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Gli Elohim di Mauro Biglino negli scritti dell’apostolo Paolo

Gli Elohim di Mauro Biglino negli scritti dell’apostolo Paolo di Giuseppe Guarino

Da tempo mi viene chiesto di dire qualcosa sulle idee che con particolare successo sta diffondendo il dott.Mauro Biglino. Confesso che a me non va di fare contestazione diretta e non capisco lo scandalo di molti credenti. E mi rendo conto che chi difende la fede ma non  approfondisce, non cresce, non studia, poi si trova a pagare lo scotto ed essere confuso da chi tira fuori dal cilindro un po’ di greco ed ebraico.

Innanzi tutto ogni catena ha i suoi anelli deboli. Chi ha studiato la Bibbia, come è chiaro che ha fatto Biglino, sa dove andare a colpire. Non va di certo ad intaccare gli anelli più forti, ma usa i più deboli per tentare di spezzare la catena.

Veniamo quindi ad una discussione in concreto, visto che da qualche parte devo cominciare.

Ho aperto youtube e mi sono imbattuto in una sua conferenza che ha avuto luogo a Savona il 28 Marzo 2015. Per chi volesse vedere il video, questo il link 

Egli qui afferma, proprio all’inizio del video, che Paolo dice che vi sono molti (in greco) Theoi, quindi “dèi”. Siamo in 1 Corinzi 8. Mette quindi in relazione la parola greca Theoi con quella ebraica Elohim, dicendo che la seconda è una traduzione della prima. Ed ecco che Paolo direbbe che vi sono molti “dèi”, molti “Elohim”, che altri non sarebbero se non i componenti delle gerarchie aliene immaginate da Biglino dietro le parole dell’Antico Testamento.

La sua premessa è davvero precisa: è Paolo che dice questa cosa e non lui e siamo noi credenti a dare autorità alle parole dell’apostolo. Quindi l’autorità dietro le sue idee (di Biglino) sarebbe quella dell’apostolo Paolo stesso.

Poi lo studioso continua citando Ebrei 13:2. Egli sostiene che lì Paolo stia parlando di angeli e che questi siano un gruppo con un particolare grado all’interno dell’ordine gerarchico degli Elohimpreposti a far eseguire o ad eseguire loro stessi gli ordini degli Elohim. Gli angeli sono talmente simili a noi che qualcuno può averli ospitati in casa senza saperlo.

Fin qui quello che sostiene Biglino. Ora vediamo invece cosa dice realmente la Bibbia.

Leggiamo per esteso 1 Corinzi 8 e vediamo che succede.

“Ora, riguardo alle cose sacrificate agli idoli, noi sappiamo che tutti abbiamo conoscenza; la conoscenza gonfia, ma l’amore edifica. Ora, se uno pensa di sapere qualche cosa, non sa ancora nulla di come egli dovrebbe sapere. Ma se uno ama Dio, egli è da lui conosciuto. Perciò quanto al mangiare le cose sacrificate agli idoli, noi sappiamo che l’idolo non è nulla nel mondo, e che non vi è alcun altro Dio, se non uno solo, E infatti, anche se vi sono i cosiddetti dèi sia in cielo che in terra (come vi sono molti dèi e molti signori), per noi c’è un solo Dio, il Padre dal quale sono tutte le cose e noi in lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose, e noi esistiamo per mezzo di lui”. (1 Corinzi 8:1-6 Nuova Diodati)

Dal contesto nel quale Paolo fa l’affermazione estrapolata dallo studioso, comprendiamo il suo chiaro intento. 1. Stabilire che coloro che alcuni sostengono essere dèi, tali non sono. 2. Noi cristiani adoriamo e serviamo un solo Dio. E mi chiedo subito come si fa a vedere delle affermazioni politeiste in un brano così chiaramente contro il politeismo?

Erano gli gnostici che immaginavano successive emanazioni di divinità inferiori, provenienti da un essere supremo, con diverse gerarchie “celesti”. Paolo contestò apertamente questa concezione.

“Egli (Gesù) è l’immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura; poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui”. (Colossesi 1:15-16)

Paolo doveva esprimersi in questo modo per spiazzare in un colpo solo gli attacchi, se non addirittura le contaminazioni di pensiero gnostico-pagano, cui erano esposti i credenti di alcune zone tradizionalmente imbevute di strani culti e concezioni filosofiche di vario genere.

Vediamo cosa dice il testo di 1 Corinzi 8:1-6 in greco, la lingua originale nella quale l’epistola è stata scritta.

“καὶ γὰρ εἴπερ εἰσὶ λεγόμενοι θεοὶ εἴτε ἐν οὐρανῷ εἴτε ἐπὶ τῆς γῆς, ὥσπερ εἰσὶ θεοὶ πολλοὶ καὶ κύριοι πολλοί.”

La parola greca θεοὶ, theoi, dèi, viene tradotta nel Nuovo Testamento ebraico con אלהים, Elohim. Ma è anche importante aggiungere che “κύριοι”, “signori”, viene tradotta אדנים. Per questa seconda espressione Paolo utilizza, quindi, il plurale della parola ebraica אדנ. Nel Nuovo Testamento ebraico questa stessa parola, al plurale, è utilizzata anche in Matteo 6:4 e Luca 16:13.

La semplice realtà del rapporto fra il greco θεοι e l’ebraico אלהים è che Paolo non può tradurre il greco in maniera efficace perché, in un certo senso, il termine ebraico non ha singolare o plurale. La conferma ce lo da il fatto che il Nuovo Testamento in ebraico traduce invece perfettamente al plurale “κύριοι” con il corrispondente ebraico אדנים che ha anche la forma al singolare אדנ. Quindi questo fatto che egli parli di una pluralità di dèi è parzialmente vera, e vedremo adesso in che senso; ma di sicuro non sta parlando del Dio unico dell’Antico Testamento.

Prima di fare l’affermazione incriminata di 1 Corinzi 8:5, l’apostolo Paolo aveva scritto:

“non vi è alcun altro Dio, se non uno solo” (1 Corinzi 8:4 – Nuova Diodati)

Nella versione ebraica del Nuovo Testamento, leggiamo che per noi di Dio (אלהים) ve ne è uno solo (אחד). Qui la parola ebraica אלהים traduce quella greca al singolare Θεὸς, theos: “Dio”.

Più chiaro di così come avrebbe dovuto esprimere il suo monoteismo l’apostolo? La traduzione ebraica del Nuovo Testamento ci fa inoltre comprendere che Paolo fa chiaramente eco alla confessione monoteista veterotestamentaria di Deuteronomio 6:4 che dice:

שׁמע ישׂראל יהוה אלהינו יהוה אחד

In italiano: “Ascolta, Israele: Il SIGNORE, il nostro Dio, è l’unico SIGNORE”. (Deuteronomio 6:4).

Quindi, mettendo da parte l’idea che la Bibbia sia ispirata e Parola di Dio, chiediamoci semplicemente: Ma Paolo è un completo idiota perché afferma una cosa e l’esatto contrario immediatamente dopo? O, forse, invece, c’è chi vuole fargli dire, con giri di parole ed estrapolazioni, cose che in realtà non dice?

Io direi che la seconda ipotesi è quella corretta.

