieli” che troviamo nei Vangeli, è un riferimento specifico ad una importante profezia biblica.

Nel VI secolo a.C. il famoso re babilonese Nabucodonosor fece un sogno che nessuno riuscì a ricordargli ed interpretare se non Daniele, giovane ebreo da lui condotto prigioniero in Babilonia poco tempo prima. Nel sogno, spiegò il profeta, Dio aveva fatto vedere al re i quattro regni si sarebbero succeduti nella storia dell’umanità fino all’avvento del regno di Dio. Il quarto ed ultimo di questi regni era in maniera evidente quello di Roma e gli ebrei che conoscevano le Scritture – così come i cristiani dei primi secoli – ne erano perfettamente coscienti. Il regno seguente, il regno di Dio, era quindi ormai prossimo a manifestarsi.

Daniele 2:40-44: “poi vi sarà un quarto regno, forte come il ferro; poiché, come il ferro spezza e abbatte ogni cosa, così, pari al ferro che tutto frantuma, esso spezzerà ogni cosa. Come i piedi e le dita, in parte d’argilla da vasaio e in parte di ferro, che tu hai visto, così sarà diviso quel regno; ma vi sarà in esso qualcosa della consistenza del ferro, poiché tu hai visto il ferro mescolato con la fragile argilla. Come le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte d’argilla, così quel regno sarà in parte forte e in parte fragile. Hai visto il ferro mescolato con la molle argilla, perché quelli si mescoleranno mediante matrimonio, ma non si uniranno l’uno all’altro, così come il ferro non si amalgama con l’argilla. Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno, che non sarà mai distrutto e che non cadrà sotto il dominio d’un altro popolo. Spezzerà e annienterà tutti quei regni, ma esso durerà per sempre…

Anche Gesù annunciò il regno, secondo le Scritture:

Matteo 4:17: “Da quel tempo Gesù cominciò a predicare e a dire: «Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino!».

Eppure nulla accadde. L’attesa messianica dei giudei venne disillusa. Gesù fu ucciso e resuscitò il terzo giorno ed il mandato affidato alla Chiesa non fu più quello di annunciare il “regno dei cieli” ma di testimoniare di Lui:

Matteo 28:18-20: “Poi Gesù si avvicinò e parlò loro dicendo: «Ogni potestà mi è stata data in cielo e sulla terra. Andate dunque, e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutte le cose che io vi ho comandato. Or ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente. Amen».”

Alla sua ascensione Gesù lasciò un incarico ai suoi discepoli.

Atti 1:6-8: “Così quelli che erano riuniti assieme lo interrogarono, dicendo: «Signore, è in questo tempo che ristabilirai il regno a Israele?». Ma egli disse loro: «Non sta a voi di sapere i tempi e i momenti adatti, che il Padre ha stabilito di sua propria autorità. Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, in Samaria e fino all’estremità della terra».”

Ecco, il mandato adesso non riguardava più l’annuncio dell’arrivo del regno messianico, ma la testimonianza di Gesù, della Sua Persona e della Sua opera di salvezza ad ogni uomo.

Nella Chiesa nacque la consapevolezza che l’avvento del regno di Dio era stato in un qualche modo posticipato.

2 Pietro 3:9: “Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni credono che egli faccia, ma è paziente verso di noi non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento.

Paolo spiega alla chiesa di Tessalonica, ed a tutta la Chiesa, che non ci dobbiamo fare ingannare, vi sono degli eventi ben precisi che dovranno aver luogo prima che il Signore Gesù ritorni per adempiere le promesse messianiche.

2 Tessalonicesi 2:1-4: “Or vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signor nostro Gesù Cristo e al nostro adunamento con lui, di non lasciarvi subito sconvolgere nella mente né turbare o da spirito, o da parola, o da qualche epistola come se venisse da parte nostra, quasi che il giorno di Cristo sia già venuto. Nessuno v’inganni in alcuna maniera, perché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e prima che sia manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato dio o oggetto di adorazione, tanto da porsi a sedere nel tempio di Dio come Dio, mettendo in mostra se stesso e proclamando di essere Dio.

Con questa consapevolezza, la Chiesa primitiva, anche alla luce di  Daniele capitolo 2, pregava per l’unità dell’impero romano, affinché la profezia del “ferro che si mescolava all’argilla” non si verificasse, comparisse l’anticristo e quindi arrivasse la fine.

Inutile dirlo, oggi viviamo purtroppo veramente negli ultimi tempi. Come credo di aver già detto altrove, quelle profezie bibliche che da piccolo studiavo, oggi le vedo avverarsi davanti ai miei occhi. Quel ferro ed argilla che non possono mescolarsi rimandano troppo da vicino alla comunità europea nella quale viviamo, dove dei governanti hanno iniziato e continuano ad imporre con ogni mezzo, intellettuale, commerciale e politico, un’unione fra stati e popoli completamente diversi fra loro – per lingua, cultura, abitudini, ecc. E la meraviglia del mondo senza Dio davanti a quest’opera sembra essere stata descritta dall’apostolo Giovanni, quasi due millenni fa, quando scrisse…

Apocalisse 13:3: “E vidi una delle sue teste come ferita a morte; ma la sua piaga mortale fu sanata, e tutta la terra si meravigliò dietro alla bestia.

Apocalisse 17:8: “Gli abitanti della terra, il cui nome non è stato scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, si meraviglieranno vedendo la bestia perché era, e non è, e verrà di nuovo.

Più passerà il tempo, più luce gli eventi getteranno su queste parole e su tutte le profezie bibliche sugli ultimi tempi ed il ritorno di Gesù.

Cosa possiamo fare? Perché Dio ci dà delle profezie bibliche che ci annunciano il futuro? Per turbarci? Al contrario: per non farci sentire confusi, smarriti, paurosi del nostro futuro.

Luca 21:28: “Ora, quando queste cose cominceranno ad accadere, guardate in alto e alzate le vostre teste, perché la vostra redenzione è vicina».

Le profezie bibliche non sono state scritte per fare di noi dei profeti, per farci predire il futuro, ma per avere sufficiente luce sugli eventi futuri della storia dell’umanità in maniera che, quando quelle cose staranno per accadere, noi rimarremo saldi, sicuri che Dio ha il controllo, che sa cosa accadrà e che permetterà che accada per il Suo imperscrutabile disegno divino – del quale noi facciamo meravigliosamente parte!

I giudizi per questo mondo, la sua rovinosa caduta, saranno per noi solo il segno che il Signore è vicino, che sta per tornare e portarci via con Lui. Il giudizio per il mondo, sarà per noi il momento della gloria eterna con Gesù.

Purtroppo lo stesso messaggio che per noi è di speranza, diventa di condanna per chi si ostina a non credere, a non arrendersi all’amore di Dio. Annunciare al mondo la salvezza in Cristo è il compito del quale non dobbiamo stancarci, ora più che mai, visto che il giorno del ritorno di Cristo è più vicino, come ci autorizzano a ritenere gli eventi che stanno accadendo attorno a noi.

Luca 21:36: “Vegliate dunque, pregando in ogni tempo, affinché siate ritenuti degni di scampare a tutte queste cose che stanno per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

 

Giuseppe Guarino è autore anche di un commentario storico-profetico al libro del profeta Daniele. Clicca sulla copertina per acquistarlo su Amazon.

 

 




Perché i vangeli sono stati scritti così?

di Giuseppe Guarino

Dr. Who è il titolo di una fortunata serie televisiva di fantascienza cominciata nei lontani anni ’60 ed ancora oggi prodotta dalla BBC. La seguivo, poco più che bambino, negli anni ’70, quando la RAI – allora c’era solo quella! – ne trasmise alcuni episodi. Ho visto con piacere gli episodi più recenti (dalla quinta all’ottava stagione) e devo dire che il progresso della serie e dei personaggi è notevole – sono ancora oggi un cultore di fantascienza, sebbene non abbia più da dedicarvi molto tempo.

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La cosa che più mi affascinava in Dr. Who era la sua astronave che serviva al protagonista per viaggiare nello spazio e nel tempo, il Tardis. Sebbene apparisse come una comune cabina telefonica inglese, il Tardis si rivelava al suo interno come un ambiente molto spazioso, come del ci si aspetterebbe da un mezzo capace di fungere da astronave e da macchina del tempo.

A vederlo da fuori chi l’avrebbe detto che un oggetto tanto comune potesse nascondere al suo interno simili fantastiche potenzialità?

Questa premessa perché qualche giorno fa mi sono trovato a discutere sullo stile di composizione dei vangeli con un mio amico, Riccardo, come me appassionato di fantascienza ed anche di fantascienza datata (ricordate Spazio 1999? Star Trek? Ufo?). Riccardo si lamentava dello stile scarno, troppo essenziale a suo avviso, delle narrazioni evangeliche e mi chiedeva apertamente: Perché la Bibbia riporta così pochi dettagli sulla vita di Gesù?

Non è che anche io non mi sia posto questa domanda. Ma credo di aver trovato delle spiegazioni sufficientemente soddisfacenti.

Doctor Who, A Breach in the Vortex

Marco è davvero essenziale nello stile e nei contenuti, ma è un’opera perfettamente in sintonia con gli altri scritti suoi contemporanei. In parole povere, era quello il metodo corrente di scrittura nel periodo in cui quel vangelo fu scritto. Come è logico, ogni autore deve adottare uno stile accettabile dai propri contemporanei, per senso di praticità, ma anche per risultare più chiaro ed efficace possibile.

