Capire l’Apocalisse – Parte 3

CAPIRE L’APOCALISSE

di Giuseppe Guarino

PARTE 3

Le Settanta Settimane di Daniele

Ho scritto più volte sulle Settanta settimane, la meravigliosa profezia che troviamo nel capitolo 9 del libro del profeta Daniele. Non si tratta di un brano di facile lettura, ma la sua comprensione sarà molto importante per la maniera in cui stiamo procedendo nell’analisi del libro dell’Apocalisse. Si dimostrerà un tassello prezioso del quadro che stiamo provando ad illustrare.

Innanzi tutto diciamo che l’oggetto di questa profezia è un periodo di 490 anni e che il soggetto è il popolo di Israele e il Messia promesso.

Il collegamento con il libro dell’Apocalisse è evidente nel fatto che “…l’ultima settimana che vi sarà alla fine del mondo intero”, cioè gli ultimi sette anni di questa profezia sono proprio quelli narrati nel libro dell’Apocalisse. La citazione che ho ripreso qui sopra è tratta dal testo di un autore cristiano che visse fra il 170 ed 236 d.C., Ippolito, il quale ha commentato il libro di Daniele. Egli ha anche scritto un libro intitolato “Su Cristo e l’Anticristo”. Ciò per dire che l’interpretazione messianica di queste Scritture è propria della Chiesa già dagli albori.

Andiamo a vedere in dettaglio la profezia di Daniele e colleghiamola al libro dell’Apocalisse.

La profezia delle cosiddette Settanta Settimane è celebrata come una delle più stupende prove dell’ispirazione della Scrittura da alcuni, sottoposta ad ogni tipo di attacco per trovare una spiegazione alternativa all’intervento soprannaturale dello Spirito Santo da altri. Essa è particolarmente importante per noi cristiani. Infatti è una delle più straordinarie predizioni dell’Antico Testamento che ci conferma che Gesù è veramente il Messia promesso.

Il testo dalla Nuova Diodati:

“9:24 Settanta settimane sono stabilite per il tuo popolo e per la tua santa città, per far cessare la trasgressione, per mettere fine al peccato, per espiare l’iniquità, per far venire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo. 9:25 Sappi perciò e intendi che da quando è uscito l’ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme fino al Messia, il principe, vi saranno sette settimane e altre sessantadue settimane; essa sarà nuovamente ricostruita con piazza e fossato, ma in tempi angosciosi. 9:26 Dopo le sessantadue settimane il Messia sarà messo a morte e nessuno sarà per lui. E il popolo di un capo che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine verrà con un’inondazione, e fino al termine della guerra sono decretate devastazioni. 9:27 Egli stipulerà pure un patto con molti per una settimana, ma nel mezzo della settimana farà cessare sacrificio e oblazione; e sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore, finché la totale distruzione, che è decretata, sarà riversata sul devastatore»”. (Daniele 9:24-27)

Perché utilizzo la versione Nuova Diodati anziché la Nuova Riveduta? Se leggete quest’ultima versione, la scelta di tradurre “un unto” piuttosto che “il Messia”, come fanno Diodati e la Nuova Diodati, è forse tecnicamente corretta, ma mette fuori strada il lettore comune, non facendogli percepire che ci troviamo davanti ad una profezia messianica. Ciò facendo la Nuova Riveduta non rende giustizia al senso del testo biblico, schiaccia l’occhio ad una certa visione liberale del testo biblico e di questo brano in particolare e, quindi, rinnega un’interpretazione che ha riguardato la Chiesa dall’apostolo Giovanni in avanti.

Esaminiamo la profezia frase per frase, sebbene non scenderemo in dettagli non necessari ai nostri scopi.