Il greco di Paolo è perfettamente chiaro ed anche la traduzione italiana:

“Poiché, sebbene vi siano cosiddetti dèi, sia in cielo sia in terra, come infatti ci sono molti dèi e signori …”

La seconda parte della frase mantiene il senso della precedente evitando la ripetizione. Cioè i “molti dèi” e i molti “signori” di cui parla alla fine della frase sono quelli cui aveva appena fatto riferimento: i “cosiddetti dèi”. In questo senso la frase è perfettamente in armonia con la dichiarazione di fede monoteistica che l’ha preceduta.

Soffermiamoci ancora un attimo su 1 Corinzi 8:4 leggendo attentamente il testo greco originale:

“ὅτι οὐδεὶς Θεὸς ἕτερος εἰ μὴ εἷς”.

Traduciamolo letteralmente:

“ὅτι (perché) οὐδεὶς (nessun) Θεὸς (Dio) ἕτερος (altro) εἰ (se) μὴ (non) εἷς (uno)”

Il verbo essere in greco può sottintendersi. Quindi la frase corrisponde in italiano a:

“perché nessun altro è Dio se non uno”.

Qui il greco è, purtroppo, come accade in diversi punti, intraducibile nella totalità del suo significato. Perché quando Paolo scrive che non vi è altro Dio utilizza la parola greca ἕτερος. Ora mentre “altro” è in italiano l’unico modo di dire … “altro”, lo stesso non vale per il greco.

Diamo uno sguardo al testo greco di un’altra epistola di Paolo.

“Θαυμάζω ὅτι οὕτω ταχέως μετατίθεσθε ἀπὸ τοῦ καλέσαντος ὑμᾶς ἐν χάριτι Χριστοῦ εἰς ἕτερον εὐαγγέλιον, ὃ οὐκ ἔστιν ἄλλο, εἰ μή τινές εἰσιν οἱ ταράσσοντες ὑμᾶς καὶ θέλοντες μεταστρέψαι τὸ εὐαγγέλιον τοῦ Χριστοῦ.”

In italiano questo brano si può tradurre così:

“Mi meraviglio che da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, passiate così presto ad un altro evangelo, il quale non è un altro evangelo; ma vi sono alcuni che vi turbano e vogliono pervertire l’evangelo di Cristo.”(Galati 1:6-7 Nuova Diodati)

A una prima lettura, questa frase non ha molto senso. Perché l’evangelo è un altro o non è un altro evangelo? Il contesto potrebbe aiutare a comprendere cosa vuol dire l’apostolo anche in italiano; ma il greco è chiarissimo. Infatti il primo “altro” è “ἕτερον” (ἕτερος nella sua declinazione determinata dal caso nella frase greca. Lo dico per chi la differenza nella consonante finale potrebbe suggerire che si tratti di due parole diverse) mentre il secondo è ἄλλο.

Poche persone possono vantare una conoscenza del greco del Nuovo Testamento come J. B. Lightfoot, D.D., D.L.C., L.L.D. In merito a questa possibile distinzione, questa estrema esattezza della lingua greca, egli commenta: ἕτερος, ovvero in questo caso specifico la sua declinazione: “ἕτερον implica una distinzione di genere, che non è contemplata in ἄλλο. La distinzione primaria fra le parole sembra essere che ἄλλος è un “altro oltre”, ἕτερος un altro come “uno dei due”. Quindi ἄλλος aggiunge, mentre ἕτερος distingue”.

(Questo l’originale inglese della citazione che ho tradotto: “ἕτερον implies a difference of kind, which is not involved in ἄλλο. The primary distinction between the words appears to be, that ἄλλος is another one as ‘one besides’, ἕτερος another as ‘one of two.’ Thus ἄλλος adds, while ἕτερος distinguishes.”)

Un altro dettaglio va notato: Θεὸς, Theos, non è preceduto dall’articolo. In greco non esiste l’articolo indeterminativo, ma solo l’articolo e, sebbene sia l’antenato del nostro aggettivo dimostrativo, per semplicità diremo che assomiglia molto al nostro articolo determinativo. Ora, l’assenza dell’articolo davanti ad un sostantivo può voler dire due cose: che si parla di qualcosa di generico o si vuol sottolineare qualità. In questo caso è ovvio che Paolo non parli di “un Dio”, bensì che si voglia attirare l’attenzione sulla qualità di Dio.

Quindi se vogliamo espandere il testo di 1 Corinzi 8:4 potremmo tradurre il senso di quello che implica la terminologia greca di Paolo.

“Perché non vi è nessun altro che possiede la qualità di essere Dio come l’unico e solo vero Dio.”

Paolo scriveva a dei credenti che vivevano circondati dalle molte divinità adorate dai pagani. Pagani intellettualmente consapevoli delle loro credenze, capaci di esprimere concetti filosofici complessi e giustificare il proprio comportamento con un linguaggio che era stato in grado di partorire la filosofia più sofisticata della storia dell’umanità. La terminologia dell’apostolo ne tiene il dovuto conto: è precisa, attenta, pertinente. La sua difesa del monoteismo, della fede nel Dio unico che è soltanto lui Dio e non un altro Dio da aggiungere al pantheon, è assoluta.

Le affermazioni di Biglino sono errate, imprecise. Egli stravolge il senso delle parole di Paolo. Ma testo e contesto sono lì per chiunque voglia capire realmente cosa intendeva dire l’apostolo. 

Per concludere, il fatto che la parola ebraica Elohim sia una forma plurale non implica che il testo biblico parli di più “dèi”. La versione Septuaginta (abbr. LXX) della Bibbia è molto antica, in particolare la parte iniziale, la Torah, il Pentateuco. Si tratta infatti di un progetto di traduzione per arricchire la biblioteca di Alessandria d’Egitto sponsorizzato dal faraone Tolomeo Filadelfo intorno alla metà del terzo secolo a.C. La parola ebraica Elohim (אלהים) venne tradotta dalla LXX “ho theos” (ὁ θεὸς), Dio, senza esitazione:

“Ἐν ἀρχῇ ἐποίησεν ὁ θεὸς τὸν οὐρανὸν καὶ τὴν γῆν”.

Perché Elohim è accompagnato da un verbo nella forma singolare! Perché il politeismo o altre fantasie sulla pluralità di esseri in Genesi 1:1 e seguenti, non si trovano nell’Antico Testamento, né nel resto dei libri della Bibbia. Perché degli ebrei bilingue che vivevano nella città più intellettualmente progredita del mondo di allora, sapevano quello che facevano quando traducevano gli scritti di Mosè più di un italiano che vive nel XXI secolo. Perché nel verso che viene dopo, “lo Spirito di Dio” che “aleggiava sulla superficie delle acque” non è femmina soltanto perché la parola ebraica Spirito (רוח) è al femminile. Infatti traducendo in greco essa diviene neutra, perché neutra è la parola corrispondente in greco, πνεῦμα. Perché Filone Alessandrino, filosofo sofisticato, ebreo che viveva ad Alessandria ed autore di moltissimi libri che difendono il Dio unico di Israele non può non aver capito quello che invece risulta così chiaro ad un italiano oltre due millenni dopo. Perché l’Antico Testamento riferisce a Dio attributi di unicità inequivocabili.

Concludo questa discussione con una nota forse un po’ provocatoria. Visto che il dott. Biglino ama citare gli scritti ebraico-cristiani e farlo per il proprio tornaconto, io gli propongo di far proprio il consiglio di Paolo: “la conoscenza gonfia, ma l’amore edifica”. Perché la conoscenza non gli manca, ma l’amore per chi lo ascolta si.