Se consideriamo che un film o telefilm appena degli anni ’70 ci appare oggi rozzo ed ingenuo, dobbiamo tenere conto che il risultato dei Vangeli, dal punta di vista squisitamente letterario, è più che buono.

Se Matteo propone una cronologia diversa degli eventi rispetto a Marco, è perché il suo intento narrativo tende più a sottolineare il senso di ciò che accade piuttosto che il loro ordine cronologico – che invece ossessiona noi uomini del XXI secolo! Matteo mi ha “sconvolto” con il “disordine” cronologico che compare in alcuni punti della sua narrazione, ma così tanto meravigliato per il suo grande ordine tematico che così compariva!

Perché poi tre vangeli sinottici ed un quarto, quello di Giovanni? La risposta che mi sono data è stata la seguente: quattro narrazioni ci offrono una prospettiva completa, a 360 gradi, di quanto dobbiamo sapere sulla persona di Gesù e sugli eventi che hanno caratterizzato il suo ministero terreno. Da cristiano e da studioso, lo dico in tutta onestà, non ho mai avvertito il bisogno di un quinto evangelo.

Sempre considerando l’approccio storico ai vangeli intesi come documenti, il loro valore di evidenze storiche è più che attendibile, in quanto chiaramente dipendenti dal resoconto di testimoni oculari degli eventi che in essi sono descritti. E, paradossalmente, in quanto documenti anonimi risultano per ciò essere ancora più attendibili, visto che prima di arrivare ad un tale unanime accoglimento nel canone biblico, devono aver dovuto passare l’attento esame di tutta la Chiesa nascente: per essere prima riconosciuti come resoconti attendibili e poi, ma anche soprattutto, Parola di Dio.

I vangeli clamorosamente falsi, attribuiti a questo o quell’apostolo, invece, che hanno proliferato nel II secolo, essendo palesemente di valore pressoché nullo dal punto di vista teologico ma anche storico, hanno goduto soltanto per qualche tempo del favore di questa o quella setta eretica dove erano stati prodotti o diffusi, scivolando presto nell’oblio, almeno fino a quando qualche fortuito ritrovamento non li ha portati alla luce e qualche sapiente operazione commerciale non ne ha sfruttato le potenzialità di guadagno, cercando di attribuire loro un valore storico e religioso che oggettivamente non hanno mai avuto.

Quando si parla di contrasti all’interno delle narrazioni evangeliche o fra di loro, invito a riflettere su quanto sia difficile a volte attingere dalle diverse fonti di informazione (giornali, notiziari) circa la verità di eventi dei nostri giorni; o quanto sia difficile a volte in un’aula di tribunale accertare la verità dei fatti accaduti anche in presenza di diversi testimoni.

L’attendibilità dei testimoni per eccellenza della nostra fede, gli apostoli, sta nel fatto che costoro erano così certi di quanto avevano visto da dedicare tutta la loro vita alla causa del Cristo, e di non fermarsi dal proclamare la Verità nemmeno quando minacciati di morte e poi veramente uccisi.

Scriveva l’apostolo Pietro: “Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà.” (2 Pietro 1:16 – Nuova Riveduta)

E forse ancora più incisivo scrisse poi l’apostolo Giovanni: “Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita (poiché la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata), quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo.” (1 Giovanni 1:1-3 – Nuova Riveduta).

Tralasciando i profondi significati dell’ultima citazione, quello che inequivocabilmente si capisce è che l’apostolo Giovanni dice apertamente: Guardate che abbiamo perfettamente capito ciò di cui siamo testimoni (notate il plurale!), sentito, visto e persino toccato; noi siamo sicuri delle cose che annunciamo, dell’evangelo.

Bisogna essere onesti: non molti eventi storici possono vantare fonti tanto attendibili.

Ma il mio amico, poco interessato alla storia, non rimase per nulla convinto dai cenni che gli feci di quanto sopra ho detto. Riflettendoci a casa, quindi, ho elaborato tutt’altra risposta.

I vangeli e la Bibbia in generale, sono come il Tardis di Dr. Who! Esteriormente appaiono come semplici libri di 27 o 16 capitoli, ma quando entri dentro trovi immensi significati, interi libri dentro i libri, i capitoli, i versi, a volte persino le singole parole. Gli innumerevoli testi scritti sulla Bibbia, se li vogliamo considerare come il frutto dell’osservazione di quanto trovato durante le ricognizioni all’interno di questo stupefacente “contenitore”, sono lì ad attestare l’immensa mole di informazioni che custodiscono questi scritti all’apparenza tanto scarni.

Non è forse vero che oggi per facilitare lo spostamento di grossi files si usa “zipparli”? Lo faccio spesso per mandare diverso materiale via e-mail: raccolgo tutto in una cartella, poi comprimo; quindi allego e spedisco il tutto.

La Bibbia possiamo immaginarla come un messaggio di Dio inviato all’uomo, accuratamente “zippato” in maniera da potersi recapitare con successo all’umanità intera.

Me la cavo meglio con la storia che con la scienza e l’informatica, ma spero di non aver fatto troppa brutta figura ed aver dato nuovi spunti di riflessione da altre prospettive che non siano le solite che regolarmente propongo nei miei studi.

Chiudo con un’ultima importante considerazione.

I tempi sono maturi e c’è poco spazio per i dubbi. Il Signore è alle porte ed il ritorno di Gesù è vicino. L’unica cosa sensata che ci conviene fare è prepararci per quel glorioso momento … il resto conta così poco!

Maranatha

Il ritorno di Gesù

di Giuseppe Guarino

Ma quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo”. Matteo 24:36.

Con questa frase così forte Gesù insegna ai suoi discepoli che nessuno conosce o potrà con esattezza predire il giorno del suo ritorno. E’, quindi, incredibile che aprendo internet, fra le notizie in prima pagina di yahoo – il famoso motore di ricerca – mi tocca scoprire che all’inizio di quest’anno un predicatore “evangelico” ha predetto il giorno del ritorno di Cristo nel 2011.

Non importa dietro quale aggettivo o titolo si nasconda un individuo del genere: pretendere di potere calcolare, Bibbia alla mano, la data del ritorno di Cristo è contro il Vangelo, contro l’insegnamento di Gesù e della Parola di Dio!

Brevissimamente sento il bisogno di trattare questo argomento in difesa della Verità e delle chiese che possono veramente fregiarsi del titolo di “evangeliche”.

Vi sono precedenti di altri “studiosi” che hanno avuto la pretesa di credere di essere riusciti a calcolare la data del ritorno di Cristo. Fra questi Russell, il fondatore del movimento oggi conosciuto come “Testimoni di Geova”. Egli era certo di avere calcolato che il ritorno di Cristo avrebbe avuto luogo nel 1914. Quasi 100 anni fa, ormai! Il tempo ha abbondantemente dimostrato che i calcoli di Russell erano disastrosamente errati.

Di recente sono state rispolverate anche antiche profezie Maya, secondo le quali il mondo dovrebbe finire nel 2012. Ho trovato il film “2012” molto bello e ricco di effetti speciali, visto che a me personalmente piace molto la fantascienza; ma non riesco ad immaginare che nessuno lo veda come più che un semplice film. I libri ed i programmi televisivi che sostengono l’attendibilità di questa “profezia” si sono rivelati delle ottime operazioni commerciali, dimostrando che oggi anche la fine del mondo può vendersi, facendone un vero e proprio prodotto commerciale.

Gesù aveva predetto, mettendoci in guardia: “Molti falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti.” Matteo 24:11.

Aggiunge lo stesso Gesù: “Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà. Ma sappiate questo, che se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte il ladro deve venire, veglierebbe e non lascerebbe scassinare la sua casa. Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà”. Matteo 24:42-44.

Difficilmente la Scrittura potrebbe essere più chiara: non sappiamo il giorno del ritorno di Gesù. E’ per questo che la Bibbia ci esorta ad essere pronti in qualsiasi momento.

IL RITORNO DI GESU’

Quando il Signore fu elevato alla destra del Padre, dopo la sua resurrezione, venne predetto ai discepoli che un giorno egli sarebbe ritornato. “Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola, accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi. E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo“. Atti 1:9-11.

Gesù stesso aveva promesso ai suoi discepoli il suo ritorno: “Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me! Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi”. Giovanni 14:1-3.

E’ questa la speranza del cristiano: non l’attesa della morte, bensì del ritorno del nostro Signore e della vita eterna. Scrivendo a Tito, Paolo chiama questa attesa “… la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù”. Tito 2:13.

E’ questa la “consolazione” che abbiamo nella Parola di Dio: dopo essere stato obbediente fino alla croce, Gesù ha vinto la morte con la sua gloriosa resurrezione ed un giorno tornerà per la sua Chiesa.

Scrive Paolo alla chiesa di Tessalonica: “Fratelli, non vogliamo che siate nell’ignoranza riguardo a quelli che dormono (Paolo chiama così i cristiani defunti), affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati. Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.” 1 Tessalonicesi 4:13-18.

