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Esdra e il ritorno dall’esilio

di Giuseppe Guarino

Il libro di Esdra racconta del ritorno dall’esilio babilonese, possibile grazie all’emergere della potenza persiana, molto più tollerante delle identità nazionali rispetto a quella babilonese.

Siamo alla fine della catastrofe.

I profeti avevano parlato per anni. Il popolo di Israele non aveva ascoltato e creduto ai loro moniti. Come un fiume in piena, la potenza assira travolse il regno di Israele nel 722 a.C. distruggendolo, deportandone il popolo in massa e trapiantandovi la propria gente.

Il regno di Giuda riuscì a sopravvivere, solo per crollare meno di due secoli dopo per mano del re babilonese Nebucadnesar nel 586 a.C.

Ma, come avevano già predetto i profeti, un giorno Yahweh si sarebbe ricordato del suo popolo. Caduta la potenza babilonese per mano di quella emergente persiana, il popolo di Dio potè tornare alla propria terra. Prima per ripristinare il tempio di Gerusalemme ed il suo culto. E’ il tema del libro di Esdra. In un secondo momento ai Giudei viene anche concesso di tornare ad edificare la città e quindi ritrovare l’identità nazionale oltre che quella religiosa con la riedificazione delle mura di Gerusalemme. E’ la storia narrata nel libro di Neemia.

Tale è l’evidente collegamento tra le due narrazioni, che nel canone ebraico vengono contati come un solo libro. Non sarebbe fuori luogo considerarli insieme.

Il tema della nostra discussione saranno le informazioni storiche rinvenute in questo libro. Lo tenga presente il lettore, perché non dedicheremo molta attenzione ad altri aspetti di Esdra.

Un approfondimento che potrebbe interessare sia gli studiosi della Bibbia che chi ama la storia antica in genere.

L’antichità egiziana risulta molto più affascinante di quella mesopotamica ai non addetti ai lavori, questo è un dato di fatto. Ciò è evidentemente dovuto alla pittoresca scrittura in geroglifici, davvero molto suggestiva, ed alle maestose piramidi e monumenti che stupiscono ed affascinano anche l’uomo contemporaneo.

Ma la storia dell’antico oriente non è meno affascinante di quella egiziana. Anzi. Mentre l’Egitto, vista la sua posizione geografica, era perfettamente delineato e geograficamente isolato dagli altri popoli, l’antico oriente conobbe secoli di fermento, nascita e crollo di imperi, nascita e declino di culture e lingue. Vi furono già in età remote, intensi scambi culturali ed efficientissime reti commerciali.

Il momento storico fermato nel libro di Esdra è di particolare importanza nella storia della fede del popolo di Israele. Non credo sia del tutto errato supporre che il giudaismo come lo conosciamo noi attraverso il Nuovo Testamento, affondi le sue radici proprio nel drammatico evento della deportazione a Babilonia e la successiva liberazione durante il regno dei persiani.

Esdra comincia la sua narrazione con un riferimento temporale, come ogni libro che tratti eventi storici.

L’uso pressoché universale del nostro calendario Gregoriano ci fa perdere di vista quanti pochi siano gli anni della nostra civiltà visti nella prospettiva dell’intera storia dell’umanità. Se consideriamo in realtà che una tale uniformità nella datazione non ha compiuto nemmeno i cento anni e che la civiltà degli egiziani, lasciando da parte il periodo predinastico, conta circa tremila anni di storia, ci rendiamo conto di quanto sia ancora piccolo e relativo il nostro contributo alla storia del pianeta. In tale prospettiva sarà istruttivo ricordare anche che l’impronta semita in Mesopotamia ha coperto un periodo di tutto rispetto quale sono i duemila anni che vanno dal grande Sargon di Akkad fino alla caduta dell’inetto re babilonese Nabonedo. Imperi durati ben più della nostra età moderna, riescono appena a conquistare qualche pagina dei libri di storia studiati oggi a scuola. Chissà se anche per noi il tempo non ci riserverà una sorte simile. La civiltà di Ebla, ad esempio, ebbe un apice che durò circa duecento anni (2500-2300 a.C.), nei quali fu un importante centro commerciale e culturale. Vale la pena ricordarlo, è merito di una spedizione italiana l’avere riportato alla luce i resti di questa antichissima civiltà. L’impero di Mitanni  durò anch’esso oltre duecento anni e fu una potenza internazionale.