 

 




Alieni e Bibbia

di Giuseppe Guarino

Qui sopra la copertina di uno dei fumetti ispirati alle teorie degli alieni nella Bibbia di Mauro Biglino

ALIENI E BIBBIA

Una discussione ispirata alle teorie di Mauro Biglino sulla presunta assenza del Dio cristiano dalle pagine della Bibbia.

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Come farei senza il mio amico Riccardo! Ci sarebbe un po’ meno follia nella mia esistenza, ma certamente mi mancherebbe qualcosa. Di recente mi ha sottoposto degli interessanti interventi pubblicati su internet contro l’affidabilità dell’Antico Testamento, fatti da una persona che può vantare delle credenziali di tutto rispetto.

All’inizio avevo pensato ad una discussione seria e ad una confutazione sistematica. Poi invece ho cambiato idea. Molto meglio una discussione generica ed anche un po’ divertita – visto che, mi spiace, ma la prima cosa che mi suscita chi legge la Bibbia e vi scopre degli alieni che sbarcano in Palestina, è il riso. Senza offendere nessuno, né le loro competenze; ma certamente provo poco interesse per certi tipi di conclusioni che mi appaiono a dir poco ridicole.

Personalmente studio la Bibbia da oltre trent’anni. Lo faccio perché la reputo essere la Parola di Dio – poi cosa significhi questa affermazione e quali concrete conseguenze ciò abbia, è una delicatissima questione fatta di suggerimenti, supposizioni, convinzioni e posizioni inamovibili, ma troppo poco spesso, come invece ritengo io dovrebbe essere, di semplice meravigliata osservazione.

Se la Bibbia non fosse la Parola di Dio, devo confessare che io non la studierei. Mi troverei altro da fare. Non percepirei, infatti, il senso di un libro che dalla prima all’ultima pagina mi dice che sono un peccatore e che ho bisogno di Dio per redimermi; un libro che continuamente addita tre quarti dei miei comportamenti e li condanna, spingendomi ad uniformarmi ad un set of rules che dovrebbero avvicinarmi alla santità di un Dio che non so nemmeno se esiste …

Non è così che chi non crede dovrebbe vedere la Bibbia?

Quindi non riesco a capire perché tanto interesse e tanto sforzo per demolirla. Non si annoiano di andare a leggere e studiare un testo solo per trovarne le pecche?

Avere trovato – o ritenere di avere trovato – delle apparenti contraddizioni non può invalidare l’idea che la Bibbia sia la Parola di Dio, se non per chi riteneva a priori che essa non lo fosse. (Prima bisognerebbe chiarire: a, cosa significa errore; b, cosa significa contraddizione).

Da anni leggo fumetti Marvel e devo dire che nelle intricate trame del Marvel Universe non ho rinvenuto contraddizioni; ma questo non fa di quella letteratura popolare la Parola di Dio. Ho seguito con grandissimo entusiasmo – parlo sempre di fumetti Marvel – la Secret Invasion che interessò i miei super-eroi preferiti qualche anno fa: la razza aliena degli Skrull si è prima infiltrata per decenni fra gli esseri umani, prima di sferrare un ultimo massiccio attacco per la conquista della terra. Ho letto quei fumetti facendo leva su quella che i tecnici definiscono “sospensione dell’incredulità” e li ho trovati avvincenti ed emozionanti. (ps. Non ho trovato contraddizioni, ma continuo a non credere che quelle pubblicazioni possano essere la Parola di Dio – qualcuno pensa il contrario?).

Da fan della letteratura di fantascienza quale sono sempre stato (ho letto il mio primo romanzo Urania a circa otto anni) non riesco ad immaginare quel tipo di narrazione senza alieni. Ho visto Independence Day almeno dieci volte. Il mio film preferito è The Forbidden Planet, che ritengo sia una delle storie di fantascienza più avvincenti di tutti i tempi.

Ma non mi si può dire che nella Bibbia si parla di alieni e che non me la debba ridere se qualcuno prova pure a dimostrarlo. Scusami Riccardo, non mi si può nemmeno chiedere di provare a prendere seriamente chi fa affermazioni di questo genere e perdere tempo a confutarlo. Se si è così digiuni di conoscenza biblica, ma anche così ben disposti verso lo straordinario da credere cose tanto assurde, che senso ha proporre semplicemente la mia parola contro quella di un altro?

Ho visto che vi sono persone che aspettano soltanto che qualcuno venga a dargli un motivo per non credere. E’ una semplice quanto triste verità: sono poche le cercare la Verità e disposte ad accettarla per quella che è.

Mi ci vuole coraggio e forza per non cercare delle scappatoie ed ammettere che la Bibbia è la Parola di Dio e che è bene che io cerchi il mio Dio per rimediare al mio stato cronico di peccatore. E’ un po’ mortificante per il nostro Io, no? Ma se è la Verità io che ci posso fare? Posso solo accettarla o non accettarla. E, lo sappiamo, me lo dice l’esperienza, non è per nulla facile. La religione è facile per tutti, l’adozione di uno stile di vita contrario alla nostra natura è tutt’altra cosa. Purtroppo il messaggio della Bibbia è questo.

Eppure, forse ci Sono! Eureka! Ho trovato! Finalmente ho compreso. Ora so! Riccardo, forse siamo noi gli alieni.

Se mi passi la Bibbia ti dimostro che Abramo proveniva da degli alieni terra e che la sua discendenza sta soltanto raccogliendo il numero necessario di individui per colonizzare questo mondo secondo i canoni giusti. E la resurrezione altro non è che il finale richiamo in vita degli alieni degni di ripopolare la terra vissuti su questo pianeta negli ultimi millenni e chi non ha il codice genetico giusto verrà buttato via.

Che te ne pare come teoria?

Riccardo se mi passi una Bibbia te la dimostro. Ti sommergo di parole e ti faccio tanti di quei riferimenti storici e linguistici che se ti gira la testa mi spiace, ma lo faccio per dimostrarti quello che dico.

Capisci allora amico mio, perché anziché confutare quello che dice un altro sulla Bibbia preferisco parlartene semplicemente, spiegandoti perché io credo che sia la Parola di Dio? E che ognuno creda quello che vuole – non è proprio la libertà la prima delle qualità che il Dio della Bibbia riconosce alla sua creatura? Come per dirgli dal libro della Genesi, subito: “io ti ho fatto, poi fai quello che vuoi. Se sei libero, sono io che ti do anche quella libertà che sei così tanto convinto che ti renda indipendente da me.”

La Genesi

Mi spiace dirlo – mi vergogno quasi – davanti all’uomo del XXI secolo, ma io adoro il libro della Genesi. L’inizio lapidario del Sefer Berescit (il Libro del Principio, come si chiama in ebraico) mi incanta da decenni.

Nel principio Dio creò i cieli e la terra” (Genesi 1:1)

Che pessima traduzione! E c’è chi si lamenta che il termine “Elohim” venga qui tradotto semplicemente “Dio” e che nasconda di più? Ma il resto della frase è tradotto bene? Diciamo che questa è forse la migliore versione che la lingua italiana permette di fare. Quindi il limite non è dell’ebraico, della lingua originale; piuttosto dell’italiano.

Poverino anche il greco, così sofisticato, lingua complessa ed elegante, ma in tutt’alta direzione di quella ebraica, in questo punto, anche lei lascia così tanto a desiderare.

