I Fantastici Quattro erano e sono uno dei miei fumetti preferiti.
Quando imparai l’inglese dovetti scontrarmi con l’inglese dei fumetti. Incredibile ma vero, era più complesso di quello dei libri di testo e persino di narrativa che avevo letto fino ad allora. Infatti, gli autori Marvel avevano a loro disposizione la possibilità di rappresentare per iscritto le peculiarità, l’accento o le scorciatoie slang utilizzate quotidianamente nelle strade statunitensi. L’inglese della Cosa dei Fantastici Quattro è stata una vera e propria sfida.
Qui parlerò proprio dell’inglese di THE THING, la Cosa.
Questa vignetta è tratta da uno dei miei fumetti preferiti, che possiedo in originale. Questa la copertina di una copia originale.
Cosa dice The Thing, la Cosa in quella vignetta, di così importante per noi?
La storia narra della nascita di Franklin Richards, primogenito della fantastica coppia, Reed e Sue. Un’opera di indiscutibile pregio con un Jack Kirby in perfetta forma, che riesce a dare il meglio di sé in ogni tavola e si produce in alcune sue inimitabili sovrapposizioni di disegni a fotografie, riuscendo ad ottenere risultati che, anche a decenni e sofisticate tecniche di computer di distanza, non possono non lasciarci a bocca aperta.
Venendo però al nocciolo della nostra discussione, vediamo da vicino perché l’inglese della Cosa risulta di non facile comprensione.
Leggiamo nella nuvoletta:
“He’s not gonna haveta worry about danger, pal — not with us around”.
Tradotto in italiano la frase suona così: “non si dovrà preoccupare del pericolo, amico — non con noi vicino”.
L’inglese, al contrario della nostra lingua, ha un’ortografia molto più facile da manipolare. In modo particolare in mano agli americani, molto più pratici e divertiti degli inglesi, diventa molto malleabile e permette delle cose impensabili per la nostra mentalità italiana.
Leggendo le parole della Cosa, nella maniera in cui vengono trascritte, ci sembra di sentire la “dolce” e “flebile” voce del nostro eroe che in accento newyorkese si rivolge ai suoi compagni.
Nell’inglese parlato con accento americano il puro inglese “going to”, utilizzato per esprimere il verbo che segue al futuro, diventa “gonna” (pronunciato gona). E’ una parola, comunque, piuttosto comune e oggi non è difficile rinvenirla nei testi di alcune canzoni.
Più legata alla pronuncia specifica di alcune zone degli USA la parola trascritta “haveta” (si pronuncia hefta). Il mio insegnante di inglese, che era nato sulla costa est degli Stati uniti, aveva proprio questa cadenza. Il modo corretto di scrivere questa frase sarebbe “have to”, ma la genialità di questa “ortografia” è riuscire a rendere comprensibile al lettore l’accento di chi parla.
E’ come se nello scrivere la nostra lingua potessimo riuscire a trascrivere la cadenza napoletana o siciliana.
“To have to” corrisponde all’italiano “dovere”.
La parola “pal” è un po’ slang, in uso nell’americano. Corrisponde al nostro “amico”. Ma in inglese più corretto si direbbe “my friend”.
Vediamo la frase della Cosa prima, poi come andava scritta in inglese corretto e quindi la traduzione:
“He’s not gonna haveta worry about danger, pal — not with us around”.
“He’not going to have to worry about danger, pal — not with us around”.
“Non dovrà preoccuparsi del pericolo, amico — non con noi in giro”.
Veniamo a tempi più recenti, alla sequenza narrativa della coppia britannica Mark Millar, ai testi, e Brian Hitch, alle matite.
Anche qui l’ortografia delle parole pronunciate dalla Cosa tradisce il suo accento. “Bride-ta-be”, rispecchia la sua pronuncia americana di “Bride-to-be”, che letteralmente significa “futura moglie”. Fa poi comparsa una delle sue frasi più caratteristiche, quando Ben chiama Reed “stretcho”, che di solito viene tradotto in italiano come “gommolo”. Il verbo in inglese “to stretch” si può tradurre “allungare”.
Sfruttando l’elasticità della lingua inglese – scusate il gioco di parole – e la fonetica americana, la Cosa crea l’aggettivo “stretcho”, che potrebbe considerarsi una forma slang di “stretchable”, allungabile.
Ovviamente queste interessanti sfumature si perdono nella traduzione.
Altri dettagli caratteristici dell’inglese della Cosa sono:
– “ th’ ” per descrivere la pronuncia di “the”
– “outta” dove in inglese corretto si scrive “out of”
– poi sono caratteristiche abbreviazioni del tenore di “ ol’ ” al posto di “old” e “ sumthin’ ” al posto di “something”.
– “Ya” al posto di “you” esprime un modo di pronunciare tipico americano.
– “ givin’ ” al posto di “giving” o “ doin’ ” al posto di “doing”, sono solo due esempi dei diversi casi dove il gerundio o il participio presente perdono la “g” finale.
“One tv channel?”, “un solo canale tv?”, commenta la Cosa ospite dei parenti di Reed in Scozia (nella vignetta sopra), “Don’t that make ya a third world country?”, “ma questo non fa di voi una nazione del terzo mondo?”.
In inglese corretto, la Cosa avrebbe dovuto dire “Doesn’t that make you a third world country?”. L’ausiliare “do” per creare la frase interrogativa negativa è in terza persona e in “proper English”, inglese corretto, dovrebbe essere “doesn’t” e non “don’t”. L’espressione della Cosa è molto colloquiale. “Ya” al posto di “you” è tipico dell’americano parlato in certe zone degli USA e dell’inglese veloce ed informale.
Probabilmente sono sfumature di questo genere che non mi permettono di rinunciare all’acquisto di molti dei miei fumetti preferiti in lingua inglese.
All’esatto opposto dell’inglese slang e cittadino della Cosa, l’inglese degli dei norreni, di Thor, Odino e Loki. Ma di questo ne parlerò nel prossimo articolo sull’inglese degli eroi Marvel.