Questa premessa per chiarire che una datazione non è degna di meno rispetto, solo perché oggi non siamo capaci di riferirla esattamente al nostro calendario.

Esdra apre il suo libro così: “Nel primo anno di Ciro, re di Persia

Abbiamo qui un esempio classico della datazione utilizzata nei grandi imperi, dove il calendario era riferito agli anni di regno del sovrano.

In Italia successe qualcosa di simile quando il regime fascista volle affiancare al calendario ufficiale il conteggio degli anni della sua salita al potere. Così il 1939 era anche l’anno diciannovesimo dell’era fascista, cominciata nel 1920.

Continuiamo a leggere i primi versi di Esdra: “Nel primo anno di Ciro, re di Persia, affinché si adempisse la parola del SIGNORE pronunziata per bocca di Geremia, il SIGNORE destò lo spirito di Ciro, re di Persia, il quale a voce e per iscritto fece proclamare per tutto il suo regno questo editto: “Così dice Ciro, re di Persia: “Il SIGNORE, Dio dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra, ed egli mi ha comandato di costruirgli una casa a Gerusalemme, che si trova in Giuda. Chiunque tra voi è del suo popolo, il suo Dio sia con lui, salga a Gerusalemme, che si trova in Giuda, e costruisca la casa del SIGNORE, Dio d’Israele, del Dio che è a Gerusalemme”. Esdra 1:1-3.

Qualche tempo prima, una profezia di Geremia aveva previsto che la deportazione del popolo sarebbe durata settant’anni: “Tutto questo paese sarà ridotto in una solitudine e in una desolazione, e queste nazioni serviranno il re di Babilonia per settant’anni. Ma quando saranno compiuti i settant’anni, io punirò il re di Babilonia e quella nazione”, Geremia 25: 11-12.

Leggiamo così nel libro di Daniele: Il terzo anno del regno di Ioiachim re di Giuda, Nabucodonosor, re di Babilonia, marciò contro Gerusalemme e l’assediò. Il Signore gli diede nelle mani Ioiachim, re di Giuda, e una parte degli arredi della casa di Dio. Nabucodonosor portò gli arredi nel paese di Scinear, nella casa del suo dio, e li mise nella casa del tesoro del suo dio”. Daniele 1:1-2.

Il terzo anno del regno del re di Giuda Ioiachim corrisponde all’anno 605 a.C. del nostro calendario.

Oltre a parte degli arredi del tempio, il re babilonese portò via, come racconta in dettaglio lo stesso libro di Daniele, dei giovani fra i più promettenti del popolo di Giuda per istruirli ed incorporarli alla cultura e struttura statale babilonese. Il paese di Scinear altro non è che la Mesopotamia, un termine quest’ultimo che verrà coniato molto più tardi dell’epoca che stiamo considerando, dai greci.

I 70 anni previsti da Geremia si conclusero proprio con l’editto di Ciro che è riportato nelle prime righe di Esdra. L’anno è il 536 a.C. del nostro calendario.

A conferma di quanto già sappiamo da altre fonti, apprendiamo che l’editto del re Ciro venne pubblicato a voce e per iscritto.

Siamo abituati ad immaginare che la scrittura sia una prerogativa dell’età moderna in cui viviamo. Storicamente sappiamo che non è così. Ad esempio, è un fatto storicamente accertato che la burocrazia della terza dinastia di Ur – 2100 a.C. – era davvero molto articolata e prevedeva che persino la vendita di una pecora avvenisse per iscritto. Fra i ritrovamenti negli scavi di Ebla che ho già citato, spiccano centinaia di testi.

