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Il Vangelo a Efeso

IL VANGELO A EFESO di Giuseppe Guarino

Efeso è una città importante che si trova in Asia Minore, la odierna Turchia. Paolo vi fa una sua prima sosta citata in Atti 18.

Immagine tratta dal libro “Paolo., Apostolo di Cristo” di Antonio Calisi, Infinity Books.

In Atti 18 Paolo si sposta da Atene a Corinto, dove accade qualcosa di importante.  Leggiamo che “ogni sabato” l’apostolo insegnava nella sinagoga” ed è in seguito al netto rifiuto del vangelo da parte del suo popolo che afferma: “da ora in poi andrò ai Gentili” (Atti 18:6).

Dopo aver trascorso oltre un anno e mezzo ad insegnare a Corinto, abbandona quella città portando con sé Aquila e Priscilla. Ed ecco che per la prima volta arriva ad Efeso, dove rimane comunque poco tempo. (Atti 18:19). Lascia qui Aquila e Priscilla. Il seme della chiesa di Efeso è gettato.

Il primo frutto sembra Apollo, istruito sulla via di Dio proprio dai due fedeli compagni di viaggio dell’apostolo. (Atti 18:24-28).

Paolo torna ad Efeso e vi rimane per oltre due anni (Atti 19: 1, 10).

Durante questo importante periodo l’apostolo insegna con ogni libertà ai Giudei e ai Greci. Questo dettaglio, questa distinzione – come se vi fossero due categorie di credenti – è molto importante e sta alla base di una corretta comprensione del linguaggio dell’epistola agli Efesini. “Per due anni (per bocca di Paolo) … tutti gli abitanti dell’Asia, Giudei e non Giudei (Greci) udirono la Parola” (Atti 19:10)

Trascorsi i due anni, Paolo si reca in Macedonia e visita altre città. Si trova a Mileto (Atti 20:17) quando fa chiamare gli anziani della chiesa di Efeso per parlargli. La chiesa in Efeso è ormai fondata sulla Parola, insegnata per anni dall’apostolo, i suoi ministri sono fedeli, istruiti, e possono  continuare l’opera apostolica. (Atti 20:18-21)

Eppure circa trent’anni dopo il Signore contesta questo alla chiesa di Efeso: ” Ma io ho questo contro di te: che hai lasciato il tuo primo amore” (Apocalisse 2:4). C’è veramente da riflettere su questo “scadere” di una chiesa così importante e alla quale l’apostolo scriveva senza avere nulla da rimproverare. Un monito per ognuno, a livello individuale e confessionale.

Cronologia delle epistole di Paolo

CRONOLOGIA DELLE EPISTOLE DI PAOLO di Giuseppe Guarino

L’esigenza di trovare un ordine cronologico alle epistole dell’apostolo Paolo, sorge spontaneo insieme ad una intenzione di un serio studio delle stesse, ma si rivela utile anche qualora le si voglia leggere nell’ordine di composizione. Infatti le tredici lettere di Paolo, quattordici se includiamo l’epistola agli Ebrei, così come le ritroviamo nelle edizioni che comunemente utilizziamo del Nuovo Testamento, non sono ordinate per data di composizione o qualsivoglia altro criterio rintracciabile. E’ spontaneo quindi cercare di trovare una collocazione delle stesse lettere all’interno dell’attività dell’apostolo come riportata nel libro degli Atti degli Apostoli e provare a datarle.

Questo post intende fornire una possibile cronologia degli scritti di Paolo. Nessuna presunzione di esattezza matematica, ma una possibile ricostruzione che possa aiutare il lettore ad orientarsi.

Gli eventi principali della vita di Paolo

Atti 9 36 d.C. Conversione di Paolo
Galati 1:16-17 Sale a Damasco
Si reca in Arabia
Torna a Damasco
Atti 9:9

Galati 1:18

38 Prima visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 11:30 Seconda visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 13-14

Galati 1:21-24

Primo viaggio missionario
Atti 15

Galati 2

51 Terza visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 16:1-18:22 51-54 Secondo viaggio missionario
Atti 18:23-21:17 54-58 Terzo viaggio missionario
Atti 21-28 58-62 Prigionia di Paolo

La cronologia delle epistole.

Al periodo del secondo viaggio missionario possiamo far risalire le epistole 1 e 2 Tessalonicesi. Queste sono le prime scritte da Paolo.

Durante il terzo viaggio missionario, fra il 57 e il 58 d.C., scrisse 1 Corinzi, da Efeso, 2 Corinzi e Galati, dalla Macedonia, e Romani, da Corinto.

Al periodo della prigionia a Roma vanno ascritte Filippesi, Efesini, Colossesi e Filemone.

Visto il silenzio su quanto avvenuto dopo l’imprigionamento di Paolo a Roma descritto in Atti 28, non è certo se 1 TimoteoTito 2 Timoteo, siano state scritte durante questo imprigionamento o durante l’ipotetica liberazione che molti suppongono abbia preceduto un secondo imprigionamento e la condanna a morte. Ad ogni modo, nell’ordine in cui le ho menzionate, queste sono state le ultime epistole di Paolo.

 

1 Tessalonicesi.

Venne scritta durante il soggiorno di Paolo a Corinto, come si comprende mettendo a raffronto Atti 18:5 con 1 Tessalonicesi 3:6.

I dati cronologici ricordati da Paolo sono facilmente inseribili nella cronologia del libro degli Atti.

In Atti 17 Paolo fonda la chiesa di Tessalonica, Atti 17:1-4. A seguito di persecuzioni da parte dei giudei del posto, fugge a Berea, Atti 17:5-12. Quindi ancora raggiunto dai persecutori di Tessalonica, passa ad Atene, Atti 17:13-15.

Da Atene (il soggiorno in questa città è descritto in Atti 17:16-34) Paolo manda Sila e Timoteo a vedere il benestare dei Tessalonicesi.

Qui si introduce il discorso di 1 Tessalonicesi 3:1-5. Timoteo torna da Paolo quando questi si trova già a Corinto. 1 Tessalonicesi 3:6. Atti 18:1-5.

L’anno di composizione di 1 Tessalonicesi è quindi il 52 d.C.

1 Corinzi

Fu scritta da Efeso, durante il soggiorno dell’apostolo descritto in Atti 19. E’ lo stesso Paolo a specificarlo: “…Ma mi fermerò in Efeso fino alla Pentecoste” ( 1 Corinzi 16:8)

La lettera risale quindi alla primavera dell’anno 57 d.C.

Galati

Alcuni fanno precedere le epistole ai Corinzi da quella ai Galati. Altri rimuovono addirittura quest’ultima epistola da questa collocazione e sostengono questa essere la prima opera di Paolo e risalente addirittura al 48 d.C.

Per sostenere una datazione tanto antecedente, bisogna considerare errata la sequenza di eventi che abbiamo descritto sopra. L’incontro cui si fa riferimento in Galati 2:1 e segg. non sarebbe quindi avvenuto nella stessa occasione che ha portato alla conferenza di Gerusalemme di Atti 15. Sarebbe invece da considerarsi avvenuto durante la seconda visita a Gerusalemme di Paolo, descritta in Atti 11:30. Ancora, bisogna anche considerare come Galazia la regione che Paolo aveva visitato durante il suo primo viaggio missionario, Atti 13:14 e segg., e non la provincia romana sita molto più a nord raggiunta durante il secondo viaggio Atti 16:6.

E’ improbabile che entrambe le condizioni citate per una datazione tanto anteriore siano possibili.

Tutto sembra deporre a favore d’una datazione più tarda. La seconda visita a Gerusalemme di Paolo aveva una motivazione molto particolare e non si concilia con la sua affermazione di Galati 2:1, dove dice che saliva a Gerusalemme “in seguito ad una privata rivelazione”. Quest’ultima può invece inserirsi in Atti 15:1-2, come conferma della decisione specifica presa dalla chiesa di Antiochia per risolvere la questione dei Gentili, tema anche di Galati.

La presa di posizione pubblica di Paolo nei confronti di Pietro descritta in Galati può essere giustificata solo se seguente alla decisione degli apostoli di Atti 15.

E’ poi più naturale che per Galazia, Paolo intendesse la regione denominata apertamente in questa maniera nelle narrazioni degli Atti 16:6 e segg. E ancora, il primo viaggio missionario mi sembra venga nominato già prima della conferenza di Gerusalemme, saltando il secondo viaggio a Gerusalemme. Confrontando Galati 1:21 con Atti 15:41 l’attinenza mi sembra evidente.

Una datazione che collochi Galati fra 2 Corinzi e Romani non può sostenersi in maniera assoluta, sebbene io la proponga perché convinto dalla accuratezza della presentazione della tesi dal grande studioso del XIX secolo Lightfoot. Se però è accettabile, come fanno alcuni, porre Galati prima di 1 Corinzi, non sembra accettabile considerarla la prima epistola paolina.

Filippesi, Efesini, Colossesi e Filemone

Non possiamo essere dogmatici sulla sistemazione che vede la composizione di Filippesi come antecedente quella di Efesini, Colossesi e Filemone, ma per certo queste ultime tre hanno viaggiato insieme e, quindi, sono state scritte nello stessa circostanza, durante la prigionia dell’apostolo a Roma.

Il punto di connessione fra le tre lo ricaviamo dalle chiuse delle tre lettere in questione.

In Efesini 6:21-22 Paolo nomina Tichico.

In Colossesi 4:7-9 leggiamo: “…Tutte le mie cose ve le farà sapere Tichico, il caro fratello e fedel ministro…e con lui ho mandato Onesimo, che è dei vostri…”

La lettera a Filemone viaggia chiaramente con Onesimo: “…Onesimo…io te l’ho rimandato”, v.11

E’ chiaro quindi che Tichico e Onesimo viaggiavano insieme, portando alle chiese le epistole agli Efesini e ai Colossesi, nonché la lettera personale per Filemone.

 

Le epistole di Paolo in ordine cronologico

Durante il secondo viaggio – Atti 16:1-18:22
1 Tessalonicesi 52 d.C. da Corinto
2 Tessalonicesi
Durante il terzo viaggio – Atti 18:23
1 Corinzi Primavera

57 d.C.

da Efeso
2 Corinzi Autunno

57 d.C.

Dalla Macedonia
Galati Autunno

58 d.C.