La versione dei LXX (si legge: Settanta) rende il brano così:

Ἐν ἀρχῇ ἐποίησεν ὁ θεὸς τὸν οὐρανὸν καὶ τὴν γῆν

La Bibbia greca dei LXX è una traduzione di tutto rispetto. E’ stata approntata nel III secolo a.C. ed è quindi la più antica versione dell’Antico Testamento che conosciamo. E’ vero, quindi, che i masoreti vocalizzarono molti, moltissimi anni dopo il testo ebraico; ma se la loro vocalizzazione corrisponde a quella che è la versione greca di quasi un millennio prima, evidentemente il loro lavoro deve essere stato ben fatto – nah, sono troppo ottimista: dovrei dire invece: “evidentemente c’è speranza che essi abbiano provato a far bene il loro lavoro”. E aggiungerei: se c’è chi dubita del loro lavoro, di ebrei dediti allo studio dell’Antico Testamento e conoscitori della loro lingua e probabilmente in possesso di chissà quali documenti non più esistenti, quanto affidamento posso fare io su un italiano che impara l’ebraico tremila e cinquecento anni dopo la Torah, la Legge di Mosè, e sostiene di averne trovato l’autentico significato?

Se poi il testo dei masoreti è confermato, nella sostanza, dai ritrovamenti di Qumran (non sai di cosa sto parlando? Ahi, ahi, ahi1), che portano la testimonianza manoscritta dell’Antico Testamento indietro di oltre mille anni rispetto alle prove precedentemente in nostro possesso, allora forse ci sono dei buoni motivi per ritenere che gli ebrei abbiano coscienziosamente ottemperato al loro compito di preservare le loro Sacre Scritture – e non che si siano adoperati per corromperle o adattarle.

Il fatto che le copie sopravvissute dei manoscritti biblici non siano tutte perfettamente identiche, ma che vi siano delle differenze fra loro, è proprio quello che mi aspetto da un testo tramandato fedelmente, ma non frutto di una congiura. Sei i manoscritti e le tradizioni ci avessero tramandato delle copie manoscritte perfettamente uguali io sentirei puzza di complotto. Ma diversi testimoni indipendenti – anzi persino in contrasto l’uno con l’altro – che danno la medesima testimonianza sulla sostanza dei fatti, hanno tutta la probabilità di essere attendibili.

Un’ultima cosa ancora.

Mettendo da parte il numero delle divergenze fra le varie tradizioni manoscritte e quella della Settanta, della traduzione in greco dell’Antico Testamento, non è forse vero che possiamo contare su una certezza del contenuto del testo veterotestamentario per oltre il suo 90%. Ciò non lo sostiene la zia Petunia soltanto, ma anche qualche studioso vagamente più competente.

“… il 90% o più del testo che esiste senza variazioni deve essere tenuto presente”. “Da una parte è importante riconoscere la possibile esistenza di errori negli antichi manoscritti, antiche traduzioni e persino nelle moderne edizioni, dall’altra ciò non distrugge la credibilità delle Scritture ispirate, che siano l’Antico o il Nuovo Testamento. La stragrande maggioranza del testo dell’Antico Testamento è certa e le varianti che esistono possono, nella maggioranza dei casi, considerarsi letture primarie e secondarie.”, Ellis R. Brotzman, Old Testament Textual Criticism, A practical Introduction, p. 23-24.

Vi è un testo altrettanto antico, o anche antico la metà di anni, o la metà della metà di quegli anni che possa vantare un primato di questo genere?

Qualcuno se la prende a male se dico di “no”? C’è libertà di opinione?

E qualcuno, se non è d’accordo, se la prende a male se gli chiedo di dimostrarmi per iscritto il contrario?

La Settanta, quindi, conferma la sostanza della tradizione del testo Masoretico, quello che oggi troviamo tradotto nelle nostre Bibbie. E, almeno per Genesi 1:1, concorda con la traduzione comunemente accettata che ricalca la tradizione della vocalizzazione di Genesi 1:1 del testo masoretico.

Ma abbiamo appena iniziato.

Ho infatti fatto un’affermazione piuttosto forte, dicendo che la versione in italiano traduce male questo lapidario inizio della Bibbia. L’ho detto e allora perdo anche un po’ di tempo a dimostrarlo – sperando di trovare un lettore curioso a sufficienza da volermi seguire.

Questo l’inizio del “libro dell’inizio” in ebraico:

בראשׁית ברא אלהים את השׁמים ואת הארץ׃

Capisco che può non sembrare facile a primo impatto. Non vi preoccupate, non lo sarà neanche al secondo, o al terzo. Ma allora dove sarebbe il bello?

L’ebraico ha un alfabeto composto da 22 consonanti – si, proprio così, niente vocali, mi spiace: allora sarebbe tutto troppo facile!

Si legge da destra verso sinistra. E, per chi pensa semplicemente che “si legge al contrario”, gli voglio dire che in Inghilterra sono convinti che in Italia: “guidiamo al contrario”.

בראשׁית

translitterando nel nostro alfabeto abbiamo

T Y CS H R B

Ora capovolgiamo tutto B R H SC Y T

Come noterà subito il lettore, mancano le vocali – ho utilizzato la “y” e non la “i “proprio per sottolineare questo fatto. Sul perché manchino nell’alfabeto ebraico l’ho già ipotizzato in altri miei scritti ed esula dai confini naturali della nostra discussione. Il fatto è, quindi, questo: mancano le vocali. Purtroppo le vocali sono essenziali per facilitare la lettura di una qualsiasi parola. (Mi viene in mente un’altra teoria: forse gli alieni non parlano con le vocali e si esprimono solo con consonanti e da qui l’alfabeto biblico. Quindi un alieno ad un altro alieno gli dice: pssm l’cq e quello lo capisce. Purtroppo se lo dice ad un terrestre rischia di morire di sete.)

E’ ovvio che gli ebrei abbiano tramandato la lettura corretta delle parole oralmente. Per osservare un fenomeno simile più da vicino ci possiamo rivolgere alla vicinissima lingua inglese. In inglese il fatto che vi siano le vocali nelle parole scritte non è che voglia dire molto e, la pronuncia dei vocaboli è tramandata oralmente o con segni convenzionali nei dizionari – che comunque non potranno mai prendere il posto del suono della parola udito in prima persona. E’ stato questo che ha dato vita alle varianti British e American English. In Inghilterra “missile” si pronuncia “missail”, in America “missil”. Can’t è “kant” in British, e “kent” in American English. E potremmo continuare. Non c’è, quindi, da gridare allo scandalo se i masoreti, ad un certo punto, abbiano fermato la pronuncia delle parole ebraiche, fissandola. Tra l’altro va detto che l’inserimento di vocali diverse non genera parole diverse. Come nell’inglese, l’utilizzo di una vocale al posto di un’altra non cambia il senso della parola né l’ortografia, bensì la pronuncia soltanto.

Potenzialmente anche la scelta di una vocale per un’altra (e non possiamo illuderci che esistesse per ogni parola una sola, invariabile pronuncia) non avrebbe modificato la parola. I masoreti poi non osarono toccare il testo biblico consonantico. semplicemente dei segni convenzionali che ne aiutavano la lettura.  Questo il testo dopo l’intervento dei masoreti.