Nulla di più normale che un re promulgasse i propri editti per iscritto. Per citare un esempio noto a tutti e di particolare prestigio, richiamo alla memoria del lettore il famoso Codice di Hammurabi. Ma si tenga presente che non è nemmeno il più antico in nostro possesso.

In un contesto dove l’importanza del documento scritto è così radicata, non sono per nulla fuori luogo, anzi assumono una particolare rilevanza, i riferimenti alla Legge di Mosè in Esdra 3: 2. Di nuovo al verso 4 dello stesso capitolo, l’autore sottolinea l’adesione del popolo a quanto aveva scritto Mosè.

Nella terminologia del libro di Esdra, nella descrizione dell’editto di Ciro, troviamo una caratteristica determinante e discriminante della Bibbia rispetto ad altre fonti storiche antiche.

Rimanendo ferma la natura storica di alcuni libri dell’Antico Testamento, è ovvio che essi sono soprattutto degli scritti religiosi. La veridicità e l’attendibilità degli eventi non è in discussione, ma la prospettiva e la chiave di lettura degli eventi ha Dio come protagonista. Abbiamo letto infatti che “affinché si adempisse la parola del SIGNORE pronunziata per bocca di Geremia, il SIGNORE destò lo spirito di Ciro, re di Persia”. Esdra 1:1.

E’ mia opinione che questo modo di intendere gli eventi non intacchi l’attendibilità storica del libro. Mentre chi attacca l’affidabilità della Bibbia come documento storico sembra ritenerlo un fattore determinante che porterebbe gli autori sacri a deformare l’evento storico per metterlo al servizio del significato religioso.

Ma non è necessariamente così. Faccio un esempio molto concreto.

Se diciamo: “Giuseppe ha trovato un lavoro”, descriviamo un evento. Ma se volessimo sottolineare l’aspetto religioso, diremmo: “Il Signore benedice Giuseppe con un lavoro”. O ancora meglio: “Il Signore mosse il cuore di un datore di lavoro e Giuseppe venne benedetto con un lavoro”.

La differenza di prospettiva non turba necessariamente l’attendibilità della narrazione.

E, infatti, sono innumerevoli gli esempi dove la Bibbia ha avuto ragione contro i sostenitori di documenti storici d’origine profana, quando questi contraddicevano o sembravano contraddire o tacevano su certe informazioni che si trovavano nelle narrazioni bibliche.

Parlando di ciò che conosco meglio, il libro del profeta Daniele dimostra una stupefacente esattezza storica in molti dettagli. Dove la storia profana discordava con questo libro biblico, i critici trovavano terreno fertile per seminare le loro critiche. Il tempo e nuove scoperte hanno dimostrato l’esattezza del resoconto sacro.

Per un riferimento più autorevole sull’attendibilità storica della Bibbia, consiglio il libro di David Rohl “Il Testamento Perduto”, disponibile in italiano.

Rincuorato dall’editto di Ciro, con grande entusiasmo, il popolo comincia il suo lavoro di ricostruzione. Ma i problemi non avrebbero tardato ad arrivare.

Esdra 4:1-3: “Quando i nemici di Giuda e di Beniamino vennero a sapere che i reduci dall’esilio costruivano un tempio al Signore, Dio d’Israele, si avvicinarono a Zorobabele e ai capi famiglia e dissero loro: “Noi vogliamo costruire con voi, perché, come voi, noi cerchiamo il vostro Dio, e gli offriamo sacrifici dal tempo di Esar-Addon, re d’Assiria, che ci ha fatti venire in questo paese“. Ma Zorobabele, Iesua, e gli altri capi famiglia d’Israele risposero loro: “Non è compito vostro costruire insieme a noi una casa al nostro Dio; noi la costruiremo da soli al SIGNORE, Dio d’Israele, come Ciro, re di Persia, ci ha ordinato”.”