Dalla Macedonia
Romani 58 d.C. Da Corinto
Durante la prigionia a Roma – Atti 28:11-31
Filippesi
Efesini
Colossesi
Filemone
Durante la prigionia o la seguente possibile liberazione
1 Timoteo
Tito
2 Timoteo

Collocazione delle epistole all’interno dell’opera missionaria

Atti 9 36 d.C. Conversione di Paolo
Galati 1:16-17 Sale a Damasco
Si reca in Arabia
Torna a Damasco
Atti 9:26 – Galati 1:18 38 Prima visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 11:30 Seconda visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 13-14 – Galati 1:21-24 primo viaggio missionario
Atti 15 – Galati 2 51 Terza visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 16:1-18:22 51-54 secondo viaggio missionario
1 Tessalonicesi
2 Tessalonicesi
Atti 18:23-21:17 54-58 terzo viaggio missionario
1 Corinzi
2 Corinzi
Galati
Romani
Atti 21-28 58-62 Prigionia di Paolo
Filippesi
Efesini
Colossesi
Filemone
1 Timoteo
Tito
2 Timoteo

 

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sei sei sei il numero della bestia

di Giuseppe Guarino

Purtroppo credo si renda davvero necessario un commento sulla immotivata diffusione di un’isteria che riguarda il cosiddetto numero della Bestia, il sei, sei, sei.

Negli anni ottanta gli Iron Maiden cantavano: “six, six, six the number of the Beast”. Facevano eco i Litfiba nel loro brano “El Diablo”. Tanti altri esempi sono disponibili dell’uso di questo numero, che gode di una certa popolarità nel mondo dell’occulto.

In effetti la simbologia di Piero Pelù e compagni è piuttosto echeggiante il testo biblico. Ma non è del tutto accurata.

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Della bevanda Monster si è detto che essa pubblicizza il “sei, sei, sei” in quanto il logo – le tre emme – ricordano molto la lettera waw dell’alfabeto ebraico che ha valenza numerica “6”.

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Anche nel codice a barre alcuni vedono – e forse sarà pure stato messo lì intenzionalmente – la triplice ripetizione del numero sei, rappresentato graficamente dalle tre segmenti, all’inizio al centro e alla fine del codice a barre, che indicano proprio il numero 6.

Ora siamo all’identificazione del 666 nei vaccini.

Poi c’è chi vede il sei, sei, sei nella www del world wide web, cioè internet.

Nel passato il 666 è stato visto nei nomi di re, papi, ecc.

Leggiamo cosa dice la Bibbia su questo “numero”. Vi chiedo un po’ di pazienza, perché è facile dire una cosa, buttarla lì sul web con una bella immagine. Tutt’altra cosa è invece analizzare la questione con serietà e fedele aderenza al testo biblico.

Leggiamo Apocalisse 13

1 Poi vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e sulle teste nomi blasfemi.
2 La bestia che io vidi era simile a un leopardo, i suoi piedi erano come quelli dell’orso e la sua bocca come quella del leone. Il dragone le diede la sua potenza, il suo trono e una grande autorità. 

Per capire cosa indica qui il testo per “bestia” ci basta leggere il capitolo 7 di Daniele. Invito il lettore a farlo.  Può seguire questo link se vuole leggerlo subito La Sacra Bibbia – Daniele 7 (Nuova Riveduta) (laparola.net)

Siamo davanti ad un sistema politico, un regno, una nazione, una forma organizzata di vivere civile che, trattandosi di una profezia ancora non avveratasi non possiamo allo stato attuale meglio definire. Potrebbe essere, come alcuni sostengono – e come anche io sono propenso a pensare – una confederazione di stati. Ciò a motivo della descrizione che si dà di questa potenza mondiale che farà la sua comparsa poco prima del ritorno di Cristo nello stesso libro di Daniele, 2:43, “…  Come hai visto il ferro mescolato con la molle argilla, essi si mescoleranno per seme umano, ma non si uniranno l’uno all’altro, esattamente come il ferro non si amalgama con l’argilla.

Il Dragone che dà potenza a questo regno, è detto poco prima, in Apocalisse 12:9.

3 Una delle sue teste sembrò ferita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita; e tutta la terra, meravigliata, andò dietro alla bestia. 4 E adorarono il dragone perché aveva dato il potere alla bestia; e adorarono la bestia dicendo: «Chi è simile alla bestia? e chi può combattere contro di lei?» 5 E le fu data una bocca che proferiva parole arroganti e bestemmie. E le fu dato potere di agire per quarantadue mesi. 6 Essa aprì la bocca per bestemmiare contro Dio, per bestemmiare il suo nome, il suo tabernacolo e quelli che abitano nel cielo. 7 Le fu dato di far guerra ai santi e di vincerli, e le fu dato di avere autorità sopra ogni tribù, popolo, lingua e nazione. 8 L’adoreranno tutti gli abitanti della terra il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello che è stato immolato.
9 Se uno ha orecchi, ascolti. 10 Se uno deve andare in prigionia, andrà in prigionia; se uno deve essere ucciso con la spada, bisogna che sia ucciso con la spada. Qui sta la costanza e la fede dei santi.

Qui possiamo solo leggere ciò che è scritto e che riguarda coloro che vivranno i giorni in cui questa terribile potenza mondiale apparirà sulla scena, costoro riconosceranno bene l’avverarsi di questa profezia.

Il senso per il quale il Signore ci rivela queste cose è perché noi sappiamo che Egli ha comunque il controllo e la Sua vittoria finale sul male è certa.

11 Poi vidi un’altra bestia, che saliva dalla terra, e aveva due corna simili a quelle di un agnello, ma parlava come un dragone.
12 Essa esercitava tutto il potere della prima bestia in sua presenza, e faceva sì che tutti gli abitanti della terra adorassero la prima bestia, la cui piaga mortale era stata guarita. 13 E operava grandi segni miracolosi sino a far scendere fuoco dal cielo sulla terra in presenza degli uomini. 14 E seduceva gli abitanti della terra con i segni miracolosi che le fu concesso di fare in presenza della bestia, dicendo agli abitanti della terra di erigere un’immagine della bestia che aveva ricevuto la ferita della spada ed era tornata in vita. 15 Le fu concesso di dare uno spirito all’immagine della bestia affinché l’immagine potesse parlare e far uccidere tutti quelli che non adorassero l’immagine della bestia.

Ecco una seconda bestia. Sembra che la prima, un potere secolare, venga affiancata da una seconda, religiosa. Parla come l’agnello perché evidentemente imita il Cristo, ma parla il linguaggio del diavolo.

16 Inoltre obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte. 17 Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome.
18 Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è un numero d’uomo; e il suo numero è seicentosessantasei.

In un qualche modo è questa seconda bestia che obbliga gli uomini a prendere un marchio, che sta sulla mano destra o sulla fronte.  Quindi, allo stadio attuale, vi è ben poca attinenza, nessuna a dire il vero, fra l’inoculazione di un vaccino e un marchio che dovrebbe stare sulla mano o sulla fronte. “Sulla”, cioè “sopra”.

Questo marchio è sia il nome stesso della bestia, sia il numero che corrisponde al suo nome.

Nella lingua ebraica ogni lettera dell’alfabeto aveva una valenza numerica. Oggi non è più così. E’ stato quindi tentato in ogni modo di trovare la valenza numerica di questo o quel personaggio storico o del momento che sia particolarmente scomodo, o che sia pure un “anticristo”, perché vi sono stati e vi saranno sempre “anticristi” cioè nemici di Cristo. Nerone, Hitler, ecc. L’ultima che ho letto è quella che identifica il 666 con il nome di papa Bergoglio. Non mi piace particolarmente come personaggio, ma biblicamente questo tipo di identificazione, sempre allo stato attuale, lascia il tempo che trova.

Nessuna delle circostanze che il brano descrive così chiaramente sono riscontrabili in eventi storici passati o attuali. Nonostante le varie restrizioni di vari momenti storici e quelle attualmente in essere in Europa, e in particolare in Italia, non abbiamo un avverarsi della profezia di Apocalisse 13.

Un ultimo dettaglio importante è che il numero della bestia non è la triplice ripetizione del numero sei, bensì seicentosessantasei, che nella nostra lingua si scrive 666, ma che, nella lingua originale dell’Apocalisse, il greco, si scrive χξς, ovvero εξακοσια εξηκοντα εξ. Probabilmente un po’ meno attraente e suggestiva della nostra tripla ripetizione numerica, assente in lingua greca. In ebraico forse anche meno (שש מאות וששים ושש) ma non abbiamo un originale ebraico del testo dell’Apocalisse e dobbiamo fare quindi affidamento sul testo greco.

Mi auguro che questo breve articolo contribuisca a marchiare come forzature inaccettabili le interpretazioni che vogliono individuare nei vaccini il cosiddetto “marchio della bestia”. Allo stesso modo, e lo ripeto, allo stato attuale, non abbiamo modo di ritenere che nemmeno i tanto temuti microchip sottocutanei possano riferirsi all’avverarsi delle profezie sull’Anticristo o altre fantomatiche nuove tecnologie nanobotiche.

Se leggiamo con sobrietà il testo dell’Apocalisse ciò ci sembrerà oltremodo chiaro.

Ps. Evitiamo di far ridicolizzare la Parola di Dio, ma opponiamo una sobria e attenta lettura del testo biblico.

 




Sicura c’è solo la morte… No, neanche quella. Il “rapimento” della Chiesa

di Giuseppe Guarino

 

Continuo i miei articoli escatologici. Sono il preludio al mio nuovo libro sul ritorno di Gesù, che credo sia un argomento di particolare importanza e che riguarda ognuno di noi che ci professiamo cristiani, qualunque sia la nostra confessione di fede.

Anche il prete durante la messa recita la liturgia che parla del ritorno di Cristo: “Annunciamo la tua morteSignore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta. ”

Cosa accadrà al ritorno di Gesù è detto nella Parola di Dio con estrema chiarezza. Ed è una parte della nostra fede cristiana che ci dà gioia, conforto, speranza.

Ho iniziato a leggere la Bibbia a quattordici anni circa. E il ritorno di Gesù mi è sempre stato un argomento particolarmente caro – insomma, per quale cristiano non lo è!

Dalle mie parti si dice: “solo alla morte non c’è rimedio”. Un detto sfatato dalla Parola di Dio che ci dice che Cristo è risorto dai morti e che quindi un rimedio alla morte!

C’è anche un altro detto: “sicura è solo la morte”. Alla luce della Parola di Dio anche questa cosa non è esattamente vera.

Esaminiamo cosa ci dice la Parola di Dio nella prima epistola di Paolo ai Tessalonicesi. Il messaggio qui è così semplice. Basta leggere verso per verso e ringraziare Dio per una così stupenda speranza in Cristo.

1 Tess 4:13  Fratelli, non vogliamo che siate nell’ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza.

Alla morte non vi è rimedio, è questo il sentimento popolare.  Ed è questa menzogna diabolica che fa degli uomini dei disperati che vivono la loro vita come una corsa forsennata al piacere ed al benessere per poterne accumulare il più possibile prima che sopraggiunga l’inevitabile. Il mondo è senza speranza.  E se l’uomo è folle nei suoi comportamenti è proprio perché non capisce il senso della sua esistenza e immagina che la morte porrà fine a tutto.  A Catania vi è un altro detto davvero brutto: “è tutto perso”. La Parola di Dio ci assicura che non è tutto perso, che c’è speranza e che questa speranza deve dare gioia e forza ai nostri cuori per proseguire il nostro cammino di fede in Gesù, nostro Signore e Salvatore.