בְּרֵאשִׁית

Questa la traslitterazione (bene o male) nella nostra lingua:

TYCSHeReB

Ovvero, nel nostro senso di marcia:

BeReHSCYT

L’esattezza del significato di questa parola, del raggruppamento delle prime sei consonanti della Bibbia, ci viene anche dagli aperti riferimenti che troviamo in altri libri biblici. Nel Nuovo Testamento, per noi cristiani un riferimento autorevole, in Giovanni 1:1, per citare un esempio veloce.

Continuando a leggere Genesi 1:1 incontriamo la seconda parola della Bibbia.

בָּרָא

“Barà”. Essa è tradotta sia in italiano che in greco con il corrispondente “creò”. Ma l’ebreo Pincas Lapide ha delle (lecite) rimostranze in proposito: “La lingua materna della Bibbia non conosce alcuna formazione dei tempi del verbo nel senso delle lingue indo-europee […] “Egli rinnova ogni giorno l’opera della sua creazione”: ecco una riflessione di fondo della letteratura rabbinica, basata sulle intraducibili parole di apertura della Bibbia.” Pinchas Lapide, Bibbia tradotta Bibbia tradita, Edizioni Dehoniane Bologna, pag.86.Evitiamo qui i passaggi già davanti al verbo “creare” infatti sulla vocalizzazione e diciamo subito che ci troviamo ebraico. Come appare evidente, il verbo sta precedendo il soggetto; ciò accade per regole grammaticali della lingua ebraica.

Confesso che ho un amore particolare per Genesi 1:1. A quei poveretti dei miei figli l’ho insegnato in italiano, inglese, ebraico e greco. Nella mia “follia” d’amore per la Parola di Dio sono convinto che in un certo senso, tutta l’essenza della nostra fede sia in questa meravigliosa frase, che qui vi sia l’inizio di tutto, ma anche il presente e la certezza del compimento di tutto.

Visto che stiamo anche interessandoci di significati reconditi nel testo, vi è un’interpretazione ebraica che proprio qui vale la pena considerare. Teniamo presente che quello che noi traduciamo “creò” si scrive in ebraico con tre consonanti. Queste tre consonanti sono anche le iniziali di tre parole ebraiche: ב, ben, figlio; ר, ruah, spirito; א, elohim, dio. E’ da stupirsi se alcuni interpreti ebraici vedessero in questa parola un riferimento ad una “trinità composta da Dio, Figlio e Spirito”?

אלהים

Eccoci adesso alla terza parola, quella incriminata: Elohim. Il finale di parola in “im” (ים) ci rivela l’uso del plurale ebraico. Da qui la speculazione sul fatto che qui non si parli qui di un singolo individuo, bensì di un gruppo di individui.

Questo giochino con le lingue, possibile sfruttando la radice delle parole, la loro etimologia, è pericoloso! Lo Spirito di Dio in ebraico è chiamato Ruah. Ora la parola nell’originale è al femminile. Quindi alcuni nell’antichità pensarono bene di comprendere che Dio (uomo) unendosi al suo Spirito (donna), avessero generato il Figlio.

In italiano la parola “Dio” viene dal nome latino che definiva il dio pagano Giove, ma nessuno intende menzionare Giove quando in italiano dice Dio. Poi è vero che Elohim è al plurale; ma soltanto all’origine del termine, non nell’uso biblico. Infatti è seguito dal verbo al singolare. E non sono io a dirlo, ma tutti i traduttori della Bibbia dall’alba dei tempi a stamattina quando mi sono alzato. La LXX che abbiamo già citato e la cui importanza per la comprensione del testo ebraico, o meglio, per la comprensione del testo ebraico da fonti indipendenti da quella palestinese o masoretica, è indiscussa, traduce Elohim con ho theos, “Dio” al singolare e preceduto dall’articolo. Mi perdonerete se riconosco all’antica versione greca della Bibbia un’autorità superiore a quella di un mio conterraneo vissuto 2300 anni dopo.

Più coerentemente con il significato dell’originale si può azzardare a dire che il plurale utilizzato per questo primo nome di Dio che compare nella Scrittura, abbia in sé il seme della complessità e grandezza del nostro Dio (pluralis tantum, lo chiama Lapide) e anche (perché no?) della Trinità che il Nuovo Testamento ci rivelerà, dispiegando davanti a noi credenti nuove possibilità di lettura per i dati della Parola di Dio.

Continuiamo con la quarta parola.

הַשָּׁמַיִם

Anche la parola “cielo” è al plurale. Notate l’“im” (ים) finale che non necessariamente implica una pluralità di cieli, ma la grandezza del cielo stesso – è una sfumatura dell’originale.

Ci fermiamo qui nell’esame di Genesi 1:1.

C’è ancora qualcuno che dubita che nella Bibbia Elohim fosse un solo Dio? Non è un problema della Bibbia il non essere compresa, piuttosto un limite dell’uomo incapace di leggerla con serenità, lasciando che parli al suo cuore oltre che al suo cervello.

Per questo Gesù scelse dei pescatori come suoi discepoli. Noi religiosi – mi ci metto anche io in mezzo – noi che studiamo troppo, a volte perdiamo di vista la grandezza che è nella semplicità della fede di cui Dio ha bisogno per operare in noi. I religiosi del tempo di Gesù erano troppo presi a guardare al microscopio la Legge di Dio per vedere l’elefante che gli stava davanti. Anche qui, la semplicità della Scrittura è tutto quanto c’è da capire.

La confessione di fede degli ebrei tratta dal libro del Deuteronomio è un inno a questa verità!

“Ascolta, Israele: Il SIGNORE, il nostro Dio, è l’unico SIGNORE”. (Deuteronomio 6:4).

Questo il testo in ebraico:

שׁמע ישׂראל יהוה אלהינו יהוה אחד׃

Questo brano della Scrittura è citato da Gesù stesso, quindi oltre alla traduzione in greco dei LXX abbiamo anche la sua versione greca nel Nuovo Testamento: coincidono, comunque.

ἄκουε, ᾿Ισραήλ, Κύριος ὁ Θεὸς ἡμῶν Κύριος εἷς ἐστι·

Lo confesso, anche questo verso l’ho imposto ai miei figli. Ma solo in ebraico stavolta. Non mi sembra che qui Dio sia molto conciliante. Lo vedo piuttosto esclusivista. Non appare per nulla interessato alle possibili aperture verso altri possibili “dei” alieni. Se veramente egli è un alieno che si passa per “dio”, deve avere un caratterino un po’ difficile e non starà simpatico a nessuno degli altri “dei” alieni. Sarà un povero dio alieno emarginato e solo.

Ma poi mi chiedo: ma quanti anni ha questo “dio”? O forse gli alieni impersonano questo “dio” a turno. Magari si divertono a farlo. Tirano a sorte per chi farà il “dio” degli ebrei questa settimana. E mi chiedo anche: Li pagano? Gli riconoscono la trasferta, lo straordinario e il notturno? Non hanno altri interessi nella vita? Non hanno ferie? Non ci sono sindacati che tutelano questi dei alieni dallo sfruttamento?

Continuiamo la lettura della Genesi.

“La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque.” (Genesi 1:2)

Abbiamo detto che in ebraico originale “spirito” è una parola di genere femminile. Una cosa non mi è chiara: se abbiamo tanti Elohim, come mai abbiamo un solo spirito femmina”? E che fa questo spirito? Prende un disco volante, curiosa di vedere cosa hanno fatto i suoi Elohim in questo mondo nuovo, ma continua a girovagare, perché evidentemente non trova parcheggio. Ma torna a casa per ora di cena e nessuno si arrabbia.