Questo brano della Scrittura è meraviglioso e raccoglie la sostanza della nostra fede: la certezza della vita eterna in Cristo e con Cristo. L’affermazione che più mi sorprende ed allo stesso tempo mi fa capire quale deve essere la prospettiva di vita del cristiano, è quella frase detta in modo così naturale da Paolo: “noi viventi, i quali saremo rimasti…” Pur essendo un apostolo, Paolo stesso non sapeva quando il Signore sarebbe tornato. Ma il fatto che includa se stesso, che speri egli stesso in prima persona di essere in vita al ritorno di Cristo, ci insegna quale deve essere il nostro atteggiamento. Se non sappiamo quando Cristo tornerà, dobbiamo vivere ogni giorno come se il suo ritorno fosse domani o persino oggi stesso. Ciò ci fortifica e ci dona gioia; ed avendo anche cura di essere sempre pronti, essendo sempre impegnati nelle buone opere che testimoniano la nostra vita in Lui.

E’ questo il senso dell’esortazione di Cristo, del suo: “vegliate”, che produce nel cristiano una speranza viva ed una fede attiva ed operante. Infatti, nella parabola dei talenti, il Signore ci insegna a mettere a frutto quello che ci ha donato, a farlo crescere, ad utilizzarlo per il bene nostro e del nostro prossimo. L’attesa del ritorno di Cristo nel cristiano non è, quindi, passiva, un fatalismo contemplativo della sorte umana; al contrario, è stimolo per il credente ad operare proprio in attesa della piena e definitiva manifestazione di quella speranza.

Chi predice con date esatte, calendario alla mano, il ritorno di Cristo, finisce solo per confondere chi crede e dare possibilità a chi non crede di ridicolizzare la nostra Fede. Chi agisce in questo modo, l’abbiamo visto esaminando la Sacra Scrittura, rinnega l’autentico insegnamento della Chiesa di Cristo. Il tempo ha già dimostrato la falsità di previsioni simili e lo farà ancora.

COSA PRECEDERA’ IL RITORNO DI CRISTO ?

La Bibbia non ci dice quando Gesù verrà, in maniera che possiamo individuare sul nostro calendario la data del nostro suo ritorno. Ma ci dice cosa accadrà nell’imminenza del suo ritorno, quali eventi ci faranno comprendere che Gesù è vicino.

I discepoli interrogarono Gesù, dimostrando come l’animo umano avverta l’ansia per il futuro che l’attende. E la Parola di Dio non ci lascia senza risposte. “Mentre egli era seduto sul monte degli Ulivi, i discepoli gli si avvicinarono in disparte, dicendo: “Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine dell’età presente?”. Matteo 24:3. E’ vero Gesù disse ai discepoli che il suo ritorno sarebbe stato preceduto da falsi cristi e falsi profeti, da guerre e rumori di guerre e che quando l’evangelo sarebbe stato predicato in tutto il mondo, allora sarebbe arrivata la fine, come è scritto nel sermone profetico di Matteo 24. E’, quindi, lecito, visto che cose simili accadono oggi sotto i nostri occhi, supporre che il ritorno di Cristo sia vicino. Ma di certo non possiamo predirne la data!

Possiamo senz’altro anche aggiungere che vi sono delle cose che debbono ancora succedere. Il Nuovo Testamento è molto chiaro. Vediamo cosa scrive in proposito Paolo ai tessalonicesi.

Ora, fratelli, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e il nostro incontro con lui, vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare sia da pretese ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche lettera data come nostra, come se il giorno del Signore fosse già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio. Non vi ricordate che quand’ero ancora con voi vi dicevo queste cose? Ora voi sapete ciò che lo trattiene affinché sia manifestato a suo tempo. Infatti il mistero dell’empietà è già in atto, soltanto c’è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo. E allora sarà manifestato l’empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l’apparizione della sua venuta”. 2 Tessalonicesi 2:1-8

La chiesa della città di Tessalonica era stata turbata da chi diceva che Cristo era già ritornato. Questi individui erano probabilmente arrivati al punto di scrivere delle epistole spacciandole per opere dell’apostolo Paolo. Quest’ultimo quindi con forza ricorda il suo insegnamento che aveva impartito anche di persona alla chiesa destinataria della sua lettera. Quindi precisa l’apostolo, quel giorno non verrà se non prima:

– sia venuta l’apostasia.

– sia comparso l’anticristo.

Cos’è l’apostasia?

Scrive Paolo a Timoteo: “Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, sviati dall’ipocrisia di uomini bugiardi,” 1 Timoteo 4:1-2. L’apostasia è un allontanamento dall’insegnamento apostolico. Se è vero che da una parte vediamo il nascere di movimenti religiosi che si allontanano dalla vera fede, dall’altra vi è un autentico risveglio, una ricerca di Cristo davvero significativa. Mi riferisco ovviamente alla crescita delle chiese evangeliche in molte parti del mondo. In Brasile, ad esempio. In Sud Corea, in Africa. Ma il risveglio non è solo nell’ambito evangelico. Cresce anche nella chiesa cattolica – parlo da italiano che osserva la realtà che mi circonda – il bisogno dei fedeli di un maggiore contatto con la Parola di Dio vissuta in maniera meno distaccata rispetto a come è sempre avvenuto tradizionalmente con la messa cattolica ed il distacco storico fra clero e laici. Diversi movimenti all’interno della chiesa cattolica sono l’espressione di un sincero e crescente interesse per Cristo e la Sua Parola.

Alla luce di quanto sopra sono convinto che non abbiamo ancora sperimentato l’apostasia di cui parla Paolo.

Mi sono convinto leggendo l’Apocalisse che le lettere alle sette chiese (capitoli 2 e 3) narrano il tragitto della Chiesa nella storia, dalla sua nascita fino al ritorno di Gesù. A conferma di quanto ha predetto lo Spirito Santo per bocca dell’apostolo Paolo, l’apostasia si impossesserà della chiesa immediatamente prima del ritorno di Cristo. E’ Infatti all’ultima delle sette chiese dell’Apocalisse che Gesù dice: “All’angelo della chiesa di Laodicea scrivi: Queste cose dice l’Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della creazione di Dio: Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò dalla mia bocca. Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!” Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo.” (Apocalisse 3:14-17).

Evento ancora più significativo che precederà il ritorno di Gesù sarà la comparsa dell’anticristo, di colui che qui Paolo chiama “l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto”. Nella follia dell’esaltazione di se stesso, quest’individuo arriverà a “porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio”. Nessuno può dire che ciò sia mai accaduto. Quindi Cristo non è ancora tornato, come suppongono alcuni. Né credo che pochi mesi siano sufficienti perché eventi come quelli descritti dall’apostolo si avverino.

Le parole dell’apostolo valgono anche per la Chiesa di oggi quando ha a confrontarsi con certe affermazioni che vanno contro l’insegnamento del vangelo: “vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare”.

COME AVVERRA’ IL RITORNO DI GESU’ CRISTO

Gesù mise in guardia i suoi discepoli: “Allora, se qualcuno vi dice: “Il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non lo credete; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Ecco, ve l’ho predetto. Se dunque vi dicono: “Eccolo, è nel deserto”, non v’andate; “eccolo, è nelle stanze interne”, non lo credete; infatti, come il lampo esce da levante e si vede fino a ponente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.” Matteo 24:23-27.

Quando il Signore Gesù ritornerà, nessuno rimarrà lì a chiedersi se è quello il vero ritorno di Cristo. Prima che ciò avvenga, compariranno molti, ci predice il Signore, che pretenderanno loro di essere il Cristo. Ma quando egli tornerà, ci dice la Scrittura, il mondo intero ed in maniera inequivocabile se ne renderà conto.

Ecco, egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno lamenti per lui. Sì, amen”. Apocalisse 1:7.

Non credo di peccare di presunzione se dico che brani della Scrittura di questo genere sono di una semplicità elementare e basta conoscerli per non essere più autorizzati a farsi ingannare di alcuno.

CONCLUSIONE

Ho intenzionalmente scritto uno studio breve ed il più semplice possibile, per meglio ribadire la Verità della Parola di Dio, della vera fede evangelica, che è SOLO quella che rinveniamo nella Bibbia.

Chiunque si produca in rocamboleschi calcoli per propinare la data del ritorno di Gesù Cristo, secondo il metro della Bibbia possiamo annoverarlo fra i “falsi profeti” ed i “seduttori”. A questi individui i credenti non hanno alcun motivo di dare alcun credito.

—— 26 Maggio 2011.

Ho volontariamente omesso il nome del predicatore che aveva previsto il ritorno di Cristo per quest’anno, né specificato il giorno per il quale l’aveva previsto. Ebbene il giorno era il 21 Maggio 2011, passato ormai da qualche giorno. (7 anni adesso che rivedo questo articolo) La notizia è riportata da Yahoo e rattrista per l’abuso della credulità popolare da parte di alcuni. Lo stesso predicatore sembra abbia spostato la fine del mondo ad altra data… Ma come dico a mio figlio quando deve indovinare qualcosa e cerca di barare: eh no, così non vale!

Confermo tutto quanto ho già detto nel mio studio.

Radici ebraiche ed universalismo della fede cristiana

di Giuseppe Guarino

Lo studio serio del vangelo e della persona stessa di Gesù non può prescindere da una attenta valutazione sia delle radici ebraiche che dell’universalismo del messaggio cristiano.