1 Tess 4:14  Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati.

Noi che crediamo che Gesù è resuscitato dai morti, non possiamo non credere nella resurrezione. Come Cristo è resuscitato anche coloro che moriranno in Cristo un giorno verranno da Dio resuscitati. Quando accadrà ciò?

1 Tess 4:15  Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati;

Questo è uno dei miei versi preferiti. Notate cosa scrive Paolo: “noi viventi”. Paolo non attendeva la morte, ma il ritorno di Gesù. Noi cristiani non siamo in attesa della nostra morte, ma del ritorno di Gesù che può aver luogo da un momento all’altro! E’ questa la nostra speranza, che la morte non avrà comunque la meglio su di noi.

Gesù diceva: “Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà.” (Matteo 24:42)  Questa frase è sì un monito. Però ha per me avuto sempre insita una promessa: Gesù potrebbe tornare mentre io sono  ancora in vita. E allora quel detto: “sicura c’è solo la morte” non risponde a verità. Sicuro c’è solo che Gesù tornerà e che chi sarà in vita non morirà. Ecco cosa accadrà.

1Tess 4:16  perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo;

Il ritorno di Gesù è stato previsto in molti brani della Scrittura. Nell’Antico Testamento: “Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d’uomo […] gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto. ” (Daniele 7:13-14)

Il Signore Gesù stesso predisse il suo ritorno: “Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all’altro dei cieli. 

Gli angeli lo hanno confermato alla sua ascensione in cielo. “Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola, accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi. “E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo”. ” (Atti 1:9-10)

L’attesa di Gesù che torna ci dà forza, vigore, voglia di combattere la vita quotidianamente, sapendo che ha senso.

Se posso dare la mia testimonianza… Sono credente da oltre trentacinque anni. Ed è da trentacinque anni che vedo Dio che mi guida, spiana il mio cammino, blocca percorsi che non devo fare, apre vie che devo percorrere, in ogni cosa è presente. E’ Lui che dà senso a questa vita che altrimenti non ha senso. Io non ho meriti, io non sono speciale. Io semplicemente credo in Lui e a Lui mi affido in ogni cosa. Sbaglio, sbaglio sempre. Ma il mio pensiero e la mia preghiera costante si rivolgono a Lui e il Suo Amore mi sostiene e mi dà forza.

Ecco che questo verso, il 16, ci dice che al ritorno di Gesù i morti in Cristo resusciteranno. Sarà questa la prima cosa che accadrà.

1Tess 4:17  poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore.

Ecco di nuovo quel meraviglioso “noi“.  Nostra deve essere l’aspettativa di Paolo. Se il Signore può tornare in qualsiasi momento, chi gli impedisce di tornare fra un’ora, un giorno, un mese, ecc., mentre te o io siamo ancora in vita?

La nostra vita non quindi è vissuta nella triste attesa di un fato inevitabile, della morte, ma nella viva speranza che il nostro percorso sarà arrestato dalla voce del Signore che ritorna e che ci rapirà da questo mondo  per porterci alla Sua presenza, per stare per sempre con Lui.

1 Tess 4:18  Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.

Queste cose dobbiamo ricordarcele continuamente. Accendiamo la tv e sentiamo parlare di stupidaggini o di cattive notizie. Siamo bombardati da pubblicità che ci vuole far spendere soldi. Quindi non possiamo relegare il nostro compito di consolarci gli uni gli altri a nessuno. Noi credenti dobbiamo ricordare agli altri credenti continuamente che il Signore sta tornando, che la nostra fatica non è vana, che non è la morte che ci attende ma la vita eterna.

Fai tua questa speranza!




Il ritorno di Gesù – contro chi ne predice la data sul nostro calendario

di Giuseppe Guarino

Ma quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo”. Matteo 24:36.

Con questa frase così forte Gesù insegna ai suoi discepoli che nessuno conosce o potrà con esattezza predire il giorno del suo ritorno. E’, quindi, incredibile che aprendo internet, fra le notizie in prima pagina di yahoo – il famoso motore di ricerca – mi tocca scoprire che all’inizio di quest’anno un predicatore “evangelico” ha predetto il giorno del ritorno di Cristo nel 2011.

Non importa dietro quale aggettivo o titolo si nasconda un individuo del genere: pretendere di potere calcolare, Bibbia alla mano, la data del ritorno di Cristo è contro il Vangelo, contro l’insegnamento di Gesù e della Parola di Dio!

Brevissimamente sento il bisogno di trattare questo argomento in difesa della Verità e delle chiese che possono veramente fregiarsi del titolo di “evangeliche”.

Vi sono precedenti di altri “studiosi” che hanno avuto la pretesa di credere di essere riusciti a calcolare la data del ritorno di Cristo. Fra questi Russell, il fondatore del movimento oggi conosciuto come “Testimoni di Geova”. Egli era certo di avere calcolato che il ritorno di Cristo avrebbe avuto luogo nel 1914. Quasi 100 anni fa, ormai! Il tempo ha abbondantemente dimostrato che i calcoli di Russell erano disastrosamente errati.

Di recente sono state rispolverate anche antiche profezie Maya, secondo le quali il mondo dovrebbe finire nel 2012. Ho trovato il film “2012” molto bello e ricco di effetti speciali, visto che a me personalmente piace molto la fantascienza; ma non riesco ad immaginare che nessuno lo veda come più che un semplice film. I libri ed i programmi televisivi che sostengono l’attendibilità di questa “profezia” si sono rivelati delle ottime operazioni commerciali, dimostrando che oggi anche la fine del mondo può vendersi, facendone un vero e proprio prodotto commerciale.

Gesù aveva predetto, mettendoci in guardia: “Molti falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti.” Matteo 24:11.

Aggiunge lo stesso Gesù: “Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà. Ma sappiate questo, che se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte il ladro deve venire, veglierebbe e non lascerebbe scassinare la sua casa. Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà”. Matteo 24:42-44.

Difficilmente la Scrittura potrebbe essere più chiara: non sappiamo il giorno del ritorno di Gesù. E’ per questo che la Bibbia ci esorta ad essere pronti in qualsiasi momento.

IL RITORNO DI GESU’

Quando il Signore fu elevato alla destra del Padre, dopo la sua resurrezione, venne predetto ai discepoli che un giorno egli sarebbe ritornato. “Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola, accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi. E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo“. Atti 1:9-11.

Gesù stesso aveva promesso ai suoi discepoli il suo ritorno: “Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me! Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi”. Giovanni 14:1-3.

E’ questa la speranza del cristiano: non l’attesa della morte, bensì del ritorno del nostro Signore e della vita eterna. Scrivendo a Tito, Paolo chiama questa attesa “… la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù”. Tito 2:13.

E’ questa la “consolazione” che abbiamo nella Parola di Dio: dopo essere stato obbediente fino alla croce, Gesù ha vinto la morte con la sua gloriosa resurrezione ed un giorno tornerà per la sua Chiesa.

Scrive Paolo alla chiesa di Tessalonica: “Fratelli, non vogliamo che siate nell’ignoranza riguardo a quelli che dormono (Paolo chiama così i cristiani defunti), affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati. Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.” 1 Tessalonicesi 4:13-18.

Questo brano della Scrittura è meraviglioso e raccoglie la sostanza della nostra fede: la certezza della vita eterna in Cristo e con Cristo. L’affermazione che più mi sorprende ed allo stesso tempo mi fa capire quale deve essere la prospettiva di vita del cristiano, è quella frase detta in modo così naturale da Paolo: “noi viventi, i quali saremo rimasti…” Pur essendo un apostolo, Paolo stesso non sapeva quando il Signore sarebbe tornato. Ma il fatto che includa se stesso, che speri egli stesso in prima persona di essere in vita al ritorno di Cristo, ci insegna quale deve essere il nostro atteggiamento. Se non sappiamo quando Cristo tornerà, dobbiamo vivere ogni giorno come se il suo ritorno fosse domani o persino oggi stesso. Ciò ci fortifica e ci dona gioia; ed avendo anche cura di essere sempre pronti, essendo sempre impegnati nelle buone opere che testimoniano la nostra vita in Lui.

E’ questo il senso dell’esortazione di Cristo, del suo: “vegliate”, che produce nel cristiano una speranza viva ed una fede attiva ed operante. Infatti, nella parabola dei talenti, il Signore ci insegna a mettere a frutto quello che ci ha donato, a farlo crescere, ad utilizzarlo per il bene nostro e del nostro prossimo. L’attesa del ritorno di Cristo nel cristiano non è, quindi, passiva, un fatalismo contemplativo della sorte umana; al contrario, è stimolo per il credente ad operare proprio in attesa della piena e definitiva manifestazione di quella speranza.

Chi predice con date esatte, calendario alla mano, il ritorno di Cristo, finisce solo per confondere chi crede e dare possibilità a chi non crede di ridicolizzare la nostra Fede. Chi agisce in questo modo, l’abbiamo visto esaminando la Sacra Scrittura, rinnega l’autentico insegnamento della Chiesa di Cristo. Il tempo ha già dimostrato la falsità di previsioni simili e lo farà ancora.

COSA PRECEDERA’ IL RITORNO DI CRISTO ?

La Bibbia non ci dice quando Gesù verrà, in maniera che possiamo individuare sul nostro calendario la data del nostro suo ritorno. Ma ci dice cosa accadrà nell’imminenza del suo ritorno, quali eventi ci faranno comprendere che Gesù è vicino.

I discepoli interrogarono Gesù, dimostrando come l’animo umano avverta l’ansia per il futuro che l’attende. E la Parola di Dio non ci lascia senza risposte. “Mentre egli era seduto sul monte degli Ulivi, i discepoli gli si avvicinarono in disparte, dicendo: “Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine dell’età presente?”. Matteo 24:3. E’ vero Gesù disse ai discepoli che il suo ritorno sarebbe stato preceduto da falsi cristi e falsi profeti, da guerre e rumori di guerre e che quando l’evangelo sarebbe stato predicato in tutto il mondo, allora sarebbe arrivata la fine, come è scritto nel sermone profetico di Matteo 24. E’, quindi, lecito, visto che cose simili accadono oggi sotto i nostri occhi, supporre che il ritorno di Cristo sia vicino. Ma di certo non possiamo predirne la data!

Possiamo senz’altro anche aggiungere che vi sono delle cose che debbono ancora succedere. Il Nuovo Testamento è molto chiaro. Vediamo cosa scrive in proposito Paolo ai tessalonicesi.