In grassetto nel testo appena considerato un dettaglio che vale la pena approfondire. Il tempio si trovava in Gerusalemme.

Gerusalemme era la capitale del regno di Giuda. Esso era costituito da 2 delle dodici tribù, Giuda e Beniamino, come viene detto sopra anche nel brano appena letto.

Le altre 10 tribù, alla morte di Salomone e a seguito delle lotte dinastiche che ne erano conseguite, avevano costituito a nord il regno di Israele.

Il regno del nord venne distrutto dall’impero assiro nel 722 a.C. Gli assiri avevano una politica molto feroce nei confronti dei popoli vinti. Ne deportavano il popolo in massa e al suo posto trapiantavano la loro gente. A questo fa riferimento il testo quando dice: “…dal tempo di Esar-Addon, re d’Assiria, che ci ha fatti venire in questo paese.”

Stiamo assistendo qui all’inizio di una ostilità fra Giudei e Samaritani che troveremo ancora viva e vegeta nel Nuovo Testamento.

Probabilmente gli abitanti del nord non erano nemmeno monoteisti e avevano semplicemente aggiunto il culto di Yahweh a quello dei loro dei.

Gli abitanti di Samaria, come risposta al diniego dei giudei, decidono di ostacolare il lavoro dei loro vicini scrivendo al re persiano Artaserse, successore di Ciro.

Esdra 4:7: “Poi, al tempo di Artaserse, Bislam, Mitredat, Tabeel e gli altri loro colleghi scrissero ad Artaserse, re di Persia. La lettera era scritta in caratteri aramaici e redatta in aramaico.”

Quest’ultima interessantissima precisazione relativa ad un alfabeto congeniale alla lingua aramaica, arricchisce ulteriormente la precisione storica di Esdra.

L’aramaico era una lingua universale, ormai affermatasi da tempo. Porzioni degli stessi libri di Esdra e Neemia sono stati scritti in questa lingua.

L’aramaico aveva ormai soppiantato l’accadico nella corrispondenza ufficiale ed internazionale. E, mentre la lingua accadica era stata dipendente dalla scrittura in caratteri cuneiformi ereditata dal sumero, l’aramaico veniva scritto con un alfabeto; un alfabeto che sarebbe passato all’ebraico. E’ questo il genitore dell’alfabeto che troviamo nelle Bibbie ebraiche e che è tutt’ora in uso in Israele.

All’interno della lettera che gli abitanti di Samaria scrivono al re persiano leggiamo: Esdra 4:15, “Si facciano delle ricerche nel libro delle memorie dei tuoi padri e, nel libro delle memorie, troverai e apprenderai che questa è una città ribelle, portatrice di sventure a re e a province, e che fin dai tempi antichi ci sono state rivolte. Per queste ragioni la città è stata distrutta.”

Ovviamente ci si riferisce al comportamento ribelle dei re di Giuda che culminò nell’intervento di Nebucadnesar nel 586 a.C., il quale distrusse la città e deportò il popolo in Babilonia.

La nascita di una memoria e ricerca storica comparve in oriente relativamente presto. All’inizio era legata intimamente alla lingua e tradizione sumera, che sopravvisse, nella cultura accadica che la soppiantò, proprio grazie alla scrittura cuneiforme.

Che i re raccogliessero gli eventi storici del loro popolo in degli archivi possiamo prenderne nota, senza eccessiva meraviglia.

E più avanti in Esdra, 6:1-3, leggiamo qualcosa di simile rilevanza storica:

“Allora il re Dario ordinò che si facessero delle ricerche negli archivi (o casa dei rotoli), dove erano conservati i tesori a Babilonia. Nel castello di Ameta, situato nella provincia di Media, si trovò un rotolo, nel quale stava scritto così: Memoria. – Il primo anno del re Ciro, il re Ciro ha pubblicato questo editto, concernente la casa di Dio a Gerusalemme: La casa sia ricostruita…”

Archivi e biblioteche non sono una novità. Quelli rinvenuti ad Ebla sono circa duemila anni più antichi del periodo storico che stiamo considerando.