Oggi sono in moto delle tendenze che sublimano un ritorno alla cultura ebraica ma mi lascia piuttosto perplesso. Il messaggio evangelico infatti non ci vuole tramutare in ebrei, ma fare di noi dei cristiani, dei seguaci di Cristo. In quanto tali, inevitabilmente indebitati alla cultura veterotestamentaria ma anche assolutamente proiettati verso l’universalismo che troviamo nel Nuovo Testamento.

Che il Nuovo Testamento sia intriso di cultura ebraica questo è certo. E’ un dato di fatto. Gesù è nato da genitori ebrei. Il suo nome non avrebbe potuto essere più ebraico: Yeshua, nome ebraico di Gesù, è il diminuitivo di Yehoshua, cioè Giosuè, il successore di Mosè. Suo padre, Giuseppe, sebbene non padre carnale, era della discendenza di Davide, come leggiamo dalla genealogia di Matteo. Sua madre, madre vera, era anch’essa discendente di Davide, come puntualizza Luca. Egli nasce a Betlemme. Egli adempie tutte le profezie che l’Antico Testamento riferisce al Messia. Egli si fa battezzare da Giovanni Battista. Vive secondo la Legge mosaica e cita continuamente le Scritture e le spiega alla maniera dei rabbi ebrei.

Nel Sermone sulla Montagna Gesù si siede ed insegna, gesto tipicamente ebraico. Infatti durante la lettura dei libri di Mosè o dei Profeti, il rabbi stava in piedi, ma quando doveva insegnare, egli si sedeva. Matteo quindi puntualizza nella sua descrizione: “Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e si mise a sedere. I suoi discepoli si accostarono a lui, ed egli, aperta la bocca, insegnava loro dicendo” (Matteo 5:1-2, Nuova Riveduta). E’ in questo contesto che Gesù chiarisce in maniera inequivocabile: “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento.” (Matteo 5:17 – NR)

Sebbene il Nuovo Testamento sia stato scritto in greco, non si contano i termini ebraici ed aramaici che esso mantiene nella loro lingua originale. Ciò è visibile anche nelle nostre traduzioni, dove la costruzione della frase spesso costringe a ritenere il vocabolo ebraico anche in italiano.

E, verso l’ora nona, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lamà sabactàni?” cioè: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Matteo 27:46)

Giacomo, figlio di Zebedeo e Giovanni, fratello di Giacomo, ai quali pose nome Boanerges, che vuol dire figli del tuono“. (Marco 3:17)

La parola Amen è presente nel Nuovo Testamento greco molte più volte di quante ci si renda conto nelle traduzioni. E’ mantenuta in Matteo 6:13, nella chiusura del cosiddetto “Padre nostro”, mentre non si vede nella traduzione di molti passi di Giovanni. La famosissima espressione “in verità in verità” tipica del quarto vangelo, corrisponde infatti all’originale “Amen, Amen” dove la parola ebraica è semplicemente traslitterata in alfabeto greco.

Un’altra meravigliosa espressione che sopravvive nel Nuovo Testamento e nel linguaggio quotidiano dei credenti è “Alleluia”. “Dopo queste cose, udii nel cielo una gran voce come di una folla immensa, che diceva: “Alleluia! La salvezza, la gloria e la potenza appartengono al nostro Dio.” (Apocalisse 19:1 – NR)

Accanto a questa meravigliosa continuità con la fede del popolo giudaico, va, però, sottolineato anche l’universalismo del messaggio evangelico, che, in questo senso, si distacca, rompe quasi, con l’esclusivismo ebraico.

Scrive Giovanni nel suo vangelo: “È venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome” (Giovanni 1:11-12)

Il comandamento di Gesù ai suoi discepoli è chiaro: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popolibattezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Matteo 28:19 – NR)

Ecco quindi spiegato perché i libri della nuova fede non vengono scritti in ebraico, né in aramaico, bensì in greco, la lingua più parlata nel mondo che vide muovere i primi passi del cristianesimo. Era anche la lingua della traduzione dell’Antico Testamento che godeva di prestigio fra gli stessi ebrei dispersi nelle nazioni, lontani da Israele, che non avevano più sufficiente dimestichezza con la lingua ebraica. Grazie anche a quest’uso consolidato all’interno dello stesso ambiente ebraico, la lingua greca si prestava perfettamente da una parte a raccogliere l’eredità dell’Antico Testamento e dall’altra a veicolare il messaggio universale dell’Evangelo.

Nelle mani dell’apostolo Paolo il greco divenne un potente mezzo per esprimere la dottrina cristiana con grande efficacia. La cristologia neotestamentaria – bisogna ammetterlo – difficilmente avrebbe potuto esprimere concetti come quelli che vi rinveniamo se fosse stato scritto in lingua ebraica. Il greco permise all’apostolo Paolo di descrivere la persona di Gesù ai Gentili in maniera straordinaria. Scrisse ai Colossesi: “… in lui dimora tutta la Pienezza della Deità corporalmente” (2:9). Definì inoltre Gesù: “immagine del Dio invisibile” (Col. 1:15). Con terminologia ancora più sofisticata lo stesso concetto viene elaborato in un linguaggio molto sofisticato in Ebrei 1, dove è detto che Gesù “è splendore della sua gloria (di Dio) e impronta della sua essenza.

Famosissimo è il riferimento di Giovanni al logos nel prologo del suo Vangelo. Mai concetto più ebraico avrebbe potuto esprimersi con una terminologia più greca. Ai primi intellettuali convertiti al cristianesimo, venne istintivo richiamare il concetto comune all’ebraismo ed alla cultura ebraica ed ellenica di logos per annunciare il Cristo, mediatore cosmico fra Dio e l’uomo incarnatosi in Gesù di Nazaret.

Nel vangelo più ebraico dei quattro, Matteo, troviamo l’affermazione più universale, sulla nuova comunità raccolta attorno a Gesù Cristo, il Figlio di Dio. “Ed egli disse loro: “E voi, chi dite che io sia?” Simon Pietro rispose: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Gesù, replicando, disse: “Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere.” (Matteo 16:15-18)

L’ultima più emblematica considerazione riguarda il nome ineffabile di Dio, il cosiddetto Tetragramma,יהוה, che nel Nuovo Testamento greco diviene Kyrios, Signore, termine comprensibile, diretto, che nulla di ebraico conserva ma che rappresenta e rivela l’universalità della sovranità del Dio della Bibbia, ora non più esclusivo patrimonio della nazione ebraica, ma alla portata di ogni uomo che lo invoca. Scrive Paolo proprio in virtù di questa nuova accessibilità di Dio: “… perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati. Difatti la Scrittura dice: “Chiunque crede in lui, non sarà deluso”. Poiché non c’è distinzione tra Giudeo e Greco, essendo egli lo stesso Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato.” (Romani 10:9-13)

E’ questa la sostanza e la potenza del messaggio evangelico che esce prepotentemente al di fuori dei confini dell’ebraismo, geograficamente ed intellettualmente. “Non c’è più distinzione fra Giudeo e Greco, essendo egli stesso Signore di tutti” è un’affermazione che esprime l’universalismo della nuova fede, che estende ad ogni uomo l’invito di tornare a Dio. Non vi sono più degli eletti per diritto di nascita, ma eletti per scelta. Paolo continua a scrivere e conclude il suo ragionamento citando un brano dell’Antico Testamento: “chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato” come per invitare comunque a non dimenticare le radici ebraiche della nostra fede e per motivare ogni cosa con l’autorità delle Scritture ebraiche.

Perfezione numerica della Bibbia

di Giuseppe Guarino

Ogni lettera dell’alfabeto ebraico ha un valore numerico, come è riportato nella tabella qui accanto. Da alcuni studi, sembra che anche la matematica testimoni la perfezione della Parola di Dio. Vediamo di cosa sto parlando.

Di seguito il nome di Davide scritto in ebraico ed il valore numerico di ciascuna lettera.

D V D
ד ו ד
4+6+4 = 14

La somma dei numeri corrispondenti alle lettere ebraiche presenti nel nome David è 14. Non è coincidenza che il vangelo di Matteo cominci con la genealogia di Gesù e che questa si divida in 3 parti e ogni parte contempla 14 nomi. Matteo stesso lo specifica.

Matteo 1:17: “Così, da Abraamo fino a Davide sono in tutto quattordici generazioni; da Davide fino alla deportazione in Babilonia, quattordici generazioni; e dalla deportazione in Babilonia fino a Cristo, quattordici generazioni.

Se 14 è il numero del nome di Davide, 42 nomi elencati dall’evangelista corrispondono a 14 x 3. Ciò non è casuale. Come è risaputo 42 è numero di tribolazione e di un periodo di attesa dell’adempimento delle promesse di Dio e del suo intervento.

Anche con i numeri della sua narrazione Matteo, ebreo che scrive ad ebrei, si premura di chiarire che Gesù è il Messia tanto atteso dalla nazione ebraica.

Per coloro che ritengono impossibile che un uomo o una famiglia tramandi la propria genealogia in maniera come ce la riporta il vangelo di Matteo, e che quindi ritengono la sua narrazione fantasiosa, basta citare il premio Nobel Shemuel Josef Agnòn il quale dichiarò di sapere di essere discendente del profeta Samuele. (Alberto Mello, L’ebraicità di Gesù e dei Vangeli, EDB, p.23)

Ivan Panin era un matematico divenuto un credente dopo aver scoperto l’impossibile (o divina) perfezione numerica esistente nelle lingue originali della Bibbia. Basta cercare su Google per approfondire gli straordinari risultati delle sue ricerche.