Ora, fratelli, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e il nostro incontro con lui, vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare sia da pretese ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche lettera data come nostra, come se il giorno del Signore fosse già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio. Non vi ricordate che quand’ero ancora con voi vi dicevo queste cose? Ora voi sapete ciò che lo trattiene affinché sia manifestato a suo tempo. Infatti il mistero dell’empietà è già in atto, soltanto c’è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo. E allora sarà manifestato l’empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l’apparizione della sua venuta”. 2 Tessalonicesi 2:1-8

La chiesa della città di Tessalonica era stata turbata da chi diceva che Cristo era già ritornato. Questi individui erano probabilmente arrivati al punto di scrivere delle epistole spacciandole per opere dell’apostolo Paolo. Quest’ultimo quindi con forza ricorda il suo insegnamento che aveva impartito anche di persona alla chiesa destinataria della sua lettera. Quindi precisa l’apostolo, quel giorno non verrà se non prima:

– sia venuta l’apostasia.

– sia comparso l’anticristo.

Cos’è l’apostasia?

Scrive Paolo a Timoteo: “Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, sviati dall’ipocrisia di uomini bugiardi,” 1 Timoteo 4:1-2. L’apostasia è un allontanamento dall’insegnamento apostolico. Se è vero che da una parte vediamo il nascere di movimenti religiosi che si allontanano dalla vera fede, dall’altra vi è un autentico risveglio, una ricerca di Cristo davvero significativa. Mi riferisco ovviamente alla crescita delle chiese evangeliche in molte parti del mondo. In Brasile, ad esempio. In Sud Corea, in Africa. Ma il risveglio non è solo nell’ambito evangelico. Cresce anche nella chiesa cattolica – parlo da italiano che osserva la realtà che mi circonda – il bisogno dei fedeli di un maggiore contatto con la Parola di Dio vissuta in maniera meno distaccata rispetto a come è sempre avvenuto tradizionalmente con la messa cattolica ed il distacco storico fra clero e laici. Diversi movimenti all’interno della chiesa cattolica sono l’espressione di un sincero e crescente interesse per Cristo e la Sua Parola.

Alla luce di quanto sopra sono convinto che non abbiamo ancora sperimentato l’apostasia di cui parla Paolo.

Mi sono convinto leggendo l’Apocalisse che le lettere alle sette chiese (capitoli 2 e 3) narrano il tragitto della Chiesa nella storia, dalla sua nascita fino al ritorno di Gesù. A conferma di quanto ha predetto lo Spirito Santo per bocca dell’apostolo Paolo, l’apostasia si impossesserà della chiesa immediatamente prima del ritorno di Cristo. E’ Infatti all’ultima delle sette chiese dell’Apocalisse che Gesù dice: “All’angelo della chiesa di Laodicea scrivi: Queste cose dice l’Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della creazione di Dio: Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò dalla mia bocca. Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!” Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo.” (Apocalisse 3:14-17).

Evento ancora più significativo che precederà il ritorno di Gesù sarà la comparsa dell’anticristo, di colui che qui Paolo chiama “l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto”. Nella follia dell’esaltazione di se stesso, quest’individuo arriverà a “porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio”. Nessuno può dire che ciò sia mai accaduto. Quindi Cristo non è ancora tornato, come suppongono alcuni. Né credo che pochi mesi siano sufficienti perché eventi come quelli descritti dall’apostolo si avverino.

Le parole dell’apostolo valgono anche per la Chiesa di oggi quando ha a confrontarsi con certe affermazioni che vanno contro l’insegnamento del vangelo: “vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare”.

COME AVVERRA’ IL RITORNO DI GESU’ CRISTO

Gesù mise in guardia i suoi discepoli: “Allora, se qualcuno vi dice: “Il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non lo credete; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Ecco, ve l’ho predetto. Se dunque vi dicono: “Eccolo, è nel deserto”, non v’andate; “eccolo, è nelle stanze interne”, non lo credete; infatti, come il lampo esce da levante e si vede fino a ponente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.” Matteo 24:23-27.

Quando il Signore Gesù ritornerà, nessuno rimarrà lì a chiedersi se è quello il vero ritorno di Cristo. Prima che ciò avvenga, compariranno molti, ci predice il Signore, che pretenderanno loro di essere il Cristo. Ma quando egli tornerà, ci dice la Scrittura, il mondo intero ed in maniera inequivocabile se ne renderà conto.

Ecco, egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno lamenti per lui. Sì, amen”. Apocalisse 1:7.

Non credo di peccare di presunzione se dico che brani della Scrittura di questo genere sono di una semplicità elementare e basta conoscerli per non essere più autorizzati a farsi ingannare di alcuno.

CONCLUSIONE

Ho intenzionalmente scritto uno studio breve ed il più semplice possibile, per meglio ribadire la Verità della Parola di Dio, della vera fede evangelica, che è SOLO quella che rinveniamo nella Bibbia.

Chiunque si produca in rocamboleschi calcoli per propinare la data del ritorno di Gesù Cristo, secondo il metro della Bibbia possiamo annoverarlo fra i “falsi profeti” ed i “seduttori”. A questi individui i credenti non hanno alcun motivo di dare alcun credito.

—— 26 Maggio 2011.

Nel mio studio non ho volontariamente citato il nome del predicatore che aveva previsto il ritorno di Cristo per quest’anno, né specificato il giorno per il quale l’aveva previsto. Ebbene il giorno era il 21 Maggio 2011, passato ormai da qualche giorno. La notizia è riportata da Yahoo in un articolo che rattrista per l’abuso della credulità popolare da parte di alcuni. Lo stesso predicatore sembra abbia spostato la fine del mondo ad altra data… Ma come dico a mio figlio quando deve indovinare qualcosa e cerca di barare: eh no, così non vale!

Confermo tutto quanto ho già detto nel mio studio.




Perché i vangeli sono stati scritti così?

di Giuseppe Guarino

Dr. Who è il titolo di una fortunata serie televisiva di fantascienza cominciata nei lontani anni ’60 ed ancora oggi prodotta dalla BBC. La seguivo, poco più che bambino, negli anni ’70, quando la RAI – allora c’era solo quella! – ne trasmise alcuni episodi. Ho visto con piacere gli episodi più recenti (dalla quinta all’ottava stagione) e devo dire che il progresso della serie e dei personaggi è notevole – sono ancora oggi un cultore di fantascienza, sebbene non abbia più da dedicarvi molto tempo.

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La cosa che più mi affascinava in Dr. Who era la sua astronave che serviva al protagonista per viaggiare nello spazio e nel tempo, il Tardis. Sebbene apparisse come una comune cabina telefonica inglese, il Tardis si rivelava al suo interno come un ambiente molto spazioso, come del ci si aspetterebbe da un mezzo capace di fungere da astronave e da macchina del tempo.

A vederlo da fuori chi l’avrebbe detto che un oggetto tanto comune potesse nascondere al suo interno simili fantastiche potenzialità?

Questa premessa perché qualche giorno fa mi sono trovato a discutere sullo stile di composizione dei vangeli con un mio amico, Riccardo, come me appassionato di fantascienza ed anche di fantascienza datata (ricordate Spazio 1999? Star Trek? Ufo?). Riccardo si lamentava dello stile scarno, troppo essenziale a suo avviso, delle narrazioni evangeliche e mi chiedeva apertamente: Perché la Bibbia riporta così pochi dettagli sulla vita di Gesù?

Non è che anche io non mi sia posto questa domanda. Ma credo di aver trovato delle spiegazioni sufficientemente soddisfacenti.

Doctor Who, A Breach in the Vortex

Marco è davvero essenziale nello stile e nei contenuti, ma è un’opera perfettamente in sintonia con gli altri scritti suoi contemporanei. In parole povere, era quello il metodo corrente di scrittura nel periodo in cui quel vangelo fu scritto. Come è logico, ogni autore deve adottare uno stile accettabile dai propri contemporanei, per senso di praticità, ma anche per risultare più chiaro ed efficace possibile.

Se consideriamo che un film o telefilm appena degli anni ’70 ci appare oggi rozzo ed ingenuo, dobbiamo tenere conto che il risultato dei Vangeli, dal punta di vista squisitamente letterario, è più che buono.

Se Matteo propone una cronologia diversa degli eventi rispetto a Marco, è perché il suo intento narrativo tende più a sottolineare il senso di ciò che accade piuttosto che il loro ordine cronologico – che invece ossessiona noi uomini del XXI secolo! Matteo mi ha “sconvolto” con il “disordine” cronologico che compare in alcuni punti della sua narrazione, ma così tanto meravigliato per il suo grande ordine tematico che così compariva!

Perché poi tre vangeli sinottici ed un quarto, quello di Giovanni? La risposta che mi sono data è stata la seguente: quattro narrazioni ci offrono una prospettiva completa, a 360 gradi, di quanto dobbiamo sapere sulla persona di Gesù e sugli eventi che hanno caratterizzato il suo ministero terreno. Da cristiano e da studioso, lo dico in tutta onestà, non ho mai avvertito il bisogno di un quinto evangelo.

Sempre considerando l’approccio storico ai vangeli intesi come documenti, il loro valore di evidenze storiche è più che attendibile, in quanto chiaramente dipendenti dal resoconto di testimoni oculari degli eventi che in essi sono descritti. E, paradossalmente, in quanto documenti anonimi risultano per ciò essere ancora più attendibili, visto che prima di arrivare ad un tale unanime accoglimento nel canone biblico, devono aver dovuto passare l’attento esame di tutta la Chiesa nascente: per essere prima riconosciuti come resoconti attendibili e poi, ma anche soprattutto, Parola di Dio.

I vangeli clamorosamente falsi, attribuiti a questo o quell’apostolo, invece, che hanno proliferato nel II secolo, essendo palesemente di valore pressoché nullo dal punto di vista teologico ma anche storico, hanno goduto soltanto per qualche tempo del favore di questa o quella setta eretica dove erano stati prodotti o diffusi, scivolando presto nell’oblio, almeno fino a quando qualche fortuito ritrovamento non li ha portati alla luce e qualche sapiente operazione commerciale non ne ha sfruttato le potenzialità di guadagno, cercando di attribuire loro un valore storico e religioso che oggettivamente non hanno mai avuto.

Quando si parla di contrasti all’interno delle narrazioni evangeliche o fra di loro, invito a riflettere su quanto sia difficile a volte attingere dalle diverse fonti di informazione (giornali, notiziari) circa la verità di eventi dei nostri giorni; o quanto sia difficile a volte in un’aula di tribunale accertare la verità dei fatti accaduti anche in presenza di diversi testimoni.

L’attendibilità dei testimoni per eccellenza della nostra fede, gli apostoli, sta nel fatto che costoro erano così certi di quanto avevano visto da dedicare tutta la loro vita alla causa del Cristo, e di non fermarsi dal proclamare la Verità nemmeno quando minacciati di morte e poi veramente uccisi.

Scriveva l’apostolo Pietro: “Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà.” (2 Pietro 1:16 – Nuova Riveduta)

E forse ancora più incisivo scrisse poi l’apostolo Giovanni: “Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita (poiché la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata), quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo.” (1 Giovanni 1:1-3 – Nuova Riveduta).