Ma se mettiamo da parte gli effetti nocivi della parmigiana di nonna mangiata in dosi eccessive e le allucinazioni che possono portare a partorire idee come quella che ho appena rappresentato, e guardiamo il testo biblico con meravigliata semplicità, saremo sconvolti dalle frasi che seguono. Perché accade davvero qualcosa di straordinario:

Dio disse: “Sia luce!” E luce fu”.

Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre.

Dio chiamò la luce “giorno” e le tenebre “notte”. Fu sera, poi fu mattina: primo giorno”.

(Genesi 1:3-5)

Che grandiosa solennità nella semplicità delle parole della Scrittura. Credetemi è solo per non uscire fuori tema e non mettere a dura prova la pazienza del lettore (mia moglie si è alzata ed è andata via appena ho iniziato a leggere quello che sto scrivendo) e non commenterò seriamente questo brano. Un libro non basterebbe – e non sto scherzando stavolta.

Invece mi mantengo all’interno del tema della nostra discussione. Vediamo cosa riesco ad immaginare su questo brano … Ecco, ci sono, mi pare di vederli: gli Elohim tutti in coro, dopo svariate prove in tal senso, gridano “sia la luce” e la luce compare dal nulla. Che sollievo per tutti. Poveri Elohim chissà da quanto stavano al buio. Il fatto era che non c’erano i soldi, che non c’era dove pagare la bolletta della luce e nessuno che la fornisse. Menomale poi che ad uno venne l’idea di concentrarsi, crederci tutti insieme e creare la luce. Di una cosa mi sono convinto anche io, gli Elohim sono persone speciali: sono sempre d’accordo nel come fare le cose. Non litigano mai, sono sempre lì tutti concordi per quello che fanno e nel giudizio di quello che fanno. Fossero così i politici italiani! Forse ci vorrebbero proprio dei governanti alieni per riuscire a governare bene!

Mah!

Mi spiace, rimango dell’idea che l’aderenza ossessivamente letterale al possibile “plurale” della parola utilizzata dagli ebrei per Dio all’inizio delle Sacre Scritture sia fuori luogo come il contesto, le antiche traduzioni, il Nuovo Testamento ed il buon senso ci insegnano.

Altre notizie dalla Genesi e dall’Antico Testamento

Sefer Berescit è davvero un libro sorprendente. Mi spiace che alcuni non se ne accorgano. Se qualcuno vede poi un pasticcio successo con gli alberi della Genesi, io che ci posso fare?

Ma i masoreti che potevano fare qualcosa, perché non l’hanno fatta? Com’è possibile che il primo italiano che mette mano alla Bibbia si accorga di un errore fatto alla fonte, mentre i masoreti non l’abbiano notato e corretto? Forse che l’errore è apparente? Forse i masoreti sono stati fedeli nel loro lavoro non osando intaccare il testo, tramandarlo al meglio delle loro conoscenze, alla generazioni future?

C’è chi si confonde perché vi sono ben due alberi in mezzo al giardino dell’Eden? Come se il fatto che a casa mia vi sia una sedia impedisca la possibilità che ve ne sia un’altra. Boh. E ancora, se il testo dei masoreti non è affidabile perché hanno fatto quello che volevano, perché non hanno modificato, sistemandolo una tale evidente contraddizione? Forse che la contraddizione la vede chi la vuole vedere?

L’albero della conoscenza del bene e del male, l’albero proibito, deve trovarsi per forza accanto, o persino nello stesso posto dove si trovava quello della vita – o che scelta ci sarebbe stata da fare? Se sono lontani, che ci vuole a girare al largo da quello proibito? Invece purtroppo il peccato è sempre lì accanto alla cosa buona da fare. Nella Bibbia poi non è la prima volta che due cose si trovano nello stesso posto. Ma non vi dico dov’è un altro esempio. Vi do solo un indizio: si trova dall’altra parte esatta delle vostre Bibbie.

Mettendo a raffronto i vari brani sarà evidente.

Genesi 2:9, “Dio il SIGNORE fece spuntare dal suolo ogni sorta d’alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.

Genesi 2:16-17, “Dio il SIGNORE ordinò all’uomo: “Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai.

Genesi 3:2-3, “La donna rispose al serpente: “Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete.”

Devo confessare che non vedo pasticci, ma semplicemente il fatto che sia l’albero della vita che quello della conoscenza del bene e del male si trovassero al centro del giardino, come comunque mi fa già capire Genesi 2:9, dove “in mezzo al giardino” può benissimo riguardare entrambi gli alberi, nonostante la costruzione nella nostra lingua non agevoli la comprensione in questo senso. E per questa difficoltà la Bibbia non sarebbe la Parola di Dio? Magari tutti i nemici dell’ispirazione della Scrittura fossero così teneri e sostenessero posizioni così vulnerabili e poco convincenti!

Ora io ho discusso le contraddizioni e gli errori. Qualcuno vorrebbe discutere con me altri dettagli che io ritengo molto più interessanti e pertinenti?

Genesi 3:15, ad esempio, che legge: Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno”.

Gli amanti della razionalità mi sanno spiegare questo brano? Da millenni qui viene visto il cenno all’opera di Gesù compiuta sulla croce 2000 anni fa, ma sempre 1500 anni dopo che le pagine della Genesi furono scritte. Adesso non sto scherzando: come vi ponete davanti ad una possibilità tanto incredibile? Forse le Scritture sono davvero la Parola di Dio e lo Spirito Santo ha lasciato questa testimonianza in esse, con delle previsioni sugli eventi che sarebbero accaduti secoli dopo la composizione delle pagine della Genesi?

Il capitolo 22 di Genesi è un altro brano della Bibbia che mi tocca profondamente.

Prima di leggerlo bisogna capirne i retroscena, il contesto storico. Era uso nei tempi remoti offrire il proprio primogenito alle divinità; ciò per vari motivi: per espiare delle colpe, o chiedere delle grazie. Per questo Abraamo non sussulta alla richiesta del suo Dio; semmai non la capisce. Ma fa come gli viene chiesto, forse con il timore che in difetto potrebbe patirne le conseguenze sia lui che tutto il suo popolo. Ma la prospettiva di Dio è diversa. Egli chiama Abraamo ad una speranza vera e spirituale e, anche nel mostrargli che Egli è diverso dalle false divinità adorate dai pagani, lo rende veicolo per tramandare nei secoli il senso dell’opera che egli compirà un giorno in Gesù Cristo, Suo Figlio Unigenito. Guardate come il brano qui profetizza della persona di Gesù di Nazareth.

E Dio disse: “Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va’ nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò” (Genesi 22:2)

Gesù venne offerto anch’egli su un monte, il Golgota.

Abraamo prese la legna per l’olocausto e la mise addosso a Isacco suo figlio, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme”. (Genesi 22:6)

Anche Gesù Figlio di Dio portò la croce.

Isacco parlò ad Abraamo suo padre e disse: “Padre mio!” Abraamo rispose: “Eccomi qui, figlio mio”. E Isacco: “Ecco il fuoco e la legna; ma dov’è l’agnello per l’olocausto?” (Genesi 22:7)

Abraamo rispose: “Figlio mio, Dio stesso  si provvederà l’agnello per l’olocausto”. E proseguirono tutti e due insieme”. (Genesi 22:8)

Le parole di Abraamo che lo Spirito Santo ha tramandato nelle nostre Bibbie sono una indiscutibile profezia che rimanda il lettore biblico all’agnello di Dio che Dio stesso avrebbe provveduto 2000 anni circa dopo quanto stava accadendo in quel momento ad Abraamo. “Figlio mio, Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto” è certo Abraamo, il padre della nostra fede. E non è stato così che è accaduto nell’offerta volontaria di Gesù Cristo sulla croce?