Non sono un matematico e dubito che potrei apprezzare sufficientemente il lavoro di Panin. Sono più incline agli studi di teologia e storia ed in questi campi ho raggiunto la mia personale convinzione sull’origine divina delle Scritture ebraico-cristiane. Ma una cosa mi ha colpito leggendo dei risultati di Panin.

Il primo verso della Bibbia (Genesi 1:1) in ebraico è di straordinaria bellezza. L’ho fatto imparare a memoria in originale ad entrambi i miei figli perché ritengo sia un’espressione completa della fede monoteista nel Dio della Bibbia.

Ecco come si presenta nell’alfabeto ebraico (che è privo di vocali e si legge da destra verso sinistra).

בראשׁית ברא אלהים את השׁמים ואת הארץ

Fondamentalmente, nel nostro alfabeto, si legge così: “Berescit barà Eloim et asciamaim veet aarez”. Per la pronuncia esatta si può ascoltare l’audio su youtube seguendo questo link.

Le impossibili coincidenze numeriche che rinveniamo già nel solo primo verso della Bibbia sono incredibili.

È composto da 7 parole.

La prima e l’ultima sono composte rispettivamente da 6 e 4 lettere, due numeri molto significativi, che simboleggiano rispettivamente uomo e terra.

La seconda e la sesta parola sono di 3 lettere ciascuna. (3+3=6). Il 3 è un numero che indica completezza.

La somma delle lettere della prima e dell’ultima parola e della terza e quinta è di 10.

Il totale delle lettere del verso è 28, cioè 4 volte 7, simbolo della terra (4) e della perfezione (7).

La somma delle lettere delle prime 3 (completezza) parole è 14. La somma delle seconde 4 (terra) parole è 14.

Non mi stupisce che anche la matematica renda testimonianza all’origine divina delle Parola di Dio. Scrivo questo breve articolo proprio per portarlo all’attenzione dei miei confratelli evangelici.

Devo, però, segnalare che ho visto molti estremismi su internet, che non hanno nulla a che vedere con le osservazioni scientifiche che solo un vero matematico è in grado di fare. Se quindi da una parte mi entusiasmo per le conclusioni raggiunte da un uomo ferrato nella sua materia (Panin), dall’altra metto devo mettere in guardia i miei lettori dagli entusiasmi di chi non chiama in causa la matematica ma da letteralmente i numeri.

Detto anche questo, posso concludere che non mi sorprende se appare matematicamente evidente che anche i numeri testimoniano la perfezione della Parola di Dio e la sua origine divina. Panin non vide altra soluzione per spiegare l’occorrenza del numero 7 e dei suoi multipli in tutta la Bibbia, impossibile da ricondursi all’attività umana.

 

 




Divorzio: La Bibbia lo permette?

di Giuseppe Guarino

Premessa.

Sto scrivendo un libro sul divorzio. Estraggo qui una parte di questo scritto ancora in lavorazione, visti gli interessanti risvolti dei miei approfondimenti. Alla fine di questo articolo pubblico la lettera di un mio lettore che spiega perché continuo a scrivere su un argomento ed in generale. Mi è stato detto che essere indipendente è la forza del mio lavoro e quindi scrivo su un argomento così spinoso conscio che il mondo evangelico è ancora diviso. Dobbiamo tutti comprendere che, ben più importante della diatriba esegetica, vi è una priorità: non abbandonare chi sta sperimentando la tragedia di un divorzio, perché non naufraghi anche spiritualmente: affinché la fine del suo matrimonio non sia anche la fine della sua vita da cristiano. E’ una pesante caduta. Ma ci si può e ci si deve rialzare e continuare il proprio cammino di fede. Anzi, continuarlo con maggiore convinzione! Non è facile, ma è indispensabile impedire a qualsiasi circostanza della vita di porsi fra noi e Cristo.

Desidererei che i miei scritti sul matrimonio e sul divorzio fossero intesi in questo senso e non come incitazioni all’immoralità.

La Bibbia permette il divorzio?

Sono convinto di una cosa: la Bibbia ci insegna che Dio ha istituito il matrimonio ed è chiaro intuire che il divorzio non era nei piani originari del Signore. Il Signore Gesù lo ha confermato durante il suo ministero terreno. Ma non erano nei piani di Dio nemmeno la fornicazione, l’adulterio, la poligamia; il peccato in generale. Il brano biblico che parla dell’unione matrimoniale, la poesia d’amore di Adamo per Eva, preceda la Caduta. Esclama Adamo alla vista di Eva:

essa è carne dalla mia carne

osso dalle mia ossa

(Genesi 2:23 – versione CEI)

L’istituzione del matrimonio precede quindi il peccato dell’uomo narrato nella Genesi al capitolo 3. (Quindi chi immagina che il sesso nel matrimonio sia peccato, sbaglia di grosso e grossolanamente. Ma questo è un altro argomento).

Purtroppo con il peccato l’ideale dell’Eden è ormai lontano e rimane la tristezza della contemplazione della miseria umana. Non solo nel matrimonio, ma in tutti i campi della vita personale e sociale dell’uomo.

Fu per questo che le previsioni della legge mosaica contemplavano la possibilità del divorzio.

Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via”. (Deuteronomio 24:1).

L’interpretazione sui limiti ed il significato delle parole di Mosè venne discussa fra il clero ebraico e Gesù. Esaminiamo in dettaglio il senso delle parole riportate dal vangelo di Matteo, dove è descritto questo dialogo del Signore con i Farisei.

      “Dei farisei gli si avvicinarono per metterlo alla prova, dicendo: “È lecito mandar via la propria moglie per un motivo qualsiasi?” Ed egli rispose loro: “Non avete letto che il Creatore, da principio, li creò maschio e femmina e che disse: “Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne?” Così non sono più due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito, l’uomo non lo separi”(Matteo 19:3-6)

La questione riguardava la pratica diffusa ai tempi di Gesù di divorziare senza un valido motivo, che è, bene o male, qualcosa molto simile a quanto succede ai giorni nostri.

La domanda dei Farisei pone enfasi sul motivo del divorzio, non sulla possibilità del divorzio, che era contemplato dalla legge mosaica. Chiedono infatti: “è lecito … per un motivo qualsiasi”?

Allo stesso tempo, nel valutare il senso delle parole di Gesù, dobbiamo tenere conto che la risposta netta del Signore è anche motivata dall’intenzione dietro la domanda posta dai farisei: “per metterlo alla prova”. La loro domanda non è volta ad un sereno approfondimento del significato della Parola di Dio, ma ha il solo scopo di metterlo in difficoltà.

Gesù quindi risponde con un netto “no”. Gesù è intransigente perché argomenta contro chi è troppo permissivo. Prende posizione in maniera netta perché egli non può approvare il divorzio “per un motivo qualsiasi”.[1] Perché tale era la pratica di alcuni ai suoi tempi e tale prassi andava contro la legge mosaica.

     Essi gli dissero: “Perché dunque Mosè comandò di scriverle un atto di ripudio e di mandarla via?” Gesù disse loro: “Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli; ma da principio non era così. Ma io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio”. (Matteo 19:7-9)

I farisei allora lo interrogano chiedendogli perché Mosè regola il divorzio. Il loro riferimento è il “comando” specifico di dare un atto scritto di divorzio alla moglie ripudiata previsto dalla Legge. Anche la domanda viene posta con lo stesso spirito della prima, cioè per mettere Gesù in difficoltà perché è come se dicessero: “se è come dici tu sul matrimonio, perché Mosè regola il divorzio”?

Rivediamo in dettaglio le parole di Gesù. 

     Gesù disse loro: “Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli; ma da principio non era così.  

Gesù risponde spiegando che il divorzio non era l’ideale di Dio, ma l’unione coniugale. La miseria della condizione umana lo ha, però, reso necessario. “Ma da principio non era così ” è proprio il riferimento aperto alla perfezione della creazione di Dio che è stata turbata dall’ingresso del peccato.

Quindi, stabilito questo, Gesù conferma le previsioni mosaiche, che regolano in maniera precisa il divorzio. Il Signore richiama gli ebrei del suo popolo a mettere da parte la propria interpretazione ed i propri usi, per la fedele applicazione della Legge di Mosè che promuove dei comportamenti equi per le parti coinvolte ed i terzi. Come un vero codice civile dei nostri giorni. Perché per alcuni aspetti la Legge mosaica, è proprio un codice di prescrizioni che permettono il vivere civile.

La chiave di lettura per comprendere il senso delle parole del Signore, è che egli spiega anche in questo caso la Legge mosaica riaffermandone l’interpretazione autentica e diretta contro la tradizione ed i costumi degli ebrei del suo tempo. Gesù non insegna nulla di nuovo, riconduce all’interpretazione semplice e diretta della Parola di Dio, contro usi e costumi del suo tempo che se ne discostavano. Analizziamo quindi nel dettaglio le sue parole.

  Ma io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio”. 

Ma io vi dico” è un’espressione che Gesù ripete più volte nel commentare la Torah, gli scritti mosaici. Ciò che è di solito tradotto “ma” in italiano, corrisponde al greco originale “deὲ” che non necessariamente indica contrapposizione con quanto detto in precedenza, come la traduzione in italiano potrebbe lasciare intendere, ma, è mio avviso, qui semplicemente ritma la frase in greco ed introduce l’interpretazione di Gesù.

       chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione

       Mosè aveva previsto espressamente: “Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via”. (Deuteronomio 24:1).