Tralasciando i profondi significati dell’ultima citazione, quello che inequivocabilmente si capisce è che l’apostolo Giovanni dice apertamente: Guardate che abbiamo perfettamente capito ciò di cui siamo testimoni (notate il plurale!), sentito, visto e persino toccato; noi siamo sicuri delle cose che annunciamo, dell’evangelo.

Bisogna essere onesti: non molti eventi storici possono vantare fonti tanto attendibili.

Ma il mio amico, poco interessato alla storia, non rimase per nulla convinto dai cenni che gli feci di quanto sopra ho detto. Riflettendoci a casa, quindi, ho elaborato tutt’altra risposta.

I vangeli e la Bibbia in generale, sono come il Tardis di Dr. Who! Esteriormente appaiono come semplici libri di 27 o 16 capitoli, ma quando entri dentro trovi immensi significati, interi libri dentro i libri, i capitoli, i versi, a volte persino le singole parole. Gli innumerevoli testi scritti sulla Bibbia, se li vogliamo considerare come il frutto dell’osservazione di quanto trovato durante le ricognizioni all’interno di questo stupefacente “contenitore”, sono lì ad attestare l’immensa mole di informazioni che custodiscono questi scritti all’apparenza tanto scarni.

Non è forse vero che oggi per facilitare lo spostamento di grossi files si usa “zipparli”? Lo faccio spesso per mandare diverso materiale via e-mail: raccolgo tutto in una cartella, poi comprimo; quindi allego e spedisco il tutto.

La Bibbia possiamo immaginarla come un messaggio di Dio inviato all’uomo, accuratamente “zippato” in maniera da potersi recapitare con successo all’umanità intera.

Me la cavo meglio con la storia che con la scienza e l’informatica, ma spero di non aver fatto troppa brutta figura ed aver dato nuovi spunti di riflessione da altre prospettive che non siano le solite che regolarmente propongo nei miei studi.

Chiudo con un’ultima importante considerazione.

I tempi sono maturi e c’è poco spazio per i dubbi. Il Signore è alle porte ed il ritorno di Gesù è vicino. L’unica cosa sensata che ci conviene fare è prepararci per quel glorioso momento … il resto conta così poco!

Maranatha

Il ritorno di Gesù

di Giuseppe Guarino

Ma quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo”. Matteo 24:36.

Con questa frase così forte Gesù insegna ai suoi discepoli che nessuno conosce o potrà con esattezza predire il giorno del suo ritorno. E’, quindi, incredibile che aprendo internet, fra le notizie in prima pagina di yahoo – il famoso motore di ricerca – mi tocca scoprire che all’inizio di quest’anno un predicatore “evangelico” ha predetto il giorno del ritorno di Cristo nel 2011.

Non importa dietro quale aggettivo o titolo si nasconda un individuo del genere: pretendere di potere calcolare, Bibbia alla mano, la data del ritorno di Cristo è contro il Vangelo, contro l’insegnamento di Gesù e della Parola di Dio!

Brevissimamente sento il bisogno di trattare questo argomento in difesa della Verità e delle chiese che possono veramente fregiarsi del titolo di “evangeliche”.

Vi sono precedenti di altri “studiosi” che hanno avuto la pretesa di credere di essere riusciti a calcolare la data del ritorno di Cristo. Fra questi Russell, il fondatore del movimento oggi conosciuto come “Testimoni di Geova”. Egli era certo di avere calcolato che il ritorno di Cristo avrebbe avuto luogo nel 1914. Quasi 100 anni fa, ormai! Il tempo ha abbondantemente dimostrato che i calcoli di Russell erano disastrosamente errati.

Di recente sono state rispolverate anche antiche profezie Maya, secondo le quali il mondo dovrebbe finire nel 2012. Ho trovato il film “2012” molto bello e ricco di effetti speciali, visto che a me personalmente piace molto la fantascienza; ma non riesco ad immaginare che nessuno lo veda come più che un semplice film. I libri ed i programmi televisivi che sostengono l’attendibilità di questa “profezia” si sono rivelati delle ottime operazioni commerciali, dimostrando che oggi anche la fine del mondo può vendersi, facendone un vero e proprio prodotto commerciale.

Gesù aveva predetto, mettendoci in guardia: “Molti falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti.” Matteo 24:11.

Aggiunge lo stesso Gesù: “Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà. Ma sappiate questo, che se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte il ladro deve venire, veglierebbe e non lascerebbe scassinare la sua casa. Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà”. Matteo 24:42-44.

Difficilmente la Scrittura potrebbe essere più chiara: non sappiamo il giorno del ritorno di Gesù. E’ per questo che la Bibbia ci esorta ad essere pronti in qualsiasi momento.

IL RITORNO DI GESU’

Quando il Signore fu elevato alla destra del Padre, dopo la sua resurrezione, venne predetto ai discepoli che un giorno egli sarebbe ritornato. “Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola, accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi. E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo“. Atti 1:9-11.

Gesù stesso aveva promesso ai suoi discepoli il suo ritorno: “Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me! Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi”. Giovanni 14:1-3.

E’ questa la speranza del cristiano: non l’attesa della morte, bensì del ritorno del nostro Signore e della vita eterna. Scrivendo a Tito, Paolo chiama questa attesa “… la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù”. Tito 2:13.

E’ questa la “consolazione” che abbiamo nella Parola di Dio: dopo essere stato obbediente fino alla croce, Gesù ha vinto la morte con la sua gloriosa resurrezione ed un giorno tornerà per la sua Chiesa.

Scrive Paolo alla chiesa di Tessalonica: “Fratelli, non vogliamo che siate nell’ignoranza riguardo a quelli che dormono (Paolo chiama così i cristiani defunti), affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati. Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.” 1 Tessalonicesi 4:13-18.

Questo brano della Scrittura è meraviglioso e raccoglie la sostanza della nostra fede: la certezza della vita eterna in Cristo e con Cristo. L’affermazione che più mi sorprende ed allo stesso tempo mi fa capire quale deve essere la prospettiva di vita del cristiano, è quella frase detta in modo così naturale da Paolo: “noi viventi, i quali saremo rimasti…” Pur essendo un apostolo, Paolo stesso non sapeva quando il Signore sarebbe tornato. Ma il fatto che includa se stesso, che speri egli stesso in prima persona di essere in vita al ritorno di Cristo, ci insegna quale deve essere il nostro atteggiamento. Se non sappiamo quando Cristo tornerà, dobbiamo vivere ogni giorno come se il suo ritorno fosse domani o persino oggi stesso. Ciò ci fortifica e ci dona gioia; ed avendo anche cura di essere sempre pronti, essendo sempre impegnati nelle buone opere che testimoniano la nostra vita in Lui.

E’ questo il senso dell’esortazione di Cristo, del suo: “vegliate”, che produce nel cristiano una speranza viva ed una fede attiva ed operante. Infatti, nella parabola dei talenti, il Signore ci insegna a mettere a frutto quello che ci ha donato, a farlo crescere, ad utilizzarlo per il bene nostro e del nostro prossimo. L’attesa del ritorno di Cristo nel cristiano non è, quindi, passiva, un fatalismo contemplativo della sorte umana; al contrario, è stimolo per il credente ad operare proprio in attesa della piena e definitiva manifestazione di quella speranza.

Chi predice con date esatte, calendario alla mano, il ritorno di Cristo, finisce solo per confondere chi crede e dare possibilità a chi non crede di ridicolizzare la nostra Fede. Chi agisce in questo modo, l’abbiamo visto esaminando la Sacra Scrittura, rinnega l’autentico insegnamento della Chiesa di Cristo. Il tempo ha già dimostrato la falsità di previsioni simili e lo farà ancora.

COSA PRECEDERA’ IL RITORNO DI CRISTO ?

La Bibbia non ci dice quando Gesù verrà, in maniera che possiamo individuare sul nostro calendario la data del nostro suo ritorno. Ma ci dice cosa accadrà nell’imminenza del suo ritorno, quali eventi ci faranno comprendere che Gesù è vicino.

I discepoli interrogarono Gesù, dimostrando come l’animo umano avverta l’ansia per il futuro che l’attende. E la Parola di Dio non ci lascia senza risposte. “Mentre egli era seduto sul monte degli Ulivi, i discepoli gli si avvicinarono in disparte, dicendo: “Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine dell’età presente?”. Matteo 24:3. E’ vero Gesù disse ai discepoli che il suo ritorno sarebbe stato preceduto da falsi cristi e falsi profeti, da guerre e rumori di guerre e che quando l’evangelo sarebbe stato predicato in tutto il mondo, allora sarebbe arrivata la fine, come è scritto nel sermone profetico di Matteo 24. E’, quindi, lecito, visto che cose simili accadono oggi sotto i nostri occhi, supporre che il ritorno di Cristo sia vicino. Ma di certo non possiamo predirne la data!

Possiamo senz’altro anche aggiungere che vi sono delle cose che debbono ancora succedere. Il Nuovo Testamento è molto chiaro. Vediamo cosa scrive in proposito Paolo ai tessalonicesi.

Ora, fratelli, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e il nostro incontro con lui, vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare sia da pretese ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche lettera data come nostra, come se il giorno del Signore fosse già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio. Non vi ricordate che quand’ero ancora con voi vi dicevo queste cose? Ora voi sapete ciò che lo trattiene affinché sia manifestato a suo tempo. Infatti il mistero dell’empietà è già in atto, soltanto c’è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo. E allora sarà manifestato l’empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l’apparizione della sua venuta”. 2 Tessalonicesi 2:1-8

La chiesa della città di Tessalonica era stata turbata da chi diceva che Cristo era già ritornato. Questi individui erano probabilmente arrivati al punto di scrivere delle epistole spacciandole per opere dell’apostolo Paolo. Quest’ultimo quindi con forza ricorda il suo insegnamento che aveva impartito anche di persona alla chiesa destinataria della sua lettera. Quindi precisa l’apostolo, quel giorno non verrà se non prima:

– sia venuta l’apostasia.

– sia comparso l’anticristo.

Cos’è l’apostasia?

Scrive Paolo a Timoteo: “Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, sviati dall’ipocrisia di uomini bugiardi,” 1 Timoteo 4:1-2. L’apostasia è un allontanamento dall’insegnamento apostolico. Se è vero che da una parte vediamo il nascere di movimenti religiosi che si allontanano dalla vera fede, dall’altra vi è un autentico risveglio, una ricerca di Cristo davvero significativa. Mi riferisco ovviamente alla crescita delle chiese evangeliche in molte parti del mondo. In Brasile, ad esempio. In Sud Corea, in Africa. Ma il risveglio non è solo nell’ambito evangelico. Cresce anche nella chiesa cattolica – parlo da italiano che osserva la realtà che mi circonda – il bisogno dei fedeli di un maggiore contatto con la Parola di Dio vissuta in maniera meno distaccata rispetto a come è sempre avvenuto tradizionalmente con la messa cattolica ed il distacco storico fra clero e laici. Diversi movimenti all’interno della chiesa cattolica sono l’espressione di un sincero e crescente interesse per Cristo e la Sua Parola.

