di Giuseppe Guarino

Qui sopra l’immagine di un antico manoscritto contenente Giovanni 1:1.
PREMESSA
“Chi non riesce a convivere serenamente con gli errori degli altri, ma sente il bisogno irresistibile di additarli, evidenziarli e farsi bello dandoli in pasto al pubblico ludibrio, forse è convinto di essere immune da tale maledizione riservata ai mortali ed è quindi molto prossimo ad essere soltanto un povero illuso” (GG).
Di recente ho comprato un libro.
![]() |
Lo consiglio a chi ama trovare errori nel lavoro altrui.
Quando pubblico un libro di qualcuno, in particolare un esordiente, lo metto subito in guardia. Pochi ti diranno “bravo”. Molti si chiederanno come mai un “cretino” come te ha scritto un libro e loro invece ancora “no”. Diversi passeranno il tempo a trovare degli errori e te li faranno notare, ma tu non ci badare: è un po’ di misto invidia e frustrazione; non è letale, ma colpisce diversi individui. Ricordo in particolare una ragazza, britannica, che aveva scritto un romanzetto carino, senza pretese, e che in lacrime mi disse di avere deciso di non pubblicarlo più perché una sua “amica” le disse che era pieno di errori, impresentabile. Ma l’amica, se fosse stata amica, non avrebbe dovuto invece sedersi con lei e darle una mano a correggere gli errori e farle un bel regalo, rendendola felice. Invece ha preferito far ingrassare il suo ego e mortificare quella povera ragazza – che ha messo da parte il proprio libro e ha perso la volontà di scrivere.
Di solito gli autori, i musicisti, gli scrittori, non sono sempre i più bravi, ma i più testardi. Io ad esempio, faccio tanti di quegli errori che la mia editor italiana mi ha mollato. Pazienza. Ho davanti sempre l’esempio del più bel romanzo che io abbia mai letto, il Gattopardo. E’ pieno di errori! Penso poi a un libro di Baricco scritto volontariamente con una punteggiatura impossibile – che liberazione dev’essere poter scrivere in maniera folle e non essere additato per i propri errori, ma fare scuola! In ultimo, un libro del famoso fisico Carlo Rovelli. L’ho iniziato con tanta aspettativa e tutto avrei immaginato tranne che avrebbe potuto sorprendermi per l’anarchia con la quale gestisce la punteggiatura. Io ambisco a queste vette: quando i tuoi errori sono considerati virtù, allora si che sei davvero arrivato!
Andiamo a caccia di errori allora.
Lascerò l’articolo come l’ho pubblicato – visto che già gli errori sono stati trovati e resi noti – e aggiungerò le correzioni in alcune note. Purtroppo i commenti non sono giunti da dei Testimoni di Geova come invece auspicavo. Pazienza, in battaglia si cade molto spesso colpiti da fuoco “amico”.
Per adesso evidenzio un errore scoperto. Ma vediamo se ne verranno fuori altri. Anche quest’articolo rischia di diventare il giallo dell’estate 2025. Non mollate, cercate altri errori e scrivetemi: guarinous@yahoo.com Verrete menzionati e l’errore evidenziato.
L’ARTICOLO
Giovanni 1:1 se fosse stato scritto da un testimone di Geova
Come avrebbe dovuto scrivere l’apostolo Giovanni i primi versi del suo vangelo perché i Testimoni di Geova potessero vedere legittimata la loro interpretazione?
Cosa avrebbe scritto l’apostolo se avesse realmente voluto intendere quello che i Testimoni di Geova interpretano?
Ecco tre possibili testi in greco originale che avrebbero potuto motivare l’interpretazione geovista e, in generale, non trinitaria.
- Πρὸ τοῦ ἀρχῆς ὁ Θεὸς ἐκτίσατο τὸν Λόγον αὐτοῦ καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεῖος ἦν ὁ Λόγος.
(Vedi nota 1 alla fine dell’articolo)
Questo testo lo possiamo tradurre: “Prima del principio Dio creò la sua Parola, e la Parola era con Dio, e divina era la Parola.”
Il verbo che riguarda la Parola sarebbe stato “creò” al tempo aoristo, il nostro passato remoto: ἐκτίσατο. Così sarebbe stato chiaro che la Parola era stata creata, senza possibilità di fraintendimento.
Allo stesso tempo, il testo dice così che la Parola è divina, utilizzato la parola greca Θεῖος.
Ma Giovanni non ha scritto così!