Giunsero al luogo che Dio gli aveva detto. Abraamo costruì l’altare e vi accomodò la legna; legò Isacco suo figlio, e lo mise sull’altare, sopra la legna”. (Genesi 22:9)

Isacco viene messo sul legno per essere offerto, come Gesù sarà un giorno offerto sul legno della croce.

Coincidenze?

Di queste “coincidenze” è pieno l’Antico Testamento, a migliaia. Ma la cosa più incredibile avviene quando una profezia specifica che colui che le avrebbe adempiute tutte, chiamato Messia, sarebbe venuto da un luogo chiamato Betlemme una piccola cittadina di Israele.

Ma da te, o Betlemme, Efrata, piccola per essere tra le migliaia di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele, le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni”. (Michea 5:2 o 5:1, dipende dall’edizione della Bibbia che utilizzate)

A complicare le cose sul numero incredibile di profezie messianiche viene questa a restringere il campo, annunciando che il Messia sarebbe nato in un piccolo villaggio.

La venuta di Gesù e il suo essere il Messia promesso viene previsto nell’Antico Testamento in dettaglio, così esattamente, da rendere impossibile l’adempimento di quelle profezie per qualsiasi altro essere umano che non sia il Gesù dei vangeli. Vi sono individui più pazienti di me che hanno raccolto queste profezie e le hanno studiate in dettaglio; alcuni hanno utilizzato formule matematiche per ricavarne le probabilità che quanto si è adempiuto in Gesù di Nazareth si possa adempiere ancora in un’altra persona. Io sono molto sintetico, però, e ritengo che per chi voglia vederlo, l’Antico Testamento rende sufficienti, sorprendenti previsioni da convincermi che veramente lo Spirito di Dio ha annunciato nelle sue pagine l’arrivo dell’agnello di Dio di cui parlò allora Abraamo a suo figlio e che quel uomo allora chiamato Gesù Cristo fosse veramente – lo è in realtà anche adesso – il Figlio del Dio Vivente e Vero.

Ma la grandezza della Rivelazione della Tanakh (è chiamato così dagli ebrei l’Antico Testamento) non si esaurisce qui.

Tornando indietro ai primi capitoli della Genesi, leggere di Dio che parla con l’uomo è già interessante, ma apprendere addirittura che egli passeggia nel giardino di Eden è davvero meraviglioso.

Quando Giovanni scrisse il suo vangelo disse in pratica al mondo: “avete letto che Dio si è più volte fatto vedere dalle sue creature come uomo. Ecco, ora è accaduto di nuovo in Gesù di Nazareth, che è Dio e Signore, ma ha camminato fra noi perché la fede in Lui non fosse in qualcuno di astratto ma in un Dio vero che sa anche farsi Uomo vero per nostro amore.” Lui lo disse in termini più tecnici, vediamo quali sono.

Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta”. (Giovanni 1:1-3)

Il principio è ovviamente quello di Genesi 1:1. Quindi indirettamente Giovanni conferma la lettura masoretica della prima parola della Bibbia. Chi è poi questa “parola”? Purtroppo questa traduce il greco “logos”, singolare, maschile che è un termine ben più significativo del nostro semplice “parola”. Ma qualcosa il testo in questione lo dice anche in italiano. Infatti non è forse vero che Dio creò ogni cosa tramite la sua parola? Abbiamo appunto letto

Dio disse: “Sia luce!” E luce fu”.

Partendo da questo dato, senza i limiti imposti dalla nostra lingua, ma con la potenzialità dell’idioma e cultura ebraici, gli studiosi ebrei immaginarono il “dialogo” di Dio col suo popolo che si svolgeva tramite la sua “parola”, anche nelle apparizioni di Dio all’uomo in forma umana. Ciò è lontano dalla logica occidentale, legata al bisogno del vedere, ma non a quella ebraica, più interessata all’udire. In Genesi 3:8, 3:10, non si dice che l’uomo vide Dio, bensì che lo udì! La nostra mente corre subito alla ricerca del contatto visivo fra i due, ma è totalmente tralasciato nella Scrittura.

Sull’argomento cito me stesso, se non altro per non dovere riscrivere tutto daccapo: “Per le informazioni sulle posizioni del giudaismo in merito alla Parola, o logos (Memra, in aramaico) ho ritenuto opportuno attingere all’enciclopedia giudaica disponibile al seguente indirizzo internet: www.jewishencyclopedia.com/articles/10618-memra

E’ un riferimento tanto semplice ed accessibile quanto autorevole. Non possiamo, però, speculare troppo sul significato che attribuisce la religione ebraica alla “Parola” di Dio, “Logos” in greco, Memra in ebraico. Ma allo stesso tempo non siamo autorizzati nemmeno a sminuire il contributo che trasmette la fede ebraica al cristianesimo per la comprensione della corretta lettura dell’apostolo Giovanni.

Il suddetto riferimento scrive così:

“La Parola”, intesa nel senso di parola diretta al fine della creazione o della direzione, o discorso di Dio che manifesta il suo potere nel mondo della materia o del pensiero; è un termine usato in particolar modo nel Targum come sostituto di “il Signore” quando si vuole evitare un antropomorfismo”.

Alcuni punti importanti nello stesso articolo sono:

“La Mishnah, con riferimento ai dieci brani di Genesi (capitolo 1), che cominciano con “E Dio disse”, parla dei dieci “ma’amarot’ (=discorsi) mediante i quali il mondo era stato creato”. Ancora più in là leggiamo sull’uso del Targum: “Nel Targum la Memra appare costantemente come la manifestazione del potere divino, o come messaggero di Dio al posto di Dio stesso, dove il predicato non è in conformità con la dignità o la spiritualità della Deità.”

Il continuo di questo articolo è troppo interessante per non continuare a citarlo – almeno in parte.

“Invece di quanto dice la Scrittura “Voi non avete creduto nel Signore”, Targ. Deut. 1:32 legge “Voi non avete creduto nella parola del Signore […] nella Memra l’uomo pone la sua fiducia (Targ. Gen. 15:6; Targ. Ger. in Es. 14:31; Ger. 39:18, 49:11)”.

Alcuni altri brani che vengono proposti nel Targum e che sostituiscono “Memra” sono: Deut. 18:19, 2 Sam. 6:7, 1 Re 18:24, Osea 13:14, Esodo 19:17, Gen. 3:8, Deut. 4:33, 36, 5:21, Isaia 6:8, Esodo 31:13, 17, Gen. 20:3, Isaia 48:13, Gen.15:1, 6, Esodo 3:12, 4:12, 15. Qualcun altro merita però di essere citato: La Memra “precede Israele nel deserto (Targ. Ger. in Es. 20:1); benedice Israele (Targ. Ger. in Num. 23:8) […] “Nella Memra sarà la salvezza (Targ. Zac. 12:5)”

Quando Abraamo incontrò Dio che gli annunciava la distruzione di Sodoma e Gomorra,

quegli altri non era che la “parola” di Dio fatta uomo. E tantissimi altri esempi vi sono nella Scrittura. Il Dio invisibile si rende visibile, indossa anche le sembianze di un uomo spesse volte, preludendo all’incarnazione in Gesù.