Settanta settimane sono stabilite

La parola ebraica originale qui tradotta con “settimane” indica in realtà un “gruppo di sette” in senso generico, come nella nostra lingua una “diecina” indica un raggruppamento di dieci, o “dozzina” un raggruppamento di dodici elementi. Basta dare un’occhiata ad altre parti dell’Antico Testamento per avere la certezza che in questo brano “settanta settimane” significa “settanta volte un gruppo di sette anni”, in parole povere 490 anni. (Vedi Levitico 25:8 e Genesi 29:26-28).

per il tuo popolo e per la tua santa città

Il soggetto della profezia è il popolo di Dio, Israele e la città di Gerusalemme. Gli errori di molti nell’interpretazione di questo brano vengono dal fatto che tralasciano questo dettaglio e riferiscono gli eventi predetti ad altri che non siano Israele e Gerusalemme.

per far cessare la trasgressione, per mettere fine al peccato, per espiare l’iniquità, per far venire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo.

È ovvio che il punto finale della profezia sia l’avvento del regno di Dio promesso nelle Scritture ebraiche. È il punto di arrivo anche per le altre profezie contenute in Daniele, al capitolo 2 e 7.

Sappi perciò e intendi che da quando è uscito l’ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme fino al Messia, il principe, vi saranno sette settimane e altre sessantadue settimane;

La profezia cita qui un evento storico ben preciso, inequivocabilmente richiamato nella stessa Scrittura, nei primi capitoli del libro di Neemia. Fu infatti il re persiano Artaserse che permise la ricostruzione della città di Gerusalemme. Siamo intorno all’anno 445 a.C. Sessantanove settimane di anni separano quindi gli ordini impartiti da Artaserse fino alla comparsa del Messia, il Principe. Sessantanove settimane (69×7=483) equivalgono a 483 anni.

Non facciamoci prendere dalla tentazione di perderci in calcoli in questa sede totalmente ininfluenti. Computando 483 anni dal 445 a.C., giungiamo comunque nella terza decade del primo secolo d.C. Senza affaticarci troppo nel cercare un adempimento matematico all’interno del nostro calendario (Gregoriano) possiamo dire che l’avverarsi della profezia in Cristo Gesù è comunque certa. Infatti è sotto gli occhi di tutti che nel periodo individuato dalla profezia, non vi è stato nessun altro individuo al quale sia stato con altrettanto consenso attribuito il titolo di Messia – o Cristo, che è la traduzione in greco del termine ebraico – come è avvenuto per Gesù di Nazaret.

È meraviglioso contemplare con quanta precisione le Scritture abbiano previsto l’arrivo del Messia!

essa sarà nuovamente ricostruita con piazza e fossato, ma in tempi angosciosi.

La città di Gerusalemme venne ricostruita con grande difficoltà. Era stata distrutta dal re babilonese Nabucodonosor nel 586 a.C. Il re persiano Ciro che aveva in seguito invaso e conquistato la Babilonia, aveva promulgato un editto con il quale aveva permesso il rientro in patria ai popoli deportati dalla furia babilonese. Fra questi anche il popolo ebraico. Ma fu l’editto di Artaserse, che ho già citato, a consentire ad Israele di riedificare la città. È ancora nel libro di Neemia che apprendiamo delle difficoltà che Israele dovette affrontare per ricostruire la propria capitale e riappropriarsi della propria identità di nazione.

Dopo le sessantadue settimane il Messia sarà messo a morte e nessuno sarà per lui.

Poco tempo dopo l’inizio del suo ministero, circa tre anni e mezzo dopo il suo battesimo, Gesù dichiara apertamente di essere il Messia, entrando in Gerusalemme con tutti gli onori regali ed avverando brani specifici delle Scritture come chiaro segno messianico per gli uomini del suo tempo. Il risultato è la sua reiezione. Nessuno infatti difenderà la sua causa davanti alle autorità ebraiche e romane. L’arresto di Gesù fu illegale, illegale il suo processo e, sebbene nessuna sua colpa fosse dimostrabile, venne condannato a morte e la sentenza venne eseguita con grandissima premura.

Anche questa parte della profezia delle Settanta Settimane si è già adempiuta alla lettera!

E si può essere adempiuta solo in Gesù, in quanto, come è storicamente risaputo, in quel periodo non è nota l’ingiusta condanna a morte di alcun altro riconosciuto come Messia.

E il popolo di un capo che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine verrà con un’inondazione, e fino al termine della guerra sono decretate devastazioni

Ancora un altro adempimento straordinario.