Se l’uomo “manda” semplicemente “via sua moglie” senza darle un atto scritto che comprovi il divorzio, sta infrangendo la legge. Evidentemente alcuni allora facevano così e Gesù ne sta sanzionando il comportamento in quanto contro le previsioni di Mosè.

Ciò equivale alla pratica di molti oggi che si separano informalmente e prendono un’altra donna in casa o, più spesso, visto che è prassi in Italia che sia l’uomo a lasciare l’abitazione coniugale, vanno a vivere con un’altra donna. Ciò è adulterio, non una vera separazione e divorzio dal coniuge che permette una nuova, vera unione matrimoniale. E se una tale condotta  (mi spiace dirlo, ma è vero) in Italia è favorita da una legislazione impossibile, le previsioni mosaiche non giustificavano l’agire con tanta leggerezza.

       chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione

       Che significa quella chiarificazione: “quando non sia per motivo di fornicazione”. Anche qui purtroppo l’esegesi che non tenga conto dell’ambiente ebraico e del contesto nel quale Gesù fa la sua affermazione, è errata. Io stesso in passato sono stato mandato fuori strada dal non avere tenuto conto del fatto che Gesù sta semplicemente ribadendo il contenuto della Legge mosaica e non revocandone o rivedendone le previsioni.

La chiarificazione di Gesù è legata al valore legale del matrimonio. Cioè se un uomo manda via sua moglie in maniera informale, senza divorziare per iscritto da lei, ciò è contro la Legge. Tranne che lo stato in cui i due vivono non sia un matrimonio che abbia valore legale. In quest’ultimo senso va intesa l’affermazione di Gesù: “quando non sia per motivo di fornicazione”. Perché non si può divorziare se non ci sono i presupposti per parlare di matrimonio.

L’adulterio o la fornicazione dopo la promessa di matrimonio, ma prima della convivenza della coppia – come nel caso che Giuseppe supponeva per la gravidanza di Maria – non è causa di divorzio. (Mi dilungo sulla questione in una nota, per non perdere qui il filo del discorso.[2]). Il riferimento di Gesù a ciò che qui è tradotto con “fornicazione”, è ad una unione non valida come matrimonio secondo la Legge di Mosè.

      Leggiamo in 1 Corinzi 5:1: “ Si ode addirittura affermare che vi è tra di voi fornicazione; e tale immoralità, che non si trova neppure fra i pagani; al punto che uno di voi si tiene la moglie di suo padre! 

In questo caso una tale unione (di chi conviveva con la moglie del padre!) non era valida secondo la Legge mosaica, perciò è definita “fornicazione”. Leggiamo infatti in Deuteronomio 22:30: “Nessuno prenderà la moglie di suo padre”. Una tale unione, proprio perché illegittima, non si potrà sciogliere con un atto legittimo quale è il divorzio previsto dalla legge mosaica.

In 1 Corinzi e in Matteo 19, la parola originale è “πορνεία”. Di solito è tradotta “fornicazione”.

Anche in questa occasione, come in altri, la  traduzione della CEI offre un’ottima alternativa. Essa infatti traduce, a mio avviso, alla luce di quanto evidenziato, in maniera più esatta: “chiunque ripudia la propria moglie, se non a caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio”.

       e ne sposa un’altra, commette adulterio”.

       Quest’affermazione merita un chiarimento. Cito dal mio libro “7Q5: Il Vangelo a Qumran?”, pagina 47 della seconda edizione, 2015”.

“Un esempio molto evidente del sostrato semitico dei vangeli possiamo notarlo accostando Matteo 5:15 a Marco 4:21. Qui la copula “e” di una possibile fonte originale ebraica verrebbe resa letteralmente con il corrispondente greco “kai” in Matteo, mentre in Marco la stessa frase viene intesa nel senso più ampio che può assumere grazie alle peculiarità della lingua ebraica e troviamo nell’originale (traduzione?) greco con “ina”, preposizione che indica lo scopo per cui una cosa viene fatta.

      Marco 4:21: “Poi diceva ancora: “Si prende forse la lampada per metterla sotto il vaso o sotto il letto? Non la si prende invece per metterla sul candeliere?” (Nuova Riveduta).

Matteo 5:15: “e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa.” (Nuova Riveduta).

La Nuova Riveduta, in linea con le traduzioni più recenti, in ossequio al chiaro sostrato semitico di Matteo, traduce la congiunzione “kai”, “e”, con “per”.”

Se vogliamo attribuire un senso più ampio alla congiunzione con la quale viene introdotta l’affermazione “ne sposa un’altra”, potremo tradurre: “per sposarne un’altra”.

Detto quanto sopra, proporrei una traduzione “libera” della frase di Gesù che riassuma quanto detto finora per spiegarne il senso.

  “Se un uomo manda via la moglie senza darle un legale documento scritto di divorzio – tranne che l’unione non venga riconosciuta illegittima dalla Legge di Mosè – e lo fa per sposare un’altra donna, commette adulterio.”

Nessuna deroga di Gesù alla Legge – come lui stesso aveva premesso prima di cominciare ad insegnare. Piuttosto il richiamo ad essere fedeli allo spirito ed alle prescrizioni mosaiche.

Questo il sunto delle parole di Gesù: Il divorzio non era nei piani di Dio quando creò l’uomo e la donna. Ma la malvagità dell’uomo lo rende in alcuni casi necessario: che avvenga quindi secondo quanto stabilito dalla Torah.

Se i cristiani sposati fossero tutti perfettamente impegnati a mettere in pratica le parole del Nuovo Testamento sugli obblighi coniugali, il divorzio sarebbe praticamente impossibile fra credenti. Visto, però, che oggi tali semplici direttive vengono ignorate per lasciare il posto agli insegnamenti ricevuti via etere da teleromanzi e telefilm che ben altri modelli di matrimoni ci propongono, anche le unioni fra cristiani risentono dell’atmosfera dei nostri giorni, che così bene si presta alla distruzione delle famiglie.

Anziché guardare ed assorbire dalla tv tutti i modelli sbagliati, sarebbe importante che ogni moglie ed ogni marito fossero a conoscenza dei propri doveri (prima dei loro diritti, che invece ci viene così facile apprendere) come la Scrittura ce li descrive e si sforzassero di vivere di conseguenza.

La conclusione, alla luce delle parole di Gesù, è che la Bibbia permette, per certe particolari circostanze, il divorzio, sebbene non lo promuova e non rappresenti e non sia lo stato ideale voluto da Dio quando creò l’uomo e la donna.

UNA LETTERA.

Ricevo più lettere di chi ha letto quanto ho già scritto frettolosamente e persino malvolentieri  sul divorzio che di chi ha letto i miei libri ed amati studi. E’ leggendo lettere come quella che segue che io trovo il senso e la spinta per continuare il mio lavoro.

e-mail ricevuta il 30 agosto 2015.

Oggetto: DOPO AVER LETTO SUL DIVORZIO

Conosco Dio da 39 anni e mai mi sarei aspettato di incorrere in una situazione di crisi familiare tale da indurci alla separazione e quindi, fra poco, anche al divorzio. Inutile confermare la crisi profonda nella quale mi sono ritrovato in certi momenti per l’etica cristiana alla quale ho sempre tenuto e per l’incomprensione ed il giudizio decisamente privo di fondamento di certa chiesa.
Il tuo articolo mi è servito per ritrovare solidarietà in un problema sempre distratto dalla maggioranza dei cristiani categorici.
Tenevo a comunicartelo perché sapessi che mi è stato utile leggere quelle parole.
G.A.
NOTE 

[1] Tenga conto il lettore che è fondamentale considerare lo scopo di chi parla per ben capire il senso di ciò che dice. Gesù sembra intransigente, assolutamente contro il divorzio in ogni senso, perché prende posizione contro chi lo accetta “per un motivo qualsiasi”. Allo stesso modo io sembrerò permissivo quando mi trovo ad argomentare contro chi è intransigente.

[2] Per l’adulterio le previsioni della Legge erano altre. Si capisce, però, che non si tratta di leggi attuabili. Oggi i tempi e le condizioni sociali sono diversi.