Scrive infatti Giovanni:

E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre.” (Giovanni 1:14).

Gesù stesso disse di essere stato lui ad apparire ad Abraamo quando quegli venne a conoscenza dell’intento di Dio di distruggere Sodoma e Gomorra.

Abraamo, vostro padre, ha gioito nell’attesa di vedere il mio giorno; e l’ha visto, e se n’è rallegrato”. I Giudei gli dissero: “Tu non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abraamo?” Gesù disse loro: “In verità, in verità vi dico: prima che Abraamo fosse nato, io sono”. Allora essi presero delle pietre per tirargliele;  ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.” (Giovanni 8:56-59)

Gesù parla in modo tipicamente ebraico quando dice che Abraamo ha visto il suo giorno; ciò significa nel nostro modo di esprimerci che Abraamo lo aveva incontrato personalmente. Anche quando Gesù è trasfigurato sul monte e gli appaiono Mosè ed Elia, non sono per lui degli sconosciuti, perché evidentemente, in quanto manifestazione visibile di Dio in forma umana già nell’Antico Testamento, essi lo conoscevano.

E tornando al concetto cui facevo cenno poco fa, dell’udire come senso principale della percezione per la mentalità ebraica, leggiamo l’affermazione di Giovanni che conclude così il prologo al suo vangelo incentrato su chi è la “parola” di Dio e sul suo ruolo di tramite fra Dio e l’uomo:

Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Figlio, che è nel seno del Padre è colui che l’ha  dichiarato”. (Giovanni 1:18)

La traduzione  stavolta è  mia. La  Nuova Riveduta e la Nuova Diodati traducono la parte finale di questo verso: “è quello che l’ha fatto conoscere”; ma io non sono d’accordo. La frase in greco è “ κεĩνος   ξηγήσατο”. Lo stesso verbo in Atti 15:14 viene tradotto con “raccontato” dalla Nuova Diodati, “riferito” dalla Nuova Riveduta. Essendo Gesù la Parola di Dio, ha “dichiarato” la persona del Padre, rivelandolo in maniera intellegibile alla sua creatura.

Paolo nello scrivere alla chiesa di Colosse, soddisfa però anche il bisogno non ebraico di comprendere il senso della rivelazione di Dio in Gesù, affermando:

Egli è l’immagine del Dio invisibile.” (Colossesi 1:15)

Allora … come va? Vediamo ancora gli alieni o cominciamo a scorgere la meravigliosa armonia delle Scritture ebraico-cristiane che ci rivelano Dio e il suo amore per noi anche nei suoi antroporfismi, nei suoi sforzi di vestirsi di umano (nel linguaggio e nelle manifestazioni) per rendersi comprensibile alla sua creatura?

Se l’uomo non ci riesce a vedere tanto amore, né ad udire la voce di Dio e dello Spirito Santo, non è proprio colpa di Dio. Se poi nella lettura della Parola di Dio troviamo solo gli alieni … meglio se non commento, meglio se non dico nulla in proposito.

Il Nome di Dio

Non ho ancora finito. In ultimo – non so in quanti siate arrivati fino a qui – vediamo il nome personale del Dio ebraico come ce lo preserva la narrazione dell’incontro fra Dio e Mosè. E poi prometto di chiudere.

Mi immagino quanti alieni siano serviti per questo incontro. Effetti speciali, fumi, fiamme e trucco per il protagonista. Effetti sonori per rendere la voce più suggestiva. E non si poteva sbagliare la prima o andava perso tutto il lavoro. Chissà le risate poi dietro la scena per Mosè che c’aveva creduto. Ma è stato solo l’inizio, perché poi le cose sono andate male e Faraone non ha lasciato andare gli ebrei e tutti a ridere dietro all’alieno che faceva da dio agli ebrei quella settimana. E allora lui si è intestardito e ha coinvolto tutti gli alieni disponibili per le piaghe in Egitto. La soddisfazione quando riuscì a fare uscire Israele dall’Egitto e dimostrò a tutti gli altri cosa sapeva fare! Gli dei dell’Egitto non devono più averlo salutato al bar degli alieni per un bel po’.

Ma proprio immaginiamo che degli extraterrestri non abbiano nulla di meglio da fare che mischiarsi con le nostre faccende tutto il tempo? O forse non hanno la tv e siamo noi il loro intrattenimento. Ma tutta sta fatica … non gli costerebbe meno farsi Sky alieno?

Basta così. Chiudo qui la mia discussione semiseria. Concludo invece questo articolo proprio discutendo del nome di Dio, ma facendolo con la serietà che un momento tanto importante della storia dell’incontro fra Dio e l’uomo merita. Leggiamo da Esodo capitolo 3.

Mosè disse a Dio: “Ecco, quando sarò andato dai figli d’Israele e avrò detto loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato da voi”, se essi dicono: “Qual è il suo nome?” che cosa risponderò loro?” Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono“. Poi disse: “Dirai così ai figli d’Israele: “l’IO SONO mi ha mandato da voi””. Dio disse ancora a Mosè: “Dirai così ai figli d’Israele: “Il SIGNORE (YHWH, nell’originale ebraico), il Dio dei vostri padri, il Dio d’Abraamo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe mi ha mandato da voi”. Tale è il mio nome in eterno; così sarò invocato di generazione in generazione.” (Esodo 3:13-15).

Qui Dio dice di se stesso: “Io sono colui che sono”. Dice di dire ad Israele: “l’io sono mi ha mandato da voi”. E dice che bisognerà riferirsi a lui come: “YHWH (Colui che è, che era e che verrà” – seguo qui la lezione di Giovanni in Apocalisse 1:8), il Dio dei vostri padri, il Dio di Abraamo, di Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe”.

In questo brano Dio spiega la sua grandezza nel suo essere indescrivibile, incontenibile all’interno di alcuna definizione umana di sé che il Nome nel senso ebraico contempla. Eppure allo stesso tempo da al suo popolo una certezza: ci sono stato, ci sono e ci sarò. Detto in altri termini: ho iniziato qualcosa ieri, la sto facendo oggi, la porterò a compimento domani. Con altre parole: sono stato con voi in passato, lo sono ancora oggi, lo sarò domani. Per questo egli è il Dio di Abraamo, perché a lui egli diede le promesse; di Isacco perché è l’adempimento della promessa di una discendenza al patriarca; di Giacobbe perché un giorno adempirà tutte le promesse fatte a Giacobbe ed alla sua discendenza.

Quanta meravigliosa grandezza nel testo biblico quando lo si legge con cuore ben disposto alla Verità del Dio d’amore che si fa parole per rivelarsi alla sua creatura!

Se si legge la Sacra Scrittura in cerca di errori, sono certo che con molta probabilità si troveranno. Non è la stessa Parola di Dio a dirci che “chi cerca trova”? Ma se la leggiamo permettendo allo Spirito Santo che l’ha ispirata di parlare al nostro cuore ed al nostro spirito, allora si schiuderà davanti ai nostri occhi un mondo nuovo e come quel uomo che ricevette guarigione da Gesù saremo autorizzati a dire, anche a chi complica la vita al prossimo con discorsi sofisticati ed intricati:

una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo”. (Giovanni 9:25)

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Note:

1 A Qumran sono stati ritrovati, in 11 grotte, una serie di manoscritti risalenti fino al III secolo a.C.