Sono convinto personalmente che grazie alle incisioni su tavoletta, siamo in possesso di documenti antichissimi, ma chissà quanti altri scritti erano conservati su materiali meno resistenti all’azione devastante dei secoli.

Chissà quale patrimonio di informazioni possederemmo oggi se tali documenti fossero tutti sopravvissuti. Invece, dobbiamo accontentarci delle molliche che non ha divorato il percorso inesorabile del tempo.

Esdra parla di una “provincia di Media.”

La divisione in province era naturale in un impero di tali dimensioni. Queste province erano chiamate Satrapie. Fu il re Dario (521 – 486 a.C.) citato proprio all’inizio di questo capitolo a dividere l’impero in 20 Satrapie.

La Media, però, era più che una semplice provincia.

Il libro di Daniele narra del periodo neobabilonese, del suo declino e dell’arrivo della potenza persiana. Leggiamo in Daniele 8:3-4, “Alzai gli occhi, guardai, ed ecco in piedi davanti al fiume, un montone che aveva due corna; erano alte, ma un corno era più alto dell’altro; il più alto era cresciuto dopo. Vidi il montone che cozzava a occidente, a settentrione e a mezzogiorno. Nessun animale poteva resistergli e non c’era nessuno che potesse liberare dal suo potere; esso faceva quello che voleva e diventò grande.” E più in là l’interpretazione di cosa rappresentava questo simbolismo, Daniele 8:20: “Il montone con due corna, che tu hai visto, rappresenta i re di Media e di Persia.”

La simbologia del libro di Daniele è di una precisione incredibile.

Fu la coalizione fra i Medi ed il re babilonese Nabopolassar a determinare la disfatta del comune nemico assiro. Ebbero così inizio l’impero neobabilonese ad Ovest, dalla Mesopotamia alla costa siro-fenicia e quello Medo ad Est.

L’antica provincia dell’Elam era parte dell’impero dei Medi. E’ da qui che sorgerà l’impero dei persiani. Ad un certo, infatti, punto l’elemento persiano prevale su quello dei medi. Utilizzando le parole del profeta: “un montone che aveva due corna; erano alte, ma un corno era più alto dell’altro; il più alto era cresciuto dopo”.

La politica espansionistica persiana trovò il declino dell’impero babilonese a spianarle la strada verso l’occidente. L’ingresso di Ciro in babilonia fu accolto come una liberazione dal popolo stanco dell’inettitudine e disinteresse dei suoi regnanti. L’organizzazione statale persiana, molto illuminata a dire il vero, incorporò la struttura statale babilonese. Infatti, Daniele, funzionario dello stato babilonese, rimase in carica anche durante la dominazione persiana.

La cartina mostra la grandezza dell’impero persiano che incorpora l’antico impero di Media e quello babilonese. Si estende fino all’Egitto, in Asia Minore, fino alla Grecia.

Il lavoro iniziato con grande passione dai giudei tornati a casa, la ricostruzione del loro tempio, fu completato il 3 del mese di Adar, l’ultimo del calendario religioso ebraico, nel sesto anno del regno di Dario, corrispondente al nostro 515 a.C. Esdra 6:15. Erano trascorsi 25 anni dall’editto di Ciro.

La prima Pasqua fu celebrata, secondo le previsioni della Legge mosaica, il quattordicesimo giorno del mese seguente, Nisan, il primo del calendario religioso ebraico. Esdra 6:19.

Il flagello della deportazione era ormai passato. Ma il tempo della ricostruzione era appena cominciato. Dopo l’opera di ricostruzione dell’identità religiosa di Giuda, era giunto anche il momento per la ricostruzione politica.

Avrà inizio alla corte del re persiano Artaserse.