Se uno commette adulterio con la moglie di un altro, se commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte”. (Levitico 20:10)

 “Quando un uomo sposa una donna, entra da lei, e poi la prende in odio, le attribuisce azioni cattive e disonora il suo nome, dicendo: “Ho preso questa donna e, quando mi sono accostato a lei, non l’ho trovata vergine”,  allora il padre e la madre della giovane prenderanno le prove della verginità della giovane e le presenteranno davanti agli anziani della città, alla porta. Il padre della giovane dirà agli anziani: “Io ho dato mia figlia in moglie a quest’uomo; egli l’ha presa in odio, ed ecco che le attribuisce azioni cattive, dicendo: “Non ho trovato vergine tua figlia”. Ora ecco le prove della verginità di mia figlia”, e mostreranno il lenzuolo davanti agli anziani della città. Allora gli anziani di quella città prenderanno il marito e lo castigheranno; e, per aver diffamato una vergine d’Israele, lo condanneranno a un’ammenda di cento sicli d’argento, che daranno al padre della giovane. Lei rimarrà sua moglie ed egli non potrà mandarla via per tutto il tempo della sua vita. Ma se la cosa è vera, se la giovane non è stata trovata vergine, allora si farà uscire quella giovane all’ingresso della casa di suo padre, e la gente della sua città la lapiderà a morte, perché ha commesso un atto infame in Israele, prostituendosi in casa di suo padre. Così toglierai via il male di mezzo a te. Quando si troverà un uomo coricato con una donna sposata, tutti e due moriranno: l’uomo che si è coricato con la donna, e la donna. Così toglierai via il male di mezzo a Israele. Quando una fanciulla vergine è fidanzata e un uomo, trovandola in città, si corica con lei,  condurrete tutti e due alla porta di quella città, e li lapiderete a morte: la fanciulla, perché, essendo in città, non ha gridato; e l’uomo, perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così toglierai via il male di mezzo a te. (Deuteronomio 22:13-24).

Il libro è adesso stato pubblicato

 

Prova Testimoniale

di Giuseppe Guarino

Un fatto è vero perché qualcuno può testimoniare che esso è realmente avvenuto, l’ha visto, udito, ne è stato, come si dice spesso, spettatore. Il nostro sistema giuridico prevede la prova testimoniale per dimostrare o confutare la veridicità di un fatto. La testimonianza è anche uno dei punti cardini della fede cristiana.

La Chiesa Cattolica festeggia le ricorrenze di diversi santi che correttamente definisce “martiri”. Nell’uso comune della parola, viene chiamato “martire” chi subisce ingiustamente da un’altra delle sofferenze, o chi si immola per una qualche causa. Il significato della parola originale, mantenuto nella terminologia cattolica, è ben più profondo. “Martire”, infatti, deriva dal greco “μάρτυς”  che significa “testimone” e di conseguenza “martirio” deriva dal verbo “testimoniare”. Quindi martire, nel suo significato autentico, è colui che testimonia della Verità dell’Evangelo a costo della vita.

Vi è un testimone più attendibile di un uomo in punto di morte? Chi si ostinerebbe a sostenere una menzogna quando è minacciata la sua stessa vita? In quel fatale momento, prima di spirare, molte persone hanno sentito il bisogno di liberarsi di alcuni pesi, di rivelare dei segreti, di riparare a dei torti, dire verità taciute.

Ci poniamo poi un’altra domanda: chi sarebbe così folle da morire per una menzogna?

Nel libro degli Atti leggiamo proprio che gli apostoli e quanti presenti all’assunzione in cielo del Signore, sarebbero stati suoi testimoni, per mandato espresso di Gesù.

Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra“. (Atti 1:8)

Se veramente Gesù non fosse risorto dai morti, se veramente gli apostoli avessero avuto qualche dubbio su questa cosa, sarebbero stati così folli da vivere una vita povera, dedita all’evangelo ed all’amore per gli altri? Sarebbero stati così folli che quando venivano imprigionati anziché gridare la propria innocenza e confessare che si trattava tutto di una congiura, cantavano le lodi di Dio?

Se Pietro non avesse avuto la certezza che Gesù fosse resuscitato si sarebbe ostinato a testimoniare una menzogna e a non rinnegarla nemmeno a costo della propria vita?

Paolo era un uomo istruito, un dotto. Eppure dedicò la sua intera vita alla predicazione dell’Evangelo ed all’apostolato al quale Gesù l’aveva specificatamente chiamato. Se fosse stata tutta una montatura ad un certo punto non avrebbe dovuto stancarsi, impaurirsi, fuggire davanti a morte certa, confessando che si trattava tutto di una congiura e di un’invenzione? Nelle sue epistole non da per nulla l’impressione di essere un idiota, mentre sarebbe da idioti vivere la vita che ha vissuto lui e fare la morte che ha fatto per una menzogna. In nome di chi e di quale guadagno?

Gli apostoli infatti non ebbero alcun guadagno terreno dall’adempiere al proprio compito, se non vivere la loro esistenza da perseguitati e concluderla dando la vita per essere fedeli fino in fondo all’incarico di testimoni della resurrezione che Gesù aveva loro affidato.

Sento ogni giorno parlare di chi crede e di chi non crede, di teorie su teorie e ragionamenti filosofici. Ma quanti di questi gentiluomini messi dietro ad una scrivania ed un pc a sputare sentenze sulla nostra Fede in Cristo Gesù sarebbero così convinti delle proprie teorie da sostenerle fino alla morte? Gli uomini ai quali noi abbiamo creduto, l’hanno fatto. Se il prezzo della loro vita è stato pagato in vano per alcuni, è invece valso la salvezza di molti.

I brani neotestamentari che ricordano il valore della testimonianza apostolica sono tra i più belli e significativi della Parola di Dio e meritano di essere ricordati nella chiusura di questa breve riflessione-studio.

Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita (poiché la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata), quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi …”  (1 Giovanni 1:1-3)

Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà“. (2 Pietro 1:16)

Prima di affidarci a questo o quel individuo ed alle parole che dicono sulla Fede e sull’Evangelo, misuriamo la loro  attendibilità di testimoni. Gli apostoli hanno provato di essere testimoni disinteressati e fedeli, ritenere che ciò che ci abbiano tramandato è attendibile è una logica conseguenza.

Chi è il mio prossimo?

di Giuseppe Guarino

La bellissima copertina di Charlie Brown che ho scelto per questo mio studio/riflessione ci introduce ad un argomento fondamentale della condotta di ogni cristiano.

 

Chi è il mio prossimo?

Sembra una domanda persino stupida. Invece è davvero importante e da non sottovalutare. Come spesso accade la risposta è più semplice di quanto si possa immaginare. Con grande pazienza ed amore Gesù spiega, e ci spiega, con parole semplici concetti che, una volta illustrati da lui, diciamo nel nostro cuore: ma come facevo a non capirlo da me?

Dò per scontato che molte cose che dirò il credente le conosca già. Aggiungerò quindi qualche dato per approfondire il contesto nel quale Gesù insegna, così da dare qualcosa anche a chi di questa riflessione non avrebbe bisogno.

Luca 10:25-37

25 Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, dicendo: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» 

I dotti della Legge erano esperti nella Torah, i primi cinque libri della Bibbia, e in generale nell’insegnamento delle Scritture ebraiche.

La domanda posta a Gesù da un uomo di tale importanza sembra persino ridicola. Il testo ci dice che il fine è “metterlo alla prova”. Forse, però, dietro l’atteggiamento pubblico, tenuto per cercare di mantenere il proprio rango, da “rabbi a rabbi”, il dottore vuole veramente conoscere il pensiero di Gesù. Gli ebrei amavano gli scambi di idee ed il dialogo. Le diverse opinioni non erano motivo di divisioni insanabili. Notate infatti come leggendo il Nuovo Testamento è evidente che Sadducei, Farisei, Scribi, ecc… tutte fazioni con idee divergenti sull’interpretazione della Rivelazione, rimanevano comunque parte integrante del giudaismo del secondo tempio. Il modo in cui pone la domanda il “dottore”, la maniera in cui la fa propria, potrebbe anche essere il frutto di una profonda crisi personale e la richiesta sincera di una risposta che risolva il dramma di un’anima in tormento. Forse quest’uomo osserva tutte le clausole della Legge, si sforza di fare la volontà di Dio, è erudito, sa di esserlo, ma in qualche modo sente che questo non basta. Magari avrà sentito parlare di “vita eterna” da Gesù e vuole chiarimenti da parte sua e lo fa nascondendosi dietro una sfida per non sembrare debole agli occhi dei suoi correligionari. Come Nicodemo si nascondeva andando da lui di notte, forse quest’uomo si nasconde dietro un atteggiamento per non perdere il prestigio della sua condizione.

26 Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» 

Gesù è l’uomo più saggio che sia mai esistito. Gli fa a sua volta una domanda, come per dire al suo interlocutore: lo sai che devi fare o in tutta una vita di studio non hai capito nulla? E il dottore deve rispondere per non perdere la faccia.

27 Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». 

Il dottore della Legge cita appunto la Torah, i precetti dati da Dio a Mosè e da Mosè al popolo, quelli che conosce di sicuro a memoria.

Un importante appunto. Siamo abituati a considerare l’amore come un sentimento, qualcosa che proviamo. Nella Bibbia l’amore non è visto come il sentimento e basta. E’ un’azione. Amare il prossimo come noi stessi non implica di struggersi nel proprio cuore per il prossimo, ma il compiere azioni di amore verso gli altri come le compiamo quotidianamente verso noi stessi. La Bibbia non è un libro di filosofia e qui non si fa del romanticismo, ma l’insegnamento di Gesù mira al concreto, a cambiare sì dal di dentro l’uomo, ma affinché ciò si realizzi concretamente nella quotidianità dei rapporti interpersonali. Ad amare in astratto siamo bravi tutti!

28 Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa’ questo, e vivrai». 

Spesso abbiamo le risposte ai nostri quesiti sotto il nostro stesso naso, ma: o non ce ne rendiamo conto o preferiamo ignorarle.

29 Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» 

Il dottore della Legge non ha fatto una bella figura. Ha fatto una domanda con una risposta ovvia, una risposta che lui stesso ha fornito. In qualche modo adesso prova a salvare la faccia. Ma, alla fine di questo racconto, si renderà conto che sarebbe stato molto meglio per lui se non avesse posto la prima domanda e ancora di più questa seconda.