Alla luce di quanto sopra sono convinto che non abbiamo ancora sperimentato l’apostasia di cui parla Paolo.

Mi sono convinto leggendo l’Apocalisse che le lettere alle sette chiese (capitoli 2 e 3) narrano il tragitto della Chiesa nella storia, dalla sua nascita fino al ritorno di Gesù. A conferma di quanto ha predetto lo Spirito Santo per bocca dell’apostolo Paolo, l’apostasia si impossesserà della chiesa immediatamente prima del ritorno di Cristo. E’ Infatti all’ultima delle sette chiese dell’Apocalisse che Gesù dice: “All’angelo della chiesa di Laodicea scrivi: Queste cose dice l’Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della creazione di Dio: Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò dalla mia bocca. Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!” Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo.” (Apocalisse 3:14-17).

Evento ancora più significativo che precederà il ritorno di Gesù sarà la comparsa dell’anticristo, di colui che qui Paolo chiama “l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto”. Nella follia dell’esaltazione di se stesso, quest’individuo arriverà a “porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio”. Nessuno può dire che ciò sia mai accaduto. Quindi Cristo non è ancora tornato, come suppongono alcuni. Né credo che pochi mesi siano sufficienti perché eventi come quelli descritti dall’apostolo si avverino.

Le parole dell’apostolo valgono anche per la Chiesa di oggi quando ha a confrontarsi con certe affermazioni che vanno contro l’insegnamento del vangelo: “vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare”.

COME AVVERRA’ IL RITORNO DI GESU’ CRISTO

Gesù mise in guardia i suoi discepoli: “Allora, se qualcuno vi dice: “Il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non lo credete; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Ecco, ve l’ho predetto. Se dunque vi dicono: “Eccolo, è nel deserto”, non v’andate; “eccolo, è nelle stanze interne”, non lo credete; infatti, come il lampo esce da levante e si vede fino a ponente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.” Matteo 24:23-27.

Quando il Signore Gesù ritornerà, nessuno rimarrà lì a chiedersi se è quello il vero ritorno di Cristo. Prima che ciò avvenga, compariranno molti, ci predice il Signore, che pretenderanno loro di essere il Cristo. Ma quando egli tornerà, ci dice la Scrittura, il mondo intero ed in maniera inequivocabile se ne renderà conto.

Ecco, egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno lamenti per lui. Sì, amen”. Apocalisse 1:7.

Non credo di peccare di presunzione se dico che brani della Scrittura di questo genere sono di una semplicità elementare e basta conoscerli per non essere più autorizzati a farsi ingannare di alcuno.

CONCLUSIONE

Ho intenzionalmente scritto uno studio breve ed il più semplice possibile, per meglio ribadire la Verità della Parola di Dio, della vera fede evangelica, che è SOLO quella che rinveniamo nella Bibbia.

Chiunque si produca in rocamboleschi calcoli per propinare la data del ritorno di Gesù Cristo, secondo il metro della Bibbia possiamo annoverarlo fra i “falsi profeti” ed i “seduttori”. A questi individui i credenti non hanno alcun motivo di dare alcun credito.

—— 26 Maggio 2011.

Ho volontariamente omesso il nome del predicatore che aveva previsto il ritorno di Cristo per quest’anno, né specificato il giorno per il quale l’aveva previsto. Ebbene il giorno era il 21 Maggio 2011, passato ormai da qualche giorno. (7 anni adesso che rivedo questo articolo) La notizia è riportata da Yahoo e rattrista per l’abuso della credulità popolare da parte di alcuni. Lo stesso predicatore sembra abbia spostato la fine del mondo ad altra data… Ma come dico a mio figlio quando deve indovinare qualcosa e cerca di barare: eh no, così non vale!

Confermo tutto quanto ho già detto nel mio studio.

Radici ebraiche ed universalismo della fede cristiana

di Giuseppe Guarino

Lo studio serio del vangelo e della persona stessa di Gesù non può prescindere da una attenta valutazione sia delle radici ebraiche che dell’universalismo del messaggio cristiano.

Oggi sono in moto delle tendenze che sublimano un ritorno alla cultura ebraica ma mi lascia piuttosto perplesso. Il messaggio evangelico infatti non ci vuole tramutare in ebrei, ma fare di noi dei cristiani, dei seguaci di Cristo. In quanto tali, inevitabilmente indebitati alla cultura veterotestamentaria ma anche assolutamente proiettati verso l’universalismo che troviamo nel Nuovo Testamento.

Che il Nuovo Testamento sia intriso di cultura ebraica questo è certo. E’ un dato di fatto. Gesù è nato da genitori ebrei. Il suo nome non avrebbe potuto essere più ebraico: Yeshua, nome ebraico di Gesù, è il diminuitivo di Yehoshua, cioè Giosuè, il successore di Mosè. Suo padre, Giuseppe, sebbene non padre carnale, era della discendenza di Davide, come leggiamo dalla genealogia di Matteo. Sua madre, madre vera, era anch’essa discendente di Davide, come puntualizza Luca. Egli nasce a Betlemme. Egli adempie tutte le profezie che l’Antico Testamento riferisce al Messia. Egli si fa battezzare da Giovanni Battista. Vive secondo la Legge mosaica e cita continuamente le Scritture e le spiega alla maniera dei rabbi ebrei.

Nel Sermone sulla Montagna Gesù si siede ed insegna, gesto tipicamente ebraico. Infatti durante la lettura dei libri di Mosè o dei Profeti, il rabbi stava in piedi, ma quando doveva insegnare, egli si sedeva. Matteo quindi puntualizza nella sua descrizione: “Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e si mise a sedere. I suoi discepoli si accostarono a lui, ed egli, aperta la bocca, insegnava loro dicendo” (Matteo 5:1-2, Nuova Riveduta). E’ in questo contesto che Gesù chiarisce in maniera inequivocabile: “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento.” (Matteo 5:17 – NR)

Sebbene il Nuovo Testamento sia stato scritto in greco, non si contano i termini ebraici ed aramaici che esso mantiene nella loro lingua originale. Ciò è visibile anche nelle nostre traduzioni, dove la costruzione della frase spesso costringe a ritenere il vocabolo ebraico anche in italiano.

E, verso l’ora nona, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lamà sabactàni?” cioè: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Matteo 27:46)

Giacomo, figlio di Zebedeo e Giovanni, fratello di Giacomo, ai quali pose nome Boanerges, che vuol dire figli del tuono“. (Marco 3:17)

La parola Amen è presente nel Nuovo Testamento greco molte più volte di quante ci si renda conto nelle traduzioni. E’ mantenuta in Matteo 6:13, nella chiusura del cosiddetto “Padre nostro”, mentre non si vede nella traduzione di molti passi di Giovanni. La famosissima espressione “in verità in verità” tipica del quarto vangelo, corrisponde infatti all’originale “Amen, Amen” dove la parola ebraica è semplicemente traslitterata in alfabeto greco.

Un’altra meravigliosa espressione che sopravvive nel Nuovo Testamento e nel linguaggio quotidiano dei credenti è “Alleluia”. “Dopo queste cose, udii nel cielo una gran voce come di una folla immensa, che diceva: “Alleluia! La salvezza, la gloria e la potenza appartengono al nostro Dio.” (Apocalisse 19:1 – NR)

Accanto a questa meravigliosa continuità con la fede del popolo giudaico, va, però, sottolineato anche l’universalismo del messaggio evangelico, che, in questo senso, si distacca, rompe quasi, con l’esclusivismo ebraico.

Scrive Giovanni nel suo vangelo: “È venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome” (Giovanni 1:11-12)

Il comandamento di Gesù ai suoi discepoli è chiaro: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popolibattezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Matteo 28:19 – NR)

Ecco quindi spiegato perché i libri della nuova fede non vengono scritti in ebraico, né in aramaico, bensì in greco, la lingua più parlata nel mondo che vide muovere i primi passi del cristianesimo. Era anche la lingua della traduzione dell’Antico Testamento che godeva di prestigio fra gli stessi ebrei dispersi nelle nazioni, lontani da Israele, che non avevano più sufficiente dimestichezza con la lingua ebraica. Grazie anche a quest’uso consolidato all’interno dello stesso ambiente ebraico, la lingua greca si prestava perfettamente da una parte a raccogliere l’eredità dell’Antico Testamento e dall’altra a veicolare il messaggio universale dell’Evangelo.

Nelle mani dell’apostolo Paolo il greco divenne un potente mezzo per esprimere la dottrina cristiana con grande efficacia. La cristologia neotestamentaria – bisogna ammetterlo – difficilmente avrebbe potuto esprimere concetti come quelli che vi rinveniamo se fosse stato scritto in lingua ebraica. Il greco permise all’apostolo Paolo di descrivere la persona di Gesù ai Gentili in maniera straordinaria. Scrisse ai Colossesi: “… in lui dimora tutta la Pienezza della Deità corporalmente” (2:9). Definì inoltre Gesù: “immagine del Dio invisibile” (Col. 1:15). Con terminologia ancora più sofisticata lo stesso concetto viene elaborato in un linguaggio molto sofisticato in Ebrei 1, dove è detto che Gesù “è splendore della sua gloria (di Dio) e impronta della sua essenza.

Famosissimo è il riferimento di Giovanni al logos nel prologo del suo Vangelo. Mai concetto più ebraico avrebbe potuto esprimersi con una terminologia più greca. Ai primi intellettuali convertiti al cristianesimo, venne istintivo richiamare il concetto comune all’ebraismo ed alla cultura ebraica ed ellenica di logos per annunciare il Cristo, mediatore cosmico fra Dio e l’uomo incarnatosi in Gesù di Nazaret.

Nel vangelo più ebraico dei quattro, Matteo, troviamo l’affermazione più universale, sulla nuova comunità raccolta attorno a Gesù Cristo, il Figlio di Dio. “Ed egli disse loro: “E voi, chi dite che io sia?” Simon Pietro rispose: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Gesù, replicando, disse: “Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere.” (Matteo 16:15-18)

L’ultima più emblematica considerazione riguarda il nome ineffabile di Dio, il cosiddetto Tetragramma,יהוה, che nel Nuovo Testamento greco diviene Kyrios, Signore, termine comprensibile, diretto, che nulla di ebraico conserva ma che rappresenta e rivela l’universalità della sovranità del Dio della Bibbia, ora non più esclusivo patrimonio della nazione ebraica, ma alla portata di ogni uomo che lo invoca. Scrive Paolo proprio in virtù di questa nuova accessibilità di Dio: “… perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati. Difatti la Scrittura dice: “Chiunque crede in lui, non sarà deluso”. Poiché non c’è distinzione tra Giudeo e Greco, essendo egli lo stesso Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato.” (Romani 10:9-13)

E’ questa la sostanza e la potenza del messaggio evangelico che esce prepotentemente al di fuori dei confini dell’ebraismo, geograficamente ed intellettualmente. “Non c’è più distinzione fra Giudeo e Greco, essendo egli stesso Signore di tutti” è un’affermazione che esprime l’universalismo della nuova fede, che estende ad ogni uomo l’invito di tornare a Dio. Non vi sono più degli eletti per diritto di nascita, ma eletti per scelta. Paolo continua a scrivere e conclude il suo ragionamento citando un brano dell’Antico Testamento: “chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato” come per invitare comunque a non dimenticare le radici ebraiche della nostra fede e per motivare ogni cosa con l’autorità delle Scritture ebraiche.