- Πρὸ τοῦ ἀρχῆς ἐγένετο ὁ Λόγος · καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεῖος ἦν ὁ Λόγος.
(Vedi nota 2 alla fine dell’articolo)
Questo testo possiamo tradurlo come segue: “Prima del principio venne all’esistenza la Parola, e la Parola era con Dio, e divina era la Parola.”
Qui utilizzo all’inizio del verso il verbo γίνομαι al tempo aoristo, il nostro passato, ἐγένετο, che è lo stesso che nei versi seguenti verrà utilizzato per la creazione che per mezzo della Parola verrà all’esistenza. Esso verbo originale descrive l’essere che passa dal non essere all’essere.
Ma Giovanni non ha scritto così!
- ᾿Εν ἀρχῇ ἐγένετο ὁ Λόγος · καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεῖος ἦν ὁ Λόγος.
Questa una terza possibile traduzione, di un ipotetico testo greco più vicino a quella che troviamo nel quarto vangelo. Possiamo tradurre così: “In principio venne all’esistenza la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era divina”.
Qui la Parola diviene la prima delle cose create, quando poi partecipò egli stesso alla creazione di tutte le altre cose.
Ma Giovanni non ha scritto così!
GIOVANNI HA SCRITTO – visto che non c’era un corpo direttivo che poteva spiegargli cosa invece avrebbe dovuto fare, bensì lo Spirito Santo di Dio.
᾿Εν ἀρχῇ ἦν ὁ Λόγος, καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεὸς ἦν ὁ Λόγος.
Ha utilizzato:
ἦν, era, all’imperfetto,
ha scartato:
“ὁ Θεὸς ἐκτίσατο”, “Dio creò”, con cui avrebbe chiarito che la Parola era stata creata.
ἐγένετο che avrebbe implicato il suo venire in essere, passando dal non essere all’essere
Utilizzando ἦν invece dice che la Parola era in principio, era eterna, ed ha creato ogni cosa con Dio – versi 2 e 3.
Ha utilizzato:
Θεὸς, Dio
ha scartato:
“Θεῖος”, che avrebbe fatto comprendere senza possibili fraintendimenti che la Parola non era Dio, ma divina.
SCRIVENDO
᾿Εν ἀρχῇ ἦν ὁ Λόγος, καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεὸς ἦν ὁ Λόγος
Giovanni ha voluto dirci che Gesù prima di farsi uomo, era eterno, esisteva già in principio, nel momento in cui ogni cosa è stata creata. Egli era con Dio, era quindi distinto dal Padre. Nonostante fosse distinto dal Padre era Dio come il Padre.
Era l’unico modo in cui poteva dire ciò che voleva dire, mentre se avesse voluto dire tutt’altro, avrebbe avuto diverse alternative – più di quelle che abbiamo visto – a propria disposizione!
Il problema è voler capire ciò che scrive l’apostolo, piuttosto che fargli dire ciò che si pensa avrebbe dovuto scrivere per soddisfare delle proprie idee preconcette.
LE NOTE
Nota 1
La frase greca «Πρὸ τοῦ ἀρχῆς» non è corretta nel greco classico o neotestamentario.
Πρὸ (preposizione) richiede il genitivo.
- ἀρχῆς è sì genitivo di ἀρχή, ma…
- Il problema è l’articolo τοῦ, che è neutro singolare, mentre ἀρχῆς è femminile singolare.
- Quindi, τοῦ ἀρχῆς è grammaticalmente scorretto.
Il possibile testo corretto sarebbe:
-
πρὸ ἀρχῆς → “prima dell’inizio” (senza articolo, frase poetica o solenne). Ed era questo il testo corretto. L’intruso è l’articolo. Perché nella frase di Giovanni abbiamo la preposizione senza articolo e quindi bastava
-
oppure: πρὸ τῆς ἀρχῆς → con articolo corretto (femminile genitivo). Non era certo questo quello che avrei voluto utilizzare.
La frase corretta quindi era:
Πρὸ ἀρχῆς ὁ Θεὸς ἐκτίσατο τὸν Λόγον αὐτοῦ καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεῖος ἦν ὁ Λόγος.
L’intruso era:
τοῦ
L’errore comunque non invalida il resto delle conclusioni raggiunte.

Nota 2
Anche la frase del punto 2, alla luce di quanto detto qui va corretta come segue.
Πρὸ ἀρχῆς ἐγένετο ὁ Λόγος · καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεῖος ἦν ὁ Λόγος.
Anche qui l’intruso è τοῦ