30 Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s’imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. 32 Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. 

La via che collegava Gerusalemme a Gerico era piuttosto trafficata. Era un percorso importante. La classe sacerdotale che abitava a Gerico era una fazione opposta a quella gerosolomitana. Ma avevano anche loro a cuore la salvaguardia del patrimonio religioso ebraico. A questo fine i sacerdoti di Gerico e quelli del tempio crearono insieme un archivio proprio a Gerico delle Scritture e dei tesori del giudaismo per preservarli da eventuali pericoli scaturenti dalle forze di occupazione romana.

Questo spiega perché sacerdoti e leviti percorrano questa strada. Scrive Simone Paganini, dal quale ho appreso le informazioni che ho riportato sopra, nel suo “Gesù, Qumran e gli esseni”, p.79, che Gerico era una “città dominata dalla classe sacerdotale e dotata di una propria biblioteca”.

Gesù colpisce nel vivo il cuore del dottore della Legge. Non gli parla di un caso astratto, ma concreto. Secondo me il racconto di Gesù potrebbe addirittura non essere fantastico: nella sua onniscienza il Signore potrà aver riportato alla memoria un evento realmente accaduto del quale il dottore della Legge sapeva o era stato testimone oculare. Non sarebbe scritturalmente impossibile – vedi Giovanni 1:48.

Sacerdoti, Leviti, dottori della Legge, ecc… tutte persone importanti, coinvolte nel culto del tempio e nella preservazione della tradizione giudaica, dedite allo studio delle Scritture e osservanti la Legge. Nessuno si ferma a soccorrere un pover’uomo in difficoltà – e che difficoltà! Con le sue parole Gesù dà letteralmente uno schiaffo morale al dottore della Legge, quando dice:

33 Ma un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; 

Tutti quegli uomini religiosi, il fiore della cultura e del pensiero ebraico, coloro che dovevano illuminare Israele, avevano fallito nel primo e più importante comandamento della Legge mosaica. E chi si ferma a soccorrere l’uomo? Un samaritano.

I samaritani erano considerati dai giudei credenti di seconda categoria, non erano puri Israeliti.

Il popolo di Samaria, terra a nord di Giuda, era nato dopo la disfatta delle tribù di Israele nel 722 a.C. per mano degli Assiri. Questi, particolarmente crudeli, avevano deportato il meglio del popolo, come loro costume, e lasciato la parte più povera della gente nel territorio messo a ferro e fuoco. Questa terra era quindi divenuta oggetto di colonizzazione da parte degli stessi assiri che col tempo si mischiarono con i nativi, dando vita al popolo samaritano, mal visto dai giudei del sud.

(La piantina qui sopra è tratta da Wikipedia. Mostra i due regni di Giuda ed Israele, nati dopo la morte di Salomone. Israele cadde per mano degli assiri, appunto nel 722 a.C. Nei libri dei profeti leggiamo il perché di una così grande disfatta. Giuda a sud resistette alla furia assira, ma cadde per mano di Nabucodonosor, come leggiamo in Daniele, Geremia, ed altri libri dell’Antico Testamento, nel 586 a.C. Ma con la disfatta babilonese e l’illuminato regno del persiano Ciro, il popolo ebbe il permesso di ricostruire città e tempio di Gerusalemme. Così il regno di Giuda risorse letteralmente dalle proprie ceneri e, sebbene sottoposto ai vari grandi imperi del passato (persiano, greco e romano), riuscì a mantenere la propria integrità nazionale e religiosa. Fino al 70 d.C., anno in cui Gerusalemme ed il tempio vennero di nuovo rasi al suolo e cominciò la diaspora terminata nel 1948 con la costituzione dello stato di Israele.)

Immaginate il sentimento di quel dotto quando Gesù marchia come trasgressori della Legge le più alte cariche religiose del clero ebraico e plaudiva facitore della più importante delle Leggi bibliche un samaritano – l’ultima ruota del carro.

34 avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. 35 Il giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: “Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno”. 36 Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?» 37 Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia».

“Prossimo”, come anche “ospite”, è una parola che può usarsi in maniera reciproca. Il samaritano era quindi il prossimo dell’uomo aggredito e viceversa, l’uomo aggredito era il prossimo del samaritano. Alla luce di ciò le parole di Gesù diventano ancora più significative: c’è uguaglianza nel nostro stato di esseri umani. Gesù infatti non chiede chi fosse il prossimo del samaritano o dei rappresentanti del clero, ma di colui che si era imbattuto nei ladroni.

Gesù gli disse: «Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa».

Noi “uomini di chiesa”, “religiosi”, noi che ci diciamo “cristiani” dobbiamo stare attenti a non trascurare di mettere in pratica l’amore per il prossimo. La nostra religiosità, il nostro sapere, la nostra reputazione, non può farci ritenere santi abbastanza, spirituali abbastanza, da mettere da parte il comandamento più importante della Parola di Dio. In generale, il nostro stato di grazia con Dio non deve farci inorgoglire, riempire di noi stessi, guardare agli altri dall’alto in basso, ma rendere più umili ed obbedienti. Se valiamo di più, o pensiamo di valere di più; se sappiamo, o pensiamo di sapere più degli altri, allora mettiamoci al servizio degli altri.

“Ma Gesú disse loro: «I re delle nazioni le signoreggiano, e coloro che esercitano autorità su di esse sono chiamati benefattori. Ma con voi non sia cosí; anzi il piú grande fra di voi sia come il minore e chi governa come colui che serve. Chi è infatti piú grande chi siede a tavola, o colui che serve? Non è forse colui che siede a tavola? Eppure io sono in mezzo a voi come colui che serve.” (Luca 22:25-27)

Il nostro testo continua così.

35 e uno di loro, dottore della legge, gli domandò, per metterlo alla prova: 36 «Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» 37 Gesù gli disse: «”Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente“. 38 Questo è il grande e il primo comandamento. 39 Il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso“. 40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti».  (Matteo 22:35-40)

Quando nessuno ci guarda, quando nessuno sa, quando gli unici occhi sono quelli della nostra coscienza e di Dio, è quello il momento della verità.

Personalmente non ho la coscienza del tutto pulita, so di avere sbagliato molte volte. Molte altre volte ho fatto bene ed ho subito delle conseguenze negative per aver fatto del bene. Perché spesso fare bene significa esporsi, personalmente ed emotivamente.

A volte infatti facciamo bene e ci scontriamo con chi è ingrato, con chi sputa sulla mano che tendiamo per aiutare. A volte subentra una certa stanchezza e ci chiediamo persino se ne valga davvero la pena per certe persone. In questi giorni anche io – che sono un essere umano – mi sono chiesto quanto e se ne vale la pena, visti alcuni tristi recenti eventi personali.

Eppure, si. Ne vale la pena. Fare bene è sempre la scelta giusta. Farlo a prescindere, pensando che il bene lo meritano tutti fino a prova contraria – e non viceversa. E ciò anche se non avremo il plauso di nessuno: la gente oggi vi potrà marchiare come stupidi, ingenui nella migliore delle ipotesi, illusi; potrà persino immaginare che nascondiate un qualche secondo fine – in un mondo dove nessuno fa nulla per nulla; e chi avrà beneficiato del vostro intervento potrà persino dirvi apertamente: “chi t’aveva chiesto niente?” (a me è successo)

Eppure le parole di Giacomo echeggiano sempre nella mia mente.

La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puro dal mondo.” (Giacomo 1:27)

Per alcune persone sono buono, per altre cattivo; alla maggior parte sono indifferente. Ho fatto il meglio che ho potuto nella mia vita, ma non mi illudo di aver fatto bene o meglio di altri. Ma posso testimoniare la veridicità della Parola di Dio ed esorto ognuno a cercare con tutto il cuore di vivere una fede che si manifesti anche in atti d’amore verso il prossimo. Non per ricevere alcuna pacca sulla spalla da altri uomini, o perché si spera nella gratitudine futura di chi ha beneficiato del nostro intervento, ma perché il Signore ci comanda di fare così. Notate Infatti che nella storia riportata dal vangelo di Luca non ci viene detto cosa accade dopo; se l’uomo sia stato o meno grato al samaritano, se questi avrà mostrato la sua riconoscenza o, una volta stato bene, sia andato via senza nemmeno curarsi di dirgli un grazie. Ciò è omesso, credo, proprio perché il nostro comportamento verso il prossimo non deve essere finalizzato ad un guadagno, anche morale, né deve mirare a creare uno stato di debito in chi ha beneficiato del nostro aiuto. C’è un detto molto bello: “fai bene e scorda.” La nostra retribuzione è nascosta in Dio e si paleserà al momento opportuno, in questa vita o nella prossima, come ci assicurano le parole di Gesù. Il nostro compito è solo obbedire ed esercitare amore sincero e disinteressato per chi il Signore mette sul nostro cammino.

il Padre tuo, che vede nel segreto te ne darà la ricompensa palesemente.” (Matteo 6:4)

Per chiudere questa riflessione, in maniera un po’ inusuale, allego il link ad un brano di Keith Green, musicista cristiano, che negli anni ’80 scrisse questa bella canzone basata sulla storia raccontata da Gesù. Buona visione e buon ascolto.