Divorzio: La Bibbia lo permette?

di Giuseppe Guarino

Premessa.

Sto scrivendo un libro sul divorzio. Estraggo qui una parte di questo scritto ancora in lavorazione, visti gli interessanti risvolti dei miei approfondimenti. Alla fine di questo articolo pubblico la lettera di un mio lettore che spiega perché continuo a scrivere su un argomento ed in generale. Mi è stato detto che essere indipendente è la forza del mio lavoro e quindi scrivo su un argomento così spinoso conscio che il mondo evangelico è ancora diviso. Dobbiamo tutti comprendere che, ben più importante della diatriba esegetica, vi è una priorità: non abbandonare chi sta sperimentando la tragedia di un divorzio, perché non naufraghi anche spiritualmente: affinché la fine del suo matrimonio non sia anche la fine della sua vita da cristiano. E’ una pesante caduta. Ma ci si può e ci si deve rialzare e continuare il proprio cammino di fede. Anzi, continuarlo con maggiore convinzione! Non è facile, ma è indispensabile impedire a qualsiasi circostanza della vita di porsi fra noi e Cristo.

Desidererei che i miei scritti sul matrimonio e sul divorzio fossero intesi in questo senso e non come incitazioni all’immoralità.

La Bibbia permette il divorzio?

Sono convinto di una cosa: la Bibbia ci insegna che Dio ha istituito il matrimonio ed è chiaro intuire che il divorzio non era nei piani originari del Signore. Il Signore Gesù lo ha confermato durante il suo ministero terreno. Ma non erano nei piani di Dio nemmeno la fornicazione, l’adulterio, la poligamia; il peccato in generale. Il brano biblico che parla dell’unione matrimoniale, la poesia d’amore di Adamo per Eva, preceda la Caduta. Esclama Adamo alla vista di Eva:

essa è carne dalla mia carne

osso dalle mia ossa

(Genesi 2:23 – versione CEI)

L’istituzione del matrimonio precede quindi il peccato dell’uomo narrato nella Genesi al capitolo 3. (Quindi chi immagina che il sesso nel matrimonio sia peccato, sbaglia di grosso e grossolanamente. Ma questo è un altro argomento).

Purtroppo con il peccato l’ideale dell’Eden è ormai lontano e rimane la tristezza della contemplazione della miseria umana. Non solo nel matrimonio, ma in tutti i campi della vita personale e sociale dell’uomo.

Fu per questo che le previsioni della legge mosaica contemplavano la possibilità del divorzio.

Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via”. (Deuteronomio 24:1).

L’interpretazione sui limiti ed il significato delle parole di Mosè venne discussa fra il clero ebraico e Gesù. Esaminiamo in dettaglio il senso delle parole riportate dal vangelo di Matteo, dove è descritto questo dialogo del Signore con i Farisei.

      “Dei farisei gli si avvicinarono per metterlo alla prova, dicendo: “È lecito mandar via la propria moglie per un motivo qualsiasi?” Ed egli rispose loro: “Non avete letto che il Creatore, da principio, li creò maschio e femmina e che disse: “Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne?” Così non sono più due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito, l’uomo non lo separi”(Matteo 19:3-6)

La questione riguardava la pratica diffusa ai tempi di Gesù di divorziare senza un valido motivo, che è, bene o male, qualcosa molto simile a quanto succede ai giorni nostri.

La domanda dei Farisei pone enfasi sul motivo del divorzio, non sulla possibilità del divorzio, che era contemplato dalla legge mosaica. Chiedono infatti: “è lecito … per un motivo qualsiasi”?

Allo stesso tempo, nel valutare il senso delle parole di Gesù, dobbiamo tenere conto che la risposta netta del Signore è anche motivata dall’intenzione dietro la domanda posta dai farisei: “per metterlo alla prova”. La loro domanda non è volta ad un sereno approfondimento del significato della Parola di Dio, ma ha il solo scopo di metterlo in difficoltà.

Gesù quindi risponde con un netto “no”. Gesù è intransigente perché argomenta contro chi è troppo permissivo. Prende posizione in maniera netta perché egli non può approvare il divorzio “per un motivo qualsiasi”.[1] Perché tale era la pratica di alcuni ai suoi tempi e tale prassi andava contro la legge mosaica.

     Essi gli dissero: “Perché dunque Mosè comandò di scriverle un atto di ripudio e di mandarla via?” Gesù disse loro: “Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli; ma da principio non era così. Ma io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio”. (Matteo 19:7-9)

I farisei allora lo interrogano chiedendogli perché Mosè regola il divorzio. Il loro riferimento è il “comando” specifico di dare un atto scritto di divorzio alla moglie ripudiata previsto dalla Legge. Anche la domanda viene posta con lo stesso spirito della prima, cioè per mettere Gesù in difficoltà perché è come se dicessero: “se è come dici tu sul matrimonio, perché Mosè regola il divorzio”?

Rivediamo in dettaglio le parole di Gesù. 

     Gesù disse loro: “Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli; ma da principio non era così.  

Gesù risponde spiegando che il divorzio non era l’ideale di Dio, ma l’unione coniugale. La miseria della condizione umana lo ha, però, reso necessario. “Ma da principio non era così ” è proprio il riferimento aperto alla perfezione della creazione di Dio che è stata turbata dall’ingresso del peccato.

Quindi, stabilito questo, Gesù conferma le previsioni mosaiche, che regolano in maniera precisa il divorzio. Il Signore richiama gli ebrei del suo popolo a mettere da parte la propria interpretazione ed i propri usi, per la fedele applicazione della Legge di Mosè che promuove dei comportamenti equi per le parti coinvolte ed i terzi. Come un vero codice civile dei nostri giorni. Perché per alcuni aspetti la Legge mosaica, è proprio un codice di prescrizioni che permettono il vivere civile.

La chiave di lettura per comprendere il senso delle parole del Signore, è che egli spiega anche in questo caso la Legge mosaica riaffermandone l’interpretazione autentica e diretta contro la tradizione ed i costumi degli ebrei del suo tempo. Gesù non insegna nulla di nuovo, riconduce all’interpretazione semplice e diretta della Parola di Dio, contro usi e costumi del suo tempo che se ne discostavano. Analizziamo quindi nel dettaglio le sue parole.

  Ma io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio”. 

Ma io vi dico” è un’espressione che Gesù ripete più volte nel commentare la Torah, gli scritti mosaici. Ciò che è di solito tradotto “ma” in italiano, corrisponde al greco originale “deὲ” che non necessariamente indica contrapposizione con quanto detto in precedenza, come la traduzione in italiano potrebbe lasciare intendere, ma, è mio avviso, qui semplicemente ritma la frase in greco ed introduce l’interpretazione di Gesù.

       chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione

       Mosè aveva previsto espressamente: “Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via”. (Deuteronomio 24:1).

Se l’uomo “manda” semplicemente “via sua moglie” senza darle un atto scritto che comprovi il divorzio, sta infrangendo la legge. Evidentemente alcuni allora facevano così e Gesù ne sta sanzionando il comportamento in quanto contro le previsioni di Mosè.

Ciò equivale alla pratica di molti oggi che si separano informalmente e prendono un’altra donna in casa o, più spesso, visto che è prassi in Italia che sia l’uomo a lasciare l’abitazione coniugale, vanno a vivere con un’altra donna. Ciò è adulterio, non una vera separazione e divorzio dal coniuge che permette una nuova, vera unione matrimoniale. E se una tale condotta  (mi spiace dirlo, ma è vero) in Italia è favorita da una legislazione impossibile, le previsioni mosaiche non giustificavano l’agire con tanta leggerezza.

       chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione

       Che significa quella chiarificazione: “quando non sia per motivo di fornicazione”. Anche qui purtroppo l’esegesi che non tenga conto dell’ambiente ebraico e del contesto nel quale Gesù fa la sua affermazione, è errata. Io stesso in passato sono stato mandato fuori strada dal non avere tenuto conto del fatto che Gesù sta semplicemente ribadendo il contenuto della Legge mosaica e non revocandone o rivedendone le previsioni.

La chiarificazione di Gesù è legata al valore legale del matrimonio. Cioè se un uomo manda via sua moglie in maniera informale, senza divorziare per iscritto da lei, ciò è contro la Legge. Tranne che lo stato in cui i due vivono non sia un matrimonio che abbia valore legale. In quest’ultimo senso va intesa l’affermazione di Gesù: “quando non sia per motivo di fornicazione”. Perché non si può divorziare se non ci sono i presupposti per parlare di matrimonio.

L’adulterio o la fornicazione dopo la promessa di matrimonio, ma prima della convivenza della coppia – come nel caso che Giuseppe supponeva per la gravidanza di Maria – non è causa di divorzio. (Mi dilungo sulla questione in una nota, per non perdere qui il filo del discorso.[2]). Il riferimento di Gesù a ciò che qui è tradotto con “fornicazione”, è ad una unione non valida come matrimonio secondo la Legge di Mosè.

      Leggiamo in 1 Corinzi 5:1: “ Si ode addirittura affermare che vi è tra di voi fornicazione; e tale immoralità, che non si trova neppure fra i pagani; al punto che uno di voi si tiene la moglie di suo padre! 

In questo caso una tale unione (di chi conviveva con la moglie del padre!) non era valida secondo la Legge mosaica, perciò è definita “fornicazione”. Leggiamo infatti in Deuteronomio 22:30: “Nessuno prenderà la moglie di suo padre”. Una tale unione, proprio perché illegittima, non si potrà sciogliere con un atto legittimo quale è il divorzio previsto dalla legge mosaica.

In 1 Corinzi e in Matteo 19, la parola originale è “πορνεία”. Di solito è tradotta “fornicazione”.

Anche in questa occasione, come in altri, la  traduzione della CEI offre un’ottima alternativa. Essa infatti traduce, a mio avviso, alla luce di quanto evidenziato, in maniera più esatta: “chiunque ripudia la propria moglie, se non a caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio”.

       e ne sposa un’altra, commette adulterio”.

       Quest’affermazione merita un chiarimento. Cito dal mio libro “7Q5: Il Vangelo a Qumran?”, pagina 47 della seconda edizione, 2015”.