Un solo evento storico può infatti riferirsi a questa profezia: la distruzione della città e del tempio ad opera dell’esercito romano condotto dal futuro imperatore Tito nel 70 d.C.

Il tempio e la città di Gerusalemme sono stati distrutti solo due volte nella storia dello stato di Israele: nel 586 a.C., come abbiamo detto, e nel 70 d.C. Chi cerca di spiegare in altro modo le parole di questa profezia lo fa quasi, mi azzarderei a dire, per disperazione, per paura di dover ammettere la natura soprannaturale della Parola di Dio e per conseguenza la sua autorità spirituale. La distruzione di Gerusalemme si è verificata proprio dopo l’uccisione e la reiezione del Messia, come predice l’angelo a Daniele quasi cinquecento anni prima che ciò accada.

Sono da anni un appassionato studioso di storia antica. Da piccolo ero letteralmente innamorato della matematica, a tal punto che ne studiavo dei libri per conto mio e facevo esercizi di algebra la domenica pomeriggio per passare il tempo. Da un punto di vista squisitamente storico e matematico, io sostengo – aspetto di essere smentito – che la probabilità che altri eventi storici, dei quali tra l’altro si sarebbe persa la memoria, possano soddisfare tutti i dettagli di questa profezia già avveratisi perfettamente con gli eventi sopra descritti che confermano che Gesù è il Messia, è teoricamente e praticamente uguale a ZERO.

Da questo punto in avanti, la profezia descrive eventi che sono anche per noi futuri e che avranno luogo poco prima del ritorno del Signore Gesù, da lui stesso promesso ai credenti.

Egli stipulerà pure un patto con molti per una settimana, ma nel mezzo della settimana farà cessare sacrificio e oblazione; e sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore, finché la totale distruzione, che è decretata, sarà riversata sul devastatore.

Adesso domando la totale attenzione del lettore.

Dal testo capiamo che un certo individuo stipulerà un patto con il popolo di Israele. Chi è? “Egli” va inteso come il “capo che verrà” citato al verso precedente, quando è detto che il suo popolo, i romani, avrebbero distrutto città e tempio di Gerusalemme.

Egli è il primo cavaliere dell’Apocalisse. La sua ascesa segnerà l’inizio degli ultimi sette anni visti profeticamente da Daniele.

Guardai e vidi un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava aveva un arco; e gli fu data una corona, ed egli venne fuori da vincitore, e per vincere” (Apocalisse 6:2).

A metà dei sette anni questo individuo farà cessare il sacrificio offerto in base al culto ebraico nel tempio di Gerusalemme e profanerà personalmente il tempio finché non verrà distrutto.

Quindi arriverà la giustizia eterna, si avvereranno visione e profezia, e il tempio di Gerusalemme, mediante l’unzione del luogo santissimo, verrà consacrato durante il regno del Messia, il Cristo vittorioso che distruggerà personalmente questo nemico del suo popolo che ha osato profanare il tempio di Dio e perseguitare il suo popolo.

Questa profezia riguarda il popolo di Israele e la città di Gerusalemme. Abbiamo letto al verso 24 la premessa: “Settanta settimane sono stabilite per il tuo popolo e per la tua santa città”.

La profezia non riguarda la Chiesa. Questo spiega il lungo silenzio ed è per questo che gli ultimi sette anni riguardano la straordinaria persecuzione finale contro Israele, che avrà luogo immediatamente prima la manifestazione del Messia che ancora oggi Israele attende.

In questa prospettiva sono davvero meravigliose le parole dello studioso ebreo Pincas Lapide che riporto spesso quando parlo di profezie bibliche.

“… dato che nessun ebreo sa chi sia il Messia venturo, mentre voi credete di conoscere con sicurezza la sua identità, io non potrò opporre alla vostra certezza un ‘no’, ma soltanto un modesto punto interrogativo. Sono dunque disposto ad attendere che venga colui che deve venire, e se questi fosse Gesù di Nazaret ritengo che nemmeno un ebreo che creda in Dio avrebbe la benché minima obiezione da muovere”. Pinchas Lapide e Jurgen Moltmann, Monoteismo ebraico – dottrina trinitaria cristiana, Queriniana, p.71”.

 




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