“Un esempio molto evidente del sostrato semitico dei vangeli possiamo notarlo accostando Matteo 5:15 a Marco 4:21. Qui la copula “e” di una possibile fonte originale ebraica verrebbe resa letteralmente con il corrispondente greco “kai” in Matteo, mentre in Marco la stessa frase viene intesa nel senso più ampio che può assumere grazie alle peculiarità della lingua ebraica e troviamo nell’originale (traduzione?) greco con “ina”, preposizione che indica lo scopo per cui una cosa viene fatta.

      Marco 4:21: “Poi diceva ancora: “Si prende forse la lampada per metterla sotto il vaso o sotto il letto? Non la si prende invece per metterla sul candeliere?” (Nuova Riveduta).

Matteo 5:15: “e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa.” (Nuova Riveduta).

La Nuova Riveduta, in linea con le traduzioni più recenti, in ossequio al chiaro sostrato semitico di Matteo, traduce la congiunzione “kai”, “e”, con “per”.”

Se vogliamo attribuire un senso più ampio alla congiunzione con la quale viene introdotta l’affermazione “ne sposa un’altra”, potremo tradurre: “per sposarne un’altra”.

Detto quanto sopra, proporrei una traduzione “libera” della frase di Gesù che riassuma quanto detto finora per spiegarne il senso.

  “Se un uomo manda via la moglie senza darle un legale documento scritto di divorzio – tranne che l’unione non venga riconosciuta illegittima dalla Legge di Mosè – e lo fa per sposare un’altra donna, commette adulterio.”

Nessuna deroga di Gesù alla Legge – come lui stesso aveva premesso prima di cominciare ad insegnare. Piuttosto il richiamo ad essere fedeli allo spirito ed alle prescrizioni mosaiche.

Questo il sunto delle parole di Gesù: Il divorzio non era nei piani di Dio quando creò l’uomo e la donna. Ma la malvagità dell’uomo lo rende in alcuni casi necessario: che avvenga quindi secondo quanto stabilito dalla Torah.

Se i cristiani sposati fossero tutti perfettamente impegnati a mettere in pratica le parole del Nuovo Testamento sugli obblighi coniugali, il divorzio sarebbe praticamente impossibile fra credenti. Visto, però, che oggi tali semplici direttive vengono ignorate per lasciare il posto agli insegnamenti ricevuti via etere da teleromanzi e telefilm che ben altri modelli di matrimoni ci propongono, anche le unioni fra cristiani risentono dell’atmosfera dei nostri giorni, che così bene si presta alla distruzione delle famiglie.

Anziché guardare ed assorbire dalla tv tutti i modelli sbagliati, sarebbe importante che ogni moglie ed ogni marito fossero a conoscenza dei propri doveri (prima dei loro diritti, che invece ci viene così facile apprendere) come la Scrittura ce li descrive e si sforzassero di vivere di conseguenza.

La conclusione, alla luce delle parole di Gesù, è che la Bibbia permette, per certe particolari circostanze, il divorzio, sebbene non lo promuova e non rappresenti e non sia lo stato ideale voluto da Dio quando creò l’uomo e la donna.

UNA LETTERA.

Ricevo più lettere di chi ha letto quanto ho già scritto frettolosamente e persino malvolentieri  sul divorzio che di chi ha letto i miei libri ed amati studi. E’ leggendo lettere come quella che segue che io trovo il senso e la spinta per continuare il mio lavoro.

e-mail ricevuta il 30 agosto 2015.

Oggetto: DOPO AVER LETTO SUL DIVORZIO

Conosco Dio da 39 anni e mai mi sarei aspettato di incorrere in una situazione di crisi familiare tale da indurci alla separazione e quindi, fra poco, anche al divorzio. Inutile confermare la crisi profonda nella quale mi sono ritrovato in certi momenti per l’etica cristiana alla quale ho sempre tenuto e per l’incomprensione ed il giudizio decisamente privo di fondamento di certa chiesa.
Il tuo articolo mi è servito per ritrovare solidarietà in un problema sempre distratto dalla maggioranza dei cristiani categorici.
Tenevo a comunicartelo perché sapessi che mi è stato utile leggere quelle parole.
G.A.
NOTE 

[1] Tenga conto il lettore che è fondamentale considerare lo scopo di chi parla per ben capire il senso di ciò che dice. Gesù sembra intransigente, assolutamente contro il divorzio in ogni senso, perché prende posizione contro chi lo accetta “per un motivo qualsiasi”. Allo stesso modo io sembrerò permissivo quando mi trovo ad argomentare contro chi è intransigente.

[2] Per l’adulterio le previsioni della Legge erano altre. Si capisce, però, che non si tratta di leggi attuabili. Oggi i tempi e le condizioni sociali sono diversi.

Se uno commette adulterio con la moglie di un altro, se commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte”. (Levitico 20:10)

 “Quando un uomo sposa una donna, entra da lei, e poi la prende in odio, le attribuisce azioni cattive e disonora il suo nome, dicendo: “Ho preso questa donna e, quando mi sono accostato a lei, non l’ho trovata vergine”,  allora il padre e la madre della giovane prenderanno le prove della verginità della giovane e le presenteranno davanti agli anziani della città, alla porta. Il padre della giovane dirà agli anziani: “Io ho dato mia figlia in moglie a quest’uomo; egli l’ha presa in odio, ed ecco che le attribuisce azioni cattive, dicendo: “Non ho trovato vergine tua figlia”. Ora ecco le prove della verginità di mia figlia”, e mostreranno il lenzuolo davanti agli anziani della città. Allora gli anziani di quella città prenderanno il marito e lo castigheranno; e, per aver diffamato una vergine d’Israele, lo condanneranno a un’ammenda di cento sicli d’argento, che daranno al padre della giovane. Lei rimarrà sua moglie ed egli non potrà mandarla via per tutto il tempo della sua vita. Ma se la cosa è vera, se la giovane non è stata trovata vergine, allora si farà uscire quella giovane all’ingresso della casa di suo padre, e la gente della sua città la lapiderà a morte, perché ha commesso un atto infame in Israele, prostituendosi in casa di suo padre. Così toglierai via il male di mezzo a te. Quando si troverà un uomo coricato con una donna sposata, tutti e due moriranno: l’uomo che si è coricato con la donna, e la donna. Così toglierai via il male di mezzo a Israele. Quando una fanciulla vergine è fidanzata e un uomo, trovandola in città, si corica con lei,  condurrete tutti e due alla porta di quella città, e li lapiderete a morte: la fanciulla, perché, essendo in città, non ha gridato; e l’uomo, perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così toglierai via il male di mezzo a te. (Deuteronomio 22:13-24).

Il libro è adesso stato pubblicato

 

Prova Testimoniale

di Giuseppe Guarino

Un fatto è vero perché qualcuno può testimoniare che esso è realmente avvenuto, l’ha visto, udito, ne è stato, come si dice spesso, spettatore. Il nostro sistema giuridico prevede la prova testimoniale per dimostrare o confutare la veridicità di un fatto. La testimonianza è anche uno dei punti cardini della fede cristiana.

La Chiesa Cattolica festeggia le ricorrenze di diversi santi che correttamente definisce “martiri”. Nell’uso comune della parola, viene chiamato “martire” chi subisce ingiustamente da un’altra delle sofferenze, o chi si immola per una qualche causa. Il significato della parola originale, mantenuto nella terminologia cattolica, è ben più profondo. “Martire”, infatti, deriva dal greco “μάρτυς”  che significa “testimone” e di conseguenza “martirio” deriva dal verbo “testimoniare”. Quindi martire, nel suo significato autentico, è colui che testimonia della Verità dell’Evangelo a costo della vita.

Vi è un testimone più attendibile di un uomo in punto di morte? Chi si ostinerebbe a sostenere una menzogna quando è minacciata la sua stessa vita? In quel fatale momento, prima di spirare, molte persone hanno sentito il bisogno di liberarsi di alcuni pesi, di rivelare dei segreti, di riparare a dei torti, dire verità taciute.

Ci poniamo poi un’altra domanda: chi sarebbe così folle da morire per una menzogna?

Nel libro degli Atti leggiamo proprio che gli apostoli e quanti presenti all’assunzione in cielo del Signore, sarebbero stati suoi testimoni, per mandato espresso di Gesù.

Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra“. (Atti 1:8)

Se veramente Gesù non fosse risorto dai morti, se veramente gli apostoli avessero avuto qualche dubbio su questa cosa, sarebbero stati così folli da vivere una vita povera, dedita all’evangelo ed all’amore per gli altri? Sarebbero stati così folli che quando venivano imprigionati anziché gridare la propria innocenza e confessare che si trattava tutto di una congiura, cantavano le lodi di Dio?

Se Pietro non avesse avuto la certezza che Gesù fosse resuscitato si sarebbe ostinato a testimoniare una menzogna e a non rinnegarla nemmeno a costo della propria vita?

Paolo era un uomo istruito, un dotto. Eppure dedicò la sua intera vita alla predicazione dell’Evangelo ed all’apostolato al quale Gesù l’aveva specificatamente chiamato. Se fosse stata tutta una montatura ad un certo punto non avrebbe dovuto stancarsi, impaurirsi, fuggire davanti a morte certa, confessando che si trattava tutto di una congiura e di un’invenzione? Nelle sue epistole non da per nulla l’impressione di essere un idiota, mentre sarebbe da idioti vivere la vita che ha vissuto lui e fare la morte che ha fatto per una menzogna. In nome di chi e di quale guadagno?

Gli apostoli infatti non ebbero alcun guadagno terreno dall’adempiere al proprio compito, se non vivere la loro esistenza da perseguitati e concluderla dando la vita per essere fedeli fino in fondo all’incarico di testimoni della resurrezione che Gesù aveva loro affidato.

Sento ogni giorno parlare di chi crede e di chi non crede, di teorie su teorie e ragionamenti filosofici. Ma quanti di questi gentiluomini messi dietro ad una scrivania ed un pc a sputare sentenze sulla nostra Fede in Cristo Gesù sarebbero così convinti delle proprie teorie da sostenerle fino alla morte? Gli uomini ai quali noi abbiamo creduto, l’hanno fatto. Se il prezzo della loro vita è stato pagato in vano per alcuni, è invece valso la salvezza di molti.

I brani neotestamentari che ricordano il valore della testimonianza apostolica sono tra i più belli e significativi della Parola di Dio e meritano di essere ricordati nella chiusura di questa breve riflessione-studio.

Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita (poiché la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata), quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi …”  (1 Giovanni 1:1-3)

Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà“. (2 Pietro 1:16)

Prima di affidarci a questo o quel individuo ed alle parole che dicono sulla Fede e sull’Evangelo, misuriamo la loro  attendibilità di testimoni. Gli apostoli hanno provato di essere testimoni disinteressati e fedeli, ritenere che ciò che ci abbiano tramandato è attendibile è una logica conseguenza.